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Autore: VampERY    10/01/2018    2 recensioni
-Due sconosciuti in una biblioteca di notte…-
Lo interruppi subito volendo precisare che in realtà notte non era al che ricevetti un pizzicotto sul fianco e lui ne approfittò oltre che per zittirmi per avvicinarmi ancora di più al bordo del tavolo.
-Dicevo, due estranei che complice una notte in un santuario come questo si incontrano e…-
-Oh mi piace come l’hai chiamata!- nemmeno in un frangente simile il mio entusiasmo di fronte a chi tanto ama i libri mi poteva fermare e infatti forse rovinai l’atmosfera che il mio misterioso compagno stava creando, ma fu più forte di me.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Lavoravo in biblioteca da ormai un paio di mesi, ma era una vita che la frequentavo. Fin da piccola infatti mia mamma mi portava con sé quando ci andava per rifornirsi di libri che le hanno letteralmente salvato la vita, distraendola da situazioni pesanti o poco piacevoli a casa.

La mia passione per i libri, però, era nata solo molti anni dopo, e adesso che di mestiere faccio la bibliotecaria ancora non mi rendo pienamente conto della fortuna che mi è toccata. Ogni giorno vedo centinaia di libri passarmi sotto mano, conosco decine di persone nuove che aiuto volentieri ogni volta che posso, e comincio a considerare come amici i volti di quelli che invece riconosco.
Ogni tanto capita di lì anche qualche bel ragazzo che però guardo solamente da dietro il banco dei prestiti e immagino che suono debba avere la sua voce o se sia tanto simpatico quanto è carino. Niente di più. Dopotutto sono lì per lavorare e non per farmi una tresca, no?
 
Quel giorno avevo quasi terminato il mio turno, mancava circa un’oretta alla chiusura quando saltò la luce. Non era la prima volta che succedeva ma di solito bastava attendere qualche secondo e tornava; non questa volta. Io e le mie colleghe ci guardammo in faccia, per quanto ci potevamo vedere perché sì erano scattate le luci di emergenza ma rischiaravano giusto a un metro di distanza, non di più. Eravamo solo in 4, io, l’altra ragazza mia coetanea e le due bibliotecarie di lungo corso, che partirono immediatamente per i locali dove c’era il contatore della luce.
-É meglio se facciamo un giro per le sale e tranquillizziamo gli utenti- proposi io a Miriam che mi stava di fianco al banco. Ricevuto il suo assenso prendemmo due strade opposte: lei sul lato est e io su quello ovest, in modo da coprire tutta la biblioteca dividendoci i settori a metà.
 
Non ero mai stata in biblioteca al buio. È un luogo che associo sempre ai libri e alla bella sensazione che ti dà una buona lettura, capace di trasportati in un mondo diverso, più o meno magico a seconda del romanzo che hai in mano. In quel momento ricordo che mi sentì in pace, come se avessi raggiunto uno stato di rilassatezza tutto nuovo e vedevo per la prima volta un luogo così familiare cambiare sotto i miei occhi. L’illuminazione, come detto, era scarsa ma bastava a creare un’atmosfera da film favolosa. Che genere di film fosse, poi, non l’avevo ancora scoperto.
Sentì solo il lieve mormorio delle altre persone sedute ai tavoli o sulle poltrone che a ragione non avevano voluto lasciare il loro posto per addentrarsi nel buio dei corridoi con il rischio di inciampare da qualche parte e farsi male. In più il rumore che i miei passi facevano sul pavimento di cotto risuonò nitido in quegli stanzoni dal soffitto alto ed affrescato.
 
Seppur la conoscessi a memoria mi portai dietro il cellulare nel caso avessi avuto bisogno della torcia, ma non l’avevo ancora usata perché il mio corpo istintivamente sapeva dove andare, quale traiettoria seguire senza scontrarmi con qualche scaffale; così come naturalmente avvertì che qualcuno stava arrivando dalla direzione opposta. Mi fermai all’improvviso approfittandone per tranquillizzare una ragazza alla mia destra che si agitava sulla sedia di legno e poi proseguì perché quel rumore di passi ora era sparito.

Procedetti ancora girando il volto in ogni reparto dove sapevo ci sarebbe potuta essere una persona così come rivolgevo un sorriso di conforto per quelli che me lo chiedevano senza parlare volendomi assicurare che tutti i presenti fossero a loro agio.
 
