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Autore: IRINA_    11/12/2017    1 recensioni
Charlotte De Gregori aveva sentito il cuore sprofondare e ogni corrente neurale dentro la sua scatola cranica bloccarsi quando Liam Payne era uscito dalla casa che condividevano.
Aveva chiuso gli occhi e aveva sospirato rumorosamente.
Se ne era andato.
Per davvero.
L'aveva lasciata.
Per davvero.
E lei non aveva nemmeno la forza di odiarlo.
Come puoi odiare la persona che ami di più al mondo?
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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IF I COULD FLY
 

 
 
Charlotte fu costretta a chiudere gli occhi.
Lui non doveva vederla piangere. Non ora.
Non di nuovo.
Cazzo.
Liam cercò il suo sguardo attento. La conosceva troppo bene.
L’avrebbe capito se c’era qualcosa che non andava.
 
La rossa si soffermò anche solo a immaginare il modo in cui avrebbe potuto fissarla.
Gli occhi scuri assottigliati come un gatto alla ricerca della sua preda.
Le labbra dischiuse pronto a chiederle quel suo classico “A cosa stai pensando, Lott?”.
Il capo che piano si inclinava in attesa della risposta.
Lott. Per il mondo, lei era sempre stata Charlie.
La piccola, dolce, accondiscendente Charlie.
La “francese capitata tra capo e collo” come si divertiva ad apostrofarla Perrie.
Nemmeno sapeva perché, ma lui era l’unico a chiamarla in quel modo.
E le piaceva, cazzo. Le piaceva da morire. 
Ok, stai facendo peggio.
 
Immaginò il suo volto corrucciato aprirsi nel solito sorriso sghembo.
Quando gli occhi sembravano quasi chiudersi e le labbra s’incurvavano.
Ti stai uccidendo con le tue stesse mani.
 
 
Quando aprì gli occhi di nuovo, dopo aver ricacciato indietro con un po’ di stizza le lacrime, sorrise ai suoi amici.
Era al matrimonio di sua madre, Ameliè, e Giacomo, praticamente l’unico padre che avesse davvero conosciuto.
L’unica ancora di salvezza della sua breve, assurda vita.
 
Erano tutti felici.
Anche lei. Soprattutto lei.
Doveva, perlomeno.
Già.
 
Harry, che negli anni era diventato praticamente suo fratello, ballava scatenato solo nel bel mezzo della
pista totalmente ubriaco.
Perrie, fasciata nel magnifico abito di damigella, molto simile a quello di Charlotte, lo guardava stranita.
Nel frattempo Louis intavolava con Niall una stupida conversazione sull’utilità dei rampini.  Bah.
Il posto di Zayn era vuoto.
E Liam continuava a guardarla.
Cristo.
 
 
Aveva deciso lui di lasciarla, aveva deciso lui di rompere tutto quello che stavano costruendo.
Se lo ricordò come se fosse stata di nuovo nella sala della loro casa.
Le aveva chiesto di sedersi, poi l’aveva guardata attentamente “Devo dirti una cosa” aveva iniziato.
Lei aveva capito subito che sarebbe stato l’inizio della fine.
Perciò che cosa diamine voleva in quel momento?!
“Ragazzi, scusate” si congedò irritata di quella continua attenzione.
 
Camminò velocemente verso l’esterno, sentiva il vestito verde scuro strisciare a terra quando si sfilò i tacchi vertiginosi. Che nana, cazzo.
Lascò che i capelli acconciati in una treccia complicata venissero mossi dal vento fresco.
Si appoggiò ad un muretto sospirando rumorosamente. Fissò il cielo rosso all’orizzonte “Anche quando ti ho chiesto di andare a vivere insieme c’era un cielo del genere” la sua voce fastidiosamente melodiosa le pervase i sensi.
Non lo odiava. Non avrebbe mai potuto. Solo sperava che lui non si potesse dimenticare di lei così facilmente. “Già, ma pioveva” rispose semplicemente. Liam si avvicinò a lei lentamente. Spostò le sue scarpe e si sedette sul muretto con un movimento fin troppo fluido. Era sempre stato lui lo sportivo della coppia. “Che vuoi Liam?” domandò la donna dura. Continuava a fissare davanti a sé “Solo sapere come stavi” rispose quello “Sto bene” mormorò lei. Voltò il capo verso quello del ragazzo quasi senza fare caso. Gli occhi scuri di lui le fecero abbassare i suoi “Lo vedo che non è vero” ammise come se fosse chiaro come il sole, come se lei fosse un libro aperto.
E lo era, Cristo.
Per lui lo era davvero.
 
Sei nella merda. In una bella, calda merda marrone. Guarda, c’è pure il ricciolo.
Come in quelle emoji del cazzo.
E ci sei finita con le tue stesse mani.
Brava, Charlotte, complimenti.
“Beh, allora forse dovresti comprarti un paio di occhiali” mormorò irritata. Gesù, Charlie, davvero? Liam sorrise sfiorandole il mento con due dita “Ti conosco meglio di quanto conosca me stesso, Lott” “Mi conoscevi” lo riprese allontanandosi. Alzò un dito verso di lui quando cercò di parlare “Mi conoscevi Liam. Prima di mollarmi perché dovevi allontanarti da tutta questa cosa degli One Direction” mimò le virgolette sulle ultime parole “Cristo Dio, Liam, lo sai che significa vedere la persona che si ama uscire dalla casa che condividete perché ti sente un peso? Lo sai?” ora urlava. E non gliene fregava niente che gli altri la sentissero. Era furiosa e finalmente poteva sfogarsi. L’uomo abbassò il capo improvvisamente colpevole “Charlie...” iniziò piano. Lei lo bloccò di nuovo con una mano “Lascia stare” rispose “So che avevi bisogno per un po’ di non essere tutto quello” mosse velocemente le mani indicando il suo corpo nervosa. In quei momenti veniva fuori l’influenza della parlantina di Giacomo e il suo linguaggio del corpo che, mischiati al fantasma dell’accento francese, rendevano comprenderla ancora più complicato.
Cristo, gli italiani.  
Cristo, i francesi.
“Lo capisco, davvero. Fingi che io non abbia detto niente” mormorò prima di raccattare le scarpe. Fece alcuni passi verso l’edificio. Ormai era diventato buio, se ne era appena accorta. Liam le bloccò un polso facendo girare il suo corpo “Tu eri la cosa migliore che avessi” mise in chiaro “Me ne sono accorto troppo tardi” la donna sorrise prima di annuire. Poi puntò gli occhi in quelli di lui “Sarai sempre parte di me. E ti odio per questo” appoggiò le labbra sulla guancia dove era posato un accenno di barba. Chiusero gli occhi per qualche istante “Devo entrare per cantare” aggiunse.
Nemmeno sapeva perché l’avesse fatto.
Fino a due secondi voleva solo vederlo soffrire le pene più atroci.
Non è che lo ami ancora, Charlie?
 
Charlotte infilò velocemente le scarpe ai piedi prima di sorridere serena per la prima volta dopo un bel po’ di tempo.
Ma che cazzo ne so.
 
 
Liam fissò il suo corpo avanzare sinuoso. Era bellissima. E se l’era lasciata sfuggire.
L’aveva vista piangere nei due anni passati.
L’aveva vista ridere.
L’aveva vista diventare l’artista che era.
E se l’era lasciata sfuggire da bravo cretino.
Ma la cosa peggiore era che tutto quello che lei gli aveva vomitato contro, tutto quell’odio, se lo meritava.
Lo sapeva perfettamente.
Charlotte Ameliè De Gregori.
Cazzo, persino il suo nome era raffinato e forte come chi lo portava.
Era così francese. Era così petite.
Troppo tardi, in ogni caso, lei se ne era già andata.
Sarà difficile riprendertela, Liam.
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“Parliamo della tua ultima collaborazione” iniziò rilassata Ellen Degeneris sorridendole.
Shout out to my ex.
L’aveva scritto pensando a Perrie all’inizio, ricordando le lacrime copiose dai suoi occhi quando Zayn –quel gran vigliacco di Zayn- l’aveva mollata.
Ovviamente nessuno lo sapeva.
E qualche mese dopo a lei era capitata la stessa identica cosa.
Avrebbe dovuto cantarla solo lei.
Doveva essere il primo singolo del nuovo album.
Ma poi il loro produttore aveva deciso che un bel quintetto sarebbe stato molto più d’impatto.
 
Dopo poche ore che era uscita, il brano era diventato l’inno di tutte le donne contro i propri fidanzati.
E anche “la canzone delle ex degli One Direction”.
Cristo, quanto aveva odiato quell’appellativo.
Il fatto che lo fossero veramente era un’altra cosa.
 
“Molti dicono che sia un modo poetico per mandare a quel paese il tuo ex ragazzo” aggiunse la donna. Charlotte scosse la testa “Quando l’ho scritta, te lo giuro, Liam era l’ultimo dei miei pensieri” ammise “La verità, Ellen, è che non sarei in grado di scrivere una cosa del genere su di lui” aggiunse. Nonostante tutto, ciò che avevano avuto era la cosa migliore che le fosse successa. Era sempre stata felice di quello che c’era tra loro. Quell’amore così puro che li disintegrava dall’interno. E continuava ad esserlo nonostante tutto “Ho preso racconti di amiche e li ho messi assieme” spiegò calma “Quando la stavo incidendo in sala di registrazione, il mio produttore ha deciso che sarebbe stato bello cantarla in duetto. E così ha chiamato le Little Mix” alzò le spalle “Tutto qui” mormorò piano. La donna sembrò crederle annuendo piano “Quindi tra te e Liam le cose sono apposto. Non vi lanciate piatti e bicchieri quando vi vedete” la risata cristallina della cantante esplose dal suo petto “No, decisamente no. Forse all’inizio ci ho pensato, eh. Ma ormai va tutto bene, sono passati parecchi mesi”. Cercava di essere il più serena possibile.
Il mondo doveva credere che lei fosse il più serena possibile.
Altrimenti si sarebbe sgretolata in diretta nazionale.
Harakiri, piuttosto.
Charlotte si portò alle labbra la tazza bianca contente acqua gelida. Deglutì chiudendo gli occhi. Sentiva la gola in fiamme.
“Il fatto è che quando si fa questo lavoro, quando la tua vita privata è sempre sotto i riflettori, è difficile capire cosa voglia tu e cosa vogliano gli altri” rispose alla domanda di Ellen “E’ stato parte di me per così tanto tempo che spesso quando la notte mi sveglio per andare a prendere un bicchiere d’acqua e sono troppo rincoglionita ancora lo vedo nell’altra metà del letto. Poi mi rendo conto che è solo il mio gatto”
Lo ami ancora, Charlotte?
Ma che cazzo ne so.
 
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“Nuovo messaggio: Liam” la informò la voce metallica dell’assistente vocale del suo pc, la pagina di Whatsapp Web si illuminò come un albero di Natale.
-Ehi
-Ciao, gli rispose semplicemente senza fare veramente caso a ciò che avrebbe scatenato permettendosi di continuare quella conversazione.
-Sei a Londra? Le chiese. Charlotte aggrottò la fronte.
-Perché? Domandò di fretta poco convinta. Il cuore iniziò a batterle veloce.
-Sono sotto casa tua. Aspetta cosa?! Camminò velocemente verso la portafinestra del salotto, fu costretta a stringersi nelle spalle a causa della fredda aria di novembre. Si affacciò dal balconcino bianco e guardò verso il basso. Liam Payne le sorrise zuppo d’acqua. “Che diavolo, Liam!” esclamò a metà tra l’arrabbiato e il sorpreso. Lui alzò le spalle. Charlotte riusciva a vedere le gocce d’acqua scivolare sul suo viso. Avrebbe così tanto voluto toccarle. “Mi apri?” le chiese. La donna annuì veloce, tornando con i piedi per terra.
Corse dentro casa e schiacciò il pulsante per aprire il portone d’ingresso.
Liam la raggiunse dopo una manciata di secondi. Sfilò il giubbino e entrò dentro casa.
La pelle d’oca delle braccia sarebbe stata evidente anche ad un cieco. “Vuoi un asciugamano?” gli domandò la donna apprensiva “Non vorrei ti prendessi una broncopolmonite per essere venuto a casa mia” aggiunse obbligando a reprimere quel “nostra” che aveva cercato di uscire dalle labbra prepotentemente. Lui scosse la testa “Non preoccuparti” le rispose.
Charlotte lo vide far scorrere le dita sul tavolinetto dell’ingresso nel punto dove, una volta, si trovava una loro fotografia. C’erano loro distesi sul pavimento di casa.
Liam aveva le braccia distese verso l’alto come a voler fare vedere qualcosa alla ragazza.
Charlotte, invece, con la schiena inarcata, si teneva l’addome cercando di smettere di ridere. I capelli rossi dispersi sul tappeto bianco si confondevano con la maglia beige.  
Anche il ragazzo sorrideva.
Nemmeno si ricordava perché fossero così felici.
Aveva fatto fare un bel volo a quella foto qualcosa come tre secondi dopo che aveva visto Liam chiudersi la porta alle spalle.
Abbassò il capo.
 
 
Però, a parte dei piccoli doverosi cambiamenti, la casa era esattamente come se la ricordava.
Bianca e beige, minimal, accogliente e calda. Tanto calda.
Non era stata cosa sua per molto tempo, e per sua scelta. Tuttavia al posto di rientrare lì dentro come un estraneo, avrebbe preferito un dannato stiletto nel cuore.
“Come va?” domandò la donna sfaccendando in cucina. Si era intestardita a fargli un the caldo, perlomeno quello l’avrebbe rigenerato. “Bene” rispose lui “Sono passato perché volevo farti i complimenti per il nuovo album” aggiunse. Charlotte si bloccò. Era stupido da parte sua, era ovvio che Liam l’avrebbe ascoltato. Anche lei aveva preordinato quello di lui. Era l’unica cosa avrebbero potuto avere l’uno dell’altra. “Sono rimasto sorpreso” ammise dopo alcuni istanti “Mi aspettavo il tuo solito sound, quello rilassante di Perfect e Fight Song” commentò “Shout out to my ex non ti piace?” domandò con una punta di ironia. Sentì Liam reprimere un sospiro misto al sorriso “Diciamo che non pensavo ad una coalizione” rispose semplicemente. Per un secondo –un solo fottutissimo secondo- Charlotte si sentì in colpa “Liam, non era contro di te” si affrettò a dire, quello annuì agguantando la tazza fumante “Lo so” le rispose “Insomma, con me non hai mai finto a letto, vero?” le chiese fingendo di voler risultare preoccupato. Lei sorrise scuotendo la testa “Ma apparentemente Perrie, si” rispose la ragazza alzando le spalle “Non diciamolo a Zayn, allora” commentò lui bevendo un lungo sorso del liquido ambrato. Charlotte sorrise girando il cucchiaino sovrappensiero “Anche Strip that down è molto bella” disse. Nemmeno sapeva dove le fossero arrivate le parole, quella canzone era proprio il suo ultimo problema “Grazie” mormorò lui.
Rimasero in silenzio per qualche istante, unico rumore era la pioggia battente.
“Comunque non l’ho buttato tutto via, il vecchio sound dico, avevo solo bisogno di altro” sussurrò Charlotte piano “Nessuno può capirti meglio di me” le rispose Liam.
Eccolo il momento in cui entrambi iniziavano a pensare.
Erano due rimuginatori del cavolo.
Lo facevano quasi in contemporanea. Abbassavano il capo e si mordevano un labbro.
Lui quello superiore e lei quello inferiore, quasi a farli sanguinare, mentre cercavano di reprimere il fiume di parole che stava passando per la loro mente.
Gli occhi verdi della donna diventavano quasi pietre preziose, totalmente assenti.
Quelli di lui s’incendiavano facendo bollire la cioccolata che li componeva.
 
