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Autore: Aaanatema    04/01/2018    5 recensioni
"Io non imploro" aveva affermato Sherlock con sicurezza e pari disprezzo, due anni prima.
Ora John lo guarda, osserva il suo sguardo terrorizzato, privo di controllo come l'ha visto soltanto il giorno della Caduta. Osserva i suoi occhi spalancati, tristi, così maledettamente sinceri. Le labbra rosee, piene, che tremano sotto il suo giudizio.
"Ti prego, John. Ti prego, perdonami."
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Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Catharsis

 

 

"Solo chi ama senza speranza conosce il vero amore."

Pablo Neruda

 

 

 

 

 

Nell'arco della sua vita, John poteva testimoniare di aver affrontato diverse situazioni potenzialmente mortali.

Quando ancora si trovava in Afghanistan gli era capitato di lanciare una granata con un secondo di ritardo di troppo, temendo che quell'errore gli sarebbe costato la mano.

Era stato rapito - ben più di una volta - da dei cittadini afghani che avevano pensato che la sua vita possedesse un prezzo che valesse la pena pagare. (Ed era riuscito a cavarsela solo grazie all'intervento di alcuni commilitoni alleati.)

Un proiettile gli aveva trapassato da parte a parte la spalla sinistra, perforando la vena succlavia in un modo talmente netto e doloroso che aveva temuto che l'ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il proprio sangue scorrergli fra le dita.

Aveva, non meno di quasi quattro anni prima, conosciuto Sherlock Holmes, ed una delle prime cose che aveva fatto per lui era stato uccidere un uomo. Un uomo senza scrupoli, un serial killer, certo.

Ma in cuor suo John sapeva di averlo fatto solo per puro spirito di protezione nei confronti di Sherlock.

E la loro amicizia lo aveva messo in situazioni sempre più intriganti, pericolose, appassionate, rischiose: e ne era sempre uscito vivo, più o meno intatto, con una battuta di scherno da scambiare con l'amico.

Perciò nel momento in cui si trova a sovrastare Sherlock, la stessa persona che ha sempre ritenuto i sentimenti uno svantaggio, un inutile spreco di tempo, che é sempre riuscito a trovare una via d'uscita anche dove non ve ne sono, si sente catapultato in un universo parallelo, troppo contorto per poterlo associare al proprio.

"Non so come spegnerla, John."

Ma lui lo sente a malapena, ricaccia una risata isterica al di sotto di una rabbia scrosciante ed irrazionale.

Che modo idiota di morire, non può fare a meno di pensare.

A causa di una dannata bomba, in un tunnel sottoterra.

Ora forse dovrebbe pensare a Mary, al modo in cui sorride, il suono della sua voce: ma constata di riuscire solo a vedere, sentire, provare Sherlock, il suo respirare affannosamente, il panico nei suoi occhi, l'irrazionale desiderio di coprire il corpo dell'altro con il proprio e salvarlo dall'esplosione.

Spesso si dice che quando si é vicini alla morte si riviva l'intera vita al rallentatore, come uno spettatore nel primo seggio del cinema, lo slow motion che permette di assorbire ogni dettaglio un'ultima volta prima della fine.

Ma John riesce ad afferrare solo un ricordo. Ed é quasi insignificante, sepolto talmente in fondo nella sua memoria che quando si ritrova ad indugiarvi é il primo a stupirsene.

 

"Io non imploro" aveva affermato Sherlock con sicurezza e pari disprezzo, due anni prima. La Donna lo aveva appena stuzzicato, flirtando in un modo talmente lascivo che John non aveva potuto fare a meno di provare un insensato, istintivo, moto di fastidio.

"Due volte" aveva ribadito Irene Adler, inamovibile.

Aveva desiderato sbattere fuori da casa loro quell'essere che cercava di aprirsi un varco nelle grazie di Sherlock, senza sapere nemmeno attribuire a quel pensiero un motivo.

Ora John lo guarda, osserva il suo sguardo terrorizzato, privo di controllo come l'ha visto soltanto il giorno della Caduta. Osserva i suoi occhi spalancati, tristi, così maledettamente sinceri. Le labbra rosee, piene, che tremano sotto il suo giudizio. I capelli gli coprono il viso, ed oggettivamente non riesce a pensare a nulla di più bello.

"Ti prego, John. Ti prego, perdonami."

E John stringe le labbra, "É un maledetto bluff", fa un mezzo giro su sé stesso, in un primo momento esasperato, infine rassegnato.

"Perdonami per tutto il dolore che ti ho causato" continua Sherlock, la voce che si fa più roca, mentre segue minuziosamente ogni suo movimento.