Ancora quel suono. Ancora una presenza questa volta dietro di me che mi costrinse a voltarmi di 180 gradi e verificare che non fossi seguita. Magari un povero vecchietto che non tollerava il buio, o un ragazzino che invece di recarsi alla biblioteca ragazzi preferiva gli spazi solitamente più luminosi e caldi della sezione adulti. Ma quando mi girai non vidi nulla nell’oscurità appena rischiarata.

Proseguì e arrivai nell’ultima stanza, dove sono conservati i libri di storia ed economia. Era un locale strano, strano come la disposizione degli scaffali a mo’ di labirinto e strana come la sensazione che mi colpì quando una breve risata colpì il mio orecchio destro prima di sentirmi afferrare per un braccio e trascinare dietro il mobile.

-Finalmente- una voce, così calda e profonda parlava direttamente al mio corpo, scuotendolo –ti ho cercato in tutta la biblioteca ed ora eccoti qui-.

Non so se furono quelle parole cariche di promesse o il fatto che dentro lì la luce non faceva minimamente capolino, esclusa quella naturale dalle due finestre che davano sul parco, ma invece che spaventarmi e urlare di paura stetti al gioco.

-Mi aspettavi, forse?- dissi al buio adottando un tono melodico, appositamente lento sperando di risultare sensuale tanto quanto aveva fatto la voce maschile che mi aveva appena chiamato.
Ero con le spalle al muro e la mano che mi aveva tirato da quel lato nascosto ancora addosso sul braccio, che lentamente dal tessuto della camicia di flanella si spostò più in basso a contatto con la mia pelle ora sensibile.

Per quello che i miei occhi potevano vedere dietro le grandi lenti degli occhiali percepì che la figura che sostava di fronte a me apparteneva ad un ragazzo, forse un uomo, più alto di me di almeno una ventina di centimetri. L’aria attorno si era riempita del suo profumo, buonissimo al mio naso tanto che presi ad inspirare ad intervalli sempre più ravvicinati come a volermelo imprimere nella mente. Lui se ne accorse.

-Mmmh, ti piace quello che senti?- mi chiese divertito e riducendo la distanza che ci separava abbandonando per un attimo il contatto con la mia mano per posarla sul fianco sotto la camicia ma trovando il tessuto leggero della canotta che portavo sotto di essa.

Non avevo ancora risposto quando sentì la punta del suo naso sfiorare la mia gola e ripetere lo stesso gesto che io avevo fatto convulsamente, ma farlo con calma e dopo essersi gonfiato il petto del mio odore lasciare un leggerissimo bacio sotto la mandibola. Non tremai di piacere solo perché ero impegnata a non far cadere i libri che avevo lì a fianco sulle grate in esposizione.

-E io?- riuscì a dire controllando la voce anche se dentro stavo prendendo fuoco per quel giochino inaspettato.

-Io cosa, dolcezza?- mi apostrofò lui lasciandomi intuire avesse i capelli lunghi, più lunghi dei miei che al momento arrivavano sotto le orecchie, mentre i suoi erano sotto il livello delle spalle.

-Ho un buon profumo?- sussurrai facendomi coraggio e muovendomi appena in modo da farlo indietreggiare di un passo finchè non fu lui ad incontrare con le gambe un tavolo di legno su cui gli studenti non avevano ancora mai osato scrivere frasi oscene, come in altri luoghi della biblioteca.

Non mi rispose a parole ma preferì comunicarmi il suo assenso prendendo posto a gambe larghe e trascinandomi con sé agguatando i miei fianchi e strizzando un po’ la carne tanto che i suoi pollici si posarono giusto sulle ossa iliache premendo ora sì con forza. La sorpresa del gesto mi fece istintivamente cercare un appiglio saldo che trovai nelle sue spalle larghe dove constatai che davvero aveva dei capelli lunghi e setosi. Ci giocai un attimo, quasi per sbaglio ma una volta iniziato non riuscì a fermarmi e la cosa non doveva dispiacergli se gli uscì dalla gola un gemito di soddisfazione.

Rimanemmo qualche minuto così a studiarci nel silenzio, quando con un tono di voce rauco mi rivolse queste parole:

-Due sconosciuti in una biblioteca di notte…-

Lo interruppi subito volendo precisare che in realtà notte non era al che ricevetti un pizzicotto sul fianco e lui ne approfittò oltre che per zittirmi per avvicinarmi ancora di più al bordo del tavolo.

