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Autore: Ray TD    15/12/2017    0 recensioni
Soul è un giovane ragazzo che ha un sogno nel cassetto: Avere un suo collettivo rap e divenire celebri. Dovrà però confrontarsi con Hiro, lo spocchioso rivale, e il suo gruppo. Tra conflitti, tensione, delusioni e rabbia, riuscirà Soul a farsi valere e a coronare il suo sogno assieme ai suoi amici?
Soul Eater ResBang 2017
(La fic è segnata come Song-Fic, ma non c'è il testo delle canzoni nella fic per evitare interruzioni)
Genere: Generale, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiro Shimono, Maka Albarn, Soul Eater Evans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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’…Death City, Nevada. Una città in mezzo al deserto. Questa città è celebre per un famoso mito, quello de “I seminati che scacciarono le tenebre.” Tale mito narra di una oscura forza maligna che seminava terrore in tutto il mondo scappata dalla sua prigione, in cui era stato rinchiusa anni prima, per portare distruzione e caos assieme alle anime corrotte dalla malignità e dalla sete del denaro. Ashura, così era il nome dell’abominio, si nascose nella luna per evitare di essere ucciso. Un’élite di meister e armi, assieme ai loro maestri, venne scelta per sconfiggerlo, ma alla fine fu un atto di coraggio di una persona inaspettata che sancì il sigillo della creatura nella luna che, da falce qual era in passato, divenne tonda e nera come un sole d’inchiostro. Lo Shinigami strinse un accordo di non-belligeranza con le streghe in modo che i maestri non cacciassero più le anime delle streghe e che queste ultime non attaccassero più il mondo. Si dice che questa sia una storia vera, ma non c’è nessuna teoria a supporto.’…È un buon compito, Evans, ma non capisco perché tu debba minimizzare su un mito così radicato nella tradizione della nostra città,” disse la professoressa all’alunno che si appoggiava con la sedia inclinata sulla bancata alle sue spalle, piedi inelegantemente posati sul suo banco e un aspetto svogliato sul suo volto albino.

 

Nome Reale: Soul Evans.

Soprannome: Scythe (Alle volte come DeathScythe).

Segni particolari: Una cicatrice che gli attraversa il corpo diagonalmente dalla spalla sinistra al fianco destro la cui storia non è mai stata scoperta.

 

“Professoressa Mjolnir, io non credo a queste leggende. Anche se effettivamente abbiamo una luna nera in cielo, non penso sia dovuto ad un mito di parecchi anni fa,” replicò Soul.

La professoressa Mjolnir non fece in tempo a ribattere che suonò la campanella di fine lezioni.

“Bene ragazzi, ci rivediamo lunedì! Ah Evans, il voto al tuo compito è un sette meno” disse questa porgendo il tema al suo alunno svogliato.

Soul uscì dalla classe e incontrò un volto familiare, un giovane ragazzo abbastanza palestrato con i capelli blu.

“Weila, Soul!” disse quest’ultimo.

 

Nome Reale: Black*Star

Soprannome: Assassin.

Segni particolari: Un tatuaggio a forma di stella sulla sua spalla destra e una cicatrice su questa che va a tagliare il tatuaggio. La storia dietro entrambi è ignota; Una voce stentorea da far invidia a uno strillone.

 

“Ciao, Black*Star! Sei pronto per stasera?”

“Sono più che pronto! Mi spiace solo per Tsubaki che non potrà venire…”

“Non ti preoccupare troppo. Semplicemente non gli piacciono questo genere di eventi.”

“A questo proposito…tu non dovevi uscire con Maka stasera?”

“Cavolo, me ne sono scordato. Dovrò dirle che sarà per un’altra volta.”

“Sono sicuro che capirà.”

“Si, lei è veramente un tes-OH CAVOLO!” disse Soul, interrompendosi bruscamente.

Nel corridoio dell’Università Shibusen aveva appena fatto la sua comparsa con un’andatura alquanto arrogante un ragazzo dagli occhi verdi che indossava un cappuccio.

“Salve, ragazzini,” disse questo con somma boria.

 

Nome Reale: Hiro.

Soprannome: Weedman (Affibbiatosi); Fuckboy (Affibbiato);

Segni particolari: Una spiccata sindrome di Dunning-Kruger.

 

“Salve, Hiro,” replicò Soul a denti stretti.

“Stasera ti farò il culo, Evans, ci puoi giurare.”

“Secondo me sarà il contrario, imbecille. E cosa significa quel cappuccio?” rispose Black*Star.

“Vedremo chi sarà l’imbecille dopo questa serata, Black*Star.”

Detto ciò, se ne andò per la sua strada.

“Ma hai sentito come se la tira? Gli servirebbe una lezione coi controfiocchi,” disse Black*Star.

“Non preoccuparti di lui, lo fa per provocare. Dai, andiamo a casa che dobbiamo prepararci,” rispose Soul, per poi incamminarsi via dall’università con Black*Star al suo fianco.

Soul salì le scale che portavano al suo appartamento e aprì la porta di quest’ultimo.

“Hey Maka, sono a casa!”

Questa sbucò fuori da camera sua e lo abbracciò.

 

Nome Reale: Maka Albarn.

Soprannome: Kick-Ass.

Segni particolari: Ama molto libri, fumetti e film; Anche se non lo dà a vedere, è cintura nera di Judo; È la fan numero uno di Soul e lo supporta in qualsiasi occasione.

 

“Ciao, Soul! Com’è andato il compito?” disse lei.

“Sette meno. Certo che seguire corsi fino alle sette e mezza del pomeriggio è sfiancante,” replicò lui.

“Il primo anno è quello più duro, purtroppo. Ci sono passata anche io l’anno scorso.”

Maka frequentava il secondo anno di università nonostante fosse coetanea di Soul poiché lui, l’anno scorso, ha deciso di prendersi un anno sabbatico per dedicarsi anima e corpo ad un progetto con i loro amici, anche loro ragazzi che hanno deciso di prendersi un anno di pausa. Ma visto che Soul voleva comunque proseguire nei suoi studi, si iscrisse quest’anno assieme a tutto il suo gruppo, pure loro volenterosi di prendere una laurea.

“Pure farsi un nome in città è stato parecchio duro, ma i frutti si sono visti.”

“Mi piacerebbe vederti all’opera un giorno, sai? Intanto usciamo, dai.”

“Aspetta, Maka…mi spiace dirtelo, ma purtroppo stasera non posso perché devo vedermi con gli altri. Scusa se ho dimenticato il nostro appuntamento.”

Maka rimase un attimino scossa, ma poi ebbe un’illuminazione:

“Che ne dici se vengo con te? Io vorrei vederti all’opera e sarebbe come un appuntamento!”

“Si, è perfetto! Sei geniale!” disse Soul e la abbracciò.

Uscirono di casa e si incamminarono verso un locale dai tetti rossi. Era un locale che dall’esterno sembrava abbastanza consunto dal tempo, ma per qualche motivo ciò lo rendeva più interessante. Soul e Maka scesero le scale che portavano all’ingresso ed entrarono dentro il locale. La prima cosa che notarono appena entrati fu un fortissimo odore di erba, senza contare che il locale era praticamente buio se non per qualche luce qui e là, specialmente nel fondo della sala. Nel locale c’era un chiacchiericcio vivace, segno che la serata stava andando per il verso giusto. In fondo alla sala c’era un piccolo palco allestito per l’occasione e sopra campeggiava uno striscione con la scritta “Rap Clash – Final Round”. Soul si diresse vicino al palco e si incontrò con i suoi compagni mentre Maka cercava un posto a sedere. Quest’ultima a sorpresa trovò a fianco a sé Tsubaki.

“Hey Tsubaki! Pure tu sei qui?” disse gioviale Maka.

 

Nome Reale: Tsubaki Nakatsukasa.

Soprannome: Positive Force.

Segni particolari: È molto calma e positiva, ma determinata in situazioni critiche; Quando vuole proteggere le persone care diviene letale; È la fan numero uno di Black*Star e lo supporta in qualsiasi occasione.

 

“Ciao Maka! Si, volevo vedere Black*Star all’opera, anche se non sono una fan del tipo di rap che fa, però lo sostengo comunque,” rispose Tsubaki.

“Come stai? Non ti sto più vedendo in giro in facoltà.”

“Sto bene, ma ho cambiato piano di studi e quindi faccio gli orari di sera.”

“Ah, scommetto che è duro. Soul aveva gli stessi orari e ogni volta per evitarli, si inventava scuse assurde. Non mi piaceva il suo atteggiamento, ma un po’ lo capisco. Ti trovi bene?”

“Così così. Anche se è scomodo, è utile visto che ci sono pochi compagni che frequentano queste lezioni.”