Tre volte.

Questo é il numero che Sherlock lo ha implorato.

Al diavolo.

John lo guarda, si inginocchia. "Tu sei la persona migliore e più saggia che abbia mai conosciuto. E sì, ma certo: io ti perdono."

Il labbro superiore di Sherlock ha uno spasmo, espira di colpo.

Ed eccolo lì, l'attimo che si dilata, si allunga, lento, atroce e piacevole insieme.

John allunga una mano al cappotto di Sherlock, stringe la mano a pugno, e avvicina i loro visi.

L'ultima cosa che vede, prima di serrare le palpebre per non assistere all'esplosione, é lo sguardo atterrito di Sherlock.

Le sue labbra sanno di tè, e sono salate come il caramello. Sherlock gli infila una mano tra i capelli, con una forza quasi violenta e gli morde le labbra, inspirando velocemente. Con l'altra mano gli stringe la base del collo, lo tiene stretto a sé. 

John non sente altro che Sherlock: i suoi sospiri, i respiri affettati, la scivolosità della sua saliva, il modo meticoloso, quasi scientifico in cui saggia ogni parte della sua bocca, la morbidezza della sua pelle, il profumo di tabacco dei suoi capelli.

É il sorriso sulle labbra di Sherlock a risvegliarlo da quella scena congelata, ferma nel tempo.

"Troppo. Abbiamo sprecato così tanto..." sospira John, dando un'ultima stretta alla camicia di Sherlock e separandosene a malincuore.

Il quale sfoggia un'espressione talmente soddisfatta che non può fare a meno di venire ricambiata.

John si concede un minuto per contemplarlo: i neri arabeschi sul suo capo gli sfiorano le lunghe ciglia nere, e gli occhi glaciali appaiono ingiustificatamente divertiti mentre i suoi zigomi si fanno rosati, le labbra arrossate dai baci e leggermente socchiuse. Ha l'aria più rilassata e distesa che gli abbia mai visto, come se non fosse stato disperato fino a poco prima a causa della... bomba.

Risata prima soffocata, poi sempre più rumorosa.

"La tua faccia! Dovresti vederti" rantola Sherlock, senza premurarsi di nascondere le risa che gli scuotono il corpo.

"Ah, lo sapevo. Lo sapevo, lo sapevo."

"Quello che hai detto é stato così dolce. Ma allora mi... ami."

"Io ti uccido se osi pronunciare un'altra parola."

"Parola di scout."

"Tu lo sapevi bene!"

"C'era un interruttore. C'è sempre un interruttore. I terroristi annegherebbero in un mare di problemi senza un interruttore." Sherlock sorride, una luce nuova, splendida gli illumina gli occhi.

"Allora perché mi hai fatto credere di star per morire?"

"Non ti ho mentito affatto. Sul serio: non avevo la minima idea di come spegnere quelle dannate lucine."

E John lo bacia ancora, beandosi del lieve sbuffo che Sherlock emette a quel gesto.

Sono felici, ridono, sospirano, aloni di fiato che si confondono rendendo roventi i loro volti.

Gli passa le dita sul retro della schiena, al di sotto della camicia, pelle rovente contro i calli delle dita dell'altro.

Ed é proprio nel momento in cui John si accinge a sbottonare del tutto la camicia a Sherlock che la polizia fa irruzione nel vagone.

"Oh Dio!" é l'esclamazione sommessa che li costringe a separarsi.

"Spero che Anderson rimanga lontano dalle mie scene del crimine a causa del trauma, d'ora in poi." C'è un sorriso nel tono con cui Sherlock pronuncia quelle parole, John riesce a percepirlo anche senza vederlo.

"E hai chiamato la polizia."

"Certo che ho chiamato la polizia."

"Ora sono sicuro che ti ucciderò."

"Ma per favore, ci hanno già provato. Più o meno due anni fa."

Ed entrambi ridono, scomposti, arrossati, pregni di un riscoperto sentimento a lungo sopito che ormai avevano dimenticato di possedere e rispolverato come una vecchia fotografia, che verrà esposta fino alla fine della loro vita.

 

 

NdA: Ho scritto questa one-shot un po' di tempo fa, e ho finalmente deciso che era arrivato il momento di fare un po' di pulizia e di imperdirle di fare la muffa per l'eternità. Spero che vi sia piaciuta *^*

Personalmente, nel vedere per la prima volta la terza stagione ho provato subito un irrazionale odio nei confronti di Mary (senza contare i risvolti della quarta stagione) e DOVEVO trovare un modo per toglierla dai piedi, anche se solo in una fanfiction.

See ya ;)

   
 
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