-Dicevo, due estranei che complice una notte in un santuario come questo si incontrano e…-

-Oh mi piace come l’hai chiamata!- nemmeno in un frangente simile il mio entusiasmo di fronte a chi tanto ama i libri mi poteva fermare e infatti forse rovinai l’atmosfera che il mio misterioso compagno stava creando, ma fu più forte di me.

-Sei capace di stare zitta o ti devo imbavagliare?- propose con un velato divertimento condito da un leggero schiaffo sul culo, cosa che in tutta onestà apprezzai perché fatto da lui. Fosse stato un altro probabilmente lo avrei guardato storto e detto di andare a farsi fottere, ma lui, lui che potevo vedere nella luce tenue di una giornata d’inverno e che aveva ormai capito come toccarmi per farmi ardere, beh da lui mi sarei fatta fare ben altro. A questo proposito…

-Ci sono altri metodi per farmi tacere…- buttai lì senza nemmeno bisogno di abbassarmi visto che anche se seduto continuava ad essere più alto di me. Per rendere più efficaci le mie parole però spostai entrambe le mani sulle sue gambe, le poggiai sulle ginocchia e risalì poi fino alle cosce che apprezzai per la durezza dei muscoli e la compattezza trattenuta in un paio di jeans stretti.
Chissà se lì in mezzo sentiva anche lui quello che da qualche minuto stava imperversando dentro il mio corpo, eccitato per l’intera situazione e continuamente alimentato dall’impossibilità di vedere e dalla costante presenza delle sue mani su di me.

Non ero ancora tornata con i piedi stabili per terra che mi prese il viso tra le mani e mi trattenne così per darmi un lungo e profondo bacio. Sentì quasi lo schianto dei denti che cozzavano tra loro e la montatura dei miei occhiali sbattere contro la sua fronte ma non per questo si fermò. Era avido, come se ogni secondo che passava invece di calmarlo lo accendeva sempre più con la conseguenza che anche io pativo quella deliziosa tortura volendo approfondire la conoscenza reciproca.
Prendemmo ad assaggiarci reciprocamente martoriando le labbra con piccoli morsi e poi lenendo le possibili ferite con la lingua e riempiendo la stanza di gemiti. Almeno all’inizio quella a gemere fui io ma non si risparmiò dopo che preso fiato per sorridermi si lasciò andare ad una confessione:

-Sei una loquace eh? Mi fa impazzire sentirti-

Prendendola come sfida aumentai di poco il tono anche perché usava la lingua in maniera divina, non lasciando quasi che la toccassi, ma giocando con la mia ad inseguirla nelle nostre bocche. Continuava a tenermi imprigionato il viso tra le sue lunghe dita che con il briciolo di lucidità che mi rimaneva potevo sentire erano abbellite da diversi anelli, almeno quattro. Io, invece, preferivo ispezionarlo e non riuscivo a scegliere tra il collo lungo e con il pomo d’Adamo prominente (che alla prima occasione avrei voluto baciare) o il torace ampio sotto il maglione aperto e la maglietta di cotone che mi permetteva di seguirne agevolmente i contorni.

Forse era carente di attenzioni come lo ero in quel momento; forse era solo un ragazzo che cercava sfogo nelle bocca di una sconosciuta che aveva giudicato adatta al tipo di divertimento che aveva in mente; o forse ero semplicemente io che gli andavo a genio perché staccandosi per la seconda volta dalle mie labbra ormai gonfie dei suoi baci si alzò con un colpo di reni dal mobile e prima di spingermi contro lo scaffale e farlo traballare un po’ per la forza che ci mise rispose al mio dubbio così:

-Cazzo, non resisto più, mi stuzzichi troppo- e mi ritrovai ancora le sue labbra sulle mie, fameliche come se i baci che ci eravamo scambiati fino ad allora non ci fossero stati.

Per mia fortuna né la luce era ancora tornata, né nessuno degli altri bibliotecari o utenti si erano avvicinati a quella stanza che stava diventando sempre di più un luogo di perdizione.

