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Autore: Alpha54    22/01/2018    1 recensioni
Una rielaborazione della storia di Evangelion, a partire dal paradossale rapporto tra Asuka e Shinji. Tutto ricomincia dal loro momento cardine, dal quale entreranno in una spirale di desiderio e disgusto, piacere e sofferenza, amore e odio. Amare sè stessi, e odiare il proprio prossimo. Odiare sè stessi, e amare il proprio prossimo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Misato Katsuragi, Rei Ayanami, Ryoji Kaji, Shinji Ikari
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1 - Nec Possum Tecum Vivere...
 
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Shinji poteva sentire il suo animo vacillare.
 
Vacillava come fa una piccola fiamma, che prova teneramente a tenersi in piedi.
 
Così come la fiamma lotta disperatamente invano per vivere nel mondo, così l'animo di Shinji si struggeva quanto più potesse, scalciando per trovarsi un angolo nella realtà attraverso la musica. Ora stringeva nella mano destra un archetto, e accarezzava le corde del suo violoncello. Ed eccolo lì, con gli occhi socchiusi e un sorriso codardo, a raschiare l'archetto sulle corde del suo animo, lasciando scivolare il polso, non goffamente come ci si aspetterebbe, ma con cura e precisione. Seguiva il calco del suo io, suonandone ogni ripiegamento, ogni ansa, ogni escrezione; le parti di sè che avrebbero risuonato più o meno dolcemente, o più o meno gravemente...
 
Eppure, Shinji non si conosceva, e solo in momenti come questi poteva davvero rendersene conto. Analizzandosi, riconosceva parti di sè che non aveva mai visto prima. Non potè comprenderle a fondo, ma non aveva importanza, perché le loro melodie erano gioia tale per lui da riuscire a dimenticare queste piccolezze. 
 
Era raro che potesse concedersi momenti simili. In primo luogo, Shinji non avrebbe mai ammesso di essere un esperto di musica. Nemmeno lo era. Eppure, il suo animo sofferente riusciva ad esprimersi solo in questo dato modo. Non si trattava però di alcuna vocazione, non era un talento spiccato: solo così poteva vedere il vero se stesso. Solo in questi momenti poteva osare pensare che il suo animo fosse bello. Ma, più di ogni altra cosa, si sentiva tremendamente delicato... come il vetro. E forse, magari proprio per la ripugnanza avversiva che provava nei propri confronti, temeva di essere avvicinato dal prossimo in situazioni come queste. Dove potevano vederlo veramente. Dove potevano ferirlo. 
 
Dove poteva ferire.
 
Continuò ad accarezzare le note del suo essere, e si lasciò trasportare dalla sensazione piacevole. 
 
Toccò note dolci, e riuscì quasi a sentire una mano accarezzarlo, coccolarlo, consolarlo. Gli ricordava la mamma. Volle pensare che lei fosse ancora con lui, e seppure potesse giurare di riuscire a percepirla ancora nella sua vita, era ben certo che fosse scomparsa da tempo. Provò allora un freddo pungente, e la sua musica sfiorò note tristi. La melodia poi riprese corso, portandosi verso suoni agrodolci. Potè ancora sentire la mano... energica... forte... non poteva essere il tocco che aveva precedentemente gustato. La mano lo graffiava, eccitandolo febbrilmente. Allo stesso modo, la musica scorreva rapida e in fiamme. 
 
Fiamme... rosso... il colore rosso...
 
Il ritmo rallentò improvvisamente, poiché si rese conto di aver pensato ad Asuka. E si rese conto di averci pensato in quel modo, e provò grande imbarazzo, come se lei potesse vederlo, perché sentiva come il suo animo fosse messo a nudo. 
Tranquillizzatosi, riuscì a recuperare parte della sua compostezza, e pure una parvenza di riso. Ora le note erano decisamente più nell'estetica usuale di Shinji, timide e delicate. Ma non desiderava più suonare. Neppure ci riusciva, perché i suoi pensieri erano inondati della forma calorosa della sua coinquilina.
 
