Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Merwen Uchiha    11/01/2018    9 recensioni
Una corona forgiata nella notte dei tempi.
Un impero millenario sull'orlo del baratro.
Una regina i cui poteri vanno oltre ogni immaginazione.
Un ragazzo dagli occhi color dell'oro, sul cui passato incombe la scure del destino.
Un uomo plasmato dalla guerra, consumato dalla fiamma di un odio inestinguibile.
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"Tu sei Lady Higurashi? La regina delle ombre? Naaaah, non può essere. Lei sarà una... una con la risata gracchiante."
"Con la risata gracchiante?" Kagome inarcò un sopracciglio.
"Tipo una vecchia pazza. Hai presente? Una che ridacchia mentre prepara le pozioni, con un solo dente in bocca" rispose Inuyasha, convinto.
"Come ti chiami?" chiese lei, guardandolo come se fosse una strana creaturina strisciante.
"Inuyasha, Vostra principessaggine" disse, esibendosi in uno svolazzante inchino, come quelli che aveva visto fare a Myoga.
"Stai male?" domandò la ragazza.
"Non è così che si fa? A inchinarsi, intendo?"
"Certo, se fossi una piovra però" rispose Kagome soffocando una risata.
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"Hai ucciso qualche drago di recente?" chiese Kagome sorpresa.
"Tsk, certo che no, stupida!" replicò Inuyasha.
"Un demone? Un orco? Un esercito di giganti? Cosa hai fatto di così eroico?" tentò nuovamente la ragazza.
"Ho catturato un paio di conigli. Vale?" rispose lui.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Datemi il mantello,
mettetemi la corona:
ho desideri immortali in me."
-William Shakespeare, Antonio e Cleopatra


 
Porto Sciabola, mercato degli schiavi

“Quanto costa questo ragazzo?” chiese l'uomo, conficcando un dito nel petto di Inuyasha.
Il ragazzo fece una smorfia e si impose di non reagire. Dannato!, sibilò tra i denti, attento a non farsi sentire.
Il mercante di schiavi, Kageromaru, sollevò le mani aperte.
L'uomo aggrottò la fronte. "Dieci? Il capitano Kisaki i suoi ragazzi li vende a cinque."
Kageromaru ghignò sprezzante e ribatté: "Kisaki li vende mezzo morti di fame e pieni di malattie".
Afferrò le manette di Inuyasha e lo strattonò bruscamente in avanti. “Lo guardi bene, Juromaru-sama” disse con tono mellifuo. “A dodici anni è già più alto di un adulto. Corporatura robusta, buone mani da contadino. Dia retta a me, Juromaru-sama, un affare così capita una volta ogni dieci anni!” continuò, sfoderando il suo miglior sorriso da troll scemo.

Inuyasha liberò le mani con uno strattone. Parlavano di lui come se fosse un animale, pensò irato.
Juromaru lo squadrò con aria critica e gli disse: “Ehi, ragazzetto, apri la bocca!”
Inuyasha serrò la mascella e lo fissò con aria  di sfida.
“È ritardato?” chiese Juromaru spazientito. “Non me ne faccio nulla di un ragazzino ritardato!”
Inuyasha avrebbe voluto dargli un pugno, per quello che aveva detto. Juromaru se lo meritava. Ma se avesse aggredito un cliente, si sarebbe guadagnato altre frustate. Ed essere percosso a morte non era esattamente al primo posto nella sua personalissima lista: "Dieci cosette più  o meno piacevoli e divertenti da fare quando si è rinchiusi in una stiva buia e umida non esattamente confortevole". Al primo posto c'era "crogiolarsi nelle proprie fantasie omicide/ inventare piani assolutamente geniali per scappare che, naturalmente non funzioneranno mai"; al secondo "contare le crepe sul soffitto"; al terzo... (lista incompleta causa autrice troppo depressa per continuarla).
“O forse è muto? Non me ne faccio nulla neanche di un ragazzino muto!” continuò a sbraitare Juromaru, incurante degli sguardi infuocati che l'oggetto delle sue lamentele continuava a lanciargli. “Su, parla! Avanti, feccia, di’ qualcosa!”
Parlare? D'accordo.
“Dannato. Bastardo. Stupido.” ringhiò il ragazzo.
Juromaru batté le palpebre, troppo sorpreso per replicare.
“Dannato. Bastardo. Stupido” ripeté Inuyasha con tono di sfida.
L'uomo lo fissò con odio e ribrezzo, poi gli voltò le spalle e se ne andò, sbottando adirato: “Me ne faccio ancora meno di un ragazzetto astioso!”.
Il mercante di schiavi afferrò Inuyasha per i capelli e sibilò, a pochi centimetri dal suo viso: "Con te farò i conti più tardi". Si lanciò poi all’inseguimento del potenziale cliente, strillando: “Aspetti Juromaru-sama, aspetti!”.
Inuyasha ringhiò contrariato: quella sera lo attendeva una bella dose di percosse. Forse non sarebbe stata troppo dura. Perfino Juromaru sapeva che gli schiavi malconci non procuravano grandi guadagni.