-Oddio…- mi scappò quando mi concesse una breve tregua avendo trovato un mio punto debole ovvero la linea che dal collo si congiunge alla clavicola e succhiando sopra l’osso che onorava come se stesse omaggiando un santo a suon di baci e sfiorandolo con la punta della lingua prima di suggere la pelle e lasciare lividi che domani sarebbero stati ancora lì.
Adoravo il fatto che di fronte a lui fossi così piccola. Mi faceva impazzire che per raggiungere quel punto dovesse piegarsi e incurvare la schiena così che io potessi aggrapparmici infilando le mani sotto maglietta e toccarlo sulla pelle.

-Sei insaziabile- gli dissi confermando così quanto anche a lui piacesse toccarmi e abbandonando la testa all’indietro una volta riuscita io stessa a superare il tessuto della sua maglia. Dopo poco, quasi non gli sembrasse corretto, aggiunse:

-Beh pretendo la stessa cosa. Mi piacerebbe molto toglierti i vestiti e lasciarti senza niente addosso, ma credo che non me lo lasceresti fare visto dove ci troviamo…-. Mai una volta che concludeva una frase senza lasciarla in sospeso con promesse condite da erotismo. Le parole che usava erano sempre provocanti e mi scatenavano una voglia incredibile di lui. E il bastardo lo sapeva fin troppo bene.

-L’ho capito, sai? Ci sai fare, te ne do atto, ma non sono così disperata come pensi- gli risposi un po’ stizzita, non volendo che mi prendesse per una facile o peggio una ragazza repressa e pronta a concedersi al primo che mostrava un certo interesse per lei. Mentirei se dicessi che ormai non mi aveva conquistato per il suo modo di fare e di chiedere, ma lui questo non doveva necessariamente saperlo, giusto? Preferivo di gran lunga stuzzicarlo a parole mentre il mio corpo gli si concedeva senza opporre resistenza. E poi mi trovavo al lavoro, cavolo! Per quanto morissi dalla voglia di conoscerci più intimamente che figura avrei fatto se fosse tornata la corrente e qualcuna delle mie colleghe mi avesse trovato…

-Ah!- mi scappò un urlo che lui soffocò subito coprendomi la bocca con la sua quando scostata la camicia dalla spalla e abbassatami la bretellina della canotta mi morse la pelle mentre massaggiava con la mano il seno.

-Sshh, non così forte- mi tranquillizzò non interrompendo però il massaggio così piacevole sul seno sensibile che stava facilmente nella sua mano, vezzeggiato ed eccitato continuamente dal pollice che girava in circolo sul capezzolo esposto.

-Sei un bastardo. Potevi avvisarmi!- lo rimproverai pretendendo però che non smettesse, anzi sollecitandolo a proseguire e usare anche la bocca quando gli misi una mano sulla testa e toccandogli i capelli gliela abbassai sul mio petto.
Il termine con cui l’avevo appena chiamato era stato usato correttamente visto che prima di accontentarmi si prese tutto il tempo di ghignare e soffiare sulla mia pelle in fiamme che chiedeva solo di essere alleviata dal tocco della sua lingua.

-D’accordo allora, se è quello che vuoi…-

Ancora non sapevo cosa intendesse dire che una nuova scarica di adrenalina percorse tutto il mio intero essere non appena prese quella parte sensibile tra i denti e strinse piano. Per non farmi scappare mi prese sotto le costole dietro la schiena e mi tirò a sé che si piegò come un vampiro sulla sua povera vittima. Solo che io non ero un’innocente donzella priva di difese. L’avevo voluto dal primo momento, volevo fortemente che quel ragazzo dalla voce roca e bellissima entrasse in confidenza con il mio corpo desideroso di sentirselo addosso, di confondere i reciproci profumi. Forse era stato l’inseguimento che ora sì legavo a lui e a nessun altro; o il provvidenziale incidente con la luce che rendeva quel posto adatto ad incontri simili. Fatto sta che non ero ancora sazia di lui e di quello che mi stava facendo. C’era solo una cosa che al momento mi turbava:

-Anch’io. Ti prego, lascia che anch’io ti tocchi- gli ripetei una seconda volta catturando subito la sua attenzione perché si fermò abbandonando a malincuore il mio seno per tornare dritto di fronte a me, sistemarmi i vestiti ma pronto a darmi sollievo accarezzandomi la guancia sinistra.

