La canzone è Shy dei Sonata Arctica, consiglio l'ascolto durante la lettura della SongFic.
Guardo l'orologio per
l'ennesima volta,
costretto in quest'ufficio per colpa di uno stronzo ritardatario che
ora si sta facendo i cazzi suoi chissà dove!
Sbuffo riprendendo a lavorare, è
inutile anche stare qui a pensarci, devo finire questo maledetto
lavoro o non sarò mai libero di tornamene a casa...
Ma chi
voglio prendere in giro, non mi peserebbe tanto ritardare il mio
rientro in quel buco freddo e vuoto...
Non è lì che voglio ritornare.
Riguardo la bozza che ho sotto mano
rendendomi conto degli errori che anziché diminuire
stanno aumentando,
dilatando anche la mia permanenza in questo maledetto ufficio.
Guardo di nuovo l'orologio, 20:37...
Mi sfilo gli occhiali sfregandomi gli
occhi stanchi, mi guardo attorno, sono già andati tutti via
da un
pezzo, resto solo io. Mi sfrego il capo reinforcando gli occhiali e
rimettendomi al lavoro.
Ancora 10 pagine e ho finito.
*
Finalmente
sono libero, sono
le 9 passate ma non posso mancare al mio appuntamento.
Rido di
me stesso e di ciò che mi hai portato a fare, ma tutto
ciò che
lascio trasparire è un ghigno che smonto afferrando la
sigaretta con
le labbra mentre mi avvio con passo spedito nella direzione opposta a
casa mia.
Svolto
l'angolo e mi fermo, come tutte le sere; non so quando sia iniziata
questa routine ma non riesco a farne a meno; inspiro una boccata di
nicotina finendo stancamente la sigaretta, da qui posso osservarti
senza che tu ti accorga di me.
La punta
del mio naso punge per il gelo ma non me ne curo, mentre lascio che
sia il mio petto a scaldarsi.
Osservo
i tuoi gesti rapidi e per niente gentili con cui servi quei maiali di
avventori che ti ritrovi, lasciano sempre a te la gestione di questo
turno bastardo.
Mi passa
accanto il tuo collega, nemmeno mi nota troppo impegnato ad
arpionarsi al suo compagno. L'invidia mi anima.
Ma è
anche questo il motivo per cui sono qui, non posso lasciare che ti
succeda qualcosa.
Torno a
guardarti, questo è l'unica occasione in cui non distolgo un
momento
gli occhi da te, ignaro interprete delle mie fantasie.
Spengo
la sigaretta e mi scosto dal lampione a cui mi sono appoggiato ed
entro.
Entro come tutte le sere, le
mani ben piantate nella giacca che indosso, la sciarpa ad avvolgermi
il viso per celarmi ai tuoi occhi, oh i tuoi occhi,
se solo ti
rendessi conto della luce che hai riportato nelle mie notti
solitarie.
Il tuo occhiolino mi
accoglie e l'illusione di ciò che potrebbe racchiudere mi
ammalia come tutte le sere e io come
sempre distolgo lo
sguardo schioccando la lingua indispettito; e come ogni sera
tu ridi di me e abbandoni tutto ciò che stai facendo per
avvicinarti
al tavolo all'angolo che come sempre occupo. Do le
spalle alla
stanza, così posso osservare il tuo riflesso avvicinarsi e
rubarti
alcuni sguardi, per poi affogarli nel menu mentre ti allungo la
tazza.
E come ogni sera commenti il
mio essere di poche parole.
Oh se solo sapessi...
Alzo lo
sguardo solo mentre ordino per l'ennesima volta lo stesso piatto e
per un attimo vedo il mio riflesso nei tuoi occhi ridenti.
*
Come
sempre accompagno il tuo riflesso
fin dietro il bancone, ti guardo mentre armeggi con la tazza di
tè,
noto come la pulisci con riguardo e come afferri la scatola metallica
con le foglie da un ripiano decisamente scomodo. Lo fai solo
per
me?
Oh quanto vorrei
che mi parlassi anche adesso, che avessi pietà di questo
vile uomo
di trent'anni e infrangessi i miei silenzi con i tuoi commenti
sarcastici e taglienti che ti sento rivolgere agli altri avventori.