Strappò via dalle corde l'arpeggio finale, seguito da...
 
Applausi?
 
Si voltò di scatto...
 
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Asuka poteva sentire il suo sangue ribollire.
 
Era ferma, immobile, composta. 
 
Il suo animo era ricolmo di profonda amarezza e feroce frustrazione. 
 
Ora stava perfettamente composta in ascensore, guardando fissa davanti a sè, noncurante dell'infinità della salita.  
 
Aveva voglia di urlare e spaccare. Aveva voglia di dare sfogo a se stessa. Ma non poteva. Non adesso. Dove avrebbero potuto sentirla o vederla. 
 
Ripensadoci, però, tantomeno avrebbe potuto fare in casa. Shinji era sicuramente già tornato. Sarebbero anche stati da soli in casa, eppure, lui non avrebbe fatto nulla.
 
Come sempre.
 
Non diceva mai nulla! Non faceva mai nulla! Non aiutava mai in nulla! Non la consolava, non stava con lei, non le parlava! NIENTE!
 
Non faceva altro che scusarsi, ponendo se stesso come scudo per proteggersi. Questo denota che pensava solo al proprio benessere. Voleva solo proteggersi. Anzi... non era neanche a questo modo, perché così non faceva altro che ferirsi.
 
Ferirsi, per proteggersi.
 
Era seriamente il più grande idiota che avesse mai conosciuto.
 
Nonostante ciò, non potè che ammettere a se stessa che la sua compagnia, per quanto triste, era certamente più apprezzabile di quella del ragazzo con cui era uscita poco prima. 
 
Quello... la disgustava. Era eccessivo, invadente, esagerato. La faceva sentire male. Non era gentile. Era aggressivo. Le ricordava quel porco di suo padre! E la cosa le faceva ancora più schifo. Era il classico uomo che a nulla pensa se non stare tra il seno delle donne! E chiunque sarebbe andata bene. E ancora peggio, era un bambino.
 
Nulla che rassomigliasse il signor Kaji! 
 
Il signor Kaji... che tanto desiderava adesso. 
 
Era lui. Era lui l'uomo che voleva. Non il ragazzo di prima. Non Shinji. LUI!
 
Ma lui... la ignorava. La rifiutava! La respingeva! Perché? Perché Misato e non lei?
 
PERCHÉ?!
 
Ma certo! Era ovvio ormai. 
 
Nessuno.
 
Nessuno.
 
Nessuno.
 
Per questo guardatemi!
 
Nessuno la guardava.
 
A discapito delle sue promesse, si rese conto di aver colpito direttamente con le nocche della mano destra la parete dell'ascensore. Il pugno era stato più doloroso di quanto non avesse voluto. Si era leggermente raschiata, e perciò le nocche sanguinavano timidamente, la pelle flebilmente rovinata. Assolutamente nulla di preoccupante.
 
Non era nemmeno riuscita a rimanere impassibile.
 
Ora l'ascensore l'aveva liberata, e procedeva a passi affrettati verso l'appartamento. 
 
Noncurante della musica che le parve sentire per un istante, continuò. Si fermò davanti alla porta.
 
Ora poteva sentirla chiaramente...
 
Era un violoncello, ne era sicura. Il ritmo delle note era calmo, rilassato, dolce. Osò poggiare la schiena contro la porta della casa, e si lasciò trasportare dalla melodia. Per un attimo, quasi le parve che non ci fosse più nulla attorno a lei. Non sentiva più il male pungente alla mano. Si sentiva coccolata, voluta bene, amata. Era così bello... 
 
Aprì di scatto gli occhi, realizzando che la musica proveniva effettivamente dal loro appartamento. Certamente non poteva essere Misato, sapeva che avrebbe passato la nottata via. Con Kaji...
 
No. No. Non ora. Non ancora.
 
Fu distratta dal corso delle note. Per qualche tempo si incupirono bruscamente, poi ripresero lentamente il loro corso. Non erano più calde, anzi, lasciavano una sorta di amaro, malinconioso sapore sulla lingua. Non era però del tutto spiacevole. Gradualmente, la composizione divenne più feroce. Appassionata. Infuocata. Sentì un forte calore diffondersi a macchia d'olio sulla sua pelle. 
 