-Se te lo lasciassi fare poi non riusciremmo a fermarci. E sia io che tu immagino non vogliamo finire dentro per atti molesti in luogo pubblico, no?-
Ero pronta a farmi pescare letteralmente con le mani nei suoi pantaloni tanto lo volevo quando se ne uscì con una proposta niente male:

-Se quando torna la luce vedendomi mi vorrai ancora, ti prometto che usciremo di qui e la prima destinazione sarà un luogo sicuro in cui farlo-
Stava per propormi l’alternativa che io pensavo riguardasse l’altro caso, quello in cui non sarebbe scattata quella chimica che per ora sembrava non mancare, che lo fermai obbligandolo a capire che anche io volevo la mia parte:

-Oltre che bastardo sei anche un egoista- gli dissi allontanandomi da lui di due passi certa però che quel gesto l’avrebbe solo portato di nuovo da me. E infatti così successe: mi circondò il corpo con le braccia che solo ora vedevo erano coperte da diversi tatuaggi, cosa che me lo fece apparire ancora più trasgressivo e sexy.

Ci muovevamo insieme, se io accennavo a spostarmi verso la finestra da cui filtrava la poca luce di un giovedì sera, lui faceva lo stesso. Non volevo barare, non era mia intenzione portarlo dove avrei potuto avere uno scorcio più nitido del suo viso, e poi la cosa avrebbe potuto ritorcermisi contro: magari vedendo il mio di viso lui sarebbe rimasto deluso.

-So cosa stai facendo…- interruppe i miei pensieri sussurrando direttamente al mio orecchio –piegati e appoggia i palmi sul bordo della finestra. Così, brava…- comandò con un tono così autoritario e sicuro che dovetti per forza obbedirgli. Non capì quali furono le sue intenzioni all’inizio, anche perché ora che eravamo rivolti su questo lato della stanza la porta che dava sul corridoio e quindi sul resto della biblioteca era alla nostra destra e sarebbe stato facile per qualcuno che passava vedere due figure in quelle posizioni così poco consone ad un luogo di studio.
Ma non mi importava. Certo un minimo di paura che ci scoprissero c’era ma mi rendeva ancora più famelica di sentire le sue mani addosso. E infatti esaudì il mio desiderio inespresso scostando la camicia in modo che solo i jeans ora coprivano il mio fondoschiena che prese a misurare con le mani e palpare senza tanti complimenti. Mi girai appena per cercare di vedere come gli dovevo apparire messa così ma incontrai solo il suo sguardo concentrato su quella parte di me che tante volte avevo odiato perché non mi piaceva. Riportai subito il viso di fronte al vetro non appena notai che mi aveva visto, troppo imbarazzata notando lo sguardo di apprezzamento che aveva dipinto in faccia. Quando tentai di sollevare gli occhi sul vetro per usarlo come specchio incontrai i suoi che mi sorridevano beffardi e mi sfidavano a non abbassarli. Nemmeno mi accorsi che iniziai a roteare il bacino in corrispondenza del suo inguine per sollecitarlo perché ad un tratto sentì il rumore dei suoi stivali sul pavimento che mi avvertivano si era fatto più vicino intrappolandomi contro di lui che chiedeva di aprire le gambe in modo da entrare ancora più in contatto.

-Ci vedranno- gli dissi con un tono appena udibile visto che avevo il suo viso premuto contro la mia spalla e riuscì perfino a baciarlo volgendo ancora una volta a sinistra la faccia. Non so se lo dissi per ricordare ad entrambi il pericolo che correvamo o per aggiungere propellente al nostro incontro già bollente di suo.

-Oh non permetterò che nessun altro ti veda così- rivendicò con un certo possesso e un pizzico di gelosia, un ruolo che pensavo nessuno avrebbe mai voluto occupare con me.

Non ne potevo più, anche se era eccitante da morire averlo alle spalle avevo bisogno di averlo di fronte, di baciarlo come volevo e di potermici buttare contro, cosa che al momento mi era impossibile visto che mi manovrava come più gli piaceva facendo cozzare i nostri corpi, ancora vestiti purtroppo, in quella regione che si limitava al suo bacino e al mio sedere.
Gli tirai i capelli giusto per fermarlo dall’assalto che aveva come obiettivo la mia gola e ribaltai le posizioni aggrappandomi con entrambe le mani alla sua maglia e facendolo camminare all’indietro finchè non finì con le spalle al muro.

-Ahi- si lasciò sfuggire divertito perché una cosina piccola come me era stata in grado di sbatterlo contro una superficie.

