Aiuto per una
madre
«La
ringraziamo per essere venuto così prontamente, signor Scamander.»
Newt si
sistemò i capelli, leggermente imbarazzato. Non era abituato alle convocazioni
da parte degli Auror, e quelle rare volte che gli era
capitato non era mai stato per cose piacevoli.
«Nessun
problema, signor Audrey. Dunque, se ho letto bene la lettera che mi è stata
recapitata avete bisogno di me per una... consulenza?»
Il signor
Audrey annuì: «Esatto, signor Scamander. Lei ha da
poco pubblicato un libro sulle Creature Magiche di grande successo. Dunque è un
esperto nel settore.»
Newt era
sempre più perplesso, mentre istintivamente stringeva a sé la sua valigia: «Me
la cavo sufficientemente bene.»
«Anche
con gli ibridi?»
«Intende
la prole di due creature diverse? Sì, certo, ne ho studiati alcuni casi...»
Audrey
fece un sorriso stiracchiato: «Allora potrebbe essere in grado di aiutarci.
Venga con me.»
In uno
schiocco i due maghi si smaterializzarono. Newt
riconobbe subito il luogo e ne fu impressionato. Cosa ci facevano all’ospedale
San Mungo?
L’uomo si
guardò intorno mentre seguiva l’Auror lungo i
corridoi alla ricerca di tracce di infestazioni, ma non ne trovò. Audrey,
intanto, continuava a mostrare il suo distintivo per far passare lui e il suo
accompagnatore attraverso controlli sempre più stretti, fino a giungere a una
porta sorvegliata da ben quattro Auror, uno dei quali
si rivolse ad Audrey.
«È lui?»
L’Auror annuì e il collega scosse la testa: «Questo sembra
avere la testa fra le nuvole, secondo me non ci servirà a nulla.»
Audrey
ignorò il commento: «Come sta?»
«Come
quando l’hai lasciata.»
Solo
allora Newt si decise a intervenire: «Qualcuno è
stato aggredito dall’ibrido di cui mi parlava?»
L’Auror di guardia ridacchiò: «Ah, non glielo hai detto! Ecco
perché è così tranquillo!»
«Ho
pensato che uno sguardo vale più di mille parole... venga, venga signor Scamander, così potrà valutare lei stesso la situazione.»
Lo
studioso si addentrò nella stanza buia con titubanza. C’erano numerosi letti,
ma solo uno, al fondo, era occupato da una figura in penombra, con lunghi
capelli che le cadevano davanti agli occhi.
Una voce
femminile, con tono minaccioso, gridò: «CHI È LÀ?»
«Sono
Audrey, signora Veckley, si ricorda di me?»
Newt sbarrò
gli occhi. Solo ora che l’Auror l’aveva chiamata per
nome l’aveva riconosciuta. Angela Veckley, la
Gazzetta del Profeta ne riportava la foto da settimane per la sua scomparsa.
L’avevano ritrovata, dunque, ma la sua agitazione non faceva presagire nulla di
buono.
«CHI C’È
CON LEI?»
Audrey
continuò, con le mani alzate e il tono amichevole: «È un amico, signora Veckley, si chiama Newton e ho pensato che potesse
aiutarla...»
Di tutta
risposta i due si ritrovarono a dover schivare una bottiglia di Burrobirra lanciata dalla signora.
«VADA VIA,
LEI E IL SUO “AMICO”. IO LO SO COSA VOLETE FARE! VOLETE PORTARMELO VIA, MA NON
LO AVRETE!»
Solo
allora Newt poté notare che la donna stringeva con un
braccio qualcosa che prima del lancio della bottiglia era completamente coperto
dai capelli. Era un oggetto color panna, ovale e grande come un grosso volume.
Lo studioso sbarrò gli occhi, sconvolto, ma non ebbe il tempo di dire
nient’altro, perché la donna continuò a lanciare oggetti con sempre più
violenza.
«ANDATEVENE,
HO DETTO! NON AVRETE IL MIO UOVO!
ANDATEVENE! VIA!!! VIA!!!»
I due
decisero di fare dietrofront e uscirono dalla stanza. L’Auror
di guardia ridacchiò.
«Allora,
signor studioso?»
Newt aveva
un’aria a metà fra lo spaventato e l’eccitato: «Lei... non è la vittima... è la madre!
E l’uovo... è lui l’ibrido!»
Audrey lo
guardò preoccupato: «Sì... ma con cosa?»