Mentre Maka e Tsubaki parlavano del più e del meno, nel frattempo Soul stava confabulando con i suoi compagni:

“Ragazzi, questa è la nostra occasione. Possiamo diventare da rapper underground di città a vere e proprie star del Nevada, fino a tutti gli Stati Uniti. E una volta conquistati gli Stati Uniti, diverremo il collettivo hardcore rap più famoso al mondo dopo i Wu-Tang Clan!”

“Dobbiamo stracciare Hiro e la sua banda” aggiunse Black*Star.

Poi misero il braccio destro l’uno dietro al collo dell’altro a cerchio e poi misero il loro braccio sinistro avanti, uno sulla mano dell’altro, per poi dire, tutti insieme:

“Uno, due, tre, SPACCHIAMO!” e a quest’ultima frase alzarono le loro braccia sinistre in aria e si diedero il cinque a vicenda.

Sul palco salì un ragazzo sulla ventina con i capelli abbastanza lunghi color castano scuro e la carnagione pallida che indossava una maglia nera con su scritto in bianco “Boston 19”.

 

Nome reale: Sconosciuto

Soprannome: Melkor

Segni particolari: Presenta gli eventi rap. Sebbene abbia fatto da presentatore a parecchi eventi rap, non ha mai fatto un pezzo rap. È un grande fan dei libri di Tolkien.

 

Questo, preso il microfono, aprì l’evento:

“Salve a tutti e benvenuti al Red Roofs. Questa sera avremo sul palco due collettivi rap che si sono fatti strada attraverso vari sfidanti per varie settimane. Le regole le sapete oramai: i due concorrenti si sfideranno con tre pezzi ciascuno e ci sarà una giuria a scegliere, assieme al pubblico, chi far vincere. I voti si sommeranno e si darà il giudizio finale. Ma ora entri il primo collettivo: Preparatevi a udire rime violente e dure dalla vecchia scuola. Sono cinque membri compreso il produttore. Diamo il benvenuto ai Red Demon Nightmare Commando ovvero gli RDN Commando!”

E tra l’applauso scrosciante del pubblico salirono sul palco Soul, Black*Star, Death the Kid, Harvar D. e Kilik.

 

Nome Reale: Death the Kid.

Soprannome: Plague (Alle volte come MorsAtra).

Segni particolari: Ha tre cerchi bianchi intorno alla sua capigliatura.

 

Nome Reale: Harvar D. Eclair.

Soprannome: Red Eye.

Segni particolari: Non si toglie mai i suoi occhiali a lenti rosse, il motivo dietro questa decisione è incognito.

 

Nome Reale: Kilik Rung.

Soprannome: Fyah.

Segni particolari: Compensa la sua incapacità nel rappare con un talento eccezionale nel turntablism e nella produzione musicale.

 

“Ciao, Red Roofs! Siete pronti a fare casino?” urlò Black*Star, senza neanche l’ausilio del microfono.

Il pubblico rispose gridando con entusiasmo. A questo punto il pezzo partì.

Il pezzo era violento e duro come se fosse un concerto heavy metal degli anni ‘80. La violenza della base e delle parole colpì il pubblico come una suola di scarpa militare taglia 11 sul viso che quando si solleva lascia il segno della marca e del disegno della suola.

Prima del ritornello da dietro il palco calò una gigantografia di loro in posa. Il punto di vista era tale che la prospettiva li faceva sembrare enormi. Mentre Kid, Harvar e Kilik erano in piedi guardando verso la fotocamera con uno sguardo accigliato, Soul e Black*Star facevano lo stesso tipo di sguardo mentre facevano uno squat.

Mentre Soul rappava il ritornello assieme agli altri, Black*Star si lanciò dal palco per effettuare un crowdsurfing. E in mezzo alla folla rappò la sua parte.

Finita la sua strofa, risalì sul palco assieme agli altri, preparandosi per il ritornello finale.

Il pubblico accolse con un applauso scrosciante.

“Grazie!” gridò dal palco Death the Kid.

Partì il secondo pezzo, annunciato da una frase inquietante.

Questo pezzo era decisamente più cupo e tetro del precedente. Kilik fece cenno ad un addetto di diminuire l’intensità delle luci al minimo ad un suo cenno e il risultato fu un’atmosfera degna di una notte di fine Ottobre alle tre del mattino senza luna e senza stelle a dare luce. Forse solo passare la notte al 112 di Ocean Avenue in Amityville poteva sorpassare l’atmosfera di angoscia e inquietudine che si respirava durante questo pezzo. Le persone della serata erano a conoscenza che tutto ciò era finto, ma nonostante tutto erano comunque intimoriti.

Il pubblico accolse con un applauso questo secondo pezzo.

“E ora il gran finale!” gridò Harvar.

Partì l’ultimo pezzo della serata.

Quest’ultimo pezzo offriva un livello di violenza leggermente inferiore alla prima traccia, ma che comunque riusciva a dare un’atmosfera post-apocalittica abbastanza degna di un film di Carpenter.

Con gli ultimi versi, il collettivo di Soul e amici ottenne numerosi applausi. Questi scesero dal palco ringraziando i fan. Soul poi si mise a sedere accanto a Maka e Black*Star fece lo stesso con Tsubaki.

“Gran bella serata, Soul!”

“Grazie Maka. Ti sono piaciuti i nostri pezzi?”

“Beh, non mi piace molto l’hardcore rap, ma ho apprezzato parecchio le tracce che hai scelto per questa serata.”

“Sono sempre il più grande, anche sul palco!” disse trionfalmente Black*Star.

“Complimenti, Black*Star! Certo, era un pochino forte il concerto, ma mi è piaciuto comunque!” rispose Tsubaki.

L’MC della serata tornò sul palco, prese il microfono e annunciò:

“Per il prossimo collettivo ci sarà qualcosa di parecchio diverso da quello che avete sentito ora. Quello di prima era hardcore rap vecchia scuola, ma adesso preparatevi a sentire gli esponenti della nuova scuola sfidare gli RDN Commando a colpi di rime! Che entri il secondo collettivo: Anche loro sono cinque membri compreso il produttore. Diamo il benvenuto alla Grim Mound Gang!”

E tra gli applausi del pubblico, eccetto Maka, Tsubaki e degli RDN Commando, salirono sul palco Hiro, Justin Law, Tezca Tlipoca, Gopher ed Excalibur.

 

Nome Reale: Justin Law.

Soprannome: Boombox.

Segni particolari: Nonostante si vesta da religioso, è ateo; Trasmette nelle sue casse musica a volume particolarmente alto; Ha sempre degli auricolari nelle orecchie.

 

Nome Reale: Tezca Tlipoca.

Soprannome: Bear-dead.

Segni particolari: Ha una maschera da orso che non si toglie mai, la storia dietro è ignota; Nessuno conosce il suo vero aspetto.

 

Nome Reale: Gopher.

Soprannome: Cypress.

Segni particolari: Una grandissima ammirazione verso il suo sensei Noah.

 

Nome Reale: Excalibur.

Soprannome: U-Shush.

Segni particolari: Non parla quasi mai; Ogni volta che prova ad aprir bocca viene azzittito; Se non viene azzittito parlerà per un massimo di cinque ore consecutive; È molto bravo nel turntablism e nella produzione musicale.

 

“Come va, Red Roofs? È giunto il momento di far entrare i giovani che c’è puzza di vecchio!” gridò Hiro in maniera abbastanza arrogante.

Venne accolto abbastanza freddamente, ma il pezzo partì comunque.

Quello che quei due giovani fecero sul palco fu probabilmente la cosa più distante da quello che avevano appena fatto Soul e il suo gruppo. Atmosfere dark? Niente. Scenari postapocalittici? Macché. Rime violente? Figuriamoci.

Il pubblico applaudì in maniera abbastanza imbarazzata, di certo non si aspettava questo tipo di rap.

Quello più sconvolto fu Soul: La sua mascella era caduta così velocemente che per terra, sotto la mascella, c’erano delle piccole crepe. L’espressione di Black*Star non era da meno: Era come se avesse visto un sasso prendere vita e cominciare a ballare il tip tap sul palco.

“Ma…quella dovrebbe essere la cosiddetta “nuova scuola”?” chiese Soul al suo amico.

“Non so che dirti, Soul. Sono sconvolto quanto te,” replicò Black*Star.

La loro discussione venne interrotta al partire del secondo pezzo e fu in questo istante che Hiro si tolse il cappuccio, rivelando una frangia tinta di un rosso acceso.

Ciò che sconvolse Soul non solo fu il fatto che il ritornello era di una ripetitività disarmante, non solo il fatto che le movenze di Hiro erano talmente idiote che sembrava una pessima imitazione di una Milky Way rallentata del 200%, ma anche il fatto che le strofe erano di un’idiozia tremenda.

Dopo il ritornello, il pezzo finì e il pubblico applaudì. Non fu un applauso fragoroso con ovazioni, ma nemmeno un applauso come quello del pezzo precedente.