Poi si fermò. Aveva sentito un acuto stridio, particolarmente doloroso. Poi, goffamente, la musica era tornata solenne, ma pacifica. Ritornò in sè. Anche se per poco, chiunque stesse suonando era riuscito nel distoglierla dai suoi pensieri. Non ne era mai stato capace nessuno. Si chiese chi fosse il suo inconsapevole benefattore. Ma era questa una domanda retorica; infondo era ovvio, no?
 
Spinse la porta, ancora in capace di ammeterlo a se stessa. Lui non avrebbe mai potuto farla sentire così. Uno come lui. Mai e poi mai. 
 
Quando chiuse delicatamente la porta dietro ai propri passi, si lasciò sfuggire un vergognoso sorriso. Che aveva da sorridere? Era in casa, sola con Shinji. Dannazione, questa non era nemmeno la sua vera casa. Ormai, quel posto non esisteva più. 
 
Ma questa musica...
 
Questo dolce terpore che sentiva... eppure così violento. Il suo animo era a brandelli. 
 
(Una bestia le aveva preso il cuore, 
strizzandolo con le sue mani crudeli, 
lasciando sgorgare il sangue, 
mordendolo con tutta se stessa. 
Gustando il sapore di sangue. 
Inebriandosi nella tenerezza della sua carne. 
Ma non faceva male, 
perché la bestia aveva sussurato una parola. 
Eppure, 
Asuka non era riuscito a sentirla.)
 
Perché la persona che aveva suonato era Shinji Ikari. 
 
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Asuka torreggiava sull'ingresso, incerta sul da farsi. Le sue guancie bruciavano quasi quanto la pelle rovinata della sua mano, ma non potè accorgersene. La stessa mano tremava pietosamente.
 
Ora si odiava.
 
Non riusciva a capire... 
Questa sensazione. Non sapeva cosa farci. Tutto questo non aveva senso. 
 
Shinji... quell'idiota infinito... cosa le stava facendo...?
 
Le era quasi irriconoscibile, seduto su quella sedia, così in pace, così... felice.
È sentì un ago di gelosia pungerla nello stomaco, poiché lei non avrebbe mai potuto gustare un momento simile. 
 
Cazzo, lo odiava!
 
Nessuno le voleva bene! Nessuno desiderava che stesse bene! E tantomeno lui! Lui che poteva trovare un motivo per sorridere. Lui che riusciva ad essere felice nonostante tutto! 
 
Era ingiusto!
 
VOLEVA CHE SOFFRISSE CON LEI!
 
Fu in quel momento che Asuka si sentì terribilmente pietosa. 
 
Aveva augurato dolore a Shinji, quando lui l'aveva distratta dai suoi pensieri poco fa. 
 
L'aveva aiutata. 
 
E non era la prima volta. Quel giorno, nel monte Asama... ricordava ogni cosa! 
 
Lui l'aveva salvata, e perciò lei aveva fatto lo stesso contro l'angelo Matarael.
 
E ora, gli augurava di penarsi. 
 
Che schifo...
 
Perciò, avrebbe consolato Shinji. Lo avrebbe fatto sentire meglio. 
 
Almeno questa volta. 
 
Cazzo, si odiava.
 
Shinji concluse il suo maestoso concerto.
 
Applausi.
 
Si voltò, e la prima cosa che ne vide fu il sorriso, e le labbra che ne facevano da cornice.
 
E anche lei gli sorrise.
 
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"Davvero niente male! Non sapevo celassi una simile qualità!"
 
'Che strano... Asuka è già tornata a casa? Però... 'qualità' ?' Shinji non potè che sentirsi a disagio, incapace di discernere il vero volto delle parole della ragazza. Non notò affatto il suo sorriso.
 
"Ho iniziato quando avevo cinque anni e questo è il massimo livello che ho raggiunto. Non posso certo dire di avere talento."
 