Liam le guardò attentamente il viso. Neanche lui sapeva cosa stesse cercando “Ho visto l’intervista da Ellen” le disse. Aveva abbassato il tono di voce ed aveva assottigliato lo sguardo.
Cazzo, come faceva ad essere così dannatamente sexy solo guardandola in quel modo?
Frena i cavalli, Charlotte.
“Allora saprai tutto quello che penso sulla canzone e su noi due” rispose improvvisamente dura. Il ragazzo annuì prima di stringere tra le sue le dita gelide di lei “Quello che voglio dire, Lott, è che ho pensato a quello che hai detto su di noi. Non me ne frega un cazzo della canzone, potresti aver detto che ho sei dita dei piedi e mi sarebbe piaciuta lo stesso” Liam notò come Charlotte cercasse di sfilare le mani dalle sue.
Faceva male al cervello.
Faceva male al cuore.
E ok, faceva male anche a qualcosa di un po’ più in basso.
Perché era ormai lampante quanto lei non fosse più sua.
E, Cristo, questo lo mandava via di testa. Ridicolo considerando che era stato lui a mollarla.
“Charlie, sono stato un coglione” iniziò piano. Lei scosse la testa liberandosi finalmente della sua stretta “No, Liam, hai fatto quello che era giusto per te al momento” mormorò. Nemmeno lei ci credeva a quello che aveva detto, figuriamoci lui. Il cantante scosse la testa “Tu eri l’unica luce in quel periodo di merda, Charlie. Ti ho lasciato andare via, ergo sono un gran bel coglione” commentò.
“Non mi hai lasciata andare via” lo corresse piano cercando di deglutire “Te ne sei andato tu, io sono sempre rimasta qui. Ad aspettare” era un sussurro. Ma Liam non fece fatica ad udire quelle poche parole, raggiunsero il suo cuore come il dannato pugnale d’acciaio che erano.
Si stava sgretolando lentamente davanti a lui.
Ma ti sei dimenticata tutto il discorso sull’harakiri?
SUICIDIO GIAPPONESE, Charlotte.
Sui-ci-di-o.
Eddai, porca troia.
Lei portò le mani davanti al corpo “Scusa” bisbigliò colpevole “Non volevo”.
Liam vide Thor, il loro gatto persiano zampettare tra le gambe della padrona, Charlie lo prese in braccio e si avviò verso la cuccia dell’animale, lo appoggiò lì e si alzò lentamente. Quando voltò di nuovo il capo verso di lui, il viso era ricoperto dalle lacrime “Perché l’hai fatto Liam? Perché sei andato via?” chiese stanca.
Da quanto tratteneva quelle lacrime? Mesi?
Oh, va beh, sti cazzi.
 
Lui deglutì con difficoltà camminando verso di lei, l’attirò a sé stringendola. La donna chiuse gli occhi assaporando il suo profumo dopo tanto tempo, singhiozzò silenziosamente “Dio, che pezzo di merda” sentì sibilare sopra il suo capo. Cercò di scuotere la testa di nuovo, ma non fece in tempo perché Liam se ne uscì con una delle cose che si era ripromesso avrebbe evitato per un bel po’.
Le baciò le labbra piene e rosse.
E sì, forse era una frase stupida e di circostanza, ma quando si staccarono per un secondo entrambi si resero conto che l’aria calda della casa era inquietantemente buona mentre vagava per i loro polmoni. “Non avresti dovuto” mormorò Charlotte allontanandosi “Non rendere tutto più difficile a entrambi, Liam”. Lo guardò negli occhi attentamente, quegli occhi dolci e scuri che la calmavano in tempo zero quando aveva paura, quando era stanca, quando le rodeva il culo per qualcosa. Lui era lì, lui era sempre lì. E in quel momento sembrava non volersene proprio andare “Non era colpa tua” iniziò tornando con la mente a quel odioso giorno, quello che li aveva condotti lì “Non era colpa tua, Cristo. Non era colpa di nessuno, avevo solo bisogno di tempo per capirlo” aggiunse. Charlotte dischiuse la bocca piano “Non farlo” lo bloccò mentre lui cercava di poggiare di nuovo le labbra sulle sue “Non sono mai stata arrabbiata con te. Mai. Era con me che ce l’avevo, perché avrei dovuto capire che stavi ancora male. Io avrei dovuto aiutarti, Liam. Invece continuavo a parlare del mio tour, del nuovo album, delle vacanze in Italia. Io avrei dovuto vedere che te ne stavi andando” sorrise prima di asciugarsi le lacrime con il dorso della mano.
 
Si scostò dalle sue braccia “Ti conviene andare a casa tua ora che la pioggia ha smesso di scendere” mormorò guardando di fuori. Nemmeno si era accorto di non sentire più scrosciare.
La vide camminare verso il salone, raccogliere il suo cappotto grigio e la sciarpa e portarglielo. Liam lo afferrò sovrappensiero, poi lo lasciò cadere ai suoi piedi scuotendo la testa.
Col cazzo che me ne vado di nuovo, voleva urlarle, ma bastavano gli occhi tormentati a parlare per lui. Charlotte aggrottò la fronte come quando era confusa.
E Liam le sfiorò con le dita le guance ancora umide –umide a causa sua-.
Chissà quante volte lei aveva pianto da sola e lui non c’era stato per asciugarle il viso.
Chissà quante volte aveva pensato a loro due camminando scalza per la casa.
Quante volte aveva preparato un caffè in più la mattina, ricordandosi solo dopo che era da sola e che di certo Thor non l’avrebbe bevuto.
Quante volte ancora aveva dormito dalla sua parte del letto stringendo il cuscino che una volta era suo.
“Non devo andare a casa” le rispose “Sono già a casa” aggiunse appoggiando la fronte su quella di lei “Sei un romanticazzone” lo riprese dura “Un romanti-che?” domandò improvvisamente confuso. Charlotte sorrise intenerita appoggiando gli avambracci sul petto di lui, le mani arrivavano a toccargli il collo. Sospirò piano cercando il coraggio per parlare “Liam” lo chiamò improvvisamente dolce “Che cosa succederebbe se ora io ti baciassi?” domandò “Ti direi che è quello che voglio fare da tanto tempo” mormorò sincero “Cosa succederà dopo? Cosa saremo dopo?”.
Aveva bisogno di certezze, Charlotte.
E lui non gliene dava parecchie da tanto tempo.
Liam avvicinò il viso a quello di lei “Non me ne vado, Charlie. Se è questo che ti preoccupa, ti giuro che non me ne vado più. Sei tutto quello di cui ho bisogno” lei lesse la verità delle sue parole “Era a questo che pensavi quando sei venuto?” domandò.
Voleva prendersi a bastonate Ma scopalo e basta! sibilò la sua coscienza irritata. Lui scosse la testa “Volevo solo chiederti scusa. Speravo che potessimo tornare ad avere solo un rapporto umano” le rispose “E ti dispiace che le cose si siano evolute in modo diverso?” lo fissò negli occhi attenta Tanto lo so che pure tu senti la tensione sessuale, non fingere che ti interessi parlargli. Falsona. “No” disse duro senza nemmeno soppesare l’idea. Charlotte si allontanò da lui prendendo tra le dita le due tazze, le posò sul lavello.
Doveva pensare.
Ma pensare a cosa? Ma non puoi farlo dopo, se proprio ci tieni?
E averlo così vicino non era legale.
Il suo profumo le annebbiava la mente.
Appunto, vai in camera da letto, rincretinita.
E anche il cuore.
Doveva essere razionale.
Nella sua mente rise cristallina. Razionale.
Quando mai era stata razionale nella sua relazione con Liam?
 
Dietro di lei Liam cozzò con il proprio corpo contro quello di lei facendola sospirare. L’abbracciò da dietro “Ti amo, Lott” mormorò piano al suo orecchio, sembrava avesse udito i suoi pensieri sconclusionati. Lei chiuse gli occhi appoggiando la testa sul suo petto “La prossima volta che avrai qualche problema, Cristo, Liam, dimmelo in faccia”. Non udì la risposta.
Ma immaginò che il suo cuore battente potesse essere abbastanza esplicativo. Sorrise ancora nell’oscurità delle palpebre.
“Ti amo” le ripetè Liam girandola improvvisamente irritato.
Forse tu non vorrai andare di là, ma qualcuno laggiù non sembra d’accordo.
Dio, coscienza, fai schifo.
La baciò veloce prima di posarla sulla penisola della cucina. Charlotte lo allontanò per un secondo. Fissò i suoi occhi neri attenta, le labbra già gonfie, i capelli scuri insolitamente scomposti. Il gel doveva essere ceduto a causa della pioggia, considerò. Gli sorrise piano, finalmente sentiva che era tutto a posto.
Andrà tutto bene.
 
 
Si ritrovarono sul letto senza che nessuno dei due se ne fosse davvero reso conto, continuarono a baciarsi veloci. Te lo stai scopando, finalmente la prese in giro la vocetta dei suoi pensieri, mentre sentiva le labbra umide di Liam scendere sul suo corpo. No, decisamente non aveva mai finto a letto con lui.
Sorrise di quel pensiero infilando le dita tra i suoi capelli corti. Chiuse gli occhi godendosi il momento.
Era tornato da lei, dopotutto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando Liam aprì gli occhi, il cielo di Londra era tornato quasi limpido.
Charlotte fissava l’esterno con una coperta attorno al corpo snello, le gambe accavallate sulla sedia a dondolo color mogano e un dolce sorriso tra le labbra “Ti facevo così schifo da essertene andata?” domandò lui con la voce impastata dal sonno “Eppure sono tornato in palestra”.
Oh, l’ho visto, tranquillo.
Lei si girò per sorridergli “Stavo pensando che il primo giorno in questa casa pioveva come un dannato come poco fa” mormorò “E proprio come oggi, dopo che ci siamo svegliati c’era di nuovo il sole” aggiunse lui.
Ovviamente si ricordava la prima volta che avevano fatto l’amore. Ci mancherebbe altro.
Charlie sorrise di nuovo “Non ti ho nemmeno chiesto se avevi da fare oggi” mormorò il ragazzo avvicinandosi a lei, Charlotte alzò le spalle lanciandogli i boxer in faccia. Non che non apprezzasse la vista, eh. Ma nonostante l’avesse visto nudo per quintali di volte, continuava a sentirsi in imbarazzo di fronte al corpo statuario di lui. Era lei la mozzarella dei due. Sotto tutti i punti di vista. “Non avevo da fare oggi” lo rassicurò smorzando una risata nell’esatto momento in cui il suo telefonino iniziò a squillare “O forse si” lo rimbrottò serena. Liam sorrise scuotendo la testa guardandola zampettare veloce alla ricerca del dispositivo. Quello gli era mancato di lei. Lo metteva sempre al primo posto e sembrava nemmeno farci caso.
“Pronto?” rispose la ragazza improvvisamente seria e professionale “Ciao Jackson” aggiunse rivolta a quello che Liam sapeva essere il suo manager. Oh cazzo, allora aveva da fare. “Sai Jack, stavo pensando che forse potrei fare un’altra versione di Shout out to my ex, qualcosa di più melodico” mormorò inarcando gli angoli delle labbra all’indirizzo del ragazzo. Dio, l’avrebbe presa a schiaffi in quel momento. Quanto gli devastava lo stomaco quel sorrisino impertinente. Lei annuì veloce alla voce al telefono “Ero stanca” rispose semplicemente “Mi sono addormentata come una cretina sul divano” aggiunse scossa da un brivido causato dalle labbra del ragazzo sulla sua spalla “Facciamo tutto domani” assicurò prima di lanciare il telefono sul letto ormai totalmente in preda alle attenzioni di lui. Si girò appropriandosi delle sue labbra “Dovevi mandarmi via” mormorò lui allontanandola. Si sentiva relativamente in colpa “Nope” rispose la donna “Posso andare a provare le canzoni nuove domani. Questo poteva succedere solo oggi” mormorò rilassata. La trascinò sul letto facendola scoppiare a ridere. Thor, attirato da un rumore che non sentiva da parecchio tempo, si avvicinò alla padrona. Charlotte infilò le dita tra il pelo bianco del micio “Va tutto bene” commentò dopo alcuni istanti di silenzio. Entrambi annuirono prima di baciarsi di nuovo. Ma davvero gli era mancata così tanto? Nemmeno se ne era reso conto fino a quel momento “Charlie” la chiamò “Posso tornare qui? Vivere da Lou inizia a starmi stretto” mormorò sulle sue labbra. Lei scosse la testa ironica “Devi pagarmi l’affitto, Payne” ridacchiò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sorrise quando venne presentata da Perrie come “la donna delle verità”. Il concerto di beneficienza stava esplodendo e la canzone che avrebbero cantato insieme sarebbe stata solo la ciliegina sulla torta. Liam le baciò le labbra velocemente prima di lanciarla sul palco “In bocca al lupo”.
Lui avrebbe cantato qualche minuto dopo.
C’era anche Harry da qualche parte dietro le quinte.
E poi artisti del calibro degli Imagine Dragons e dei Coldplay. Charlotte aveva faticato a risultare professionale quando l’unica cosa che voleva era saltare addosso a Chris Martin e urlargli quanto accidenti lo amasse.
 
Comunque, era passato un mese dalla riappacificazione tra Charlie e Liam.
Lui era tornato a vivere con lei e Thor.
Si svegliavano ogni mattina ricoperti solo dal piumone e dalla loro pelle candida e facevano colazione insieme.
Andavano in studio assieme nella ypsilon nera della ragazza e cantavano finalmente entrambi rilassati.
Era tornato tutto a posto.
E Perald Edwards era forse la persona più felice di quella cosa. Voleva bene a Charlotte come a una sorella.
 
“Allora, Londra sei pronta?” urlò lei per richiamare il pubblico “Pensate intensamente a qualcuno di molto stronzo a cui vorreste fare del male fisico. Ci siete?” aggiunse Jade facendo scoppiare a ridere le compagne.
 
This is a shout out to my ex
Heard he in love with some other chick
Yeah yeah, that hurt me, I’ll admit
Forget that boy, I’m over it
I hope she gettin’ better sex
Hope she ain’t fakin’ it like I did, babe
Took four long years to call it quits
Forget that boy, I’m over it

 
Perrie iniziò a cantare con la sua solita carica. Sorrideva felice prima di fare un occhiolino a Charlotte.
Ballava sul palco seguendo i passi che mille volte aveva provato.
Era tranquilla. Era serena. Persino Zayn era scomparso quando aveva saputo che almeno una tra persone che amava era di nuovo completa.
Sapeva benissimo quanto Charlotte amasse ancora Liam, nonostante la ragazza per prima volesse nasconderlo a se stessa.
 