-Scusa- gli dissi avvicinando il mio bacino al suo come ulteriore prova del mio pentimento, ma doveva essere stata un esclamazione di sorpresa più che di dolore vero e proprio perché prese a ridere volendomi far capire che non si aspettava tanto impeto da me.

-Ti prego non avere riguardi per me…- mi stuzzicò abbassandosi al mio livello per guardarmi negli occhi e aggiungendo poi –perché io non ne avrò di certo con te- e sogghignando come un demone, un bellissimo demone dal volto angelico con quella chioma che gli incorniciava il viso quasi quanto le sue mani circondavano il mio.
Ripresi così il mio attacco anche perché mi era parso di sentire rumori di persone che si avvicinavano e volevo sfruttare fino all’ultimo la possibilità di baciarlo e stargli vicina a quel modo. Ma non arrivò nessuno.
Fu un'ulteriore spinta per fargli capire quanto non fossi mai sazia delle sue labbra che credo anche di aver morso con più furore di quanto pensavo, ma di nuovo, nessuna lamentela da parte sua. L’unico effetto che ottenni fu il suo primitivo desiderio di prevalere su di me, tanto che ora fu lui a condurmi all’indietro contro lo stesso tavolo che avevamo usato prima e prendendomi per le cosce sollevarmi sopra. Mi lasciai fare tutto questo con molto molto piacere. Se lo sfidavo, prima rideva di tanto ardore e poi si vendicava dimostrandomi che era lui a comandare. Probabilmente il mio aspetto così tranquillo nascondeva questo lato di me che nemmeno io sapevo di avere, ma non pensavo minimamente di mettermi lì buona e zitta e non partecipare. Oddio, forse in certi casi sì…

-A cosa pensi?- mi risvegliò lui quando non rispondevo più ai suoi baci. Non c’era modo di nascondergli niente, per la miseria.

-A te che vai in perlustrazione sotto mentre siamo stesi su di un enorme letto dalle lenzuola bianche-. L’avevo detto sul serio? Avevo confessato così liberamente quella fantasia che aveva illuminato la mia mente senza porvi alcun filtro? Sì e adesso che lui si era fermato temevo potesse averne abbastanza di una pazza come la sottoscritta. Dentro di me ero già pronta a dire addio a quell’adone che mi aveva regalato attimi di puro piacere quando lo sentì sghignazzare e con fare malizioso spostarmi i capelli dietro l’orecchio e dirmi:

-Allora andremo molto d’accordo io e te. È tutta la sera che sogno di farlo- concluse quell’immagine che ora era marchiata a fuoco nella mia mente poggiando un lieve e casto bacio all’angolo della mia bocca in attesa che metabolizzassi la cosa. Credo. Oppure godeva nel sorprendermi con queste sue uscite. Non tanto quanto amava cogliermi di sorpresa portando la mia mano sull’erezione contenuta a stento dai jeans e soffocando un mio gemito facendo sua la mia bocca e, non contento, spostando il mio corpo sul bordo del tavolo.
I tre gesti separati sarebbero stati pericolosi, insieme furono letali perché l’obiettivo fu sostanzialmente farmi sentire quanto mi voleva e nel frattempo stimolarmi ancora di più.

-Muoviti sulla mia gamba-

Non afferrai immediatamente la cosa perché ero concentrata e piacevolmente distratta da quello che sentivo sotto la mano guidata dalla sua che non osava staccarsi dalle mie dita intrecciate alle sue, così che quello che i miei occhi vedevano erano uno spettacolo ad alto tasso erotico: le nostre mani che lo eccitavano andando su e giù. Potevo benissimo immaginare come dovesse essere vederlo darsi piacere da solo ed era un piatto troppo ghiotto per non richiederlo una prossima volta.
Quando sollevai la testa per guardarlo in faccia poi per miracolo non lasciai uscire un’imprecazione perché stava trattenendo il labbro con i denti e aveva il viso corrucciato nello sforzo di non dare voce al bisogno che sentiva nascere. Temendo che potesse esagerare con la mano libera lo accarezzai sul mento in modo che liberasse quella parte tanto cara per me e ottenni così tutta la sua attenzione.
Imitandone il gesto risucchiai il labbro inferiore e feci come mi aveva detto lasciando che la forza di gravità facesse il suo miracolo quando muovendo i fianchi stimolai il clitoride sulla cucitura dei jeans a vita alta che portavo che quindi bene si disponevano a quell’attività che al momento mi parve più selvaggia di quanto avevamo fatto in precedenza.