'Siamo alle solite. Possibile che la considerazione che quel ragazzo ha di sè sia tanto insignificante?' Eppure, si costrinse ad ammettere, da parte sua questa volontà d'animo era piuttosto sorprendente. Mai aveva dato prova di tanta tenacia, per quanto le risultasse. 
 
"Beh, la perseveranza è forza. Ti ho rivalutato un pochino!"
 
Shinji accennò un timido sorriso. Le parole di Asuka avevano un sapore dolciastro.
 
"Iniziai perché mi fu consigliato dal mio tutore. Avrei potuto smettere in ogni momento."
 
"Dunque perché non lo hai fatto?"
 
"Beh... perché nessuno mi ha mai detto di smettere."
 
'Ovvio... ti aspettavi nulla di più Asuka? Fa solo ciò che le persone gli dicono di fare. Non ha un briciolo di determinazione... Ah! Ridicolo.' Non riusciva a nascondere la sua delusione, stridula come il ferro.
 
"Già, più che prevedibile."
 
Shinji non se ne preoccupò più di tanto. Era ben consapevole che la sua rossa coinquilina nutriva decisamente scarso rispetto nei suoi confronti. Ciò non era per lui indifferente, eppure si era presto reso conto che non aveva alcun potere in questione. Finché gli sarebbe stato possibile, avrebbe subito ogni cosa. Invero, Asuka era ragione di grande dolore per lui. D'altra parte, alle volte aveva la fortuna di assistere a simili occasioni. Asuka pareva quasi... contenta di lui? Sarebbe stato eccessivo affermarlo? 
Eppure, lui altro non aveva fatto che deluderla ancora. Non riuscì a non incupirsi, amareggiato da se stesso. Alzando lo sguardo, intravide il lembo dell'abito verde che indossava la ragazza, e si ricordò dell'appuntamento.
 
"Sei tornata a casa presto. Pensavo che avresti cenato fuori casa stasera."
 
Sembrava quasi... contento della cosa? Asuka non aveva idea di che farsene. D'altra parte, il motivo per cui era tornata a casa, non era forse perché avrebbe preferito la compagnia del Third Children? Mai e poi mai. Si convinse che non aveva altro posto in cui andare, e se avesse dovuto scegliere tra Shinji e quel personaggio bavoso, non c'era neanche bisogno di pensarci.
 
"Quel tipo era una noia mortale. Per cui mi sono defilata mentre facevamo la coda per l'ottovolante."
 
'E faresti lo stesso con me immagino...' Sapeva però che, trattandosi di lui, non gli avrebbe chiesto in primo luogo di uscire. Avrebbe voluto esserne più felice. Felice perché Asuka aveva abbandonato un ragazzo e l'aveva degnato della sua compagnia, invece. Che meschino...
 
"Questo non mi sembra carino."
 
'E ora che problema ha? Non sei felice di stare solo con me Shinji? Non ti ha mai sfiorato la testa l'idea che possa aver preferito te a lui? E la musica, pensi che non mi sia piaciuta veramente? Scommetto credi sia solo una farsa. Come al solito, verso di me non hai alcun riguardo. Vaffanculo. Ma che cosa mi aspettavo da te...' 
 
"L'unico uomo che valga qualcosa è il Signor Kaji," concluse.
 
Shinji non potè fare a meno di sentirsi piccolo piccolo...
 
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Luce di riflettore.
 
Chi sei tu?
 
"Io mi chiamo Asuka Soryu Langley. Molto piacere."
 
Questa sei tu?
 
"Le altre persone mi conoscono così. Questo nome definisce la mia forma. Il mio essere. E tu chi saresti?"
 
Io sono te. La vera te. Il tuo io non visibile.
 
"Però sei solo una bambina. Tu non sei me."
 
Ma tu sei una bambina, proprio come me.
 
"Non è vero. Io sono grande. Per questo, le persone mi devono guardare. Me lo merito."
 
Chi sono quelle persone laggiù?
 