Lo
studioso sembrò ignorare completamente l’inquietante domanda, e ne pose invece
un’altra: «La signora Veckley ritiene l’uovo suo perché lo ha trovato o...»
L’Auror lo guardò con una faccia leggermente schifata: «No,
purtroppo... quando l’abbiamo trovata era in stato confusionale, straparlava e
si lamentava di forti dolori addominali. Per questo motivo l’abbiamo
trasportata subito al San Mungo e qui... qui ho ben sette infermieri che possono
confermare che la signora è proprio la madre di quell’uovo.»
«Molto
interessante... perché in effetti il comportamento di quella signora rispecchia
perfettamente quello di molte madri in natura.»
Audrey
alzò un sopracciglio, perplesso: «Vuole forse dirmi che in natura tutte le
madri sono delle isteriche violente?»
Newt, preso
dalla spiegazione, iniziò ad esaltarsi: «No, no, no! Intendo dire che tutte le
madri hanno come priorità assoluta la difesa della prole, in modi protettivi ma
anche aggressivi! Guardi, guardi la signora...»
L’uomo
fece avvicinare l’Auror allo spiraglio lasciato
aperto, in modo da poter osservare il suo comportamento.
«Guardi
come stringe l’uovo al petto. Non è il normale comportamento di un ovoviparo, certo, ma dopotutto la signora non lo è...»
«Di cosa?»
Newt fece un
gesto di stizza con la mano: «Ovoviparo, creatura che
si riproduce tramite uova!»
Audrey
era sempre più perplesso: «Ah...»
«Noti
come lo stringe al petto, come un neonato! Questi sono tipici gesti di
protezione per una madre umana, e svolge anche la doppia funzione di tenere al
caldo l’uovo, necessario per la schiusa... davvero molto, molto interessante.»
Audrey
rimase pensieroso: «Sarà per questo che ci chiede continuamente Burrobirra?»
Lo
studioso schioccò le dita risoluto: «Certo! Quella bevanda fa innalzare la
temperatura corporea, e in questo momento è necessario che lei possa scaldare
al meglio il suo uovo!»
L’Auror osservò Scamander con un
po’ di preoccupazione. L’esaltazione di quell’individuo lo rassicurava e allo
stesso tempo lo spaventava.
«Cosa
pensa di fare?»
Lo
studioso aprì di uno spiraglio la sua valigia, infilandoci a malapena la mano:
«Come primo passo devo sicuramente effettuare un periodo di osservazione della
signora Veckley, per cercare di avere più informazioni...
e dai, spostati Pickett, non è il momento...»
Audrey lo
fissò perplesso: «Scusi?»
Newt arrossì,
tirando fuori finalmente un taccuino e una penna d’oca e richiudendo di scatto
la valigia: «Oh, nulla, mi perdoni. Dicevo... ah, sì, devo osservare il
comportamento giornaliero del soggetto per ventiquattro ore. Poi potremo
discutere dei prossimi passi.»
Audrey
annuì: «Mi aspettavo questa richiesta. Mi segua.»
L’Auror lo accompagnò nel corridoio di fianco, in una stanza
non meno sorvegliata della precedente. Non appena entrarono fu subito chiaro il
motivo.
«Interessante...
un incantesimo di trasparenza sul muro della stanza immediatamente adiacente
quella del soggetto.»
Audrey annuì:
«Potrà osservarla da qui senza che la signora Veckley
si accorga di nulla. Purtroppo non potrà sentirla...»
Newt alzò le
spalle: «Non ha importanza, so leggere il labiale. Le chiederei giusto di
portarmi da mangiare e un bel po’ di caffè. Temo che ne avrò bisogno...»
«Ma
certo. Buon lavoro!»
«Grazie.»
Audrey
rimase per un attimo a fissare l’uomo sistemare con cura la sua valigia,
sedersi e sfoderare penna e taccuino. Davvero quel buffo individuo dall’aria un
po’ matta avrebbe saputo aiutarli? Pregando in cuor suo di non aver fatto un
errore, chiuse la porta e lo lasciò al suo lavoro.
Scrivo da un po’ nel fandom di Harry
Potter, ma questa volta ho voluto buttarmi su una storia completamente
originale, in cui il nostro Newt svolga più o meno il
ruolo dell’investigatore... a suo modo, chiaramente! V’intriga questo mistero? Come
pensate si possa risolvere? Vi piacciono i nuovi personaggi? Aspetto i vostri
commenti in attesa del prossimo capitolo!
Alla prossima!
Hinata 92