Infine partì l’ultimo pezzo e stavolta Justin prese il microfono, che fino a quel momento era rimasto muto in fondo al palco assieme a Tezca.

Soul aveva le dita ficcate nelle orecchie; il rap in autotune per lui era come l’aglio per i vampiri. Ma nonostante le dita nelle orecchie, riusciva, suo malgrado, a sentire le baggianate di Justin.

Il pezzo finì e fu accolto con un applauso abbastanza soddisfatto e ci furono pure un paio di ovazioni.

“Soul, sono confusa. Quello dovrebbe essere rap? Perché nei libri che ho letto non ho visto nulla riguardo l’autotune,” chiese Maka.

“Infatti non dovrebbe esserci. Lo metti nelle canzoni trap e nel rap pop da quattro soldi.”

Mentre il collettivo di Hiro scendeva dal palco, l’MC della serata salì su quest’ultimo, prese il microfono e annunciò:

“Dopo un’attenta discussione della giuria, ho il verdetto della serata.

Ora vi chiedo di fare casino per chi volete scegliere come vincitore di questo contest. Dunque...per gli RDN Commando?”

La sala rispose con un’ovazione abbastanza forte. Black*Star da solo faceva casino per cinque persone e, cosa più sorprendente, perfino Tsubaki, che di tutto il locale era la più calma e posata, stava partecipando all’ovazione per far vincere la banda di Soul.

Con un cenno, l’MC riportò il locale alla calma.

“Benissimo. Ora….per la Grim Mound Gang?”

La sala rispose con un’ovazione abbastanza forte, ma non forte quanto la precedente visto che nessuno del gruppo di amici di Soul stava partecipando.

Con un cenno, l’MC riportò il locale alla calma.

“Ora...Prima di annunciare il risultato, vorrei ringraziare il Red Roofs per averci concesso lo spazio per la realizzazione di questo evento. Ricordiamo che il vincitore avrà la possibilità di fare un concerto a Las Vegas. E il collettivo che lo farà è…”

La sala divenne più silenziosa di una tomba. La tensione era tale che si poteva tagliare con un coltello. Ogni persona nella sala aspettava il verdetto finale. Non si respirava un’aria così tesa dalla Notte degli Oscar 2016 quando stava per essere annunciato il premio al miglior attore.

L’MC della serata aprì la busta, lesse il nome e poi lo annunciò a gran voce:

“LA GRIM MOUND GANG!”

Un’ovazione riempì la sala e il collettivo di Hiro saltò dalla gioia e si abbracciarono l’un l’altro.

Soul e i suoi amici erano annichiliti. Tanta pratica e alla fine sono stati sconfitti da qualcuno che ha basato i suoi pezzi solo sulla droga, sul lusso e sulla ostentazione di entrambi.

Scesero dal palco, con il morale sotto alle scarpe, per tornare a casa a leccarsi le ferite. Però si imbatterono nell’ultima persona che volevano vedere in quel momento: Hiro.

“E allora imbecille? Chi ha fatto il culo a chi?” disse a Soul in tono canzonatorio.

“Rimango comunque un rapper rispettabile in Death City, mentre tu sei un pallone gonfiato che si fa grosso con storie palesemente false.”

“Intanto le mie storie false mi gonfiano il portafoglio, mentre tu rimarrai ciò che sei ora: un pezzente che rappa in degli squallidi centri sociali per ottenere qualche spicciolo. E mentre tu farai tutto ciò, io sarò il più ascoltato nelle radio e potrò permettermi una villa con piscina. Ma siccome sono buono, ti dirò una notizia flash: L’hardcore rap è morto, quindi non tentare di portare il suo cadavere sul palco spacciandolo per vivente,” rispose Hiro, dandogli delle piccole pacche sul viso.

Soul non disse nulla, rimase in silenzio per alcuni secondi, alzò lo sguardo verso Hiro e lo colpì con un diretto sul naso.

Questo crollò a terra col naso grondante di sangue, lamentandosi del dolore. Il gruppo di Soul uscì in fretta dal locale prima che la situazione potesse degenerare in una rissa.

 


Due anni fa...

 

Soul era a casa, annoiato come al solito, e guardava video a caso su YouTube. Si imbattè, per caso, in un video intitolato “Steven Spielberg vs. Alfred Hitchcock.” Incuriosito cliccò e si ritrovò di fronte delle persone che rappavano con un cosplay dei loro personaggi. Era così divertito che lo inviò subito a Maka e a Black*Star e poi cercò il beat di quel video. Una volta trovato, cominciò ad improvvisare qualche rima. Ovviamente non erano buone essendo il suo primo tentativo, ma ciò gli diede motivazione per continuare a provare. Chiamò uno dei suoi migliori amici, Black*Star:

“Hey Black*Star!”

“Weila Soul! Come va?”

“Bene, vuoi unirti ad un mio progetto?”

“Che vuoi fare?”

“Un collettivo rap.”

“Conta su di me.”

Black*Star poi riunì anche Harvar, Kilik e Kid per unirsi a lui e a Soul, perché, secondo Black*Star, “Un produttore ci serve ed un trio non mi ispira.”

Quindi, appena ne avevano l’occasione, si recavano in campagna da Kilik e spendevano la giornata in un capanno di legno insonorizzato all’interno dove scrivevano e facevano prove.

Dopo quasi un anno di prove per affinare le loro capacità, intervallate tra studi e altro, il quintetto prese una decisione importante:

“Ragazzi, dobbiamo farci un nome in città, ma non possiamo farlo un sabato sì e tre no. Quindi, per guadagnare più tempo, ho in mente una soluzione: Un anno di pausa per scrivere testi migliori e farci una nomea in città. Che ne dite?” disse Kid, rivolto a tutti gli altri.

Il resto del gruppo accettò e si ritrovarono in quel capanno almeno sei giorni su sette di ogni settimana per i primi tre mesi dell’anno sabbatico proclamato. Durante i restanti nove, passavano le serate a fare il giro di centri sociali e di quartieri del centro città per farsi un nome a suon di freestyle, tag sui muri e serate minori che venivano organizzate da varie organizzazioni. In questi nove mesi, riuscirono a divenire uno dei gruppi rap hardcore più chiacchierati della città.


 

Soul si chiedeva come avesse potuto perdere contro un collettivo di ragazzi che si vantavano di una vita che non facevano e delle sostanze che non avevano mai preso.

Mentre ci pensava, prese il suo fedele computer, lo accese e, con una lista di film post-apocalittici/distopici sott’occhio, cominciò a visionarne il più possibile, evitando con cura tutti i film con dei teenager come protagonisti.

“A Maka piaceranno pure film tipo The Hunger Games oppure Divergent, ma a me annoiano soltanto,” commentò tra sé e sé.

A gambe incrociate, posò il suo computer di fronte a lui e cominciò la visione del suo primo film sulla lista: “Il Pianeta delle Scimmie” di Franklin J. Schaffner.

Rimase sul suo letto così per più di una settimana, interrompendosi solo per dormire dalle otto del mattino del giorno seguente fino alle tre del pomeriggio dello stesso, mangiare qualcosa (Anche durante la notte), andare al bagno e sgranchirsi un pochino per evitare vari dolori articolari o intorpidimenti alle gambe.

La sua routine era così calcolata da sembrare parte di una qualche specie di rituale: Sveglia, doccia, pasto frugale, accensione portatile, controllo veloce dei social, film, eventuale intervallo per rifornimento di snack o per tappa al bagno seguito dalla ripresa della visione, controllo dei social, cena, riascolto delle sue tracce per capire cosa poteva essere migliorato, film, intervallo per pasto notturno solitamente a base di pasta, ripresa della visione, ultimo controllo ai social e poi riposo. Questi quindici eventi potevano essere visti come sintomo di depressione da alcuni, ma la realtà era che Soul semplicemente non se la sentiva di uscire fuori e preferiva restare in casa a non fare nulla.

Dopo un paio di giorni, Soul cominciò pure ad annotare in un taccuino molti elementi comuni a questi film, a studiarne i particolari e a capire cosa li rendeva unici.

Eppure, nonostante continuasse a visionare film e a prendere appunti che ormai avevano riempito due taccuini, non riusciva ancora a trovare l’ispirazione o a sbloccarsi dal pantano dell’assenza di idee.

Provò ogni approccio, anche guardando i film già visti più volte per vedere se c’era qualcosa che aveva mancato.

Avrebbe venduto pure la sua anima al leggendario kishin Ashura pur di ricevere ispirazione.

Quindi provò a guardare pure film horror per vedere se poteva offrirgli qualche speranza e passò in rassegna una lunga lista di film del genere evitando i teen slasher e tutti i film catastrofistici.

“Se volevo organizzare una serata di film per spegnere il cervello, tanto valeva che mi buttavo sui film della Troma, della Asylum o sui film di Steven Seagal,” commentò tra sé e sé.