"La mamma... il signor Kaji... Misato... Stupi-Shinji... l'Allieva Modello..."
"Queste sono le persone che conosco. Sono le persone che mi conoscono."
 
Sono le persone che ti conoscono?
 
"Certo che mi conoscono! Io piloto l'Eva, e perciò queste persone mi guardano."
 
Ti guardano perché piloti l'Eva?
 
"Si! Per quello le persone mi guardano!"
 
Perché piloti l'Eva?
 
"Perché voglio che le persone mi guardino. Voglio che rimangano con me."
 
E perché vuoi che ti guardino?
 
"Perché voglio che le persone mi considerino! Non voglio rimanere sola!"
 
Ti senti sola?
 
"No, assolutamente no."
 
Però io mi sento sola.
 
"Non è vero! Non dirlo, non è così!"
 
Non vorresti tornare a vedere la mamma?
 
"BASTA! Non parlare della mamma. Non farlo."
 
Tu piloti l'Eva perché vuoi vedere la mamma vero?
 
"TI SBAGLI! Tutto ciò che voglio è essere apprezzata... voluta... voglio essere amata..."
 
Però scacci via chiunque ti si avvicini.
 
"Non è vero! Nessuno mi si avvicina in primo luogo! Nessuno mi vuole! Ho provato mille volte a farmi guardare dal signor Kaji ma lui... ha in testa solo quella donna. Solo lei."
 
Il signor Kaji sa che sei ancora una bambina. Vede solo me.
 
"Lo so! E per questo ti detesto! Perché Misato? Perché non io? Io li odio. Vi odio vi odio vi odio! TI ODIO! SPARISCI DALLA MIA VISTA!"
 
'Odi anche me, Soryu?'
 
"Tu... SI! Ti odio perché sei solo una bambola. Ti comporti come una bambola, parli come una bambola, ti muovi come una bambola. SEI UNA CAZZO DI BAMBOLA! Bello eh? Vivere completamente sottomessi a qualcuno solo per ottenere la loro approvazione. Non sei contenta ora? Sono tutti così premurosi con te. Sei riuscita perfino a farti sbavare dietro da Shinji, dovresti essere onorata."
 
'Odi anche me, Asuka?'
 
"SI! Sei una puttana, una maledetta puttana. Non fai altro che rincorrere il signor Kaji, convinta che ti spetti di diritto. Anche se avete avuto una relazione, e allora? Non sei stata forse tu ad abbandonarlo? E ora hai perfino il coraggio di osare a portarmelo via... ma fai pure. Lui non mi serve. Non mi serve nessuno! IO NON HO BISOGNO DI NESSUNO!"
 
'Non hai neanche bisogno di me, Asuka?'
 
"No! Io sono stata rifiutata da te... mi sono aperta... ti avrei lasciato fare ogni cosa... mi sarei fatta sporcare... ma mi hai rifiutata... perché non sono come lei..."
 
'Infondo, Asuka, tu sei ancora solo una bambina.'
 
NO! BASTA! SONO GRANDE! IO SONO GRANDE! PER QUESTO GUARDATEMI!
 
Alzò lo sguardo. Vide queste persone in cerchio, come attorno a un tesoro. Nessuno la guardava. Perché le loro attenzioni erano attratte da Shinji Ikari.
 
"Tu... tu sei proprio il peggiore! Non dici mai nulla! Non fai mai nulla! Sei inutile! Non mi guardi! Non mi abbracci! Non mi baci neanche! Invece... da me non desideri nulla. Ovvio. Non sei diverso dagli altri. Preferisci le bambole. Quella bambola! TI ODIO SHINJI! VOGLIO ESSERE AMATA DA TE! NON LA FINTA ME! NON LA BAMBOLA! IO!"
 
"Io ti odio... sei proprio come la mamma... mamma..."
 
MuOrI cOn Me PiCcOlA aSuKa... 
 
NO! IO NON SONO UNA BAMBOLA! 
 
"...mostrerò a Shinji che posso anche vivere senza di lui. Posso anche vivere da sola. Io non ho bisogno di nessuno..."
 
