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Autore: Shainareth    25/02/2018    5 recensioni
«Chat Noir?» chiamò di nuovo, con più calma, tornando accanto a lui. Con una carezza gentile, gli scostò i capelli fradici di pioggia dal viso: era pallido e gelido. Cosa poteva mai essergli capitato?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANNIVERSARIO




Pur sotto lo scrosciare impetuoso della pioggia, che si stava riversando su Parigi da quella mattina, Marinette avvertì un tonfo provenire dall’alto del suo balcone. Che fosse caduto uno dei vasi di fiori a causa del maltempo? Aprire la botola che conduceva di sopra era un azzardo, ma la ragazza non poté fare a meno di preoccuparsi di raccogliere quella povera pianta e di sistemarla in un posto più riparato fino a che non avesse smesso di piovere. Scivolò quindi fuori dalle coperte e fece leva sulle gambe per aprire il portello orizzontale posto sopra il letto. Subito fu investita da una pioggia gelida e violenta, che la inzuppò nel giro di pochi istanti fino alle ossa. Rabbrividendo e faticando quasi a tenere gli occhi aperti, nonostante il buio della notte l’attenzione di Marinette fu catturata immediatamente da una figura scura riversa sul pavimento, immobile come se fosse morta. Il sangue le si ghiacciò nelle vene. «Chat Noir!»
   In un balzo gli fu accanto, incurante dell’acqua e del freddo, e con fare febbrile cercò di capire se fosse o meno cosciente. Non lo era, ma almeno era vivo. Non sembrava neanche ferito e questo le consentì di tirare un vago sospiro di sollievo. Senza perdere tempo, incitata anche dalla piccola Tikki, afferrò il giovane per le braccia ed iniziò a trascinarlo verso la botola, scendendo adagio per prima. Con uno sforzo non indifferente, riuscì infine a tirarlo giù con sé, finendo schiacciata sotto al suo peso contro il materasso. Stanca e zuppa d’acqua, Marinette si impose un ultimo sacrificio e, scivolando via a fatica da quell’abbraccio inconsapevole, si adoperò per richiudere la botola prima che la stanza finisse allagata.
   «Chat Noir?» chiamò di nuovo, con più calma, tornando accanto a lui. Con una carezza gentile, gli scostò i capelli fradici di pioggia dal viso: era pallido e gelido. Cosa poteva mai essergli capitato? Marinette scambiò un rapido sguardo con Tikki e, senza neanche bisogno di parlare, subito si intesero. «Tikki, trasformami», sussurrò la ragazza, più per timore di disturbare l’amico che di essere scoperta. Doveva capire cosa gli fosse accaduto, certo, ma prima ancora doveva evitare che lui si ammalasse. Ricorse perciò subito al suo Lucky Charm, sempre in modo piuttosto silenzioso, ed un piccolo asciugacapelli le comparve fra le mani. «A questo potevo arrivarci anch’io…» borbottò, poco soddisfatta della trovata del suo potere. Oltretutto avrebbe fatto troppo rumore, specialmente a quell’ora tarda. I suoi genitori l’avrebbero sicuramente sentita, si sarebbero alzati e sarebbero saliti di sopra per controllare cosa stesse accadendo… e a quel punto lei come avrebbe giustificato la presenza di Chat Noir sul suo letto? Letto impregnato d’acqua, ormai, tanto che Marinette non osò immaginare in che condizioni fosse il materasso.
   Al momento, però, aveva ben altre priorità e, facendosi coraggio, azionò quell’asciugacapelli che, almeno in apparenza, non necessitava di corrente elettrica. Fu una confortante sorpresa scoprire che l’aggeggio non soltanto funzionava comunque, per di più non faceva quasi rumore. La ragazza iniziò quindi ad asciugare almeno la zazzera bionda del proprio partner e, fra una carezza e l’altra, lo udì mormorare qualcosa. Si fece più vicina alla sua bocca, carpendo un’unica parola, ripetuta un paio di volte con voce strascicata: mamma.
   Ladybug si guardò la mano che stava passando fra i suoi capelli e si domandò se fosse davvero possibile che lui avesse scambiato il suo tocco con quello della donna che lo aveva messo al mondo. Avrebbe dovuto sembrarle strano, forse, eppure quella scoperta le riscaldò il cuore. Non riuscì a trattenere un sorriso e, finito con il phon, lasciò che questo si dissolvesse nell’aria, ripristinando almeno in parte l’ordine: il letto tornò asciutto, così come anche loro. La ragazza si stese sul fianco, accanto all’amico, e gli mise le coperte sulle spalle, decisa a dormirci insieme se lui non avesse ripreso conoscenza prima dell’alba. Il suo miraculous emise un lieve suono, avvertendola dell’imminente trasformazione, ma lei non vi badò; nemmeno quando vide le ciglia di Chat Noir muoversi e sollevarsi appena. Con occhi appannati, al giovane sembrò di scorgere la figura di Ladybug accanto a lui, e il suo cuore, che nelle ultime ore era stato tempestato di dolore e rabbia, finalmente si acquietò. Avvertì l’ennesima carezza fra i capelli e, del tutto rilassato grazie a quella tenerezza e al calore che lo avvolgeva, allungò un braccio per circondare la vita della ragazza, attirandola leggermente a sé. Lei si avvicinò e lo abbracciò, fino a che l’altro non crollò di nuovo in uno stato di profonda incoscienza.