 
Guess I should say thank you
For the “hate yous” and the tattoos
Oh baby, I’m cool by the way
Ain’t sure I loved you anyway
Go ‘head, babe, I’mma live my life, my life, yeah
 
Fece roteare il microfono come faceva lui prima di iniziare a cantare. Il pubblico urlò comprendendo il gesto nascosto.
Si girò verso Liam che sorrise scuotendo la testa. Lei lo copiò di riflesso.
Aveva cantato quella canzone così tante volte che Charlie stessa aveva dovuto farlo smettere a forza di schiaffetti sul petto. L’aveva irritata parecchio.
-Tanto lo so che tutte le tue canzoni parlano di me, in un modo o nell’altro, De Gregori.
-Fottiti, Payne.
Alzò le spalle seguendo le altre.
L’energia sul palco era palpabile.
 
Quella canzone la liberava ogni volta. Nonostante tutto.
Era parte di lei.
E si, parlava di lui.
Perché tutto parlava di lui.
E andava tutto bene.
 
 
“Allora, girl, che ci dici?” domandò Jesy terminata la canzone. Si sedettero tutte e cinque sulle scalette di vetro sotto i piedi della band . Charlie alzò le spalle “Che è magnifico essere qui con voi, mie fanciulle” rispose lei sincera “Sapete, quando ho scritto questa canzone non pensavo avrebbe avuto questo successo” ammise lei dopo l’ennesimo urlo dei fans. Leight-Anne ridacchiò “Beh, Charlie dopotutto tutti hanno un ex che vorrebbero attaccare per i piedi a un cornicione”. Charlotte spalancò la bocca in una grande “o” “Ma perché nemmeno quelle che la cantano hanno capito il vero messaggio della canzone? E’ ovvio, accidenti. Bisogna uscire più forti di prima dalle relazioni concluse. Andiamo, non è così difficile” sbottò lei fintamente arrabbiata “Guarda che lo sanno tutti che gli vuoi bene solo perché è figo” Charlotte sbuffò senza nemmeno comprendere a pieno ciò che le aveva risposto Perrie. Il pubblico invece urlò a pieni polmoni totalmente d’accordo. Si alzò camminando verso le quinte “Siete tutte e quatto antipatiche, me ne vado” mormorò fintamente arrabbiata. Un “no” corale si elevò facendola sorridere. Ma non raggiunse le quinte perché Jade e Perrie l’atterrarono letteralmente “Cristo, ma siete matte!” esclamò la ragazza a terra scossa dalle risate.
 
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I produttori avevano deciso di essere il più circospetti possibile riguardo la loro storia.
Erano convinti che la nuova versione acustica di Charlotte di Shout out to my ex avrebbe fatto il botto.
Erano convinti che la nuova canzone di Liam, Bedroom Floor, avrebbe causato qualche problema dato che Bella Thorne, la protagonista del video, assomigliava moltissimo a Charlie.
Lei non era d’accordo, ma nulla avrebbe potuto contro di loro, perciò aveva dovuto semplicemente buttare giù e aspettare. Anche perché la Thorne le stava un filino sul naso.
Ma dico io, come si fa a lasciare Gregg Sulkin per quel carciofone di Tyler Posey?
Ma sta zitta, lo sanno tutti che l’hai amato in Teen Wolf.
Scusa, ma Liam Booker tutta la vita.
E’ il nome, Charlotte, te lo dico io.
Per quanto riguardava Liam -l’altro Liam. Quello che si ritrovava tutte le notti nell’altra metà del letto-, aveva semplicemente deciso di farsi i cavoli suoi senza pensarci granchè su.
Alla fine la cosa importante era stare con lei.
 
 
La ragazza perciò finse spudoratamente nella macchina di James Corden quando il biondo gli chiese cosa pensava di Liam “Siamo ancora amici” precisò rilassata “Le cose cambiano” aggiunse sorridendogli. James annuì “E’ molto carino dirlo da parte tua” ammise calmo “E’ bello che siate rimasti in buoni rapporti”. “Comunque ora cantiamo” cambiò discorso. Charlotte scoppiò a ridere quando le prime note di Strip that down saturarono tutto l’abitacolo. Cantò tuttavia con tutta la voce aveva insieme a James. Inventarono un balletto cretino e vagamente sexy mentre salutavano le persone nelle altre macchine. Che gran deficienti.
 
“Invece con gli altri ragazzi ti senti più?” chiese quando si fermarono ad un semaforo. Charlie annuì “Ora mi sono trasferita in pianta stabile a Londra, quindi spesso mi incontro con Harry e Louis per una pizza e cose del genere. Niall lo vedo meno spesso, sfortunatamente” spiegò. James annuì come a voler sottolineare la sua contentezza nel saperlo “Con Zayn, invece?” le domandò. Charlie sospirò irrigidendo il collo “Il rapporto con Zayn è strano” ammise “Insomma, io e Perrie siamo molto amiche, perciò capisci che c’è un po’ di attrito. E il fatto che quando ha lasciato il gruppo io stavo ancora con Liam ha peggiorato solo le cose” spiegò visibilmente triste “Mi dispiace molto, ovviamente, perché gli volevo bene e continuo a volergli bene” aggiunse. Poi alzò le spalle “Immagino che andando avanti nella vita alcune persone si perdano” considerò abbassando lo sguardo “E c’è speranza per te e Liam?” chiese James quando Give me love di Ed Sheeran iniziò a risuonare “Te sei un bastardo, però” borbottò lei con ironia scuotendo la testa giocosa, James sorrise “Io faccio solo le domande che so i fans vogliono sapere” rispose lui. Charlie scosse la testa abbassandola piano cercando di non sorridere “Il fatto, James, è che quando stai così tanto con una persona diventa parte di te” iniziò, il che era comunque vero. Immaginò per un istante il viso di Liam quando avrebbe visto quell’intervista. Sarebbe stato felice? O lei aveva fatto una cazzata enorme? Cazzo. Però doveva continuare a parlare. James stava aspettando “Non posso dirti che ho eliminato tre anni della mia vita. Ovviamente non è così. Quando io e Liam ci siamo fidanzati, e siamo andati a vivere insieme qualche mese dopo, sapevamo perfettamente che sarebbe stato diverso rispetto a qualunque altra coppia. Senza contare il fatto che avevo fatto costruire in una camera una sala di registrazione, intendo” aggiunse smorzando la tensione “Non penso che riuscirò mai a passare veramente oltre. E’ stato il mio primo vero ragazzo. Ma questo non significa che io lo ami ancora o che lui ami ancora me” mormorò le parole più dure che potesse con fatica “Quindi niente da fare?” ripetè quello guardandola. Charlotte scosse la testa “Siamo andati oltre”.
All’incirca.
Il mondo doveva crederlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“MI viene da vomitare, Harry” sussurrò Charlotte al pc dietro al quale si trovava l’amico. Harry in quel momento era in Spagna per il suo tour, i capelli corti e l’accenno d’abbronzatura lo rendevano ancora più bello risaltando i suoi occhi verdi.
E lei a Los Angeles era una mozzarella scaduta, da quanto era bianca. Melanina infame.
Sorrise dolcemente alla ragazza preoccupata “Sai, Charlie, io l’ho vista l’intervista e mi sei sembrata molto dolce. Non vedo dove sia il problema” le spiegò rilassato “Il problema è che…” il cantante la bloccò con una mano “Se Liam si incazza perché hai detto che tieni a lui anche se, tecnicamente, vi siete mollati, è un coglione” la voce squillante del ragazzo si affievolì di qualche tono.
Ovviamente i ragazzi sapevano di lei e Liam. Come Perrie. Come i loro genitori. E qualche manciata di persone che vedevano Liam entrare e uscire da casa sua ad orari assurdi. “Devi stare calma, piccola” aggiunse prima di sorriderle “Devo andare, ok? Te la caverai alla grande” la salutò con un bacio prima di chiudere.
 
Ma io dovevo dirti un’altra cosa. Cazzo.
 
La cantante sospirò mentre posava il computer in un angolo della camera d’albergo.
Si fece una doccia calda sperando di cancellare i brutti pensieri.
Nonostante tutto riusciva a cantare solo una canzone.
Love you, goodbye.
 
Porca puttana, Charlotte.
 
Si fissò allo specchio con addosso solo l’asciugamano. Il corpo longilineo lo calzava come un guanto mentre dall’avambraccio sinistro spiccava una piccola porzione di inchiostro nero “Beneath the rose” era il suo tatuaggio. La canzone preferita di suo padre.  L’unico che si era mai fatta. Non le piaceva tatuarsi. In realtà non le piacevano i tatuaggi in generale.
Ed era fidanzata con un ragazzo con più inchiostro addosso che sulla propria stramaledetta penna.
Lo rendevano sexy, uffa
Le spalle fine erano leggermente incurvate, nonostante gli anni di danza classica non riusciva più a restare dritta come un fuso. Anche perché in quel momento stavano portando un peso ben più grande.
Sospirò, sfiorandosi, senza farci quasi caso, la pancia.
L’aveva detto solo a Perrie che le aveva consigliato di chiamare Liam subito.
Ma lei non voleva farglielo sapere al telefono o perlomeno a distanza di un oceano.
Così avevano concordato che gliel’avrebbe detto una volta tornata a Londra da Los Angeles.
 
La verità era che era terrorizzata. Insomma lei aveva solo ventidue anni. Liam ne aveva ventiquattro.
Erano così giovani per quello. 
Che avrebbe dovuto fare?
Dire a Liam che sarebbero diventati genitori di una creatura che non aveva ancora nemmeno un proprio sesso definito e che lei già amava?
Come avrebbe dovuto farlo?
Come poteva dirgli che era stanca di vivere nella segretezza la loro storia?
Come?
C’era un modo giusto per farlo?
Eh, boh.
 
Ma perché, per una stracazzo di volta, la sua vita non poteva essere normale?
Eh, perché?
Porca puttana, Charlotte.
 
 
 
 
Si infilò il vestito a fiori e dei sandali ai piedi.
E poi semplicemente iniziò a camminare totalmente a caso per le strade trafficate di Los Angeles.
Pensava a lei e Liam.
A quello che avevano vissuto insieme.
Alle pene e ai momenti di felicità.
E cercava di trovare una crepa nel suo futuro.
La verità? C’erano più crepe che muri.
Sospirò per l’ennesima volta mentre dalle cuffie usciva una delle canzoni di Liam e i ragazzi.
 
So your friend’s been telling me you’ve been sleeping with my sweater and that you can’t stop missing me
Bet my friend’s been telling you I’m not doing much better ‘cause I’m missing half of me
” sussurrò piano sedendosi ad una panchina che dava sul mare.
Nemmeno sapeva come ci fosse arrivata.
Le sembrò quasi di averlo davanti a sé.
Forse era proprio davanti a lei e le sorrideva con dolcezza.
Magari aveva anche sentito cosa stava cantando.
Magari aveva capito che il suo telefono aveva messo a ripetizione le canzoni dei ragazzi.
La sua mente lavorava lenta. Troppo lenta. Probabilmente era solo il sole cocente del luogo. Ma riuscì persino a toccare la sue mani calde.
Ed era piuttosto sicura che le allucinazioni non comprendessero anche il senso del tatto.
Quelle di lei erano, invece, stranamente gelide.
Scivolò tra le sue braccia chiudendo gli occhi prima di essere inghiottita dal buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando riaprì gli occhi, aveva addosso un candido camice e il braccio destro intorpidito. Lo guardò stanca, due aghi perforavano la carne dell’interno gomito.
Flebo, considerò la sua mente lenta.
Perché era in un’asettica stanza di ospedale con addirittura due flebo attaccate? 
Aveva preso un colpo di sole e qualche passante l’aveva riconosciuta?
Si, doveva essere così.
Ma la voce che udì qualche istante dopo non era di un estraneo “Ti prego, dimmi che stai bene”. Lei spalancò le labbra sorpresa “Liam, che ci fai qui?” gli chiese confusa. L’uomo le sorrise piano sedendosi nella seggiola di plastica dura, strinse una sua mano “Ero venuto per farti una sorpresa. Ti ho seguito per qualche isolato. Quando ti sei seduta sulla panchina, ti stavo venendo incontro, ma non ho fatto in tempo a salutarti che sei svenuta tra le mie braccia” raccontò lui.
E Charlie capì. Non aveva immaginato Liam, lui era lì davvero.
Non erano allucinazioni.
Poi d’improvviso si rabbuiò. Toccò la pancia di scatto guardando lui.
 
Come faceva a chiedergli del bambino se Liam nemmeno era al corrente di quel minuscolo particolare che presto l’avrebbero fatta diventare una mongolfiera?
Porca puttana, Charlotte.
 
Ma lui sembrò capire “Quindi lo sapevi” commentò duro. Ok, ora era arrabbiato. E lei se lo meritava. Annuì, tanto ormai non aveva granchè da perdere “Il mio medico mi ha inviato le analisi mensili del sangue quando ero già qui in America. Volevo dirtelo una volta a casa” mormorò piano “Da quanto lo sai?” le chiese freddo “Qualche giorno” ammise lei. Lui aprì le braccia irrequieto “Io volevo dirtelo, solo che non sapevo come fare” mormorò con un sospiro “Quindi hai deciso di fare una passeggiata di un’ora con quaranta gradi all’ombra” la riprese.
Ok, non era arrabbiato perché non aveva dato la grande notizia. Era una cosa buona.
No, infatti, è incazzato perché sei una deficiente che gira con cinquanta gradi in una delle città più calde del mondo, perlopiù al primo trimestre. E’ moooolto meglio. Gran rincoglionita.
Charlotte abbassò il capo colpevole “Signorina De Gregori, come si sente?” domandò quello che immaginò fosse il suo dottore. Era alto, sui cinquanta e con un forte accento del sud “Meglio” rispose lei scacciando l’idea di guardare il viso di Liam per un’altra minuscola volta “Molto bene, allora direi che tra qualche ora potremo farla andar via. Deve idratarsi per due” le sorrise con dolcezza “Grazie dottore”.
Liam si alzò di scatto dalla sua sedia e trascinò il medico fuori dalla stanza, gli parlò per qualche minuto lasciando Charlotte da sola. Alla fine aveva ragione a preoccuparsi.
 
Liam rientrò visibilmente più rilassato “Quando dormivi ti hanno fatto un’ecografia” la informò “E’ così che ho scoperto fossi incinta, tra l’altro” aggiunse “Il dottore mi ha detto che il bambino sta alla grande”. Lei cercò di scusarsi per l’ennesima volta, ma lui la bloccò scuotendo la testa “Quando ho sentito il battito, Charlie, non riuscivo più a respirare. Cristo, in questo momento non so se essere arrabbiato o baciarti perché è la cosa più bella che io abbia sentito in vita mia” mormorò aprendo le braccia. Rimasero in silenzio per un paio di istanti prima che lui si sporgesse per incorniciarle il volto con una mano “Penso che sceglierò la seconda” mormorò sulla sua bocca. Lei sorrise “Scusa”. Liam scosse la testa “La cosa giusta da dire è “ti amo anch’io” la corresse. Lei stette al gioco “Ma non mi hai detto che mi ami” borbottò. Sorrisero entrambi “Io penso di sì” soffiò sfiorando con le dita libere la pancia ancora piatta di lei.
 
Cazzo, sospirò.
 