Bugiarda.
 
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Mise un piede fuori dalla doccia, poi un altro ancora. Ora era in piedi in mezzo alla stanza, nuda, gocciolante da ogni dove. Aveva freddo. Allo specchio, potè vedere il suo riflesso. Ma non riuscì a sorridersi. Piuttosto, avrebbe preferito piangere. Non avrebbe potuto farlo mai più, però, perciò non pianse. E priva di ogni altra via di sfogo, si morse con forza il labbro inferiore. Eppure, perfino lei sapeva che non era un morso che desiderava, quanto piuttosto una carezza. Un bacio.
 
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Gli occhi di Shinji scrutavano il vuoto. O così sarebbe stato corretto chiamarlo, se questo non fosse saturo di note e voci provenienti dagli auricolari del suo SDAT. Però, la musica non bastava a dare un'identità a questo suo vuoto, che rimaneva pertanto ambiguo e monotono. Tale era la condizione di Shinji prima che Asuka ponesse una certa domanda.
 
Incerta in realtà, perché Shinji non capì, troppo immerso in se stesso. Assunse una condizione più attenta, e Asuka ripeté la domanda.
 
"Un bacio, baciare, non lo hai mai fatto giusto?"
 
I pensieri di Shinji non fecero nemmeno in tempo a materializzarsi nell'udire:
 
"E allora facciamolo."
 
"Eh?! Ma per quale ragione?"
 
La sua mente non riuscì a formulare nulla di più. Cercava ogni parola che trovasse, ognuna, per riempire le voragini che continuamente si stavano aprendo nel suo ego. 
Era bastata solo una domanda...
 
"Perché io mi sto annoiando."
 
Cosa? Ogni forma di razocinio andava dissolvendosi.
 
"Perché tu ti stai annoiando dovremmo... baciarci?"
 
"Che c'è, hai paura di baciare una ragazza nell'anniversario della morte di tua madre? Hai forse paura che ti guardi dal Paradiso?"
 
"Niente affatto."
 
La mamma non c'entrava nulla con questo, perciò rimase turbato dall'affermazione, anche solo per un attimo. Non riusciva ad arrabbiarsi con Asuka, nè tantomeno con altri che non fossero lui stesso e suo padre. Shinji si arrabbiava solo con chi odiava, o perlomeno era ciò che credeva. Perciò, rimase sorpreso nel sentire un selvaggio odio dentro di sè, carico di dolore. Questo odio ivi rimase, perché non aveva luogo dove andare.
 
"Allora hai paura."
 
"Non ho affatto paura. Di baciarti."
 
"Bene. Te li sei lavati i denti, vero?"
 
Annuì.
 
"Allora io arrivo."
 
Ora Asuka si ergeva eretta davanti a lui, immobile, fissandolo negli occhi. Shinji fu colto da sincero pentimento quando potè constatare l'imperscrutabilità del suo sguardo. 
 
Eppure, questa situazione... 
 
Shinji davvero lo desiderava. Poteva sentire un intenso calore lungo tutto il suo corpo. Un incendio che divampava nelle parti più intime della sua forma. Le labbra di Asuka... per la prima volta sentiva così ferocemente il desiderio di nutrirsi del loro rosso corallo, che perfettamente si abbinava alla cascata di capelli che le incoronava il volto. Shinji potè giurare di aver visto una punta di tale rosso anche sui suoi delicati zigomi, sotto il cristallo dei suoi occhi azzurri. 
 
Eppure, nonostante fosse così bella...
 
Shinji non poteva che provare paura. Sudore di piombo colava sulla sua pelle fino ai piedi, e il suo respiro si fece affanoso. L'aria era pesante. A malapena riuscì a mantenere il contatto visivo, finché lei non si avvicinò. Lui serrò gli occhi d'istinto, e con essi l'animo. Si irrigidì. 
 
Uno. Due. Tre secondi.
 
Nulla
 
Aprì cautamente gli occhi. Asuka ancora lo guardava. Ebbe pau-
 
"Il tuo respiro mi fa il solletico. Non respirare."
 