Capì che avrei avuto difficoltà anche io perché subito portò una mano sulla mia bocca e usò l’altra per indirizzare i miei movimenti contro di lui guidando il fianco sinistro. Dire che raggiunsi un livello ulteriore di eccitazione è dir poco, se poi consideriamo che percepivo perfettamente i suoi occhi farsi più attenti di fronte alle punte dei seni che si intravedevano sotto la canotta e la mia mano che lo stringeva con più forza in mezzo alle gambe, beh credo che non venimmo entrambi per miracolo!

Continuava ad incoraggiarmi con frasi tipo “brava, così” oppure “immagina di fare lo stesso senza vestiti” e il fatto che lui riuscisse a parlare e io no doveva dire molto su quanto fossi vicina al limite, così vicina che nel momento in cui l’orgasmo mi prese non solo fu veloce e fulmineo ma mi costrinse a chiudere gli occhi e una specie di flash mi passò davanti alle palpebre. Ma non era un effetto del piacere provato quello.

Quando riaprì gli occhi scoprì che la luce era tornata e che di fronte a me avevo il più bel ragazzo che avessi mai visto, selvaggio come un lupo e con uno sguardo che avrebbe creato non poche difficoltà anche alla suora più devota. Mentre attorno a noi il trambusto della gente che raccoglieva le sue cose per uscire dalla biblioteca imperversava, lui se ne stava lì con un mezzo sorriso sulle labbra e l’espressione di uno che ti ha visto mentre godi e tu no.

Ero così affascinata da lui che dovette rimettermi a posto abiti e mi fece sedere meglio sul mobile per paura che potessi cadere per lo shock di quanto appena sperimentato e una volta riassettatami come una bambina piccola mi diede un innocentissimo bacio sulla guancia ancora accaldata e mi disse semplicemente questo:

-Quando hai fatto ti aspetto al banco per un prestito- raccolse uno zaino abbandonato lì vicino, un paio di libri dietro di me e facendomi l’occhiolino, gesto che lo rese ancora più bello, si allontanò da me tutto allegro dandomi una visione di quanto fosse ancora su di giri semplicemente indicandosi i jeans e poi indirizzando quel maledetto dito verso di me.

Ma non poteva averla vinta lui, anche se quella che era stata appena soddisfatta ero io, non volevo fare la figura di quella che la mattina trova il letto vuoto. Allora con un balzo scesi dal tavolo e controllando (per quanto potevo) di non avere segni rivelatori di quanto appena successo lo raggiunsi proprio nel momento in cui una mia collega mi chiedeva dove fossi finita. Ma non feci in tempo a risponderle perché mi anticipò lui dicendo:

-Era con me. Non conosco tanto bene i locali e così quando è andata via la luce l’ho supplicata di starmi vicino-. A quella frase avevano assistito anche le altre bibliotecarie e nemmeno una aveva messo in dubbio la cosa o pensato che un ragazzo così potesse aver bisogno di una come me perché spaventato. Ma oltre che bello sto ragazzo doveva essere anche molto persuasivo perché se la cavò senza problemi e anzi ricevette in cambio sguardi adoranti da parte delle altre.

L’intera faccenda mi avrebbe indispettito se lui, sfruttando un attimo in cui nessuno ci osservava, non si fosse chinato e non mi avesse sussurrato 4 semplici parole che mi tranquillizzarono immediatamente. Furono infatti quelle “round 2, domani sera” che preannunciavano chissà quali divertimenti se riuscì a svolgere il mio lavoro di bibliotecaria senza tradirmi e con assoluta professionalità salutarlo con cordiale gentilezza scoprendo così che il proprietario di quel bellissimo volto che mi aveva preso fin dal primo rumore in corridoio aveva un nome.
 
Harry.
 
 
 

 
n.d.A:
Cosa c’è di più bello che una biblioteca, al buio per di più, e di Harry che si avventa su di te? Niente! Ecco perché ho voluto sfruttare una fatto realmente accaduto (no, non ho incontrato Harry, purtroppo) come quello del black out e dargli un po’ più di pepe immaginando l’incontro focoso con Mr. Styles.
  
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