Quindi cominciò da i classici come Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau e Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene per poi proseguire, sperando sempre in trovare qualcosa che lo sbloccasse.

Così continuò ancora per vari giorni, alternando film horror con film post-apocalittici, prendendo appunti su appunti sul suo taccuino.

Una settimana dopo la sua reclusione in camera alla ricerca dell’ispirazione, con risultati magrissimi e con delusioni enormi, decise di ricorrere alla vasta libreria di Maka per cercare qualcosa che potesse convincerlo. Quindi lesse e analizzò tutti i volumi della sua collezione, parola per parola, riga per riga, paragrafo per paragrafo. Vedeva sempre Maka scrivere sul suo computer tesi e racconti lunghi decine di migliaia di parole e ciò forse poteva essere dovuto al suo enorme bagaglio culturale di tomi letterari che teneva in camera.

“Se hanno aiutato lei, aiuteranno anche me di sicuro. Se così non fosse, avrei più sfiga di Jessica Fletcher e del Detective Conan insieme in un giorno di Venerdì 13,” commentò Soul tra sé e sé.

Così le giornate di Soul si divisero in tale modo:

Sveglia, doccia, pasto frugale, accensione portatile, controllo veloce dei social, lettura e analisi dei libri, pausa snack per poi ripresa della lettura, film, eventuale intervallo per rifornimento di snack o per tappa al bagno seguito dalla ripresa della visione, lettura e analisi dei libri, pausa snack per poi ripresa della lettura, controllo dei social, cena, riascolto delle sue tracce per capire cosa poteva essere migliorato, film, intervallo per pasto notturno solitamente a base di pasta, ripresa della visione, controllo appunti presi durante la visione di film e di libri, ultimo controllo ai social e poi riposo. Il tutto per un totale di venti azioni. La metodicità di Soul era qualcosa di incredibile agli occhi di un uomo comune, ma il rapper emergente era tenace e caparbio al punto di rasentare la definizione per antonomasia di follia: La ripetizione ossessiva di qualcosa sperando che dia risultati diversi.

Questo rito continuava giorno dopo giorno e le uniche cose che cambiavano erano i libri letti e film visti, i pasti ed eventualmente alcune pause per pulire camera sua. Anche se ciò gli faceva perdere alcuni minuti nel suo rito, se c’era una cosa che lo faceva ammattire era calpestare la polvere e i capelli per terra con i piedi nudi. E per fortuna non aveva in casa la moquette, altrimenti, con la sua abitudine di bere bibite, alcolici e spesso tutti e due insieme in ogni luogo della casa, sarebbe stata una fatica infernale pulire non solo camera sua, ma tutto l’appartamento, con conseguenti strigliate e mal di testa dati dai Maka-chop della sua coinquilina.

“A pensarci un attimo...in questi giorni non può darmeli nemmeno se vuole visto che tutti i suoi libri sono in mano mia,” pensò Soul.

Nella furia di prendere i libri dal suo scaffale, aveva preso per errore un suo album di fotografie. Cominciò a sfogliarlo e si ricordava di tutte le foto:

La prima foto che gli saltò all’occhio era una foto dove lui, Maka, Black*Star, Tsubaki, Kid e le sorelle Thompson erano al campo da basket. Quel giorno aveva trascinato fuori Maka di peso nonostante lei stesse leggendo un libro.

“Se continui a non mettere il naso fuori di casa, poi non ti lamentare se sulla testa ti nascono i funghi,” commentò Soul, citando il se stesso del giorno quando stava trascinando Maka per le vie della città.

La seconda foto era quella di lei con la gatta appena recuperata dal gattile che chiamarono Blair. Questa era sempre in casa, ma molte volte usciva di notte alla ricerca di chissà che, tant’è che alla fine Maka, stufa di aprire ogni notte la porta per farla uscire, installò una gattaiola per togliersi il pensiero. E se non fosse tornata per il giorno dopo, sapeva dove trovarla visto che era l’unica gatta a Death City ad avere un collare color rubino con motivi color smeraldo e una medaglietta di bronzo. In caso fosse tornata tardi, non sarebbe uscita la notte. Queste erano le regole di Maka e guai a trasgredirle.

La terza foto era una foto che non si aspettava di vedere in quell’album: Era una foto di lui con il suo fratello maggiore Wes, sua madre Calypso e suo padre Quentin. Erano in un parco e sorridevano tutti. Si ricorda bene quel giorno: Era una delle tante gite che facevano quando lui era bambino e in quella gita aveva dieci anni. Erano tempi tranquilli, molto prima che lui se ne andasse. Stavano visitando l’Italia per far visita a sua nonna materna e si erano fermati a Firenze prima di partire. In quel giorno avevano pure fatto visita alla Chiesa di Santa Maria Novella.

Decise di fare una chiamata a suo fratello per renderlo partecipe della sua situazione e per sapere se aveva qualcosa da consigliare e se magari poteva aiutarlo a farlo uscire dal blocco.

Prese il telefono, compose il numero e aspettò.

Dall’altro capo della cornetta una voce adulta ma al tempo stesso vellutata rispose tranquillamente:

“Casa Evans, parla Wes.”

“Ciao Wes, sono Soul.”

“Hey, fratellino! Come va?”

“Bene, tu? Fai ancora le tournée in Europa?”

“Benissimo, non ci sentiamo da anni ormai. Comunque sì, in questo momento sono a Sassari proprio per un concerto.”

“Si, da quando me ne sono andato.”

“Ne è passato di tempo, come mai hai deciso di chiamarmi?”

“Beh, volevo dirti che ho fatto un contest e…”

“L’hai perso, vero?”

“Ma come…”
“Fratellino, ti pare che io ti lasciassi andare in una città lontana chilometri senza avere qualche informatore?”

“Mi stavi spiando da quando sono arrivato?”

“Spiato, che parolone! Ho solo chiesto a delle persone di rendermi partecipe della tua nomea in paese.”

“Hai veramente chiesto alle zitelle di paese di informarsi sul mio conto per sapere come stavo?”

“Ma no! L’ho chiesto a Buttataki Joe e Franken Stein.”

“Vuoi dire Sloppy Joe e Freaky Franken? Il barista del Chupacabra e il proprietario del Death Hardware?”

“Esattamente. Assieme a tutti i tuoi insegnanti.”

“E scommetto che…”

“No, non le passavo ai nostri genitori. Ero preoccupato per te, Soul. Volevo sapere come procedeva il tuo sogno e visto che tu non ti degni mai di fare una telefonata, ho provveduto a modo mio.”

“...Potevi avvisarmi. Non sono qui comunque per dirti questo, volevo dirti che ho il blocco dello scrittore.”

“Brutta storia.”

“Ho provato con la visione a nausea di film, ma non ho cavato un ragno dal buco.”

“Non saprei come aiutarti, fratellino. Ma ricordati che credo in te e voglio vederti un giorno essere così celebre che le persone solo per un concerto devono prenotarsi dall’anno prima.”

“Grazie, Wes. Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io, fratellino. Ora devo scappare che tra poco inizia il concerto.”

Dopo che Soul riattaccò il telefono, tornò a guardare l’album di fotografie e vide pure la sua prima serata con il suo gruppo.

 


  

Un anno fa…

 

Soul e i suoi compagni erano tesi come corde di un violino. Era la loro prima serata in un locale che non conoscevano. Questo locale era un piccolo bar in una piazza dall’architettura moderna con negozi e locali pronti per essere affittati e soprattutto spiccava il fatto che la struttura contenente la piazza fosse molto simile ad un anello quadrato con in mezzo la piazza vera e propria, situata a qualche metro sotto il livello della strada come una specie di anfiteatro e dove si trovava il bar, e che contenesse vari parcheggi sotterranei.

L’evento era organizzato dal bar per una serata di musica all’aperto, quindi c’era un gran fermento di gente intorno.

Kilik portò un tavolino con la sua console al centro della piazza e si preparò per la serata. Soul e gli altri lo raggiunsero subito dopo.

“Salve, siamo gli RDN Commando e siamo qui per fare rap hardcore,” disse Soul, in maniera incerta e poco convincente.

Gli sguardi di tutta la piazza, sia della gente seduta sulle gradinate della piazza che della gente in piedi sulla piazza sovrastante, erano fissi sul gruppo. Ogni singolo membro di questo era terrorizzato. Poi Harvar prese un respiro profondo e fece cenno a Kilik di partire con la base.

Mentre Harvar faceva il suo pezzo, Soul riuscì a scrollarsi di dosso il panico da palcoscenico e si preparò al suo pezzo.

Soul rappava le sue parti mettendoci dentro tutto se stesso e più andava avanti più la paura iniziale svaniva, facendo posto alla sicurezza.

Il pezzo finì e fu accolto da un buon applauso da parte del pubblico.

“Grazie! Ed ora, solo per voi, qui al Bar PDM mostreremo un nostro inedito!” disse Kid al microfono.