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Aveva voglia di vomitare. Il macigno sul suo stomaco pesava tanto da portarlo a voler rivoltare quanto vi era al suo interno. Questa sensazione strisciava fino alla gola, mettendogli grande disagio. Un tiepidume, un po' malinconioso, un po' motivo di ansia, che provava invano a domare le fiamme che danzavano tra le sue labbra. Un incendio che inondava il suo petto, i suoi polsi, i suoi fianchi. Un desiderio profondo di toccare, guardare, e ancora toccare, toccare, toccare. Ed era la prima volta in cui tutto ciò non era per lui motivo di vergogna.
 
Stordito, e un po' confuso, volle provare a toccarla, toccarla, toccarla. Ne ebbe paura, ma il desiderio si faceva sempre più forte. Chiuso in questo paradosso, non aveva modo di fare nulla...
 
Splash.
 
Sedeva ora nelle panche di un treno. Poteva costantemente sentirne il cigolio sulle rotaie. Una surreale luce arancione ne illuminava i vagoni. Di fronte a lui sedeva un bimbo. Non riusciva vederlo bene, perché era nell'ombra, ma gli somigliava. 
 
"Chi sei tu?"
 
Io sono te. Il tuo io visibile. La forma che costituisce il tuo essere.
 
"Non sei il mio corpo però."
 
Esatto. Io sono il tuo animo.
 
"Il mio animo?"
 
Esatto.
 
"Le persone possono vederti?"
 
Ti spaventa che le persone possano vederti?
 
"Mi spaventa che le persone possano starmi vicino."
 
Perché?
 
"La vicinanza alle persone mi ferisce."
 
Perché?
 
"Perché io ho paura. Ho paura delle persone."
 
Perché?
 
"Perché potrei essere ferito. Le cose spiacevoli provocano sofferenza. Le persone possono farmi soffrire."
 
Questo è un paradosso.
 
'Eppure, è una realtà."
 
Questo perché sei solo un bambino. Non è possibile vivere scartando tutto ciò che ti è spiacevole. Non puoi continuare a fuggire.
 
"Non voglio... il dolore mi fa male. Mi fa stare male. Io odio la sofferenza."
 
Continuando a fuggire, non potrà mai cambiare nulla. Devi affrontare il dolore.
 
"Come posso farcela? È impossibile per me! Cosa c'è di sbagliato nel fuggire dalle cose spiacevoli?!"
 
"Quindi vorresti fuggire anche da me... Shinji? Stai forse dicendo che ti sono spiacevole?"
 
"Non è così... io ho solo paura..."
 
"Hai paura di me Shinji? Ma chi vuoi prendere in giro... guarda che so perfettamente cosa fai quando pensi a me. Avanti...mostramelo..."
 
"NO! Io non voglio! Non l'ho fatto davvero! Non sono stato io!"
 
"Stai solo fuggendo. Anche da me."
 
"Perché non dovrei fuggire? Con il modo in cui mi tratti! Almeno cerca di essere gentile con me!" 
 
"Ma io sono gentile con te."
 
"BUGIARDA!"
 
"Stai solo fuggendo. Dai tuoi desideri, dalle tue emozioni, dai tuoi pensieri. Sei spaventato da come gli altri potrebbero riceverti. Tu hai paura di venire rifiutato. Hai paura di essere abbandonato."
 
"BASTA! Non è vero!"
 
"Allora fammi vedere cosa vorresti farmi. Avanti piccolo Shinji... te lo si legge negli occhi..."
 
NondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggireNondevofuggire...
 
Alzò lo sguardo. Guardò dritto negli occhi di Asuka, prominente su di lui. Per un solo secondo; tanto bastava. La luce crepuscolare illuminava ancora i vagoni del treno. 
 
NON DEVO FUGGIRE!
 
Splash.
 