“Non è stata una mossa saggia, mio giovane amico.” La vocetta penetrante di Myoga gli trapanò i timpani. L’anziano menestrello che i tirapiedi di Kageromaru avevano catturato un paio di settimane prima di lui gli si sedette accanto, poggiandogli una mano sulla spalla con fare paterno.
Inuyasha sbuffò infastidito e ribatté con fierezza: “Non m’importa. Non sono uno schiavo.”
Myoga sospirò rassegnato e, scrollando le manette che aveva ai polsi, disse: “Non sono braccialetti quelli che indossiamo, ragazzo”.
Il “ragazzo” in questione gli scoccò un’occhiataccia e alzò gli occhi al cielo.
Sopra di lui i gabbiani garrivano e dai pennoni delle navi pendevano flosce bandiere colorate: verde opaco per i vascelli mercantili, nere per le chiatte che trasportavano gli schiavi.
I pescatori avevano allestito rozze bancarelle per vendere il pescato del giorno, i pastori spingevano pecore e capre dentro gli stretti corridoi che portavano ai recinti, mentre cani macilenti frugavano tra la spazzatura.
E poi… poi c’erano gli schiavi. Decine. Centinaia. Migliaia.
Vomitati dagli scafi gremiti delle navi dopo settimane, a volte mesi, di viaggio, adesso erano allineati sulle banchine. Uomini, donne e bambini.
Moltissimi bambini piccoli. Non correvano abbastanza veloce, per cui erano i primi a essere catturati.
“Non dovrebbe essere permesso portare via la gente dalle proprie case”. Inuyasha osservò la nidiata di bimbi. La maggior parte se ne stava abbandonata a terra in silenziosa disperazione; alcuni scrutavano la folla con occhi speranzosi, illudendosi di veder comparire i genitori, di essere salvati. Ma non veniva mai nessuno. E a poco a poco quegli occhi splendenti di sogni divenivano opachi, disillusi. E a forza di sentirsi chiamare “feccia!”, “schiavo!”, “cane!”, finivano per crederci anche loro. In quel momento quei ragazzi, quelle persone, diventavano veramente schiavi. Oggetti inanimati la cui vita, per loro stessa definizione, contava poco più di un tozzo di pane.
Le parole del vecchio Myoga lo riscossero dai suoi pensieri cupi: “Infatti non è permesso. Nelle Grandi Case di sicuro la schiavitù non esiste. Ma siamo troppo lontani da loro e dalla protezione che potrebbero offrirci”. Scosse delicatamente la polvere dal suo sgualcito abito multicolore. Quel costume da giullare forse un tempo era stato a tinte sgargianti, ma una vita da girovago aveva sbiadito i colori vivaci, riducendoli a un grigio opaco e smorto. “Scommetto che non avevi mai pensato di finire qui, quando sei scappato di casa”.
Inuyasha strinse tra le dita l’amuleto di legno a forma di ghianda che portava al collo e ringhiò: “Non sono scappato”.
“No? E allora come è andata?” chiese Myoga, la cui voce trasudava ironia e sarcasmo.
