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Autore: weheartit221    05/02/2018    2 recensioni
E' un esperimento.
La fan fiction, ovviamente.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hiye, a tutti coloro che sono entrati anche per mera curiosità dentro questa fan fiction. Ci terrei a precisare che questa storia, scritta in forma di epistola secondo il POV di John nasce in un momento di noia mentre aspetto il bus per andare a lavoro. Il mio intento è sperimentale, non ho messo un'enfasi intensa nella cura della storia dal momento che è stata scritta di getto. Più in là, quando sarò pronta cercherò di cimentarmi in qualcosa di serio e ben fatto. Mi dispiaceva non pubblicarla, a discapito dell'intenzione non tanto seria, perché il prompt iniziale mi dava fiducia; peccato per il resto. Mi autoanalizzo da sola. Se vi piacerebbe che scrivessi qualcosa di più elaborato fatemi sapere in qualche commento, nel caso vi andasse di recensire. Grazie. Enjoy.

*****

Il cielo su Londra sapeva prima di noi cosa sarebbe accauto quel giovedì di settembre, non che creda sicuramente a questo genere di cose.

Forse è solo il pensiero di un uomo ridicolo che si riflette nella sua prosa farsesca e, come più volte da te insinuato e pedantemente sottolineato, ''troppo melodrammatica, John''.

Ti ho sempre visto come una persona indistruttibile, Sherlock, e conseguentemente ti ho sempre trattato come tale. Ma ora, mentre dormi accanto a me, accovacciato come un neonato in questi scomodi sedili di un aereo low coast, realizzo che non è mai stato così.

Mi dispiace tanto, avrei potuto accorgemene prima, surclassare tutta la merda (non biasimarmi per questa espressione che a modo tuo definirai grossolana) attraverso cui siamo passati.

Ho sempre pensato che il dolore fosse intrinseco di ogni essere umano e quasi fondamentale per certi versi; senza di esso non esisterebbe la gioia così come gli opposti di tutte le emozioni fondamentali alle quali pensavo fossi immune.

Non ho mai letto, da uomo idiota qual sono, oltre le righe, nella tua profondità, forse perché quell'ettichetta che con tanta enfasi e coercizione ti eri affibiatto stava bene anche a me e perché sapevo, dal fondo del mio precipizio, che con te non mi sarei mai potuto spingere oltre. E questo mi ha sempre salvato, come tu hai sempre saputo, dalla palude dei miei pregiudizi che mi tenevano ancorato ad un certo canone di uomo, che non ero veramente io, ma che si adattava perfettamente al mio modello di società ipocritamente ideale.

Quando Mycroft è morto, il mese scorso, tutto è venuto a galla. Ci voleva il tuo miserabile fratello, quello che con tanto amorevole odio hai denigrato per anni, a farmelo capire.

Se chiudo gli occhi posso scorgere ancora tutti i dettagli e se potessi preferirei non farlo a costo di non capire mai la natura dei miei veri sentimenti per te.

È davvero dovuto servire il sacrifio di un uomo così brillante che ti amava con ogni molecola del suo corpo a dare il giusto senso agli eventi che con la mia ignoranza ho incasinato per anni?

Ho sempre fatto scelte sbagliate Sherlock e quella di sposare Mary mi fustigherà per tutto il resto della mia vita. Ma se questo è il pegno che devo pagare per espiare la mia colpa, io te lo giuro, raddoppierei all'infinito il dolore che sento in questo momento e se potessi mi prenderei anche il tuo.

Quando Mary ha sparato a Mycroft con una spietatezza che non concerne un essere umano ho visto quella corda spezzarsi per la prima volta. Ho visto tante persone morire durante il corso della mia vita, alcuni di loro erano compagni di missione altri invece semplici conoscenti, altri ancora, come te su quel tetto del St. Bartholomew, amici profondi; ma c'è una cosa che accomuna tutte queste categorie: non sono mai stato immobile. Quando tuo fratello è caduto sotto i miei piedi io sono rimasto, per la prima volta in questa vita, paralizzato. Non ho avuto il coraggio di guardare in basso Sherlock, nemmeno quando tu sussurravi come una litania interminabile di fare qualcosa. Le poche ore in cui il sonno riesce ad impossessarsi di me riesco ancora a sentire le tue parole rivolte a quell'uomo, sangue del tuo sangue, sdraiato sul pavimento oramai inerme: "Sei ridicolo Mycroft, svegliati. Ti prego John fai qualcosa".

"Ti prego John fai qualcosa", fai qualcosa. E tutto quello che ho saputo fare è stato serrare i miei pugni, dissentire e poi guardarti cadere in pezzi.

Anche nella tua espressione del dolore ti sei mostrato nella tua unicità. Eri composto durante il suo funerale e ti contraddistingueva una dignità quasi anormale, robotica potranno pensare anche coloro che pensano di conoscerti, ma io lo vidi per la seconda volta che qualcosa dentro di te si era rotto, frantumato.

Non ho osato parlarti, nè toccarti per giorni interi e te lo giuro su Dio, Sherlock avrei voluto farlo.

Quando siamo tornati dal momento delle condoglianze ti ho visto, so che lo sai. Eri sdraiato nel tuo letto, davi le spalle alla porta e tremavi. Non mi sono accorto in un primo momento che erano i singhiozzi che ti stavano scuotendo e silenziosamente si stavano impossessando del tuo corpo. Avrei voluto stendermi al tuo fianco e circondarti con il mio corpo, tenerti stretto a me. Ma quello che ho saputo fare è stato sempre lo stesso, contrarre la mia mascella e andarmene via con la vile giustificazione che forse, e come sempre, avresti preferito rimanere da solo.