Quanto vorrei che
mi dimostrassi che mi sto illudendo e che mi dovrei rassegnare.
Un
commento decisamente fuori
luogo attira la mia attenzione, un uomo un po' alticcio ha allungato
una mano sui tuoi fianchi mentre ti dirigi verso di me e la tua
risposta anima le mie speranze con rinnovato ardore. “Sarò
anche gay- replichi
con un
tono talmente fiero da farmi voltare nella tua direzione senza pudore
-ma non sono di certo disperato” E
afferri la sudicia mano rivoltandola malamente per poi risistemarti
la maglia e col tuo solito sorriso riprendere la strada che ti separa
dal mio tavolo.
Per un attimo i
nostri occhi si incrociano, ma non nel riflesso come al solito
ridestandomi e facendomi voltare.
Mi stupisco per
l'audacia che mi smuovi notte dopo notte.
Appoggi il mio
pretesto che ha la
forma di una tazza di tè accompagnato da una cheesecake ai
frutti
rossi di fronte a me, mi auguri buon appetito come tuo solito e
torni al bancone mentre quel bavoso si lagna dei tuoi modi troppo
bruschi.
“Mi piacerà anche prenderlo ma
sono sempre un uomo” Rispondi
piccato e per niente in imbarazzo facendomi andare di traverso il
boccone.
La tua audacia va
di pari passo con la mia codardia.
Ho
sempre mascherato la mia solitudine dietro a giustificazioni e
incolpando le altre
della loro femminilità.
Oh come desidererei possedere la tua
sincerità.
Guardo la
tovaglietta della cena e come sempre è imbrattata di tutte
le frasi che
vorrei dirti ma che le mie labbra falliscono nello professare. Le
cancello come ogni sera, la mia vigliaccheria fa incazzare persino
me.
Ti
osservo attraverso il riflesso mentre asciughi il bancone, ogni tanto
alzi lo sguardo sospirando mentre mi vedi riaffondare lo sguardo
nella menzogna che ha
l'aspetto di pagine colme d'inchiostro di cui non conosco nemmeno il
significato.
Alzo,
per quella che mi racconto essere l'ultima volta, lo sguardo e
incontro il tuo, davvero stai guardando questo
illuso
ipocrita?
Guardo
l'orologio, sono quasi le 2 di
mattina e io sono ancora qui a sorseggiare tè freddo e a
mangiucchiare torta, ti osservo ancora, il sorriso non abbandona per
un momento il tuo viso anche adesso mentre starai rispondendo a
qualcuno di speciale mentre scribacchi sul cellulare.
Il rumore della forchetta che mi
scivola via dalle mani ti fa scattare e subito sorridi alla piacevole
distrazione mi viene da pensare.
Molli il telefono
per venire nella mia direzione.
“Prego” Dici
senza esitazione mentre mi porgi una forchetta pulita e raccogli
velocemente l'altra.
Io la afferro e
avrei voluto che avessi esitato nel darmela per permettermi di
illudermi ancora e ancora.
Come
ogni sera
finisco il pasto e presto si fa l'orario di chiusura.
Ti ho
già allungato da un po' la stoviglia sporca che hai
afferrato col
tuo solito sorriso sgargiante indugiando,
illudendomi. Il tuo
tocco è leggero, veloce e non mi dai modo di assaporarlo
fino in
fondo.
E te ne sono grato.
Pago ed esco.
Il
gelo di questa notte invernale mi investe sempre più
impietoso; mi
guardo indietro mentre porto la sigaretta alle mie labbra indugiando
mentre dai l'ultima passata con lo straccio prima di uscire.
La accendo solo
quando sento il familiare suono delle mani che si sfregano dietro
di me.
“Fai le ore piccole come sempre”
Commenti
ridendo, per poi affiancarmi
come sempre.
Non ho ricordo di
quando hai iniziato a viziarmi con la tua presenza, ma ne sono
già
dipendente.
Hai preso
l'abitudine di raccontarmi delle tue serate mentre percorriamo la
strada che mi porta sempre più lontano della mia reale meta,
le mie
boccate di nicotina intervallano le tue parole e allontanano l'ora
del mio riposo.