Una volta partita la base, questo cominciò la sua strofa. Questa traccia era molto sperimentale e si sentiva parecchio, ma loro si sapevano adattare anche a queste varianti dal loro classico stile.

Finita la strofa di Kid, toccò ad Harvar. Il suo pezzo era diverso dai suoi soliti, ma voleva provare stili di scrittura differenti ogni tanto. Che poi questi finissero nelle tracce finali era tutto un'altra storia e magari pure lui stesso si rendeva conto che a volte faceva errori.

Successivamente Harvar passò il microfono a Black*Star. Non era irruento come al solito, ma quel giorno aveva un brutto mal di gola che gli impediva di scatenarsi come vorrebbe.

Il pezzo venne concluso da Soul che provò a compensare l’irruenza di Black*Star con la sua violenza verbale e ci riuscì in maniera anche abbastanza egregia.

Conclusa la canzone, il pubblico applaudì in maniera vigorosa.

“Grazie per la serata, Bar PDM! Siete un pubblico magnifico! Speriamo di incontrarvi di nuovo!” disse Harvar al microfono.

Il pubblico rumoreggiò a questa affermazione e gridarono tutti a gran voce “Bis! Bis! Bis!”

Soul volse lo sguardo ai suoi compagni e sgranò il suo sorriso da squalo.

“Ne volete ancora? E allora ecco a voi!” gridò Soul nel microfono.

Questa frase venne accolta da un’ovazione scrosciante.

Black*Star però fece cenno agli altri che non poteva più parlare per via del mal di gola.

“E come facciamo senza Black*Star?” disse Kid preoccupato.

“Ragazzi, vi ricordate della traccia che abbiamo registrato dopo quella serata a bere e a guardare quel film di quel regista italiano parecchio controverso? Black*Star era troppo sbronzo per scrivere o registrare il suo pezzo, quindi abbiamo fatto la traccia e abbiamo detto: ‘Beh, può bastare.’ Possiamo fare quella!” rispose Kilik.

Gli altri si trovarono d’accordo e Kilik partì con la base.

Il pezzo era parecchio crudo e violento, ma ciò non impediva ai giovani rapper di mostrare tutta la ferocia di questo con il loro rap.

La parte di Soul fu tra le più intense del pezzo, specialmente per il linguaggio crudo che utilizzò: Era talmente forte che se Wes fosse stato lì presente in primis si sarebbe stupito per il talento del suo fratellino e poi lo avrebbe trascinato via per lavargli la bocca con il sapone.

Il pubblico esplose in un’ovazione assordante, degna forse di un live dei Metallica dei tempi d’oro.

E durante questa, il gruppo salutò il suo pubblico, allontanandosi per fare posto ad altri artisti.

I giovani ragazzi si fecero i complimenti a vicenda per l’esibizione, tornando a casa felici della loro prima serata.
 


 

Soul richiuse l’album, con un sorriso malinconico sulle sue labbra, e poi tornò al suo PC per continuare a guardare i film.

Mezz’ora dopo, Maka aprì la porta di camera sua.

“Soul, vuoi uscire da questa camera?”

“No, Maka. Almeno fino a quando non otterrò l’ispirazione.”

“Non era una richiesta, esci.”

“Non sei mia madre, non uscirò fino a quando non avrò l’ispirazione!”

Maka a questo punto chiuse il portatile e prese Soul per il colletto della maglia e lo trascinò di peso fuori dalla camera e dall’appartamento.

Una volta in strada, Maka smise di trascinarlo.

“Ma che cavolo fai? Stavo guardando Fuga da New York! Non posso abbandonare “Snake” Plissken al suo destino!” disse Soul lamentandosi.

'Se continui a non mettere il naso fuori di casa, poi non ti lamentare se sulla testa ti nascono i funghi', ricordi?” rispose Maka in tono canzonatorio.

Soul, ammutolito e riluttante, seguì Maka brontolando imprecazioni a mezza bocca.

Raggiunsero un luogo che Soul conosceva molto bene: Era il campetto da basket dove ogni tanto si riunivano per fare delle partite, ma questa volta non c’erano i suoi compagni, ma un gruppetto di persone abbastanza giovani.

Questo gruppetto era intento ad osservare qualcosa su di un palchetto al centro del campo.

Soul si avvicinò incuriosito e notò un ragazzo con una felpa nera, dei jeans, i capelli lunghi fino alle spalle e una barbetta corta che veniva applaudito.

Nome reale: Sconosciuto.

Soprannome: Nidhoggr

Segni particolari: È il diciassettesimo rapper più ascoltato a Death City e infatti nessuno lo considera eccetto i ragazzi di quindici anni. Fa parte di un duo che si chiama Blod Kaker. Assomiglia parecchio a Gesù.

“Per caso è la seconda venuta di Gesù?” chiese Soul divertito.

“Non essere blasfemo, Soul!” rispose Maka seccata.

Il ragazzo dai capelli lunghi prese il microfono, fece cenno ad un altro ragazzo con una camicia Hawaiiana, dei capelli ricci corti ed una barba degna di Charles Parnell di far partire la base.

Nome reale: Sconosciuto.

Soprannome: Pan di Spagna

Segni particolari: Ha gusti singolari nel vestirsi. Fa parte di un duo che si chiama Blod Kaker. Il nome del gruppo è stato scelto da lui.

Quest’ultimo fece partire una base molto strumentale, come se non fosse stata fatta usando campionamenti o programmi ma con veri e propri strumenti.

Poi il ragazzo sul palco cantò il suo pezzo e Soul notò che era come se si stesse rivolgendo a lui, ma forse era una sua impressione.

Alla fine del pezzo, il giovane rapper disse a tutto il pubblico: “Signori, abbiamo tra il pubblico uno dei rapper più famosi di Death City!”

Soul pensò subito che ci fosse Hiro in mezzo alla folla e si guardò intorno.

Poi notò che tutti gli occhi del pubblico erano puntati su di lui e subito cominciò a sentirsi la maglia stretta attorno al collo divenendo un bagno di sudore e rosso come un pomodoro.

Cercò subito di scappare via, ma Maka lo fermò poco prima che riuscisse a uscire dal campetto.

“È così che accogli i tuoi fan?” chiese lei.

Soul prese fiato, si diresse verso i suoi ammiratori.

“Dunque...volete un autografo, ragazzi?” chiese sgranando il suo ghigno a 32 denti.

I fan erano estasiati dall’idea, quindi Soul, presa una penna, cominciò a firmare taccuini a destra e a manca come se fosse un burocrate.

Certo, sarebbe stato anche più carino il fatto che ci fossero pure gli altri componenti del gruppo, ma visto che era una cosa fatta lì per lì e non un meet & greet ufficiale, Soul internamente fece spallucce e pensò:

“Gli spiegherò la situazione, sicuramente capiranno.”

Dieci minuti di autografi dopo, si sedette sul palchetto tenendosi il polso e raccontando di come creava i suoi pezzi, delle sue ispirazioni e di altre cose non necessariamente correlate alla sua musica.

“...Ed è per questo che considero Tokyo Ghoul una boiata.” disse lui, rispondendo ad un suo fan. E poi chiese:

“Ci sono altre domande?” e un ragazzo alzò la mano e chiese:

“Soul, per noi sei un grandissimo rapper. Sei il nostro punto di riferimento per la musica. Sei un sole in mezzo a quel marasma di finti rapper che vantano cose che non hanno mai fatto. E per questo noi ti ringraziamo.” Il pubblico di fan accolse con un applauso questo intervento.

Soul fu lusingato da questo e rispose:

“Grazie, così mi fai arrossire. Insomma...io dietro le scene sono un ragazzo come voi e ricevere questo tipo di apprezzamenti non è cosa di tutti i giorni...Mi piace che voi amiate la mia musica, ma oltre alla musica io sono un ragazzo qualunque. Apprezzo i complimenti, ma se dovete amarmi fatelo per le tracce.”

E fu a quel punto che accadde.

Quello che Soul stava cercando da tempo. Quello che non trovava più. Quello che non era più con lui. Quella cosa tornò e colpì Soul come il pugno normale di Saitama contro Boros nella serie One Punch Man scritta da ONE, disegnata da Yusuke Murata e successivamente animata dallo studio Madhouse.

L’ispirazione.

Quando se ne rese conto, si congedò con garbo dai fan, prese Maka per il polso e se ne andò correndo come il vento.

Si fermò un attimo per riprendere fiato e Maka gli diede un Maka-chop in testa a mani nude.

“Ma che cavolo ti è preso? Perché ti sei messo a correre come un pazzo?” chiese lei.

“Ho avuto l’ispirazione! Devo andare ad avvisare gli altri! Sto andando a casa a prendere la moto! Non aspettarmi per cena!” rispose lui trafelato, per poi riprendere a correre.

Una volta presa la sua moto, andò in campagna verso lo studio di registrazione dei suoi compagni.