Quella notte ho pianto come un bambino, Sherlock, e insieme alle mie difese è caduta anche quella radicata convinzione ruotante intorno all'idea che tu fossi un essere indistruttibile.

Il giorno dopo le cose sarebbero cambiate per me, ma tu te n'eri già andato. Non so ancora cos'hai fatto in quella settimana in cui sei stato lontano da Baker Street e in cui nessuno, tanto meno io, sapeva dove fossi ma sappi che non ti biasimo ancora se hai fatto qualcosa di incoscente.

Ti ho cercato disperatamente per tutti i sobborghi di Londra e con me altre dieci pattuglie incaricate da Greg non pensando affatto che se tu non ti saresti voluto fare trovare, la nostra timorata perlustrazione sarebbe stata puntualmente inutile, come difatti si è rivelata.

Dopo cinque giorni ero esausto, disperato, spento, era come se tu fossi morto un'altra volta. La colpa mi stava dilaniando e stavo cominciando ad aver paura che te ne fossi andato per sempre. Al solo pensiero mi mancava il respiro, Sherlock. Che uomo egoista, aggiungilo alla lista delle mie insufficienze insieme alla codardia.

Ti ho scritto "Ti prego, torna a casa" il pomeriggio del sesto giorno di ricerca.

La notte del settimo sei tornato a Baker Street. Hai aperto silenziosamente la porta della camera, e nell'oscurità, a tentoni, ti sei infilato nel mio letto e mi hai stretto così forte da farmi male. Puzzavi, molto probabilmente eri sporco, ma Dio, non mi importava.

Quel giovedì di due settimana fa, il cielo rombava da lontano e tu hai appoggiato la fronte sopra la mia spalla. Hai pianto Sherlock, tutte le lacrime trattenute in una vita. Io non dissi niente, ma ti cingevo le braccia per tenerti stretto e ti ho ascoltato in silenzio.

È solo quando hai finito che ho avuto finalmente il coraggio di girarmi dalla tua parte. Con una dolcezza che non ho mai riservato a nessuna delle donne della mia miserabile esistenza ho asciugato l'umidità dai tuoi occhi e ti ho baciato la fronte e sotto quel tocco, dopo anni di interminabili bugie, ho ottenuto da me stesso l'ineluttabile confessione.

Ti amavo. Ti amavo come non avevo mai fatto con nessun altro.

Se potessi dare un titolo ad un tale articolo sul mio blog, questo sarebbe sicuramente "Epifania del mio amore per Sherlock Holmes", ma, e ora sorrido tra me, sono sicuro che non ne saresti affatto contento.

Dopo quel gesto ti sei spinto ancora più vicino, hai stetto la mia t-shirt con i pugni quasi come se avessi paura che qualcuno ti potesse portare via da me in qualunque momento.

"John" me l'hai detto con voce tremante ma in quella frase c'era il coraggio di chi non ha più niente da perdere "non voglio che nella mia vita qualcun'altro muoia senza sapere quanto l'ho amato".

Ho sospirato pesantemente e con il volto colmo di lacrime ti ho baciato con tutta la prepotenza che mi ero ripromesso di non usare la prima volta insieme a te.

Quella notte abbiamo fatto l'amore ed è durato un attimo intenso. È stato come se la nostra vera essenza, celata in questi tre anni, si fosse manifestata e avesse creato una fusione imperfetta. È stato animalesco, disordinato e rude ed è stata la cosa più naturale che sia avvenuta in questa mia vita.

La luce della mattina si è affacciata puntale dalla finestra di camera tua. Abbiamo rifatto l'amore ed è stata migliore della prima volta, come se tutto fosse in costante divenire.

Ieri, accocolato sopra la mia spalla mi hai detto che saresti voluto andare via per un po'. Per la prima volta da quando ci conosciamo non ho fatto domande perchè qualunque fosse la motivazione era sottoscritto che ti avrei seguito, dovunque tu fossi andato e per quanto tempo avresti voluto.

Abbiamo preparato le valige mettondo dentro qualche vestito e salutando la signora Hudson ci siamo avviati verso l'aeroporto.

 

******

 

''John''. Ti svegli lentamente mentre l'aereo inizia a decollare. Hai delle occhiaie livide, segno del poco riposo di queste ultime settimane. "Dove siamo?"

 

"Sei addormentato solo da cinque minuti. Siamo ancora a Londra, vedi?'' gli dico indicando il panorama sottostante.

L'aereo vira alzandosi sempre più in alto in mezzo alla coltre di nubi opprimenti che assediano Londra.

 

Vedo Sherlock poggiare la testa sopra il sedile infastidito dalla pressione del decollo. Metto la mia mano sopra la sua e lui ricambia alzando il palmo verso l'alto e intrecciando le dita sopra le mie.

 

"Pensi che Mycroft lo sapesse?''. Chiedi improvvisamente guardando dritto di fronte a te con uno sguardo vacuo. "Di noi?''.

 

"Mycroft ha sempre saputo tutto prima di tutti, Sherlock, anche di te".

 

"Già''.

 

"Sarebbe felice per te, lo sai questo vero?''. Glielo dico sorridendo ma il mio sorriso non lascia passare quella intenzione.

 

"Guarda com'è azzurro il cielo sopra le nuvole di Londra''. Dice, indicando il finestrino.

 

Mi volto e mentre una profonda luce limpida mi abbaglia so che d'ora avanti le cose andranno meglio.

 

"Grazie Mycroft". Dice l'uomo al mio fianco. 

   
 
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