Davvero,
non ho capito come siamo arrivati a questa routine e non so come tu
possa essere così sincero
mentre io sono così bugiardo.
“Sono arrivato” Mi
dici, annuisco in risposta salutandoti con un cenno della mano.
La tua immagine
sorridente mi accompagna fino a casa, dove mi addormento col tuo
sorriso impresso a fuoco nella mente che so mi scalderà solo
fino
alla prossima nottata.
*
“Io sono
Eren” Dici
inaspettatamente mentre il tintinnio che accompagna la chiusura della
porta si perde nella notte e la sigaretta, che come sempre
mi attardo ad accendere, cade dalle labbra suscitando la tua
risata. Mi volto di scatto e ti trovo in piedi ad un passo
da
me con un pezzo di carta tra le mani.
“Nessuno mi ha mai
lasciato un pensiero simile” Confessi
imbarazzato e io
povero stolto che credevo di non poter capitolare per te
maggiormente, mi ritrovo a guardare altrove con la scusa di afferrare
un'altra sigaretta riportandomela alle labbra.
“È una cazzata” Il
mio imbarazzo parla per me e mi incammino lasciandoti
indietro, ma i
tuoi passi
affrettati mi sono subito dietro.
“I tuoi occhi sono fonti, nelle
cui silenziose acque serene si specchia il cielo.”
Leggi
quella frase che mi maledico per aver scritto di getto perso nelle
tue iridi ammaliatrici. “Sei
più bravo di me a parole,
io parlo parlo parlo senza mai concludere nulla, tu invece hai
centrato perfettamente il concetto che mi tormenta, già
com'è
che...”
Lasci
in sospeso la frase, il fiato corto per il fiume di parole che hai
lasciato esondare senza controllo e io mi volto capendo forse troppo
tardi la tua tacita richiesta.
“Levi” Dico
semplicemente e vedo le tue guance imporporarsi.
Subito
mi sei vicino mentre stringi spasmodicamente il foglio che credevo
di aver cancellato come sempre.
“Bene, sono arrivato” Sancisci come tutte le notti, ma questa volta la tua voce sembra più squillante.
Diversamente dal solito mi fermo e mi volto, non so nemmeno io perché; ti trovo a un palmo dal naso sorridente, sono certo che ho visto uno spiraglio di aurora nel buio della notte che mi circonda.
“A domani Levi” Mi dici catturando le mie labbra in un bacio leggero facendomi scivolare fra le mani un foglietto e questa volta sei tu a salutarmi con la mano dandomi la schiena quando scappi ridendo.
Quando mi riprendo dal gesto avventato alzo il pezzo di carta di fronte al viso ridendo nel leggere la strana dedica.
“Non sono coraggioso come vorrei 345-XXX-XXXX Eren”
Allargo
la sciarpa liberando
la smorfia che mi deturpa il viso e che smonto con una sigaretta
mentre affondo il pugno nella tasca per nulla intenzionato a perdere
quel pezzo di carta.
Per fortuna che ti sei
rivelato più magnanimo del previsto.
Espiro una boccata di fumo scrollando la sigaretta con un gesto secco
della mano.
Mi mangio la risata che
stava nascendo con un'altra boccata di tabacco.
Quella notte mi addormento
con la consapevolezza che non avrò più bisogno di
sognare i tuoi
occhi.
*
Note
dell'autrice.
Che dire, sono molto emozionata e ho voluto pubblicare anche questa Song Fic.
La canzone si plasma bene per mille e uno finali, ma io ho preferito donare al malinconico Levi uno spiraglio di luce che ha le sembianze di un impulsivo camiere dai luminosi occhi verdi.
Spero che vi piaccia quanto è piaciuto a me scriverla!
Ho adorato scriverla e anche imprecare sull'html.
Ok ho sistemato l'errore delle grafiche sbagliate! Non riuscivo ad andare a dormire al pensiero, -balla pazzesca, tanto non dormirei comunque- e poi come mi ha fatto notare la beta: “Eh... che poi sembra che la beta non sappia l'italiano....”
Scusa beta .-. ora è tutto sistemato, e grazie per tutto il lavoro che fai ogni volta!! E ora posso concentrarmi sul capitolo di Twin' Secret che verrà pubblicato domani ;).
A voi la parola.