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“Sono grassa” mormorò lanciando l’ennesima maglia al fidanzato sul letto. Era al quinto mese di gravidanza e la pancia iniziava a farsi vedere timida. Liam sorrise stanco “Non sei grassa” le rispose. Lei scosse la testa buttandosi con poca grazia vicino a lui, indossava un paio di jeans e il reggiseno nero che aveva infilato dopo la doccia “Sono grassa e sono brutta” ripetè lei “Non mi entrano più i vestiti che potevo portare tre settimane fa. Tre dannate settimane fa, Liam” sbuffò irritata. Lui la obbligò a girare il viso “1. Non sei grassa, sei incinta. E’ diverso” le rispose “Ed è colpa tua” mormorò lei senza la vera volontà di insultarlo. Liam accusò il colpo senza farci granchè caso “2. Non sei brutta. 3. Smettila di piangerti addosso per una cosa che non puoi cambiare e trova una stracazzo di maglia o arriveremo tardi da mia madre” le sorrise quando lei lo fulminò arrabbiata “Ti odio” sibilò dura. Liam annuì passandole una camicia che sapeva le sarebbe andata bene “Lo so, amore” rispose semplicemente uscendo dalla stanza.
 
 
 
 
 
 
Non voleva gli sguardi di tutti su di lei come in quel momento. Non perché non considerasse i genitori di Liam importanti, dopotutto erano i nonni del nascituro, ma quando Karen le aveva chiesto il nome del bimbo era rimasta totalmente muta. Non le veniva in mente niente.
Assolutamente niente.
“Se fosse femmina sarebbe bello Rose” mormorò Ruth alzando le spalle “Oppure Dalilah” seguì Nicola.
Charlie annuì senza nemmeno seguire.
Cristo, come era possibile che non aveva mai pensato al nome da dare a suo figlio?
Erano passati cinque maledetti mesi.
Aveva pensato a tutto.
Alla culla.
Alla cameretta.
A tenere lontano Thor il più possibile.
Alle analisi. Le aveva fatte tutte.
Gli aveva persino scritto una canzone.
Eppure non si era mai chiesta come poter identificare il suo bambino.
Era una madre di merda.
 
“Scusate” si alzò di scatto liberandosi delle braccia calde di Liam. Camminò veloce verso la porta d’ingresso. Si appoggiò al muretto e fissò il cielo.
Stava tramontando in quel momento.
“Ho un deja vu” commentò Liam dietro di lei.
Quando erano andati a vivere insieme.
Il matrimonio di Ameliè.
 
Charlie sorrise appoggiando la testa sul suo petto. Il moro sospirò “Che hai?” le domandò attento.
Da quando erano tornati dall’America erano cambiate varie cose.
Per esempio lei e Liam si erano fatti vedere in giro per Londra insieme, permettendo ai fans di comprendere che alla fine per loro c’era più che una speranza.
Lei aveva preso una pausa dalla musica.
Non poteva permettersi tutto quello stress in gravidanza.
Lui aveva cancellato tutti gli impegni fuori dall’Inghilterra. Poteva stare a Dublino o a Edimburgo.
Ce l’avrebbe fatta, davvero.
Ma la sola idea di non poterla raggiungere anche solo in macchina, gli faceva un male fisico.
“Nulla” rispose la donna poco convinta “Lott, eddai, sei silenziosa da quando siamo arrivati” considerò Liam. Lei soppesò l’idea di vuotare il sacco.
 
“Ci diremo sempre tutto da ora in poi, vero, Liam?” Gli aveva chiesto qualche giorno dopo che lui era tornato da lei. il ragazzo aveva annuito “Sempre”.
Quella consapevolezza le bruciava in fondo alla mente.
 
“C’è qualcosa che non va in me” ammise poi. Liam si preoccupò subito “E’ il bambino? Stai male?” la ragazza scosse subito la testa “Mi riferisco a me stessa. Me come Charlotte. E se fossi una pessima madre?” domandò improvvisamente sincera. La verità era che davanti ai suoi occhi non poteva mentire. Gliel’avrebbe detto anche senza quella promessa. Liam la strinse a sé “Ti sei presa cura per anni di cinque ragazzi incasinati” mormorò facendola sorridere “Hai continuato a farlo anche quando me ne sono andato. Mi hai protetto da tutti quelli che –giustamente- se la prendevano con me per essermi lasciato scappare il diamante che sei. Ora, dimmi Charlotte, perché io proprio non lo capisco, sulla base di cosa dici questo?” “Non ho pensato a un nome” mormorò quasi inudibile “Quando abbiamo preso Thor, la prima cosa che ho pensato è stato dargli un fottuto nome. E mi dimentico di mio figlio?”. Liam scosse la testa, forse erano gli ormoni in subbuglio a farla parlare. Non gli interessava granchè, l’importante era che smettesse di farlo. “Quando i medici hanno scoperto delle complicanze durante la gravidanza hanno detto ai miei di non decidere un nome” iniziò. Non l’aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno ai ragazzi. Ma dopotutto Charlotte non era una persona qualsiasi. Lei lo ascoltò attentamente appoggiando una mano sulla sua guancia quando lo vide tentennare “Sono nato farmacologicamente morto” aggiunse “Me la sono cavata con un ipertrofia a un rene, comunque. Che culo, no? Quello che voglio dire, Lott, è che nel momento in cui ti trovi a dover denominare le cose queste diventano reali, diventano tangibili. Ti ci puoi affezionare” le sorrise dolcemente, il suo piccolo sporco segreto con lei sarebbe stato al sicuro “Nemmeno io ci ho mai pensato, avevo paura che potesse accadere qualcosa. Ero terrorizzato di vederti perdere il bambino, o magari di qualche complicazione come è successo con me, persino che il problema potesse essere genetico. Sarebbe potuto succedere di tutto. Letteralmente. Ma ora ti guardo, nel giardino della mia infanzia, con in grembo il nostro piccolo e mi rendo conto che sei molto più forte di tutte le mie ipocondrie” mormorò prima che lei lo baciasse lentamente. Aveva bisogno di quel contatto da minuti interi “Abbiamo ancora quattro mesi per pensarci” mormorò prima che lui le annuisse.
La strinse a sé piano “L’importante è che se è femmina non la chiameremo come una delle tue ex” sbuffò facendolo liberare in una risata cristallina.
 
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“Charlie” la voce cristallina di Simon Cowell le pervase le membra. Lei gli sorrise scendendo dallo sgabello nero della sala di registrazione “Ti presento i ragazzi” iniziò quello facendola annuire. “Lui è Harry” il riccio le sorrise quasi in imbarazzo.
Come se non conoscesse i famosi e talentuosi One Direction.
Il loro album aveva spopolato in tutta l’Inghilterra e lei era solo una cantante di serie B rispetto a loro.
Il fatto che anche lei l’hanno prima fosse uscita da XFactor era una minuzia.
“Questo è Louis, laggiù c’è Zayn, Niall e Liam” glieli presentò a raffica senza permetterle di stringere almeno loro la mano “Beh, è un piacere, ragazzi” esclamò dunque muovendo un braccio per salutarli tutti.
Nella sua mente di diciassettenne aveva anche loro dato dei soprannomi.
Erano nell’ordine: Harry-faccioswish-Styles,
Louis-piccioniacaso-Tomlinson,
Zayn-tatuaggistrambi-Malik,
Niall-vivailepricauni-Horan,
Liam-sonodastupro-Payne.
Ok, l’ultimo non l’aveva pensato lei. Era stata la sua migliore amica dell’epoca, Candice, follemente innamorata del ragazzo, il quale, accidenti, era veramente bello dal vivo.
Comunque a lei piacevano più i tipi come Louis, quindi amen.
“Ci fai sentire qualcosa?” le domandò il produttore sedendosi rilassato accanto al mixer. Vide i cinque accomodarsi sul divanetto in pelle dall’altra parte del vetro dove si trovava lei.
La mora infilò le cuffie poco convinta. Insomma, stava tremando. Davvero, Charlie?
Vide con la coda dell’occhio una mano alzarsi. Louis le sorrise sfidandola “Posso fare una richiesta?” domandò. Charlotte alzò un sopracciglio “Dipende” rispose allo stesso modo al microfono davanti al suo viso. I quattro ragazzi scoppiarono a ridere del tono fermo della ragazza che fece tentennare l’altro “Ci fai sentire What makes you beautiful?” le domandò “Tanto la conosci vero?”.
Lei scese dalla sedia per la seconda volta. Raccattò la chitarra “Ma la faccio a modo mio” redarguì la boy band di poppantelli.
Si che tu sei una veterana, la rimbrottò la sua coscienza.
 
 
Iniziò a muovere le dita sullo strumento con un sorrisino ironico. Fissò Liam attenta, i suoi occhi verdi in quelli marroni di lui. All’epoca aveva ancora i boccoli scuri che gli ricadevano sugli occhi e lei era ancora castana. Il rosso l’avrebbe adottato solo qualche anno dopo.
“You’re insecure. Don’t know what for, you’re turning heads when you walk through the door” articolò rilassata. Voleva sfidarli, prenderli in giro.
Fargli capire che le loro stupide canzoncine sull’amore, per quanto ben scritte ed orecchiabili, sarebbero durate quanto un fuoco di paglia.
 
Non poteva sapere che quello sguardo l’avrebbe fottuta in ogni singolo modo possibile.
 
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“Ciao” la salutò imbarazzato “Ciao” ripetè lei abbassando lo sguardo.
Liam le aveva chiesto tra un balbettio e l’altro se aveva voglia di uscire con lui “Da soli” aveva sottolineato fissandosi le scarpe.
Si conoscevano da due anni ormai.
E spesso capitava che lei e i ragazzi, quando si trovavano tutti insieme a Londra, uscissero insieme.
Liam aveva da poco terminato la storia con Danielle e Charlotte aveva represso per tutto l’anno passato quella sua costante predilezione per il ragazzo.
Già, alla fine si era rivelato proprio Liam il ragazzo giusto per lei.
Altro che Louis, il quale, comunque era felicemente fidanzato.
Aveva capito quasi senza accorgersene che un po’ di serietà era quella che le serviva.
Ah beh, meglio per lei.
“Andiamo?” domandò al ragazzo che ancora non aveva mosso un passo. Lui annuì scuotendosi dal torpore che l’aveva bloccato “Ho la macchina” le disse indicando un puntino nero poco lontano “Se ti fidi di me” aggiunse, facendola sorridere, aprendo la portiera. Lei alzò le spalle spostando i lunghi capelli castani da un lato “Candice e Harry sanno che sono con te. Saresti il primo sospettato se scomparissi” lo redarguì giocosa. Liam sorrise mettendo in moto.
 
Charlotte, in silenzio, cercava di scomparire nel sedile del passeggero mentre guardava i movimenti fluidi del ragazzo. Lo vide cambiare le marce con maestria mentre svoltava per le stradine fuori Londra. Era affascinata dai muscoli fasciati dalla camicia bianca, incantata dalle vene del collo che sembravano voler esplodere quando cantava le canzoni che la radio passava. Imbarazzata, persino, quando le loro voci si mischiavano nell’abitacolo dando vita ad un duetto. Sospirò.
Sei andata, amica, completamente.
Come se non lo sapessi.
Liam parcheggiò davanti all’ingresso di una sala giochi. Charlotte si girò a guardarlo poco convinta “Io e te in mezzo a dei possibili fan?” domandò. Liam le sorrise calmo “Non preoccuparti, Lott. Ho pensato a tutto” le rispose prima di infilarsi il giubbino per fronteggiare il freddo pungente di settembre. Lei lo seguì dentro. E poi capì cosa intendeva dire. Dirimpetto a quel parco giochi in miniatura, c’era una nascosta sala bowling accanto ad una da biliardo. Non avrebbero incontrato nessuno se non sopra ai quaranta. “Ok, è geniale” mormorò mentre lui senza quasi accorgersene le prendeva la mano per condurla alla sala che si era appositamente fatto prenotare.
 
Si sedettero davanti ad una pista da bowling, la numero tre. “Liam, io non ho mai giocato” lo redarguì “Vorrà dire che ti insegnerò” rispose semplicemente facendole assottigliare lo sguardo.
Come era prevedibile, ai primi due tiri Charlotte non colpì un birillo nemmeno per sbaglio, mentre “l’uomo dei talenti”, così l’aveva soprannominato, non se la cavava affatto male.
Prese una palla e camminò intestardita verso la postazione. Si preparò mentre cercava di capire come poter fare per non risultare una completa cretina “Sai, se li guardi male non cascano per la paura” la prese in giro Liam mentre lei riservava a lui lo stesso sguardo di quei maledetti aggeggi “Ti avevo detto che non ero capace” borbottò irritata.
Il ragazzo ridacchiò posizionandosi dietro di lei. Appoggiò una mano sulla spalla sinistra mentre con l’altra indicava a Charlotte il giusto movimento. Premette tra le scapole per farla piegare leggermente mentre anche il piede destro retrocedeva. La mora chiuse gli occhi per un secondo quando sentì sussurrato all’altezza del suo orecchio un flebile “Vai”. Eseguì il più meticolosamente possibile. Entrambi fissarono i dieci birilli attenti. Il tiro non era esattamente dritto, non che Charlotte se l’aspettasse, ma le permise di buttare giù tre dei suoi nemici. Batté le mani girandosi verso di Liam che sorrideva soddisfatto poco lontano “Buon inizio. Ma non la perfezione” le rispose quando buttò giù tutti e dieci i bersagli con un colpo solo. Lei assottigliò lo sguardo irritata “Ti odio” borbottò fulminandolo.
 
 
 
La verità era che Liam aveva pensato seriamente di girare il suo corpo e baciarla quando le sfiorò il braccio. Sarebbe bastato un attimo.
Ma per paura, probabilmente, si frenò. Le permise di vedere di nuovo il movimento da compiere. Ma in realtà aveva la testa da tutt’altra parte.
Più precisamente sulla pelle lasciata scoperta dalla canotta scura che indossava infilata dentro la gonna vinaccia.
E ovviamente nemmeno le gambe fasciate da un leggero velo di collant nere erano passate inosservate.
Aveva sempre pensato fosse bella.
Dal primissimo momento che l’aveva vista cantare.
Ma mentre sorrideva battendo le mani, gli occhi verdi luminosi e i ricci scuri che ballavano sotto il suo movimento, arrivava davvero al capolinea.
Nemmeno Danielle l’aveva mai fatto sentire così.
Sembrava stupido, ma si sentiva totalmente in imbarazzo quando lei lo squadrava da sotto le ciglia lunghe contornate da un lievissimo filo di trucco.
Eppure, quando lei lo guardava ridendo, tornava a suo agio come se prima non fosse accaduto nulla.
Strane le donne.
Strano l’effetto che facevano sugli uomini.
 
 
 
 
 
 
 
“Arrivati” mormorò lui accostando davanti alla porta dell’appartamento che la ragazza condivideva con Perrie Edwards. Lei annuì, infilò il giacchino e prese la borsa. “Buonanotte, allora” gli disse.
Non voleva il solito bacio clichè dato prima di scendere dalla macchina, con la ragazza che tiene la borsa a mezz’aria e il ragazzo che si sporge oltre il cambio per attirarla a sé.
Non lo voleva. Oppure si?
 
 
Liam annuì “Buonanotte” rispose nervoso. Avrebbe dovuto baciarla? Accidenti, lui voleva farlo. Voleva sapere di che sapessero le sue labbra da quando aveva pulito la bocca di lei della maionese che avevano mangiato con le patatine. Stava davvero soppesando di esibirsi in un altro scontatissimo clichè?
Avrebbe potuto, insomma, lei aveva diciannove anni, magari si aspettava proprio quel tipo di bacio per il primo appuntamento.
Ma forse meglio di no. Dopotutto Charlotte aveva detto tante volte di non apprezzare i film romantici.
No, si decise. Non l’avrebbe baciata quella sera.
Anche perché, comunque, non ci si bacia al primo appuntamento.
 