Raggiunto il cancello della campagna di Kilik, prese il suo cellulare, compose il numero di Black*Star e lo chiamò.

“Pronto?” rispose questo.

“Black*Star, sono Soul e…”

“MA GRANDE SOUL, FINALMENTE SEI USCITO FUORI DALLA TUA TANA?”

“Si, chiama gli altri. Ci vediamo nello studio di registrazione.”

“Eh, guarda, per me è un mezzo casino, devo andare in palestra, andarmi a fare la doccia…”

“Non fare l’imbecille e presentati nello studio che dobbiamo fare il culo a secchio a quell’imbecille di Kilik e al suo gruppo.”

“Ah, si tratta di fare il culo a quelli? E dillo subito, allora! Mi sto muovendo in questo istante!”

“E chiama pure gli altri, mi raccomando.”

“Non posso, non ho credito per le chiamate.”

“Sono due anni che non hai credito, Black*Star,” rispose sarcasticamente Soul.

“E chiamali tu, dai. Non fare tanto il musone. Adesso devo proprio staccare, scusa.”

E chiuse la chiamata.

Soul, leggermente frustrato dal dover sempre pagare lui, chiamò Kilik.

“Pronto?” rispose questo.

“Kilik, sono Soul.”

“Ciao Soul! Come stai?”

“Bene, tu? Non ti sento da un po’.”

“Sto benissimo. Hai trovato l’ispirazione?”

“Come…”

“Wes. Allora, ci vediamo nello studio?” rispose Kilik interrompendolo prima che potesse finire la frase.

“Sono già di fronte al cancello.”

“Allora okay, ci vediamo tra poco.”

E chiuse la chiamata.

Successivamente Soul compose il numero di Harvar e lo chiamò.

“Pronto?” rispose questo.

“Harvar, sono Soul.”
“Ah, sei finalmente uscito di casa?” disse Harvar in modo scherzoso

“Spiritoso…” rispose Soul in modo sarcastico.

“Scherzi a parte, come mai mi hai chiamato?”

“Ho trovato l’ispirazione e voglio registrare.”

“Ma bene, ci vediamo nello studio di registrazione?”

“Ovviamente.”

“Ti passo a prendere? Tanto sono di strada.”

“Sono già di fronte alla campagna di Kilik.”

“Ah, okay. Ci vediamo tra poco.”

E chiuse la chiamata.

Infine Soul digitò il numero di Kid ma prima di far partire la chiamata si fermò.

“Perché spendere pure per lui?” si disse e, preso un attrezzo simile ad uno specchietto per il trucco ma totalmente nero e con un teschio stilizzato in rilievo sul dorso, lo appannò col fiato e scrisse sulla condensa: “42-42-564”.

Dopo un paio di secondi, comparve nello specchio un uomo alto coperto da una tunica e da una maschera che riproduceva il teschio stilizzato nell’attrezzo che Soul stava utilizzando.

Nome reale: Death the Elder

Soprannome: Sommo Shinigami

Segni particolari: È il preside dell’Università di Death City e il padre di Kid. Nessuno l’ha mai visto in faccia. Indossa costantemente abiti scuri ed una maschera per via di un’allergia alla luce solare.

“Pronto, chi parla?” rispose questo.

“Salve padre di Kid, sono Soul!”

“Ciao Soul! Come stai? Mi hanno detto che sei rimasto chiuso in casa!”

“Gliel’ha riferito Wes, scommetto. Comunque sto bene, grazie.”

“Ne sono lieto. Vuoi parlare con Kid?”
“Si, grazie.”

Dallo specchietto si allontanò la figura paterna e dopo un minuto si avvicinò Kid.

“Hey Soul!” disse questo giovialmente.

“Ciao Kid! Senti, mi è finalmente arrivata l’ispirazione.”

“Ne sono lieto! Ma sei di fronte a casa di Kilik?”

“Si, ci vediamo nello studio?”

“Si, a tra poco.”

E chiuse la chiamata.

Passò una mezz’ora e arrivarono tutti i ragazzi del gruppo. Kilik li fece entrare nella sua casa di campagna a prendersi un tè ghiacciato alla pesca, per qualche partita a Yu-Gi-Oh! e per passare del tempo a giocare a Deadly Fight XL sulla DeathStation 4 di Kilik. Pochi minuti dopo, si riunirono tutti nello studio di registrazione.

Il capanno che fungeva da studio era molto spartano e rustico: Era fatto con dei pannelli di truciolato che facevano da pareti, una moquette come pavimento, qualche pezzo sparuto di pannello fonoassorbente qua e là e come unica parte che lo distingueva una porta di legno in due parti con la finestra in vetro. Kilik diceva sempre di volerlo migliorare aggiungendo pannelli fonoassorbenti e magari qualche decorazione per il vetro delle porte in modo da sembrare più professionale, ma non avendo soldi non ha mai realizzato il suo progetto. A Kid e Soul però piaceva: Faceva tanto heavy metal e visto che il loro gruppo aveva sonorità molto dure era abbastanza adatto.

“Allora Soul, qual è il piano?” chiese Kilik.

“Ho in mente forse la canzone più elaborata e lunga della mia carriera. Non potrò includere voi, però,” rispose Soul.

“Non ti preoccupare, comprendiamo,” replicò Kid.

“Kilik, ti chiedo di fare qualcosa di diverso stavolta: Al posto delle classiche basi sintetizzate, mi servirebbe qualcosa di più classico,” disse Soul.

“In che senso?”

“Qualcosa di rockeggiante, qualcosa che faccia vecchia scuola, qualcosa che possa essere usato durante il momento clou di un racconto o di un film.”

“Orchestrale?”

“No, più semplice.”

“Duro e cattivo come le altre basi?”

“No, più epico.”

“Non capisco, Soul.”

Soul a quel punto chiese il permesso di usare un attimo il PC di Kilik e cercò un pezzo particolare che aveva già sentito in mente in parecchie occasioni e che conosceva bene poiché lo aveva scoperto grazie ad un film sci-fi.

Il pezzo era esattamente come Soul aveva chiesto la base: Classico, rockeggiante e poteva essere usato durante un momento clou di un racconto o di un film.

Kilik ascoltava la traccia con grande attenzione per capire come fare la base di Soul e gli altri erano rapiti dalla bellezza della traccia che questo gli aveva fatto scoprire.

Dopo un paio di ascolti, prese il suo fedele programma di registrazione, Deathly Loops Studio, e con un paio di strumenti virtuali simulò il tipo di base che Soul chiedeva.

“Conta che questa non sarà quella definitiva, questa è solo una bozza su cui costruirò la base vera e propria,” spiegò il giovane produttore.

Soul ascoltava estasiato e poi diede il via libera per la produzione. Nel frattempo, quest’ultimo assieme agli altri, scrisse un pezzo differente con una base fatta tempo fa per futura evenienza e questo era uno di quei casi.

In quel capanno ci passarono innumerevoli ore, ma a loro non gli importava: Volevano fare del rap e lo stavano facendo dentro quelle pareti di truciolato, costi quel che costi.

Ogni tanto dovevano interrompere per via di chiamate da parte dei loro compagni preoccupati che non li stavano vedendo in giro che puntualmente rassicuravano, per mangiare e per dormire, ma a parte queste pause procedevano a pieno regime.

In qualche settimana riuscirono a finire la traccia di gruppo e Kilik riuscì a finire la base per Soul. Il primo però lavorava da solo e, visto che non voleva mandare a casa gli amici, questi dormivano nella casa mentre lui lavorava notte e giorno per produrre. Il resto del gruppo, mentre il loro amico produceva, dormiva e, in modo alternato, mentre loro producevano il loro amico dormiva.

Il giorno che il giovane beatmaker finì la traccia, convocò i suoi amici nello studio e poi chiese a Soul di sentire la base.

Prese le cuffie, questo ascoltò con attenzione e provò a mugugnare qualcosa di incomprensibile a mezza bocca andando a ritmo.

“Complimenti Fyah, hai appena composto la miglior base di sempre,” disse sorridendo rivolto all’amico.

Black*Star e gli altri poi lasciarono il giovane rapper alle prese con il testo e tornarono a casa.

“Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi, eh,” disse Kilik a Soul, lasciandolo solo nel suo studio, fiducioso delle sue capacità.

Quest’ultimo, come se fosse stato posseduto da un qualche spirito di un monaco amanuense, cominciò a scrivere come mai aveva fatto prima d’ora. Scriveva talmente tanto e talmente tanto in fretta che ad un certo punto gli venne un crampo al polso. Infatti lui quando scriveva i testi, raramente usava la tastiera, ma usava sempre carta, rigorosamente riciclata altrimenti Maka si sarebbe lamentata dello spreco, e penna gel perché gli piaceva imprimere il sentimento e le sue sensazioni nella scrittura, come se fosse viva e alle volte esagerava così tanto nell’imprimere emozioni nella scrittura che non si capiva più nulla di ciò che scriveva ed infatti la prima bozza di una delle sue tracce era incomprensibile anche per lui.