Gli occhi di Shinji scattarono, ma non potè fare a meno che richiuderli dalla nausea. Ora, avventuratosi, un po' timoroso, oltre il torpore dei primi istanti, poteva chiaramente percepire il flusso minaccioso di ossigeno che fluiva direttamente verso il suo cervello, e la sua sovrabbondanza lo faceva stare male. Le gambe gli cedevano sotto il bacino. Le mani gli guizzavano e tremavano forsennatamente. 
 
Fu proprio questo spasmo disperato a spingerlo a stringere con forza la vita di Asuka a sè, un po' goffamente. L'impatto la sorprese, e abbandonò il naso di Shinji improvvisamente, spostando il suo tocco verso il petto, lo stomaco, i fianchi, e ancora il petto, e le scapole. Shinji a malapena potè sentire la mano di lei. Gli tornò il respiro, ma il contatto intimo lo portò quasi a perderlo ancora. 
 
Non potè fare a meno di notare i suoi occhi chiusi, la dolce curvatura delle ciglia, che le dava un aspetto bellissimo. E come per riflesso, non riuscì a non far cadere la coda dell'occhio in mezzo alle spalle, sul petto. Se ne rese conto poi, e provò grande imbarazzo. Frattanto, cercava di rispondere al bacio come meglio poteva. Lasciava scivolare delicatamente le labbra su quelle di lei, studiando il sapore amaro di miele della punta della sua lingua.
 
I suoi pensieri procedevano a scaglioni. O meglio, così li percepiva. Infatti, la sua mente era inondata di sensazioni, colori, sapori. Tanti erano questi che non poteva processare il tutto. Non riuscì nemmeno ad incorporare adeguatamente gli occasionali suoni di piacere di Asuka, teneri gridolini che vibravano sulle sue proprie labbra fin dentro alla gola. 
 
Questi versi... delineavano forse piacere? Asuka stava apprezzando la cosa quanto lui? Non riusciva a capire. Il piacere... una sensazione piacevole. Shinji non pensava neanche che si potesse provare ciò insieme ad un'altra persona. Eppure a lei stava piacendo! A lui stava piacendo! Si sentiva bene, non desiderava smettere.
 
Eppure... aveva paura. E se non fosse così? Se Asuka pensasse ad altro? 
 
Lui non riusciva a capirla. Non pensava che l'avrebbe mai fatto.
 
Infondo, era ancora solo un bambino. Pensò questo, e il cuore gli divenne amaro. E fu per lui ancora maggior dispiacere quando guardò ancora quel punto, quelle curve, quel seno... 
 
E gli venne voglia di toccarlo. Un pensiero così crudo che cercò di ritirare immediatamente, ma non è possibile nascondere a se stessi i colori dell'animo. Se Asuka potesse vederlo, senza dubbio ne rimarrebbe disgustata. E avrebbe avuto ogni motivo per farlo. Difatti, non riusciva più a fermarsi. Il bacio era diventato ormai tanto appassionato e fervoroso da scatenare una totale frenesia in lui. Un calore profondo, intimo, che ungeva ogni parte del suo corpo. 
 
Iniziò a spostare le mani, saldamente strette alla vita, lungo la schiena, le spalle, le braccia. La reazione di Asuka non fece che stimolarlo di più, e decise di avvicinarsi ancora. 
 
Poi alzò gli occhi, e vide che ora lo stava guardando. Ma non comprese la natura del riflesso del suo sguardo.
 
E udì una porta aprirsi. 
 
La signorina Misato!
 
Si staccò nel panico da Asuka, vergognatosi di sè. Lei fece altrettanto, indecifrabile, e si affrettò in camera.
 
Shinji non riusciva a capirla.
 
Ma più che confusione, sentiva una lenta amarezza. Era tutto finito. In quel momento, era stato felice. Nonostante le paure, non poteva trarne che gioia. Ora, in lui rimaneva un tocco caldo, inciso sulla sua pelle, nei luoghi dove si erano toccati, sfiorati, baciati. Eppure, senza di lei, tutto ciò era solo motivo di dolore. 
 
Aveva scelto di non fuggire, e aveva davvero creduto che ciò sarebbe bastato. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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