“Non sono affari tuoi” ribatté il ragazzo con astio.
Meno ne sapeva Myoga del crimine di Inuyasha, meglio era. Il menestrello, oltre a essere dotato di una curiosità spaventosamente anormale, era assolutamente incapace di tenere la bocca chiusa; dopotutto, raccontare storie era il suo mestiere.
“Hai commesso qualche terribile nefandezza, vero?” Myoga gli strizzò l’occhio e proseguì, sporgendosi eccitato verso di lui. “È così vero? Hai rubato il cuore a una splendida principessa, ma il suo malvagio padre, il re, l’aveva promessa al lezioso figlio di un conte. E lei in questo momento è rinchiusa in una torre di marzapane a struggersi per te”.
Inuyasha dubitava che qualcuno rinchiuso in una torre di marzapane potesse provare qualcosa di anche solo lontanamente simile alla tristezza. Ma non disse niente a Myoga: era meglio illuderlo di aver indovinato e sperare che si stancasse in fretta di seccarlo.
Dopo dieci minuti buoni di farneticazioni, Inuyasha pensò più o meno quello che starete pensando voi in questo momento, ossia che doveva essere tremendamente masochista per sopportare Myoga… e di lui si poteva dire di tutto, tranne che fosse particolarmente incline a sopportare i deliri di un vecchio menestrello NON DEL TUTTO pazzo (sì, lo ammetto, mi rivedo molto in Myoga XD); perciò sbuffò seccato e brontolò: “Tsk, ovviamente no, dannato giullare!”.
Myoga fece un’espressione delusa e, imbronciato, si lamentò: “Peccato, sarebbe stata proprio una gran bella storia. Quindi, dimmi perché sei qui!” concluse in un tono che voleva sembrare imperioso, ma che somigliava vagamente allo squittio di una pulce tremendamente iperattiva.
“Non so nemmeno dove sia questo “qui” ” gli fece notare Inuyasha.
“Si chiama Sciabola. Porto Sciabola” rispose pomposamente Myoga (della serie: “Mi chiamo Bond. James Bond.” Scusate, non ho resistito XD).
All’occhiata interrogativa del ragazzo, il menestrello sorrise (uno di quei sorrisi supponenti, alla “Ehi, io so qualcosa che tu non sai”, una delle quattrocentosessantaquattromilioni di cose che odiavo della mia professoressa di matematica delle medie. Quel dannato sorrisetto mi ha rovinato l’infanzia! Ehm, mi sono persa di nuovo, accidenti *faccina sconsolata*) e continuò: “È il più grande porto di Costa Torba. Qui puoi trovare qualunque cosa, e intendo proprio qualunque. Terra di trafficanti di schiavi, pirati e gentiluomini di scarsi principi.”
“Gentiluomini di scarsi principi? Come te?” rispose il ragazzo inarcando un sopracciglio. Non gli era certo sfuggita la tendenza di Myoga a scappare da qualsiasi situazione anche solo minimamente pericolosa.
Il menestrello fece un sorriso imbarazzato e per un po’ tacque.
Colpito e affondato, pensò l’altro con un ghigno soddisfatto.
 