   La trasformazione si sciolse e Ladybug tornò ad essere semplicemente Marinette. Ormai rasserenata sulle sue condizioni fisiche, la ragazza rimase ferma fra le sue braccia, domandandosi cosa mai gli fosse capitato e cosa lo avesse spinto proprio lì, sul suo balcone. Anche se Chat Noir si era tranquillizzato alla vista della sua collega, era stato da Marinette che aveva cercato rifugio. Doveva forse dedurne di essere diventata importante per lui anche quando non indossava la maschera? Eppure il tempo trascorso insieme all’eroe con il suo vero aspetto non era stato molto. Importante, certo, ma non molto. Di più, a Marinette sembrava di non meritare quell’affetto: anche se lui non poteva saperlo, quella sera di qualche settimana prima Chat Noir era andato da lei con il cuore in pezzi proprio per colpa sua. E, nonostante fosse stato il primo ad aver bisogno di consolazione, si era preoccupato di risollevarle il morale. Come poteva, Marinette, non volergli bene? Come poteva non considerarlo prezioso come pochi altri al mondo?
   Il display del suo cellulare illuminò parte della stanza, distraendola da quei pensieri. Ciò nonostante, non vi badò troppo, certa che Tikki si fosse messa a curiosare su internet in cerca di notizie su eventuali problemi in città. Il piccolo kwami fu di nuovo da lei una manciata di minuti dopo, prudente e silenziosa, e scosse la testolina, come a dire che nulla lasciava presagire un attacco da parte di Papillon o un incidente che richiedesse la presenza degli eroi cittadini.
   Marinette tornò a rilassare il capo contro il cuscino e, avvertendo il respiro caldo di Chat Noir sul viso, si sporse per posare le labbra sulla sua fronte. Anche quello poteva essere visto come un gesto materno? Forse. Sempre preda di pensieri e preoccupazioni, la ragazza non poté fare a meno di chiedersi perché la mente di Chat Noir, sia pure nell’inconscio, fosse andata alla figura materna. Di colpo, come un lampo, a Marinette sovvenne che quel giorno ricorreva il triste anniversario della scomparsa della mamma di Adrien. Quella mattina lui non si era neanche presentato a scuola e lei non osava immaginare come dovesse sentirsi. Adrien non le aveva mai parlato esplicitamente della donna, se non una volta, quando lei era nei panni di Ladybug. Dal modo in cui lui aveva osservato la foto di quella bella signora bionda, dal sorriso che gli aveva illuminato il volto, Marinette aveva capito che era stata l’affetto più importante durante gli anni della sua infanzia; e ora lei non c’era più e Adrien si trovava a dover condividere una vita solitaria e triste insieme ad un uomo che quasi lo ignorava, e che tuttavia rimaneva pur sempre suo padre.
   «Grazie…»
   Quella parola la fece sobbalzare e sentì Tikki filare a nascondersi da qualche parte, fra gli scaffali posti vicino al letto. «Chat Noir…?» sussurrò la ragazza, mentre lui sfregava la punta del naso contro la sua spalla, crogiolandosi in quella situazione. Marinette emanava un buon profumo, ma lui comprese subito che non era qualcosa di artificiale, bensì l’odore naturale della sua pelle. Se ne riempì le narici, sentendosi pervadere da un senso di beatitudine provato poche altre volte in vita sua.
   «Scusa se ti ho disturbato…» biascicò ancora il giovane, la voce roca ma serena. «Vado via, se vuoi.»
   «No», rispose lei, rilassandosi di nuovo nel suo abbraccio. «Sarei più tranquilla se rimanessi qui.»
   Tornò il silenzio, rotto solo dallo scrosciare della pioggia contro il soffitto e i vetri delle finestre. Non sembrava più spaventoso come prima, quasi come se il tempo volesse sposarsi con il loro stato d’animo, facendo da placido sottofondo a quello scambio di tenerezze.
   «Oggi è stato l’anniversario della scomparsa di mia madre.» La voce di Chat Noir era bassa e leggera, ma intrisa di quella sofferenza che solo un figlio che ha amato può capire.
   «Lo so», mormorò Marinette, riuscendo a mantenere una serenità che non avrebbe mai creduto di possedere, di fronte a quella rivelazione. «Ho pensato a te tutto il giorno. Ero preoccupata.»
   «Mi dispiace.» Il giovane non disse altro, certo che lei avesse compreso il suo bisogno di rimanere da solo, di sfogare il dolore che quella maledetta ricorrenza aveva risvegliato in lui, anche a causa del silenzio crudele di suo padre.
   «Voglio solo che tu stia bene», lo tranquillizzò la ragazza.
   «È per questo che sei ricorsa al Lucky Charm?» Chat Noir la sentì irrigidirsi appena fra le sue braccia e capì che doveva essere più chiaro. «Ho girato a vuoto per tutto il giorno, senza meta. Almeno fino a che non ho capito quale fosse l’unico posto in cui sapevo che il mio cuore avrebbe trovato conforto. Perciò sono venuto qui. Ero stanco e infreddolito, come un gattino abbandonato sotto la pioggia, ma sapevo che ti saresti presa cura di me. Tu ci sei sempre.» Commossa da quelle parole, Marinette sorrise, abbandonandosi contro di lui e baciandogli di nuovo il viso. «Ma poco fa ho visto lei. E allora ho capito.»
   Non parlarono più. Rimasero semplicemente lì, sotto le coperte, avvolti l’uno nel calore dell’altra, con l’animo sereno e la sensazione di essere diventati inseparabili.












La pioggia di questi giorni ispira pensieri e idee malinconiche, pertanto non mi stupisce aver scritto questa breve shot.
Non ho molto altro da aggiungere, solo un sincero ringraziamento a chiunque abbia letto.
Buona domenica.
Shainareth





  
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