Le sorrise, dunque “Ci vediamo domani in studio?” le domandò. La ragazza annuì stranita dalla domanda “Devo provare le nuove canzoni” gli spiegò, il ragazzo la seguì “Già, anche noi” mormorò. Rimasero ancora qualche istante a fissare fuori dal finestrino.
“Ciao Liam” lo salutò definitivamente la ragazza. Era ovvio, ormai, non l’avrebbe baciata quella sera.
Niente clichè da Tempo delle mele, cara. Gli sorrise per l’ultima volta prima di aprire la portiera.
 
Aveva già un piede fuori dall’abitacolo, quando Charlotte decise che, però, lei quel bacio lo voleva comunque.
Perciò tornò sul suo unico passo voltandosi verso il ragazzo che aveva già un braccio sul volante. Senza lasciargli il tempo di dire nulla, si sporse verso di lui e appoggiò la mano gelida sul collo, il pollice proprio sopra la sua voglia. Socchiuse le labbra mentre serrava gli occhi e poi lasciò che l’istinto terminasse il lavoro.
 
Dopo un iniziale tentennamento legato alla sorpresa, Liam approfondì il bacio casto di Charlotte in qualcosa di più “francese”. Fece passare la lingua su quella di lei, roteando il corpo per avvicinarla di più a sé. Non sentiva più la testa, le braccia, le mani o le gambe. Tutta l’attenzione era sulle labbra che continuavano a muoversi su quelle di lei con grazia.
 
 
Ok, non se l’aspettava.
Era piuttosto certa che lui, timido com’era, si sarebbe allontanato.
Mai avrebbe pensato una cosa del genere.
E invece Liam aveva preso in mano la situazione facendole provare sensazioni che nemmeno sapeva potessero esistere.
Sorrise dolcemente quando si allontanò con il fiato corto “’Notte” soffiò “Buonanotte, Charlotte” la salutò con le labbra colorate dal suo rossetto pescato.
Charlie uscì definitivamente dall’auto e si chiuse veloce la porta dietro al corpo.
 
 
 
“Cazzo” sussurrò appoggiandosi all’uscio e sfiorandosi le labbra. “Lo prendo come un “Liam bacia bene da matti”?” domandò la chioma rosa di Perrie, la sua coinquilina.
Era ovvio che si fossero baciati.
Voglio dire, chi resta cinque minuti buoni in macchina quando si arriva a una destinazione.
Dovevano aver limonato per forza.
 
Charlotte sospirò rumorosamente all’amica alzando le spalle.
L’aveva conosciuta grazie a Zayn e non l’aveva più lasciata.
Perrie era la pazza delle due.
Ma era anche quella rilassata, che prendeva le cose con calma.
La procrastinatrice.
Quella che, però, combinava sempre tutto di quello che si era prefissata.
Quella che, nonostante avesse un seguito praticamente in tutto il mondo, continuava a girare in metro perché “mi piace il silenzio che c’è”.
Quella che, pur di bersi un the in pace, avrebbe anche potuto far sciogliere una band, perché “Se ho fame, mangio e non mi rompere”.
Perrie Edwards era il suo Xanax personale.
La faceva smettere di pensare.
La faceva staccare dalla sua pazza, pazza vita.
E Charlotte l’adorava per quello.
 
Charlie camminò verso il salotto ancora su di giri “Fosse stato per lui nemmeno mi avrebbe baciata” raccontò all’amica “E l’hai fatto tu, quindi?” la cantante si accoccolò sul divano della casa lanciando un’occhiata eloquente all’altra. Dai, Charlie fangirliamo insieme, questo volevano dire i suoi occhi blu. “Io ho preso l’iniziativa, poi ha fatto tutto lui” mormorò togliendosi le scarpe. Perrie ridacchiò “Da come stai messa sembra che tu abbia avuto un orgasmo” la prese in giro. Charlie sbiancò “Perald Edwards!” esclamò “Suvvia, era il primo appuntamento” “Questo non vi impedisce di arrivare al punto cruciale”.
No, si disse lei.
Avrebbe fatto con calma.
Nessuno le correva dietro.
Già, aveva tutto il tempo del mondo.
Gesù, solo l’idea di lei e Liam in quel modo le faceva venire l’ansia.
 
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Si frequentavano da mesi ormai. Già sui tabloid inglesi erano uscite alcune foto di loro due insieme.
In una c’erano loro da KFC che cenavano in tranquillità e parlavano.
In un’altra Liam cantava sulle note della chitarra di Charlotte seduti sotto uno degli alberi di Hyde Park.
In un’altra ancora si scambiavano un minuscolo bacio a Primrose Hill.
 
In ogni caso nessuno dei due avrebbe smentito la notizia. Semplicemente non gli interessava.
 
Il cellulare di Charlotte squillò nel bel mezzo della sessione di prove. Si scusò con il suo pianista “Liam, sto provando” mormorò avvicinandosi alla grande finestra che dava sul parcheggio dell’edificio “Scusa, sarò velocissimo” l’assicurò lui “Alle sei e mezza davanti al Burger King, devo farti vedere una cosa” aggiunse veloce per poi permetterle di tornare a lavorare “Se è l’ennesima scommessa di Zayn e Perrie, non vengo. Sono stanca di fare da arbitro” sbottò irritata.
Da quando Perrie e Zayn avevano iniziato ad uscire, con Louis era iniziato il finimondo, la mora si era sempre trovata in mezzo alle loro stupide scommesse su chi mangiasse di più qualunque-cosa. Liam era troppo buono, secondo la Edwards e quindi a lei toccava il compito di impedire a quei tre di iniziare una terza guerra mondiale. “Ti giuro di no. E’ una cosa nostra” le rispose.
Sentendo quelle semplici parole, Charlotte De Gregori iniziò a respirare più velocemente. L’ultima volta che Liam le aveva pronunciate, le aveva regalato un gatto persiano che lei con gran fantasia aveva chiamato Thor. Perché sarebbe stato il fratello di Loki, l’husky di Liam, aveva spiegato. Sei pessima, Charlie.  
Quando Charlotte gli aveva chiesto il perché di quel regalo, lui aveva abbassato gli occhi “Perché ti amo” le aveva detto.
“A dopo allora” rispose chiudendo la chiamata. Tornò al suo posto con un sorrisino stampato in faccia “Deduco che con Liam vada bene” commentò Parker cambiando lo spartito. Lei alzò le spalle esplicita “Mi manda in confusione” ammise.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Payne, dove cazzo sei?” sibilò irritata alla cornetta. Stava gelando, alcune gocce di pioggia stavano iniziando a scendere e Liam non le rispondeva, erano le sette. E era freddo, accidenti. “Dietro di te” rispose lui correndo verso di lei. Charlotte lo fulminò “Ti aspetto da mezz’ora” borbottò dopo che lui l’ebbe addolcita con un lieve bacio sulle labbra. Le prese la mano tra le sue “Ti faccio vedere” spiegò solo trascinandola per le vie di Londra.
Arrivarono davanti ad un palazzo bianco, alto e rococò. Parecchio rococò.
Prese dalla tasca un mazzo di chiavi con cui aprì il grande portone di vetro. In silenzio fecero due rampe di scale finchè non la mise davanti ad una porta color noce, la aprì facendo entrare lei per prima.
Charlotte si guardò attorno. La prima stanza che vide fu la sala open air collegata alla cucina da una specie di muretto su cui erano appoggiati dei soprammobili. Vide un’altra porta che, immaginò, doveva dare sul reparto notte. “Hai comprato casa?” gli domandò confusa. Perché non gliel’aveva detto? Lui scosse la testa “E’ più corretto dire che ci ho comprato casa” le spiegò.
Di tutta risposta Charlotte spalancò gli occhi, lo fissò per istanti interi finchè non sentì qualcosa di morbido passare tra le sue caviglie. Abbassò gli occhi “Thor?!” esclamò.
Li puntò di nuovo sul ragazzo che stava morendo dentro, era solo preoccupata? Era arrabbiata? O era totalmente indifferente?
Charlotte boccheggiò scossa solo dal rumore della pioggia “Che significa?” domandò cauta. Il ragazzo le si avvicinò lentamente “Vieni a vivere con me. Qui.” rispose appoggiando le mani sulle sue spalle, abbastanza vicino da toccarla, ma abbastanza lontano dal ripararsi da uno schiaffo repentino.
Ti prego, dì di sì.  Lei sospirò “Cristo, io sono sotto choc” sussurrò, gli occhi che guardavano il tramonto ma in realtà, non vedendo nulla se non il futuro aleggiare sopra la sua testa.. “E’ un bene o un male?” sondò il ragazzo. Doveva metabolizzare in fretta. Scosse il capo, cercando da qualche parte la falla nel piano di Liam. Si sorprese di non trovarne. Perciò lo guardò improvvisamente sorridente. Le piaceva quel futuro “Immagino che lo scopriremo più avanti” rispose avvicinando i loro volti “Lo prendo come un sì?” le domandò. Sapeva che Charlie non gliel’avrebbe fatta così semplice “Prendila come un “Domani ti devo fare il doppione delle chiavi” rispose a pochi centimetri dalle sue labbra.
 
Liam la baciò lentamente assaporando quelle sensazioni che continuavano a tornare a galla anche dopo tempo. La strinse piano mentre le dita di Charlotte, sotto ordine di nemmeno-lei-sapeva-cosa, sfiorarono la pelle calda del fianco di lui. Liam si allontanò per un istante cercando di reprimere un sospiro “Non hai ancora visto la camera da letto” articolò lento. Lei sorrise.
Dopotutto Perrie aveva ragione, ci sarebbe arrivata al punto cruciale.
L’unico rumore oltre ai loro sospiri era lo scrosciante persistente della pioggia.
La loro colonna sonora.
Nemmeno ci facevano caso in realtà.
 
 
 
 
 
 
 
“Se vuoi che smetta, devi dirmelo ora” sussurrò con il fiatone il ragazzo, mentre lei incrociava le gambe nude ai suoi fianchi. Si erano liberati dei vestiti da qualche minuto, ormai “Per chiederti di fermarmi dovrei poter pensare” commentò accaldata “E sinceramente al momento non mi ricordo nemmeno come mi chiamo” alzò le spalle lasciando cadere la spallina del reggiseno lungo la spalla. Le sfiorò la pelle con le labbra “Charlotte” articolò “Ti chiami Charlotte”. Lei sorrise lasciando le mani percorrere il collo di lui e aggrapparsi alle spalle ampie “Giusto, dovrei scriverlo da qualche parte” sussurrò ironica mentre l’altro scuoteva la testa “Cristo, Lott, non riesci a rimanere seria nemmeno ora?” non era un rimprovero, era un dato di fatto “La verità, Liam, è che se ora mi lasciassi andare finirei per dire cose che vorrei tenere ancora per me” rispose. Il ragazzo si alzò attirandola a sé, in quel modo era seduta sulle sue gambe con le labbra di lui appoggiate sulla clavicola. “Per esempio?” le chiese. Lei abbassò lo sguardo sul petto di lui, lasciò che le dita esplorassero le curve del suo corpo “Per esempio che in realtà il mio nome ha l’accento alla francese, ma lo preferisco all’inglese” mormorò lei. Liam le alzò il viso con un dito sotto al mento “Charlie” la richiamò duro. Moriva dalla voglia si sentire cosa le avrebbe detto. Lei sospirò, tanto valeva dire la verità “Primo, sono vergine. Non fare quella faccia, ok? Ho diciannove anni non quaranta” abbassò gli occhi “E immagino che tu non lo sia, quindi al momento mi sento parecchio idiota” sussurrò. Liam sorrise “Farò piano allora” mormorò. Lei scosse la testa dicendo addio a tutta la magia “Non è per il sesso in sé, Liam. Ho abbastanza amiche da sapere perfettamente cosa mi aspetterà” sentì le guance arroventarsi “Quello che mi fa paura è la parte emotiva” “Che intendi?” “Io. Come sarò io dopo?” “Immagino che lo scopriremo solo dopo”. Uno scambio serrato di risposte dal quale traspariva la paura di entrambi. Era semplice anatomia con un po’ di matematica. Il corpo femminile era strano.
“In secondo luogo, che comunque è collegato al primo, io non so letteralmente che dovrei fare” si lasciò sfuggire un sorriso irritato. Lui lo sapeva quanto lei odiasse risultare impreparata nelle situazioni. E in quel momento lo era. Decisamente. “Non pensarci” le consigliò “Fa quello che ti senti”. Lei roteò gli occhi “Facile per te” sbuffò “Charlie, parli come se fossi il miglior amante del mondo. Ho avuto solo una ragazza. Una. Quanta esperienza credi abbia in più di te?”.
Ok, a quello non aveva pensato.
Si era concentrata così tanto su se stessa che non ci aveva proprio pensato.
 
Poi Liam allontanò i loro corpi alzandosi dal letto. Con addosso solo i boxer raccattò i propri pantaloni e se li infilò passando a lei la sua felpona grigia. Si stese affianco a lei rilassato “Guarda che non c’è fretta” le disse invitandola a rivestirsi “Possiamo sempre vivere insieme e dormire e basta” commentò mentre lei appoggiò il capo sul suo petto. Fissarono per un po’ il soffitto finchè il cellulare di Charlotte non squillò “Gesù, davvero?!” sbottò lei alzandosi controvoglia.
 