Soul, dopo aver riempito almeno un foglio fronte e retro di rime, decise di cominciare a registrare. All’inizio provava a registrare a pezzi per poi sperare che Kilik li montasse, ma poi respirò a fondo un paio di volte e decise di fare il tutto in una sola unica registrazione.

Dopo cinque minuti buoni di tentativi dove tentava e falliva nella sua impresa, finalmente riuscì ad incidere una traccia unica senza sbavature o errori di sorta.

Chiamò poi l’amico nello studio e gli mostrò il risultato.

“Beh, complimenti Scythe. Ora il tuo lavoro è finito. Il resto toccherà a me, vai a riposare,” rispose lui, piazzandosi al lavoro sul computer.

E appena il ragazzo entrò nella camera da letto, cadde sul letto esausto ma felice.

Si svegliò nel pieno pomeriggio con i suoi amici che lo attendevano nel soggiorno.

“Scythe, è giunto il momento. Dobbiamo riprenderci ciò che abbiamo perso. Non ci arrenderemo così,” disse Black*Star.

“E che vogliamo fare?” rispose Soul.

“Vogliamo rifare la finale,” replicò Kid.

“Ma è impossibile, ormai è già stata fatta.”

“Non tutto è perduto. Ho letto che se entrambi i partecipanti sono d’accordo, si può effettuare una sfida finale decisiva,” intervenne Harvar.

“Vogliamo veramente sfidare di nuovo Hiro?”

“Ma insomma, vuoi vedere quel coglione vantarsi di cose che non ha mai fatto e avere successo per questo?” ribatté Kilik.

“...Avete ragione. Ragazzi, si torna in campo. Serviamo i loro culi su un piatto d’argento.”

“SI!” risposero entusiasti tutti i componenti del gruppo.

Soul prese il suo telefono, lo posizionò e Kid fece partire la registrazione.

“Salve...Fuckboy. Questo è un messaggio dove ti sfido a duello: Il mio gruppo contro il tuo. Chi vince prende tutto. Chi perde sarà marchiato come poser per il resto della sua carriera. Accetti o ti ritieni un codardo? Ci vediamo tra una settimana al Red Roofs alle 9 di sera e si deciderà lì chi è il migliore tra di noi: La falce della morte oppure l’uomo d’erba,” disse con tono di sfida.

Poi mandarono il video a Hiro e attesero una sua risposta.

Questa non si fece attendere molto visto che ricevettero un video in verticale dove Hiro si rivolgeva a loro in questo modo:
“Red Demon Nightmare, accetto la vostra sfida. Ci vediamo sul palco. Preparatevi ad essere fatti a pezzi, vecchi bacucchi.”

Black*Star e gli altri quindi decisero, per tutta la settimana prima della sfida, di prepararsi per il concerto decisivo della loro carriera facendo prove su prove tutto il giorno con solo delle soste per il sonno e per il pranzo.

E il giorno arrivò.

Black*Star e gli altri rientrarono a Death City dopo una lunga assenza e si avviarono verso il Red Roofs. Vicino al Red Roofs una folla stava aspettando incuriosita per l’evento che avrebbe avuto luogo tra poco. Tra la folla c’erano pure Maka e Tsubaki che facevano il tifo per Soul e compagni assieme a molte altre persone.

Quando i giovani rapper entrarono nella soglia del locale, calò il silenzio immediatamente. Si poteva sentire perfino il sommesso ronzio della luce a neon. Sul palco stavano Hiro e il suo gruppo, pronti a sfidarsi contro i loro avversari. Subito ci furono scambi di sguardi torvi degni della famosa scena del duello del film “Il Buono, Il Brutto e il Cattivo” del 1966 diretto e scritto da Sergio Leone.

Prima che la situazione degenerasse arrivò subito l’MC della serata prima a calmare gli animi.

“Ragazzi, risparmiatevi almeno fino alla sfida. Nessuno di noi vuole che ci siano tafferugli prima che vi siate dissati di santa ragione,” disse quest’ultimo.

I due gruppi si allontanarono l’uno dall’altro e si misero in disparte in due punti nella stanza distanti il più possibile tra loro.

“Stasera noi dobbiamo annientarli. Niente barre edulcorate, niente gentilezze, stasera noi li umilieremo di fronte a tutti i fan della musica rap di Death City e dintorni. Loro potranno far rime sui loro soldi quanto vogliono, ma questa batosta dovranno ricordarsela per tutta la vita. Mi sono spiegato bene?” disse Soul sottovoce ai suoi compagni.

“Facciamogli il culo a strisce!” aggiunse Black*Star.

“Li faremo rimpiangere il giorno che si sono messi contro di noi,” incalzò Kid.

“Noi stasera faremo tremare questo posto,” proseguì Harvar.

“Allora...siete pronti? Al mio tre, spacchiamo,” concluse Kilik.

Poi, proprio come la serata precedente, si misero in cerchio e posarono le loro braccia sinistre sulle spalle del loro compagno e allungarono le braccia per unire le loro mani, solo che stavolta c’era qualcosa di diverso.

Ognuno di loro era concentrato come se fossero in preghiera e non sciolsero il cerchio fino a quando questo silenzioso rito non si concluse dopo qualche minuto. Era come se ognuno stesse facendo appello ad una forza interiore, a qualcosa dentro di sé che li spingeva ad andare avanti nonostante le difficoltà.

Infine dissero tutti insieme:

“Uno, due, tre, SPACCHIAMO!” e alzarono le loro braccia destre e si diedero il cinque a vicenda.

L’evento principale ebbe finalmente inizio e venne srotolato uno striscione simile a quello precedente ma con la scritta “Rap Clash - One More Round.” L’MC della serata precedente salì sul palco, prese il microfono e cominciò a parlare e nel tempo stesso muovendosi con leggiadria come un commediante sul palco:

“Buonasera e benvenuti di nuovo al Rap Clash sempre qui al Red Roofs! Questo è un evento particolare poiché oggi, dopo anni che non accadeva, i due finalisti si sfideranno ANCORA UNA VOLTA e questa volta è la definitiva. Chi sarà il miglior rapper? Chi avrà le migliori rime? Chi sarà condannato ad una carriera marchiato come poser? Il vincitore prende tutto e il perdente fallirà. Quindi, pubblico di questa serata, andiamo a ripresentare i nostri concorrenti!

I primi cinque sono dei ragazzi che hanno basato i loro testi sulla tematica della violenza e dell’orrore. Sono quel tipo di rapper che non invitereste mai ad aprire un concerto di qualche cantante canadese dalla voce stridula ma che invitereste per aprire dei concerti di qualche band britannica di musica metal parecchio forte e parecchio distorta. Loro sono il seme della follia che vive nella città. Red Roofs, fate un applauso agli RDN: I Red Demon Nightmare Commando!”

E con uno scrosciante applauso salirono sul palco Soul e il suo collettivo, salutando e sorridendo verso la folla.

Poi l’MC proseguì:

“Ed ecco i loro avversari:

Questi cinque ragazzi hanno fatto del lusso, della droga e delle donne il loro vanto. Sono quel tipo di rapper che non vedreste mai in un film tipo Straight Outta Cemetery, Wild Stele o perfino 8 Miles to Die…”
“Al massimo li potresti vedere in Cool as Death da quanto sono ridicoli,” interruppe Soul in tono di scherno.

La folla scoppiò a ridere fragorosamente e l’MC ci mise almeno un minuto per riportare la calma nel locale e poter riprendere a parlare:

“Dicevo...ma che vedreste perfettamente nelle strade di Atlanta. Loro sono la Grim Mound Gang!”

E con un applauso salirono sul palco Hiro e la sua gang, salutando e sorridendo alla folla.

I due gruppi si misero ai due lati opposti in corrispondenza delle uscite delle quinte e l’MC stava al centro del fondo palco.

Quest’ultimo poi disse:

“Le regole sono semplici: Entrambi i gruppi hanno una sola canzone per esibirsi. Poi ogni membro della giuria esprimerà la propria preferenza, si consulterà e deciderà il vincitore” e successivamente sollevò la sua mano sinistra in direzione della Grim Mound Gang dicendo:

“I primi ad esibirsi sono i vincitori della volta scorsa. Grim Mound Gang, a voi il microfono!”

A prendere il microfono fu Tezca, che fino a quel momento lì nessuno del gruppo di Soul aveva mai sentito rappare, e, una volta che Excalibur fece partire la base, cominciò a rappare.

Soul era stupito: La canzone, sebbene fosse stupida a livelli inverosimili, era stranamente tollerabile.

“Che abbiano deciso di dare il 100% per questa sfida?” pensò Soul.