Altri acquirenti stavano percorrendo la fila. Uno o due si fermarono a guardare Inuyasha, ma lui li gelava prontamente con una delle migliori occhiatacce del suo vasto repertorio. Loro passavano rapidamente oltre. A quanto pareva, i ragazzini astiosi non li voleva proprio nessuno, constatò. E si ripetè, per l’ennesima volta, che lui non era uno schiavo. Né mai lo sarebbe stato.
Tuttavia, un uomo non si lasciò impressionare.
Era un uomo di spada. Inuyasha riconobbe il genere: ne aveva incontrati abbastanza sul suo cammino. E sapeva che era meglio tenersene alla larga.
L’uomo, che sedeva dritto e fiero in sella a un grosso stallone nero, pareva circondato da un’aurea di gelo e distacco, come se non appartenesse a questo mondo, pensò Inuyasha con un brivido. Come se non fosse umano.
Ma ciò che lo colpì di più in quell’uomo furono gli occhi. Erano ambrati, esattamente come i suoi solo più… opachi, privi di espressione. Occhi che hanno visto troppo.
Lo sconosciuto diede un colpo di redini e fece voltare il suo destriero. Cavallo e cavaliere sparirono tra la folla, accompagnati dallo sguardo indagatore di Inuyasha.
Myoga scosse la testa e lo ammonì: “Chi pensi che vorrà comprarti se non ti dai una regolata? Dà retta a me ragazzo, se non cambi finirai nelle miniere di Akum… E allora rimpiangerai di non essere diventato uno schiavo”.
“Tu invece? Non hai paura di finire in una miniera?” chiese Inuyasha. Non essendo un grande oratore, quando qualcuno gli rivolgeva una domanda scomoda, adottava la classica tattica: “rispondi a una domanda con un’altra domanda”, ampiamente brevettata da… beh, da lui stesso. E funzionava pure. Qualche volta.
Evidentemente questa era una di quelle rare volte, perché Myoga sorrise e, sventolandogli davanti agli occhi le dita affusolate, declamò melodrammatico: “Quale barbaro sprecherebbe mani così talentuose per scavare la roccia? Ebbene io, il grande Myoga, che mi sono esibito in tutte le sei grandi Casate? Che ho danzato nelle stanze rivestite di specchi del Palazzo d'Argento, che ho cantato nei tetri saloni di Castel Cupo per...”.
“Hai conosciuto gli Higurashi?” lo interruppe incredulo Inuyasha. “I Signori della Morte?”
Myoga gonfiò il petto con orgoglio e gli rispose zelante: “Credo che loro preferiscano il termine necromanti,  ma sì, conosco personalmente i sovrani di Genna”.
Necromanti. Un'altra delle parole stravaganti del menestrello. Ma le parole stravaganti non cambiavano la realtà. Tutti sapevano cosa erano gli Higurashi: gente che usava la magia nera, che aveva schiere e schiere di demoni al suo servizio. Si vociferava che loro stessi fossero demoni della peggior specie. 
“E sei tornato vivo?” Inuyasha controllò il collo di Myoga con una punta di inquietudine. Quei due segni rossi erano cicatrici del morso di un vampiro o solo di pulci affamate? “Nessuno di loro ha bevuto il tuo sangue? Lord Higurashi non è forse un vampiro?”.
“Lord Arinori Higurashi camminava alla luce del Sole l'ultima volta che l'ho visto. Non che nelle Terre di Genna ce ne sia molto, di sole.” Myoga si strofinò vigorosamente le braccia.
Inuyasha sorrise mestamente, ripensando ai racconti che suo padre narrava a lui e ai suoi fratelli la sera: storie sulla dimora degli Higurashi, Castel Cupo dai cento bastioni, storie sui grandi balli di corte in cui vivi e morti danzano insieme e banchettavano con sangue e cadaveri... (tutte cosette piacevoli e divertenti che permettono ai bamibini di andare a letto sereni e sognare tanti piccoli zombie sorridenti che cercano di divorarli, insomma).
Il ragazzo ricordava bene l'ammonimento che i suoi genitori avevano impartito a tutti i figli. Doveva averlo sentito mille volte: “Se non fate i bravi, gli Higurashi verranno a prendervi e vi mangeranno per pranzo”.
Un bambino strillò, strappandolo alla malinconia agrodolce dei suoi ricordi.
“Chi è?” chiese Inuyasha. La sua voce, che voleva sembrare neutra, tradiva invece la sua preoccupazione.
Il secondo strillo fu più forte e disperato.
“I gemelli” rispose Myoga.
Inuyasha saltò in piedi, ma il menestrello gli afferrò il braccio. “Non sono affari tuoi. Stanne fuori, ragazzo” lo avvertì il menestrello, con la voce che trasudava preoccupazione.
Kageromaru stava per trascinare via un bambino che doveva avere poco più di sei anni... si chiamava Akio, se la memoria non lo ingannava. Il piccolo piangeva disperatamente e tendeva le braccine tozze verso la sua sorella maggiore, Haru, che sedeva accasciata nel fango, il volto distrutto dal dolore.
Il sangue di Inuyasha ribollì nel vedere il mercante di schiavi ridere sguaiatamente, osservando il piccolo Akio che tentava invano di liberarsi e tornare dalla sorella.
Myoga, avvertendo la sua ira, rafforzò la presa intorno al suo braccio e lo ammonì: “Non immischiarti. Ti caccerai solo in guai ancora più grossi”.
Per un secondo, per un secondo soltanto, il ragazzo esitò. La voce della ragione, che somigliava in modo inquietante a quella di Myoga *brividi* gli sussurrava insistentemente:
Stanne fuori
Che si portino pure via il bambino.
Tu hai già abbastanza guai.
Stanne fuori.