“Perrie” abbaiò irritata. Socchiuse la porta della camera “Tutto ok, piccioncina?” le chiese la sua coinquilina –ex-coinquilina-. “Finchè non mi hai chiamato tutto alla grande” rispose senza farci nemmeno granchè caso “Oh, merda, ti ha fatto vedere casa e stavate facendo del sano mambo orizzontale” mormorò quella improvvisamente colpevole. Charlie sbuffò “Uno, nessuno dice più mambo orizzontale dai tempi dei miei nonni. Due, mi dispiace per la tua testolina piena di fantasia repressa, ma no” non era arrabbiata con Perrie, ovviamente. Era con se stessa che ce l’aveva. Ma da qualche parte doveva pur sfogarsi. “Cosa? Non avete inaugurato il letto?” anche Zayn si intromise “Ma sei in vivavoce?!” sbottò lei scioccata “Diciamo che con Zayn ci stavamo chiedendo come steste tu e Liam, ecco tutto” rispose l’amica “Ovviamente vi abbiamo pensato dopo aver fatto sesso” sottolineò l’altro. Charlotte pensò seriamente di voler lanciare il proprio telefono contro il muro “Ragazzi, così non mi aiutate” sbuffò “Gli hai detto che sei vergine?” domandò pratica l’amica “Sei vergine?” chiese Zayn sconvolto “Si” rispose a entrambi “Sembra che abbia ammazzato qualcuno” considerò irritata “Beh, è strano. Tutto qui” rispose il ragazzo “Bene, ora che siamo tutti d’accordo che ho quasi un quarto di secolo e sono –anche piuttosto felicemente- illibata, potete aiutarmi?” chiese la ragazza “Qual è il problema?” anche Zayn era diventato stranamente pratico “Se è per il dolore, passa poco dopo” le rispose Perrie. Charlie sbuffò “Non è per il dolore, non me ne frega niente di quello che proverò io” sottolineò l’ultima parola. E Zayn sembrò arrivarci “Hai paura che non piaccia a lui?” “Finalmente qualcuno che mi capisce” sbottò lei rivolta al fidanzato dell’amica “Beh, Charlie, ognuno reagisce a modo suo. Sii te stessa” le consigliò l’amica. La ragazza annuì mordendosi un’unghia “Me l’ha detto anche lui” “Scusa, eh. Allora perché non sei con lui ora invece di farti queste inutili seghe mentali?” la voce di Perrie probabilmente l’avrebbero sentita pure dall’altra parte del mondo “Perché sono fatta così” rispose “Penso, penso, penso e penso ancora. Anche quando non devo farlo” sua madre la chiamava Rimuginatrice seriale per un motivo preciso “Ho paura anche a rientrare in quella camera, ora come ora” sussurrò “Ma lui ti ha spinta a fare qualcosa?” domandò improvvisamente Perrie. Charlie scosse la testa “No, Liam… lui è stato perfetto. Sono io che ho qualche problemino” mormorò sincera “Amica mia, tu di problemi ne hai tanti” la corresse la ragazza “Ma ora non è importante” Charlotte sbuffò “Andate a fare mambo orizzontale o a giocare a scarabeo, o a sfondarvi di cioccolato. Siete tutti e due totalmente inutili” li salutò prima di sentire la loro risata.
Era punto a capo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Mambo orizzontale?” domandò Liam quando lei tornò nella stanza. Era seduto ora e la fissava attento. Capì improvvisamente “Non ti hanno mai detto che non si origlia?” chiese lei spossata, infilò le gambe nella felpa. Sembrava uno strano bozzolo. “Quanto hai sentito?” aggiunse senza calcolare la risposta alla domanda precedente, probabilmente nemmeno le aveva risposto “Quello che hai detto tu? Tutto. Quello che hanno detto Perrie e Zayn? Abbastanza” la informò. Lei annuì “Bene, vado a buttarmi dal Tower Bridge, se vuoi scusarmi” si alzò per uscire. Dove vai che sei in mutande, cretina? “Charlie, perché non mi hai detto subito qual era il vero problema?” le chiese. Lei girò il corpo verso quello di lui “Perché mi sentivo così stupida. E piccola” sussurrò. Liam la strinse piano, gli arrivava sotto al mento. Era minuscola. Andava protetta. “Sai le docce fredde che ho dovuto farmi dopo essere venuto da te per vedere anche solo un film? Sai quante volte ho pensato di fregarmene altamente del fatto che da un momento sarebbe potuta arrivare Perrie o i ragazzi, e fare l’amore con te? Mi bastava guardarti e qualcosa si svegliava. E ora mi sento anche piuttosto viscido a dirtelo, in realtà” cercò di sottolineare le sue parole ironiche –ma neanche tanto lontane dalla verità- scostandola. Ma era immobile “Forse dovrai continuare con le docce fredde” rispose semplice mentre cercava di non piangere “E sia, abbiamo tutto il tempo del mondo. Quello che voglio che tu capisca è che se quello che ti preoccupa sono io, allora non hai capito come funzionano gli uomini” la sentì reprimere una risata “Ehi” finalmente riuscì a guardarla negli occhi. Altri cinque secondi e sarebbe scoppiata “Ti amo, Charlie. Sono qui, aspetto. Non c’è problema”.
Erano bastate due parole.
Due parole che mai nessuno, a parte lui, le aveva rivolto.
 
“Lo pensi davvero?” domandò piano. La guardò confuso “Cosa?” parlava da quelle che sembravano ore “Che mi ami” Charlotte nemmeno respirava più. Lui annuì addolcito “Certo” rispose piano. Lei annuì prima di iniziare a parlare a macchinetta. Era talmente veloce che persino Liam faticava a capirla, complice anche l’accento vagamente francese che usciva fuori quando non lo teneva a bada “No, perché anch’io… sai, quello... Però non voglio che dopo quello che potrebbe succedere, tu cambi idea. Cioè, voglio dire, io lo voglio, fare l’amore con te, dico. Lo volevo prima e lo voglio adesso, solo che non so che dovrei fare e poi inizio a pensare a tutte le cose negative che potrebbero succedere –tipo rimanere incinta, lo so è una cazzata- e non ci capisco più niente e quindi poi inizio a parlare di cose che non c’entrano un accidente come il fatto che sta piovendo da matti e probabilmente quando andremo a prendere la metro saremo…” l’ultima parola fu mangiata dalle labbra del ragazzo “Non pensare” le sussurrò semplicemente “Per una volta non usare la testa” aggiunse alzando la sua felpa fino a metà dei fianchi.
La guardò attento. Una parola e smetto. Basta una parola. Ma lei rimase silenziosa.
Non pensare.
Si lasciò sfilare l’indumento rimanendo di nuovo solo in intimo, Liam la raggiunse velocemente sul letto dopo aver lanciato i pantaloni in un punto indistinto della stanza.
Non pensare.
Le sfiorò la pelle attorno al gancio del reggiseno. Lei fissava il soffitto bianco. Non sembrava più poi così preoccupata. Lasciò scivolare le spalline sulle braccia liberandosene. Improvvisamente imbarazzata si aggrappò alla sua schiena facendo aderire i corpi seminudi.
Non pensare.
Si rilassò di nuovo sotto il suo tocco. “Charlie” la richiamò controvoglia “Posso ancora fermarmi” le disse.
Cristo, Lot, non pensare.
“No” rispose. Le labbra di lui si aprirono in un guizzo “Non sei obbligata” le disse “Lo so”.
Passò le dita morbide sul suo petto “Lo so” ripetè sentendo qualcosa di sconosciuto spingersi contro la sua coscia.
Ti faccio un disegnino, se vuoi.
Il basso ventre le si infiammò “Non pensare” gli disse con ironia quando lui la guardò alla ricerca di un minimo di rimpianto. Liam sorrise abbassando lo sguardo “Se ti faccio male, dimmelo, ok?” iniziò le raccomandazioni “Se cambi idea, dimmelo”, “Sta zitto” lo riprese poggiando le labbra sulle sue “Ti prego, sta zitto” .
Sfilò gli ultimi due pezzi di stoffa.
Ok, nessuno rimpianto. Non pensare.
Lo lasciò fare. Aveva ragione Perrie, il dolore sarebbe durato solo qualche istante.
Infilò la testa nell’incavo del collo del ragazzo senza capire davvero ciò che stava facendo.
Lasciò che il suo respiro accapponasse la pelle dell’altro.
Lo sentì sospirare. Era un bene, no?
Probabilmente si, si disse, perché altrimenti non avrebbe sentito il suono gutturale partirgli dal petto.
Si complimentò da sola. Non fai poi così schifo, vedi? Rottura di palle.
Quella consapevolezza le bastò per rilassarsi completamente e lasciarsi andare.
“Ti amo” le sussurrò Liam. Baciò piano la fronte madida della ragazza prima di stendersi sul letto.
Gli facevano male le braccia a causa della tensione. Gli facevano male le labbra.
Lei ancora nemmeno riusciva a respirare. Figurarsi parlargli.
Non pensare.
Si accoccolò al suo petto fissando il soffitto.
Chiuse gli occhi e sorrise cercando di stabilizzare il respiro.
Si addormentò qualche istante dopo.
 
 
 
 
 
 
 
A svegliarla fu il rumore della serranda che veniva chiusa.
Aprì gli occhi piano.
Il cielo era blu, illuminato solo dalle stelle.
Liam era in piedi, ancora nudo con metà dei muscoli in tensione.
Cazzo.
Brava, proprio quello.
Chiuse gli occhi di scatto quando lui si voltò. Lo sentì ridistendersi al suo fianco. Le sfiorò con le dita la schiena nuda. Poi un guizzo lo obbligò ad acchiappare il telefono.
“Zayn” salutò l’amico. Charlie sorrise impercettibilmente. “Grazie, immagino” lo sentì rispondere –Dio esiste, hanno fatto sesso! Sentì distintamente la voce del moro prevedibilmente rivolto alla fidanzata “Coglione, parla piano. Charlie dorme” lo riprese –Oh, l’hai proprio sfinita lo schernì dall’altra parte Zayn. Charlotte immaginò Liam scuotere la testa imbarazzato “Credo l’abbia sfinita più tutta la situazione” rispose il ragazzo –Oh Liam, ti sottovaluti. “Mi hai chiamato per un motivo sensato?” domandò spiccio. -Assolutamente no. Io e Perrie volevamo sapere se la tua bella aveva capito l’antifona rispose l’altro rilassato. Come se la vita sessuale dei due fosse di loro interesse –A proposito che ti ha detto alla fine? Lo sai qual era il problema? “Si, lo so” rispose il ragazzo al suo fianco. Sentì le sue dita passare tra i capelli scuri, si rilassò improvvisamente. –Sarebbe stato inquietantemente bello dirle di quella volta al concerto iniziò il moro –Sai, quando sei dovuto scappare in bagno perché vedendola ballare avevi una bella alzabandiera. Ti ricordi, amico? In tua difesa c’è da dire che vestita in quel modo era indecente. Indecentemente gnocca, voglio dire, Zayn rideva dall’altra parte “Se glielo dici, giuro che ti uccido” mise l’altro in chiaro.
Prima o poi avrebbe approfondito la questione. Ma non era quello il giorno.
-Vai mio bel Liam, la tua donna avrà bisogno di te. Anzi, più probabilmente, tu avrai bisogno di lei. “Fai schifo”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Si alzò dal letto lentamente.
Ok, le sembrava di essere a metà tra un’ameba e Bella di Twilight.
Togliendo tutti i casini legati ai vampiri.
Oh cazzo, e se Liam fosse un vampiro?
Sei sicura di aver fatto solo sesso e non esserti drogata?
Di certo aveva un bel po’ di endorfine in circolo.
Sentiva tutte le articolazioni scardinate. Bah, mi romperò non appena mi alzerò, si disse.
Raccattò i suoi vestiti in giro per la stanza e camminò ancora scalza verso la sala.
Liam stava guardando un film con Thor che sonnecchiava affianco a lui. Una mano del ragazzo lo accarezzava distratto.
“Ti facevo così schifo da essertene andato?” domandò ironica camminando verso di lui. Incrociò le gambe coprendole dal felpone. Lui scosse la testa veloce sorpreso di vederla “Non volevo svegliarti” le spiegò quasi a volersi scusare.
Nel frattempo, alla televisione, Ross e Rachel di Friends si stavano sposando per tipo la terza volta in una cappella dell’amore a Las Vegas. Charlie sorrise, ricordava quella puntata. Tranne per il fatto che lei l’aveva vista in francese ovviamente. “Come ti senti?” sentì domandare dopo alcuni istanti. Liam voleva chiederglielo da minuti. Da ore. Ora era lui quello preoccupato. Lei alzò le spalle rilassata “Meno stressata” rispose vedendolo fulminarla. Non le avrebbe permesso di sviare la cosa portando esempi di conoscenza popolare a caso per cambiare argomento. “Charlie, sono serio” la riprese. Ok, le ha fatto schifo, bravo Liam. mormorò la sua voce interiore quando lei lasciò percorrere le sue dita sul braccio nudo del ragazzo. “Mi sento bene, credo” rispose improvvisamente seria. Non gli ci voleva molto per ottenere quello che voleva. Lo odiava per quello “Insomma, mi sembra di non avere tipo la metà delle ossa e il cuore ancora non batte a una frequenza regolare, perciò direi che sto bene”. Lui annuì, si aspettava altro? Decise, dunque, di buttarla in cazzata improvvisamente imbarazzata dal suo sguardo sulle sue gambe nude “Non che abbia veri metri di giudizio, ma immagino di poterla mettere nella lista delle dieci serate migliori della mia vita” alzò le spalle facendolo sorridere “Prima o poi mi farai partire di testa” le disse.
Charlie rise alzandosi per farsi una tazza di caffè “Mettiti in fila, Payne. C’è chi ci è già riuscito” gli rispose.
Liam la vide camminare veloce verso la cucina e accendere la macchina del caffè.
Vorrei che tutte le mattine fossero così, si sorprese di star pensando.
 
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Fissava il telefono da minuti interi ormai.
Perché non la chiamava per dirle come era andato il concerto?
Perché Liam, eh? Perché?
Dove cazzo sei?
Nel frattempo con la mano libera accarezzava le spalle di Perrie. Si era addormentata stremata dopo l’ennesima crisi di pianto.
Zayn se ne era andato. Letteralmente.
Voleva lavorare da solo. Ok.
Era troppo stressato. Ci stava.
Aveva lasciato i ragazzi. Per una pausa, vero? Vero?
Nel bel mezzo del tour mondiale. Sei un po’ una merda Zay, lasciatelo dire.
Aveva lasciato Perrie a quattro mesi dal matrimonio. Sei un po’ tanto merda Zay.
 
 
 
E lei aveva passato le due settimane precedenti con il terrore che Liam avrebbe detto quelle terribili parole anche a lei.
No, lei e Liam stavano bene insieme. Si amavano.
Allora perché tremi?
Ma che cazzo ne so.
 
Decise che avrebbe iniziato lei la conversazione –Allora? scrisse veloce iniziando a picchiettare con le dita laccate di rosso sullo schermo del dispositivo.
Un paio di minuti dopo le arrivò la risposta –Scusa, babe, ero stanco morto, mi sono scordato di chiamarti. Comunque tutto bene, è un problema se ci sentiamo domani? da quando Liam Payne  -il premuroso e attento Liam Payne- si dimenticava di chiamarla?
Da mai.
Ma proprio da mai.
-Ok rispose semplicemente –Grazie, babe, ti amo <3 i ragazzi ti salutano le digitò lui dall’altra parte del mondo. E sti cazzi degli altri. –Figurati, salutameli. Evitò appositamente di rispondere all’atto, seppur digitale, di affetto.
Perché? Ah boh, chi la capisce è bravo.
Non si capiva nemmeno lei.
 
 
 
 
Sentì Perrie muoversi sotto il suo tocco “Scusa, mi sono addormentata” mormorò la ragazza. Aveva i capelli biondi appiccicati al viso e due occhi grandi come pompelmi. Charlie le sorrise triste “Non devi preoccuparti, sono qui per te” le rispose con dolcezza “Lo supererai, Pers. Te lo prometto” aggiunse dolce abbracciandola. Almeno lo sperava. La donna annuì alzandosi “Vado a farmi una doccia, se non torno entro mezz’ora significa che sono affogata e che lascio tutti i miei averi a te” rispose dopo un’occhiata eloquente della ragazza. Charlotte scosse la testa “Drammatica” la riprese mentre la bionda camminava con le spalle ricurve verso la stanza di Charlie e Liam che aveva occupato con la sua depressione.
Quando la rossa se l’era trovata davanti la porta con il mascara colato e l’anello tra le mani, aveva capito che qualcosa tra la ragazza e Zayn fosse successa.
 
Si ricordava di aver sentito un bruciore allo stomaco.
Cristo, faceva ancora malissimo.
 
E sapeva che un po’ era anche colpa sua.
La verità era che tutti avevano sbagliato.
Ma fino a che punto?
Aveva visto Liam e i ragazzi produrre album e fare tour senza un minimo di sosta.
Senza potersi godere davvero tutto quello che li circondava.
 