Ciò che però lasciava perplesso sia il pubblico che il gruppo di Soul era il fatto che, nonostante la maschera, la sua voce si sentiva chiaramente e senza filtri.

Quando finì la canzone, il pubblico applaudì in maniera vivace.

L’MC riportò il locale alla calma e poi alzò il suo braccio sinistro in direzione degli RDN Commando dicendo:
“Ora che i vostri avversari si sono esibiti, tocca a voi. RDN Commando, a voi il microfono!”

Kilik fece partire la base e Harvar cominciò a rappare.

Il pezzo era duro, ma al tempo stesso con una nota di tristezza, leggermente diverso da quanto avevano fatto finora.

Harvar poi passò il microfono a Black*Star che fece la sua parte in maniera egregia.

Dopo il ritornello, pure Kid fece la sua parte in maniera più che decente passando infine il microfono a Soul che fece la sua parte in modo ottimo.

Il pezzo finì e il pubblico applaudì in maniera energica.
Quest’ultimo venne riportato alla calma dall’MC che poi annunciò:

“Dunque...i due gruppi sono stati ascoltati. Ora la giuria prenderà una decisione. Nel frattempo voglio chiedere a voi, pubblico, di fare casino per la vostra scelta. Per la Grim Mound Gang?”

Gli astanti applaudirono in maniera fragorosa in risposta.
“Bene...per gli RDN Commando?”

E il pubblico applaudì in maniera più fragorosa.

Infine l’MC, che nel frattempo aveva recuperato il verdetto, lesse quest’ultimo:

“E il vincitore è…”

La sala, così come la volta scorsa, restò nel silenzio più totale.

“Abbiamo un pareggio.”

La risposta a questo fu un gigantesco verso di stupore da parte di tutte le persone nel locale, artisti inclusi.

“Ma non vi preoccupate, ora i due gruppi sceglieranno il loro rappresentante per lo spareggio che avrà le stesse regole di prima! RDN Commando, Grim Mound Gang, eleggete i vostri rappresentanti.”

I due gruppi si consultarono e poi mandarono Soul e Hiro al centro del palco, uno di fronte all’altro.

Entrambi si squadrarono da testa a piedi e si lanciarono sguardi di sfida come per dirsi: “Preparati ad essere umiliato”.

Hiro prese il microfono in mano, fece cenno di far partire la base e cominciò.

Il pezzo era diverso da quelli che aveva fatto finora, non c’era autotune e c’erano pochissime menzioni di droga o di soldi.

Una volta finito, il pubblico applaudì in maniera molto vivace.

Hiro ghignò e lanciò uno sguardo di sfida al suo avversario come per dire: “Vediamo se sai fare di meglio, pivello.”

Questo prese il microfono, fece un respiro profondo e poi diede cenno a Kilik di partire con la base.

La traccia cominciò con un paio di scratch da parte di Kilik e con una frase che fecero da preludio al rap di Soul.

Questo era veloce e rapido, totalmente diverso dal rap che faceva di solito. Non c’era orrore e non c’era violenza esplicita nelle sue parole, il che lasciò perplessi sia i suoi amici che il gruppo di Hiro.

Durante ogni pausa che lo separava dal ritornello alla strofa successiva riprendeva fiato: Fare rime veloci poteva essere bello a vedersi, ma se non si è abituati si rischia di rimanere senza fiato.

La traccia era decisamente più lunga di quelle mai fatte finora dal giovane rapper, ma riusciva comunque a tenere il pubblico teso e attento.

Verso la fine ci fu pure un assolo di scratch da parte di Kilik e subito dopo, mentre la base proseguiva, il pubblico batteva le mani a tempo.

Infine, dopo almeno otto minuti, la traccia terminò e appena calò il silenzio questo fu subito rimpiazzato da un boato di applausi e ovazioni che mai s’era sentito nel locale e mai più si sarebbe sentito.

Soul si rivolse al pubblico, fece un paio di inchini per ringraziare e poi,senza rivolgere una parola, si rivolse ad Hiro con uno sguardo che diceva: “Considerati servito, faccia di merda.”

L’MC con difficoltà riportò il locale alla calma e poi disse:
“Okay, non penso avremo bisogno di chiedere la preferenza del pubblico. Mentre cercavo di riportare il locale alla calma, la giuria ha espresso il verdetto. E ce l’ho qui. Il collettivo vincitore assoluto del Rap Clash è…”

La sala piombò in un silenzio di tomba. Si sarebbe potuto sentire uno spillo cadere da com’era silenziosa la sala.

Il cuore di tutti i ragazzi presenti sul palco batteva come un tamburo.

Non si respirava un’atmosfera così tesa dalla cerimonia degli Oscar 2017 all’assegnazione per il premio “Miglior Film”.

“RDN COMMANDO!”

Nella sala ci fu un tripudio di ovazioni e applausi e i vincitori si scambiavano abbracci di felicità.

“RAGAZZI, SI FA FESTA A CASA MIA!” urlò Black*Star ai suoi amici e questi, gioiosi, lo seguirono a ruota.

Soul rimase indietro perché fu fermato da una persona: Era Hiro.

“Beh, Scythe, complimenti per la vittoria. Mi hai battuto in maniera regolare. Mi piacerà vederti in concerto.” disse lui.

“Grazie...poser.” rispose sgranando il suo classico ghigno, per poi andare a raggiungere gli altri.

 


  

Due mesi dopo…

 

Soul era a casa, tranquillo e rilassato. Ripensava alla sfida con Hiro e a quello che era riuscito a guadagnare con quella vittoria. Ora il suo gruppo era tra i più conosciuti dell'intero stato del Nevada e in un mese sarebbero stati invitati a fare il loro concerto a Las Vegas come previsto. Però c’era un problema di fondo: Il gruppo voleva portare qualche traccia inedita che avrebbe fatto da preludio al loro prossimo album. Ma lui era rilassato perché sapeva che quelle che avevano già registrato sarebbero bastate.

Ad un certo punto il cellulare squillò.

“Pronto?”

“QUI È IL GRANDE BLACK*STAR! SEI AL LAVORO SU QUELLE TRACCE?” rispose una voce assordante dall’altro capo del telefono.

“Ma non avevamo deciso di non farne per la serata?”

“SCRIVILE E NON ACCAMPARE SCUSE!”
“Okay, ma non urlare! Mi stanno fischiando le orecchie!”

Poi chiuse la chiamata.

Conscio che doveva scrivere qualcosa altrimenti sarebbe stato preso a ceffoni dal gruppo, cominciò a fare zapping in TV e per caso trovò un programma storico-scientifico sulla guerra mondiale.

Di questo programma una frase lo colpì particolarmente, la trascrisse per non dimenticarla e ritornò a fare zapping.

Non trovando però più nulla di interessante, spense la TV e cominciò a spremersi le meningi. Rilesse la frase e qualcosa lo colpì: Era una frase perfetta in un contesto distopico.

Memore della sua visione continua di film di quel tipo nei giorni alla ricerca dell’ispirazione, cominciò a buttare giù una bozza per una canzone. Scrisse per tutta la giornata con pause solo per andare al gabinetto e per mangiare.

Quando ebbe finito, aveva scritto un quantitativo di bozze per almeno nove tracce. Ora bisognava solo portarle al gruppo per sgrezzarle e per renderle decenti. Soul prese tutto il malloppo e si diresse verso casa di Kilik: Il prossimo album sarebbe stato qualcosa che avrebbe potuto definire come la sua opera magna.

Chissà se il pubblico di Las Vegas l’avrebbe apprezzato o se l’avrebbe snobbato.

Ma purtroppo questa vicenda non ha luogo in questo racconto.


Salve fan di Soul Eater!
Non mi faccio vedere da un po' e mi scuso per questo, ma tra blocco dello scrittore e università ho trascurato altamente questo account di FanFiction. Ho deciso di tornare in occasione del mio primo ResBang. Cosa è il ResBang? Ecco.
Quindi...come al mio solito farò un piccolo F.A.Q. anticipato.
1. Da dove è saltata fuori la gigantografia di Soul e il suo gruppo?
L'avevano usata nelle serate precedenti. C'era pure una gigantografia della Grim Mound Gang, ma non sapevo dove infilarla e cosa metterci. Immaginatevela e basta. Me ne sono scordato e quando me ne sono accorto era troppo tardi.
2. Se Soul sta a casa tutto il giorno a guardare film, perché non va a lezione?
Fa l'Università, può scegliere se seguire le lezioni o meno.
3. Che canzoni hai messo nella fic?
Ecco una playlist delle canzoni della fic (In ordine di apparizione)
Ecco il testo delle canzoni della fic (Le parole sono state modificate per combaciare con la storia)
Questo, invece, è l'AMA che ho tenuto per la fic. Qui troverete alcuni fatti curiosi sulla fic e qualche retroscena.
Grazie per aver visto la mia fic e non dimenticatevi di recensirla!
Ci si vede!

 
  
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