Molti, alias qualsiasi persona con un briciolo di istinto di autoconservazione, avrebbero lasciato perdere.
Sì molti. Ma non io. Pensò Inuyasha scattando in avanti. Evidentemente Inuyasha non aveva un briciolo di istinto di autoconservazione. Ma questo, lo sapevamo già.
 
 
Angolo dell’autrice
*Squillo di trombe, rullo di tamburi* e infine, dopo due settimane di scleri dubbi, ripensamenti e… ho già detto SCLERI? sono riuscita a terminare il primo capitolo della mia primissima fanfiction.
Dedico questa fanfiction alla mia fantastica nee-chan Day_Dream, che con le sue storie mi ha fatto sognare e mi ha permesso di provare a far sognare gli altri (con scarsi risultati, ma questi sono dettagli): senza di lei questa storia non esisterebbe. Quindi GRAZIE!!!<3
Ringrazio tutte le persone che hanno letto questa mia… uhm… cosa e mi scuso con quelle che sono morte nel frattempo.
Il personaggio in cui sono riuscita a immedesimarmi di più in questo capitolo è, come avrete già capito, Myoga. Perché, come lui dico cose spaventosamente prive di qualsiasi parvenza di logica e, of course, ho anche tendenze da povera menestrella incompresa *si deprime*. Spero di non averlo reso troppo OOC, ma avevo bisogno di una figura quasi-comica che alleggerisse il contesto “Ehi, salve, mi chiamo Inuyasha e sono stato catturato da dei pericolosissimi mercanti di schiavi; pensavo che non potesse andare peggio, ma poi sono stato salvato da un boia cento volte più pericoloso, che mi vuole condurre in un regno tremendamente simile al cimitero di Nightmore Before Christmas. Non potrebbe andare meglio di così, vero?”.
In questo capitolo ho cercato di introdurre non solo alcuni personaggi, ma soprattutto l’ambientazione, quindi è stato abbastanza calmo; tuttavia dal prossimo le cose cambieranno *si sfrega diabolicamente le mani*. Cosa farà Inuyasha per aiutare i gemellini? Chi sarà mai il misterioso uomo di spada? Riuscirà Myoga a scopire il passato di Inuyasha? Questi e molti altri deliri nel capitolo due, che s’intitolerà: “Al peggio non c’è mai fine: Sesshomaru, il principe dei demoni”.
Bene, direi che ho dato abbastanza segni del mio palese squilibrio mentale XD, perciò mi dileguo *sparisce*.
A presto (spero) *saluta timidamente con la manina*
Merwen-Myoga
Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a Rumiko Takahashi.
Per l’ambientazione della mia storia ho preso spunto dal libro “Shadow Magic” di Joshua Khan.

 
   
 
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