Era così ingiusto che Zayn volesse una pausa?
Era così sbagliato che si prendesse un meritato periodo di pausa da quel mondo?
No.
Allora perché ce l’hai così tanto con lui?
Ma che cazzo ne so.
 
Aveva visto Liam iniziare a sgretolarsi sotto i suoi occhi e ingrassare visibilmente.
Non che a lei interessasse granchè il suo fisico. Sarebbe stato sexy anche con 100 chili e la pappagorgia.
Ma la sua salute, si. Quella le importava, e pure tanto.
 
Lo aveva visto imbrattarsi la pelle delle braccia cercando di nascondere qualcosa.
Ma lei nemmeno sapeva cosa fosse.
 
Lo aveva sentito urlare durante la notte nel sonno contro un nemico che non poteva fronteggiare da solo e di cui non voleva parlarle.
 
 
Sospirò prima di mandare un sms a Harry Styles –Se succede qualcosa a Liam, dimmelo.
-Che dovrebbe succedere? rispose l’amico dopo una manciata di minuti.
Nemmeno sapeva cosa rispondergli –H. dimmelo e basta scrisse veloce.
-Non ti preoccupare, sarò i tuoi occhi e le tue orecchie. Love you
 
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Gli sorrise quando lo vide rientrare dentro casa dopo più di quattro mesi. “Ciao” la salutò mollando le valigie, l’attirò a sé veloce per poterla baciare.
Lei non era esattamente pronta al suo ritorno.
Perché A. Indossava solo un paio di pantaloncini e una canotta, con i capelli tinti di rosso raggruppati da una matita in una crocchia. B. Perrie dormiva dall’altra parte del suo letto e in quel momento vedere Liam era forse la cosa peggiore. “C’è Perrie di là” lo informò quando il ragazzo cercò di sfilarle la canotta.
Andiamo, erano passati mesi. Aveva bisogno di sentirla.
Però fu costretto ad annuire “Mani a posto” mormorò allontanandola “Scusa” sussurrò lei rimanendo con la testa appoggiata alla sua spalla. Inspirò il suo profumo lentamente “Ci mancherebbe, ha bisogno di te” rispose. Lei alzò il volto verso il suo per scrutarlo attentamente “Tu hai bisogno di me?” domandò. Il ragazzo scosse il capo “Me la cavo. Devo dormire, devo mangiare, devo farmi una doccia. Ordinaria amministrazione” rispose. Le cose che facevano entrambi quando tornavano da un tour, insomma. Non sottolineò il fatto che la doccia la metà delle volte finiva per farla solo a lei.
Oups.
 
“Ti preparo un toast” lo informò. Le sembrava che la paura che aveva provato nel periodo precedente fosse semplicemente scomparsa nel momento in cui lui aveva posato le labbra sulle sue. “Si accomodi” aggiunse notando lo sguardo ironico di lui quando si sedette sullo sgabello della penisola. Lei gli dava le spalle mentre accedeva la piastra “Che c’è?” sbottò irritata sentendo il suo sguardo addosso. Liam alzò le spalle “Niente, mi sei mancata” rispose sincero. Aveva pensato di fare come faceva spesso lei. Buttarla in cazzata per dire solo dopo il vero pensiero, ma alla fin fine non è che gli interessasse molto. “Mi sei mancato anche tu” rispose lei passandogli la tovaglietta da the color menta “Con Zayn? L’avete sentito?” chiese cauta. Liam scosse la testa “Insomma, all’inizio sembrava che volesse prenderci in giro, poi invece ci siamo trovati solo in quattro per davvero” “Mi dispiace” mormorò “Perrie come sta?” le domandò lanciando un’occhiata alla porta della loro camera “Non bene. Dopotutto il suo ragazzo l’ha mollata praticamente sull’altare” considerò lei prima di scottarsi con il formaggio fuso del toast “Cazzo” sibilò irrigidita.
Liam la guardò mettere il dito sotto l’acqua gelida dolorante.
Le stavano bene i capelli di quel colore.
Anche se assomigliava a una versione femminile di Ed Sheeran.
Le faceva risaltare gli occhi verdi.
Gli stessi occhi che erano totalmente in tempesta, se ne accorse solo in quel momento “Che hai?” le domandò. Eccola di nuovo la sua amica ansia che le stringeva lo stomaco. Charlotte sospirò. Si conoscevano troppo per potersi nascondere le cose “Lunedì devo andare a organizzare il tour per quest’estate” lui aggrottò la fronte “E perché è una cosa brutta?” “Perché andrò via” rispose lei aprendo le braccia “Non posso permettermi di andare via ora. Con te che stai male, perché lo vedo che stai male, non mentirmi. Con Perrie che non fa altro che piangere, mangiare, piangere ancora e dormire. Con mamma che ha deciso di sposare Giacomo. Gesù, io nemmeno sapevo che si fossero trasferiti a Milano, ti rendi conto?” si sedette con poca grazia sulla sedia vuota “Vorrà dire che andremo a trovare tua madre a Milano e poi scenderemo in Sicilia . Così ti farai la benedetta vacanza di cui blateri da secoli” le rispose “Babe, va tutto bene. Sto meglio” le assicurò sfiorandole la guancia con la mano tatuata. Lei chiuse gli occhi.
Va tutto bene.
Sto meglio.
Si, come se ci credessi.
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Le dita di Charlotte continuavano a scorrere sulla schiena nuda di lui.
Pensava a quando tutto sembrava così assolutamente tranquillo. Normale, quasi.
I quattro anni passati. Con gli alti e bassi del caso.
 
La piccola Clarisse dormiva tranquilla nella culla.
Per loro fortuna non aveva preso l’insonnia del padre o la nevrosi della madre.
Almeno non ancora.
 
Charlie sorrise di quel pensiero. Aveva immaginato spesso sua figlia da adulta.
Una giovane, caparbia donna con il mondo ai suoi piedi.
Alla fine il nome l’aveva scelto sua madre. Ameliè aveva suggerito alla figlia di sfruttare il bel nome della nonna materna, con cadenza sia francese che inglese, per ricordare alla bambina che il suo cuore era diviso a metà.
Proprio come quello di Charlotte.
 
La bambina era nata da sei mesi e ancora non riusciva a staccarsene.
Totalmente normale, le aveva detto sua madre.
Forse i terrori di Liam erano passati a lei durante il momento del parto, quando il ginecologo aveva deciso di operare con un cesareo. “Ha il cordone attorno al collo” le aveva detto quello “Non possiamo tagliarlo, dobbiamo estrarla prima che soffochi” era stato duro, perentorio.
E Charlotte aveva perso vari battiti. “Andrà tutto bene, babe” le aveva detto solamente Liam prima di lasciarle un bacio sulla fronte terrorizzato forse il doppio di lei.
 
 
Ma era andato tutto bene, per davvero.
Clarisse era in ottima salute.
Lei anche si stava riprendendo.
La famiglia aveva accolto la bambina con una rumorosissima festa una volta usciti dall’ospedale. Per quanto fosse stremata, Charlotte non aveva potuto che ringraziare i suoi amici.
Le nonne erano innamorate della bambina e non avevano fatto che cercare di capire a chi dei due genitori assomigliasse. Se l’erano cavata con un 50% per uno. Per fortuna.
Gli zii Harry, Louis e Niall si erano impegnati nei sei mesi passati a fare tutto per i neogenitori. Forse troppo.
Harry aveva addirittura lasciato il suo tour per venire a vedere la piccola.
Lou si era trascinato dietro Eleonor e quella peste di Freddie, che non smetteva di parlare un secondo.
Niall, infine, aveva regalato alla piccina una chitarra “Tanto con dei genitori come voi e con degli zii come noi, prima o poi dovrà imparare a suonare” aveva spiegato rilassato quando Charlotte gli aveva fatto notare che lo strumento era grande il doppio di Clarisse “Guarda che c’è tempo, mammina”.
Perrie aveva deciso di diventare la zia accondiscendente e non faceva che cantare alla bambina per poi metterla a nanna. Ruffiana, voleva solo essere scelta come madrina.
Zayn le aveva inviato un messaggio in cui si complimentava con lei e Liam per la nuova vita – Con tutto il mio amore, si era firmato.
 
 
Ripensare a sé così giovane alle prime uscite con Liam, a quella prima volta nello stesso letto dove si trovava in quel momento, la fece sorridere. Sembravano passati decenni.
Loro erano cambiati così tanto.
Eppure erano identici.
Poggiò le labbra al centro della schiena dell’uomo senza nemmeno rendersene conto.
 
 
“A che pensi?” chiese la voce impastata del ragazzo “Come sai che stavo pensando a qualcosa?” gli chiese permettendogli di voltarsi a guardarla.
Anche appena sveglia, con i capelli scuri spettinati, struccata e palesemente assonnata era bellissima. “Perché so che sei sveglia senza nulla da fare, quindi stai pensando a qualcosa” rispose quello portandole una ciocca dietro le orecchie. Lei sorrise rilassata “Stavo pensando a quando mi hai detto di non farlo” sperò che comprendesse a cosa si riferisse. Gli occhi di Liam si assottigliarono. Certo che aveva capito “L’unica volta che hai fatto ciò che ti ho chiesto” considerò quello beccandosi uno schiaffetto sul petto dalla ragazza “Che c’è? Hai il coraggio di dire che non ho ragione?” la sfidò “Non iniziare questo discorso, Liam, lo dico per te” rispose alzandosi dal letto. Camminò verso la culla della figlia accertandosi che dormisse ancora. Lui la guardò camminare per la stanza “Farò finta di nulla, solo perché non mi va di litigare di prima mattina” sbuffò prima di rubarle un bacio che la fece arrabbiare ancora di più.
 
“Stavo anche pensando al bowling” aggiunse subito dopo più rilassata “E a quando sei andato in tour, a quando subito dopo sono partita io” elencò. Lui sapeva dove voleva arrivare. A quella sera. Ancora si odiava per aver fatto quella scelta. La strinse a sé lentamente “Sembra passato un secolo” gli disse mentre una lacrima le scendeva lenta. Ormoni di merda. Cristo, aveva già partorito, quando se ne andavano? “Ma noi siamo ancora qui” le rispose rilassato “E siamo più forti di prima” “Ti amo” sussurrò lei prima di cercare le sue labbra.
Sembrava passato un secolo anche da quando glielo aveva detto la prima volta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I ragazzi avevano da quasi un mese le telecamere letteralmente attaccate al culo a causa del documentario che avevano deciso di girare su di loro.
Quello significava che non avevano nemmeno un secondo di privacy.
Mai.
 
Charlotte e Perrie li avevano raggiunto a New York. Insomma, non era da nulla poter calcare il Madison Square Garden.
Ci sarebbero stati tutti.
 
I genitori di Harry.
Quelli di Zayn. Perrie li aveva salutati con una maschera di terrore nel viso.
Quelli di Louis.
Quelli di Niall.
E quelli di Liam.
 
Cristo. Si era presentata senza nemmeno respirare “Grazie per quello che fai per lui” aveva sussurrato Karen Payne al suo orecchio. Lei le aveva sorriso “Mi piacciono molto le tue canzoni” aveva detto senza darle il tempo di rispondere. Charlie era scoppiata a ridere con la donna sotto lo sguardo scioccato di un Liam che non ci aveva capito niente.
 
 
 
 
 
 
Era con i ragazzi nel grande camerino a mangiare caramelline con Niall e insultare l’irlandese per la sua forma perfetta, quando Liam le aveva improvvisamente chiesto di uscire. Lo aveva seguito subito senza nemmeno notare l’operatore dietro di lei. “Ehi” aveva mormorato, quando lui si era nascosto sotto la tromba delle scale, dove pensava di poter essere completamente solo. Ovviamente non era vero.
Spoiler, quella loro conversazione sarebbe finita dritta dritta nel film.
 
“Sono terrorizzato, Lott” aveva detto abbassando il volto sincero. Lei aveva sorriso, sapeva benissimo cosa provava. Tre mesi prima anche lei era stata là sopra, probabilmente era quella che lo comprendeva meglio. “Non devi” rispose. Alzò il viso di lui con due dita sotto al mento “E se cantassi da schifo?” domandò scosso dal panico “Quando mai hai cantato da schifo?” lo sfidò “Te lo dico io, Liam. Mai. Ecco quando” sorrise quando lasciò le sue dita esplorare la linea della mascella “Se cadessi sul palco?” “Liam, voi cadete sempre sul palco” gli fece notare rilassata incrociando le braccia al petto “Se mi dimenticassi le parole delle canzoni?” le chiese allora “Se dovessi avere un vuoto di memoria, gira il microfono e fai cantare loro. Le parole le sanno sicuro”. Scrutò il suo volto ancora corrucciato “Ascolta, in questi anni avete fatto milioni di concerti e sono andati tutti bene. Perché siete bravi, avete dei fan magnifici che non aspettano di vedervi. Non dovete preoccuparvi di niente, ok?” lui non rispose.
Solo in quel momento lei si accorse di quanto il suo terrore fosse profondo.
L’attirò a sé infilando la testa tra i suoi capelli. Profumavano di shampoo alla fragola.
E lei era pure allergica alla fragola.
Cretina, mica te la devi mangiare.
Si permise di parlare solo quando sentì un singhiozzo e il suo collo inumidirsi “Liam, se piangi tu, piango anch’io e poi è un casino” mormorò inudibile lei accarezzandogli i capelli corti “Scusa” rispose lui immobile. Charlie chiuse gli occhi cercando di rimanere forte.
Non piangere.
Non ti deve venire nemmeno in mente, Charlotte.
 
“Charlie” la chiamò lento. Lei se ne uscì con un suono a metà tra un grugnito e un sospiro. Aveva chiuso gli occhi nei minuti precedenti e aveva sentito il suo cuore accelerare nell’udire la sua voce. “Ti amo” le disse piano.
Non si aspettava una vera risposta. Lei ancora doveva trovare il coraggio di dirlo a voce alta e a lui andava bene così.
Ma Charlotte sorrise scostandolo. Lo fissò negli occhi. Era ora che anche lui sapesse la verità “Ti amo anch’io” ammise. Gli occhi del ragazzo cambiarono luce qualcosa come tredici volte in pochi secondi.
Stupore, perché mai glielo aveva confessato in quel modo così cristallino.
Shock, perché “come mai lo faceva proprio ora”?
Tenerezza, perché lei aveva rotto il contatto visivo per un paio di istanti prima di dirlo.
Dolcezza, per il modo in cui le sue labbra si erano mosse per poter pronunciare quelle due paroline.
Certezza, che quello era il momento e il luogo giusto.
 
Charlotte non aveva finito. Nella sua mente continuavano a risuonare le parole di Blair Waldorf a Chuck Bass in Gossip Girl “Tre parole, sette lettere. Dille e sono tua”.
Ma ti sembra il momento di tirare fuori citazioni di serie Tv?!
 “Io ti amo, Liam, perché riesci a leggermi dentro e capisci cose di me ancor prima che io stessa me ne renda conto. Ti amo perché posso stare anche a un continente di distanza da te, ma so che comunque quando prenderò in mano il telefono la mattina, avrò lì il tuo messaggio del buongiorno perché tu hai calcolato il fuso e sai quando è il momento di mandarmelo. Ti amo perché ogni volta che canto una qualunque stramaledetta delle mie canzoni almeno un verso mi fa pensare a te, e questo non è normale. Ti amo perché ora sei qui davanti da me e mi dici che hai paura di cantare davanti a delle persone che farebbero carte false per anche poterti solo abbracciare. Ti amo perché non sei cambiato di una virgola da quando ti conosco. Ti amo perché, anche se è passato un anno, io continuo a trovare ragioni per amarti. E solo ora che te l’ho detto mi rendo conto di quanto tutto sia così stupido e sdolcinato, vero?” gli chiese tornando finalmente a guardarlo negli occhi. Le ultime parole le aveva quasi sussurrate perdendo quel suo accento inglese da manuale. Però a Liam piaceva molto di più quando arrotondava le r come una brava francese, sembrava più reale, più tangibile.
Aveva parlato per tutto il tempo fissando i suoi stivaletti color carbone, spaventata dallo sguardo di lui. Liam non parlò subito, l’attirò a sé per baciarla lentamente “Essere sdolcinati ogni tanto non fa male” le rispose semplicemente. Lei sorrise alzando le spalle “Sei la cosa migliore che potesse capitarmi, Lott” le disse. Charlie scosse la testa “Loro sono la cosa migliore che potesse capitarti. Io sono solo un valore aggiunto” lo corresse ridendo.
La seguì sciogliendosi “Devi andare a cambiarti” mormorò guardando l’orologio “Il Madison Square Garden non aspetta i ritardatari. E nemmeno Paul. Ucciderà prima te e poi me”, “Tra un attimo” rispose semplicemente spingendola contro la parete bianca.
 
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La donna sorrise guardando Clarisse correre per la sala di registrazione.
Aveva compiuto sei anni solo qualche giorno prima.
E per lei era tornata l’ora di mettersi a lavoro.
Non che negli anni non avesse più scritto o cantato.
Però doveva far uscire un nuovo album, dopo quasi sette anni.
I fans l’avrebbero linciata se non fosse stato come se lo aspettavano.
Per fortuna lei aveva avuto un bel po’ per prepararselo.
 
 
Era là dentro da ore ormai con il fidanzato poco lontano e la figlia che non riusciva a trattenersi dal toccare tutto quanto.
Già, sarebbe diventata una cantante anche lei come aveva predetto Niall.
Charlie ci poteva mettere la mano sul fuoco.
 
Guardò Liam per un istante.
Negli otto anni precedenti avevano fatto tutto insieme.
Avevano costruito la loro famiglia lentamente.
Mattone dopo mattone, con quell’amore assurdo a tenerli fermi.
Quel loro piccolo pezzo di paradiso che traspariva dalle iridi verdi di Clary.
 
Alla fine lei aveva aggiunto due lettere ai suoi tatuaggi, in modo da averne tre. Lo stesso numero di quelli che aveva suo padre.
 
Beneath the rose, sull’avambraccio.
Una piccola C proprio sopra la clavicola, il più vicino possibile al cuore.
Poco più in alto c’era una L. Simile a quella che faceva Liam quando firmava gli autografi.
 
Erano comparse alcune rughe sulla fronte di entrambi e vicino agli occhi.
Le gambe più stanche e il cuore più pieno.
Avevano imparato di nuovo a leggere e scrivere tramite le dita della figlia.
Avevano imparato tutto da capo tramite i suoi assurdi perché.
Avevano anche imparato ad amarsi grazie a Clarisse.
 
Appoggiò il mento sulle mani, inforcando gli occhiali.
Già, a forza di vedere di vedere film Disney era diventata anche cieca.
Avvicinò il microfono.
 
Lui le sorrise di risposta.
Non era cambiata in quegli anni. Era sempre rimasta la timida e talentuosa ragazza francese che aveva imparato a conoscere durante una partita al bowling, durante gli infiniti viaggi in aereo e in Ghana.
Quando applicava quel poco che conosceva di medicina per essere utile nell’ospedale.
Quando le sue labbra diventavano tremolanti e si faceva in quattro per aiutare.
Quando parlava nel modo più fluente possibile le tre lingue che conosceva cercando di farsi capire da tutti.
Perché ormai Charlotte l’aveva capito, l’italiano e il francese laggiù l’avrebbero salvata.
Liam ancora ricordava quando un giorno Harry aveva iniziato a parlare con una donna con il suo lento inglese e lei lo aveva guardato come se fosse impazzito.
Ricordava come la ragazza avesse sorriso dolcemente, come avesse appoggiato le dita sulla spalla dell’amico “Traduco io” aveva annunciato alla donna che finalmente aveva abbandonato quella maschera di confusione. Erano rimasti a parlare per ore tutti e tre, con Charlotte che faceva da traduttore simultaneo.
“Certo Styles, solo tu potevi trovare l’unica persona che conosce solo il francese” lo aveva preso in giro “E’ per questo che ho un’amica buona e dolce come te. Per aiutarmi a non fare figure di merda” aveva risposo quello prima di lasciarle un veloce bacio sulla guancia.
 
 
Non era invecchiata. Era maturata.
La conosceva da dieci anni ormai, da otto la amava.
Aveva condiviso con lei le gioie e i dolori della paternità.
E di quella vita assurda che lo spremeva come un dannato limone ogni minuto di ogni giorno.
E lei aveva mantenuto sempre quel suo spirito che a volte lo mandava ai matti, doveva ammetterlo.
Quel suo solito rimuginare anche su cosa cucinare alla bambina per pranzo per permetterle di rimanere il più concentrata possibile a scuola.
“Lou ha detto che Freddie mangia sempre un quintale di carote. Dici che dovremmo farlo anche noi con Clary?”
“Lott, davvero ti fidi di quello che Louis dà a suo figlio da mangiare? Mi stupisco che quel povero bambino non sia ancora morto di fame perché suo padre si è dimenticato. Per fortuna che c’è Eleanor che li tiene tutte e due a bada”.
Oppure quando contava al millesimo le ore che doveva dormire o altrimenti il giorno dopo sarebbe stata stanca perchè “Cazzo, Liam, devo fare un mucchio di cose” e puntualmente si addormentava ancora più tardi.
O di quando si incaponiva che la loro bambina avrebbe dovuto avere un’infanzia tranquilla come quella che avevano avuto loro. “Babe, voglio solo portarla all’O2 per farle vedere come funziona un concerto” “Sul mio corpo, Liam Payne”.
Di quando aveva deciso che il Natale si sarebbe fatto in Italia, dove ormai si erano trasferiti sua madre e il suo patrigno, perché “Scusa, vuoi mettere le lasagne di Jack con le schifezze che mangiate voi?”
Però il Christmas Cracker lo facevano sempre. Vedere il viso della figlia così felice di indossare una coroncina di carta fatta dalla nonna era qualcosa di stupendo.
Non l’avrebbe cambiato con nulla al mondo.
Nemmeno per sbaglio.
 
 
 
 
 
If I could fly, I’d be coming right back home to you
I think I might give up everything, just ask me to
Pay attention, I hope that you listen cause I let my guard down
Right now I’m completely defenceless

 
[Se potessi volare, tornerei subito a casa da te
Penso che potrei rinunciare a tutto, devi solo chiedermelo
Presta attenzione, spero che ascolterai
perché ho abbassato totalmente la guardia
in questo momento sono totalmente indifeso]
 
 
La voce al microfono era rilassata, dolce. Sembrava una ninna nanna.
Clarisse si sedette sulle gambe del padre incantata dalle dita della madre sul pianoforte.
 
 
For your eyes only, I’ll show you my heart
For when you’re lonely and forget who you are
I’m missing half of me when we’re apart
Now you know me, for your eyes only
For your eyes only

 
[Solo per i tuoi occhi, ti mostrerò il mio cuore
Per quando sei sola e dimentichi chi sei
Mi manca la metà di me quando siamo divisi
Ora tu mi conosci, solo per i tuoi occhi
Solo per i tuoi occhi]
 
Non era solo per Clary. Era per tutti e tre.
Era per tutta la sua famiglia.
Quei quattro occhi che la salutavano al mattino e le davanti la buonanotte la sera.
A cui si aggiungevano quelli blu di Louis e Niall, quelli verdissimi di Harry e,  sempre più spesso l’oceano cristallino di Perrie.
E i suoi genitori.
Quelli di Liam.
Erano una grande famiglia.
Erano una bella famiglia.
 
 
I’ve got scars even though they’ve gone away, but still
And pain gets hard, if I don’t feel a thing
Pay attention, I hope that you listen cause I let my guard down
Right now I’m completely defenceless

 
[Ho delle cicatrici anche se non si riescono a vedere sempre
E il dolore diventa forte ma adesso tu sei qui e non sento niente
Presta attenzione, spero che ascolterai
perché ho abbassato totalmente la guardia
in questo momento sono totalmente indifeso]
 
 
Ma quella strofa, no. Quella era tutta per lui.
Doveva ricordargli quanto avevano combattuto.
Quanto avevano dato l’uno per l’altro.
Ti amo, cazzo. Ti amo come la prima volta che te l’ho detto.
L’uomo annuì socchiudendo gli occhi. L’aveva capita.
L’avrebbe capita anche senza parlare.
 
 
I could feel your heart inside of my hands, I feel it, I feel it
I’m going out of my mind, I feel it, I feel it
Know that I’m just wasting time
And I hope that you don’t run from me


[Riesco a sentire il tuo cuore dentro al mio
Sto andando fuori di testa
Sappi che sto solo perdendo tempo
E io spero che tu non scapperai da me]
 
 
Fece la linguaccia alla bambina che ora, quasi imbarazzata, giocava con le dita del padre, sfiorando il piccolo 4 tatuato.
Clary le rispose imitandola.
I capelli castani della bambina cadevano in boccoli sopra le spalle di lei.
Assomigliava a se stessa da piccola.
La stessa irrefrenabile voglia di conoscere e sapere tutto.
La stessa attenzione al mondo.
Lo stesso cervellino sempre in movimento.
Le labbra piene che cercavano sempre di seguire la voce dei genitori quando iniziavano a cantare canzoni a caso dei loro tempi.
Quello le piaceva da morire.
 
Clarisse Perald Payne.
Avrebbe potuto qualunque cosa per sua figlia.
 
 
“Mamma, come la chiamerai?” le domandò con la vocetta acuta. Charlie ci pensò un attimo “Che ne dite di If I could fly?” propose Liam. Lei annuì grata.
A distanza di anni continuava a non saper denominare le cose.
Hai pure trent’anni, Charlotte, però.
“Vorrei che la incideste tu e i ragazzi” mormorò la donna all’indirizzo del fidanzato.
Gli One Direction stavano provando a tornare insieme per almeno un ultimo tour per poter dire addio definitivamente oppure per continuare ancora ed ancora quel sogno che era iniziato una decade prima.
Dopo più di sei anni i fans ci avevano rinunciato.
Charlotte, egoisticamente, sperava che avrebbero scelto la seconda opzione.
Anche sapere che Liam non era da solo per il mondo, la tranquillizzava.
E poi voleva rivedere i vecchi amici.
Liam sembrò sorpreso “E’ così personale, sei sicura?” lei annuì “L’ho scritta per noi. E nessuno meglio di una bella fetta della famiglia riuscirebbe a cantarla come vorrei” spiegò alzandosi. Appoggiò la testa sulla spalla di Liam “Allora così sia, capo” ironizzò prendendola in giro “Magari tra qualche anno potresti fare una cover tu, Clary” commentò lui. Charlie chiuse gli occhi e immaginò il suo futuro.
 
Sua figlia, ormai adulta, all’O2 che cantava davanti a milioni di persone.
Proprio come avevano fatto per tanto tempo lei e Liam.
Quei boccoli che danzavano seguendola per il palco.
Le luci colorate su di lei.
Le urla.
Lei che la guardava con le lacrime e suo marito che le stringeva la mano.
Già sarebbe stato bello.
 
“Mamma, a che pensi?” Clary la obbligò ad aprire gli occhi. Lei scosse la testa “Non penso a niente. Giuro” alzò le braccia in segno di resa.
Era diventato una sorta di rimbrotto nella loro famiglia.
La mamma non poteva pensare.
Perché quando pensava diventava pericolosa. Per esempio, iniziava a inventarsi strani giochi e canzoncine imbarazzanti o schifosissimi esperimenti in cucina che poi lei e papà avrebbero dovuto fingere di apprezzare.
 
La bambina sembrò, tuttavia, soddisfatta e corse verso la porta dove era appena apparsa zia Perry che voleva portarla alle prove con le Little Mix.
Perché, a detta sua, fare la madrina significava insegnare alla peste le cose belle della vita.
Charlotte le avrebbe permesso tutto, almeno finchè Perrie non avesse messo in mano alla figlia una pinta di birra.
Ah no, quello l’avrebbe fatto Niall.
Colpa mia.
Charlie la vide salutare con la manina libera mentre stringeva l’altra tra le dita laccate dell’amica.
Perrie le fece l’occhiolino.
“Ci vediamo stasera a casa” li salutò saltellando al fianco della bionda.
Charlotte sorrise.
Andrà tutto bene.
 
 
“A che pensavi?” le chiese Liam “Non rifilarmi la cazzata che hai detto a Clary, che tanto non ci credo” la redarguì alzandosi. Lei sorrise posizionandosi davanti a lui. Passò con le dita sulle sue braccia, fino ad arrivare al collo dove le fermò “Pensavo che alla fine la nostra vita non è poi così male. Abbiamo tante persone attorno. Abbiamo una figlia magnifica, che modestamente ha preso da me. E pensavo che ti amo. Solo questo” rispose avvicinando le labbra a quelle di lui.
Liam avanzò per coprire i pochi centimetri che li separavano. L’attirò a sé incorniciandole il volto tra le dita “Pensa meno e baciami di più” “Come sei antipatico” sbuffò fintamente irritata “Sai Charlie, ci pensavo anch’io” mormorò poi passando la mano sulla lunghezza dei bottoni della camicia che indossava “A cosa?” chiese con gli occhi semichiusi “A quel solo” spiegò “E, si, ti assomiglia. La amo da morire anche per questo”.Le sorrise lento, mentre acchiappava una sua lacrima salata.
 
Già, si disse, alla fine andava davvero tutto bene.
Era così leggera.
Così assolutamente in pace.
Completa.
Basterebbe una folata di vento.
Se potessi volare.
 




ANGOLO AUTRICE
Mi sento abbastanza cretina a scrivere un “angolo autrice”.
Io che non ho mai fatto leggere ad anima viva i miei scritti.
 
Sono tipo sei anni che tengo questo personaggio in un angolino della mia mente –e del mio PC-
Sei anni che Charlie e Liam mi ronzano nella mente con tutto il loro palese trash e quell’amore disfunzionale che li lega.
Sei anni in cui ho trasformato questa poveraccia in mille modi diversi.
Solo sette giorni, però, che Charlotte e Liam così come li avete letti sono usciti dalla mia mente bacata –che Atena e Zeus levateve-.
 
Anyway, per tutti coloro che sono sopravvisuti a diciassettemila parole: complimenti! Hai vinto un biscotto!
Grazie per essere ancora vivo e con tutte le sinapsi a posto.
Mi auguro che almeno ti sia piaciuta questa one shot che doveva essere una slice of moment che doveva essere una long.
Oups.
 
 
Infine, grazie alla mia piccola Sashi che mi sopporta sempre e a quella gran bastarda di Sofia che mi ha spinta a pubblicare ‘sta roba dopo aver letto solo un pezzetto del mio disagio.
Siete le mie Perrie.



 
  
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