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Autore: Teo5Astor    01/03/2018    15 recensioni
Cosa succederebbe se un giorno C18 decidesse di riportare alla luce i ricordi del suo passato?
Come è stata la sua vita e quella di C17 prima di essere trasformati in Cyborg?
Come e quando hanno conosciuto il perfido Dottor Gero? E che fine hanno fatto i loro genitori?
Una storia che ripercorre la vita di due personaggi affascinanti e misteriosi a partire dalla loro infanzia.
Una storia sui sogni e sulle speranze di chi ha saputo costruirsi un futuro senza avere un passato.
Nota: il titolo e diverse citazioni all'interno del testo sono tratte dalla canzone "Il mare se ne frega" di Raige, Ensi e Rayden quando formavano ancora il gruppo OneMic.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Shenron | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il mare se ne frega
 
Quel giorno C18 si alzò prima del solito. Splendeva il sole, il cielo era terso. Pensò che quello sarebbe stato un giorno importante, uno di quelli che possono cambiare la vita a una persona. Ne era convinta.
Prima di tutto preparò la colazione, poi mise in uno zaino delle bibite e qualcosa da mangiare per Crilin e Marron. I due infatti sarebbero usciti da lì a poco per andare a passare la giornata al mare, in una spiaggia lì vicina.
Lei non sarebbe andata con loro, non stavolta.
Di solito amava passare questi momenti in famiglia, anche se odiava stare per troppo tempo in mezzo alla gente. Gente fastidiosa e chiassosa. Rozza, dal suo punto di vista.
 
Le piaceva il mare, il mare aperto e silenzioso. Perché no, anche in burrasca. Aveva un significato particolare per lei. Era qualcosa da ammirare e anche da temere, ma che lei aveva domato. Sicuramente il mare era più sincero del mondo e di chi lo popola sulla terraferma.
Lo vedeva un po’ come una metafora di quella che era stata la sua vita. O meglio, per la parte di vita che era in grado di ricordare da quando si era svegliata in un laboratorio nascosto tra le montagne.
Da quando era diventata un cyborg.
 
Salutò il marito e la figlia quando uscirono. Si sentì triste nel non andare insieme a loro, ma quel giorno aveva altro da fare. Sentiva il bisogno di avere delle risposte.
Disse a Crilin che si sarebbe vista con Bulma, che erano già d’accordo e non voleva disdire l’impegno.
Non era del tutto falso, in effetti stava volando a tutta velocità verso la Capsule Corporation.
 
Quando giunse dall’amica, che non si aspettava la sua visita, arrivò subito al sodo senza inutili giri di parole. Le chiese in prestito il Dragon Radar. Disse che doveva sistemare una faccenda.
Bulma glielo diede senza problemi e la salutò con affetto. Non fece domande, sapeva che C18 era una brava ragazza e che sapeva essere anche di compagnia quando ne aveva voglia. Ma sapeva soprattutto che era una di poche parole e se non voleva raccontare quello che le passava per la testa non l’avrebbe fatto.
 
C18 trovò in fretta le sette Sfere del Drago e si diresse in un luogo appartato che le piaceva.  
Si fermò in cima a un promontorio. A volte andava lì a riflettere, da sola. Amava quella vista, quel silenzio rotto solo dal mare che bussa sugli scogli. Era una splendida giornata.
Guardò il paesaggio e disse tra sé e sé quello che era solita ripetersi:
«Il mondo mi vuole forte, veloce e in gamba. Il mare se ne frega se non resto a galla».
Pensò all’ipocrisia di molte persone che popolano il mondo e che ti mettono solo pressioni addosso. Che ti giudicano. Per questo apprezzava il mare. Lui tace, non ti crea problemi ma neanche ti aiuta. Se entri in contatto con lui devi semplicemente darti da fare per stare a galla. Nuotare per non affogare. Senza nessuno che ti giudica.
Il mare è grande e pieno di sé. Anche durante una bufera, la pioggia che cade lo sfiora appena.
Guarda il mondo e vive il tempo alla sua maniera.
 
Aveva imparato ad inquadrare la gente, ormai. Da tempo aveva detto addio ai falsi, ai traditori. A chi non ha ideali, ma solo opinioni. Aveva detto addio agli ipocriti, a chi giudica, condanna e poi sbaglia in  modi anche peggiori.
Aveva dimostrato a sé stessa di essere più forte anche del mare che tanto apprezzava. Non era affogata e non l’avrebbe mai fatto.
Era felice della vita che si era costruita partendo da zero. Non aveva un nome e non aveva un passato, avrebbe anche potuto non avere un futuro. Era grata per aver incontrato una persona come Crilin e aver ricevuto un dono come Marron. Di avere amici sinceri, anche se a volte un po’ troppo esuberanti per un tipo introverso come lei.
Ma c’era una cosa che ultimamente la teneva sveglia la notte a pensare. Un vuoto che aveva deciso di colmare.
 
«Appari, Drago Shenron!» 
Il cielo si oscurò. L’immenso Drago comparve al suo cospetto.
«Esprimi il tuo primo desiderio!»
C18 non ebbe esitazioni, ci aveva già pensato bene in quegli ultimi giorni. «Voglio ricordare la mia vita prima che mi risvegliassi sotto forma di Cyborg. La mia e quella di mio fratello».
«Niente di più semplice!» rispose il Drago.
 
Improvvisamente la mente della ragazza venne bersagliata da immagini.
Un bombardamento feroce di suoni e colori, emozioni e sensazioni.
La sua vita le passò davanti in un niente.
Un attimo lungo un’esistenza.
 
Ricordò tutto.
Il suo nome e quello di suo fratello gemello, prima di tutto.
Vide i suoi genitori. Fu come nascere di nuovo. Risentì la dolcezza di una mamma e un papà.
Erano scienziati brillanti e furono ingaggiati dall’Esercito Red Ribbon. In breve scalarono posizioni grazie alla loro capacità e divennero i responsabili di un intero reparto Ricerca e Sviluppo.
Erano brave persone, forse non capivano neanche bene per conto di chi lavorassero. Vide pure il Dottor Gero alle loro dipendenze. Provò ribrezzo.
Erano una famiglia felice. Lei e suo fratello ebbero una bella infanzia. Crescevano in una casa accogliente, coccolati dall’amore dei genitori. Giocavano, facevano sport e andavano bene a scuola. Lei era una bambina davvero graziosa e fine, lui era molto vivace e pieno di energia.
Vide tanti bei momenti di vita quotidiana familiare. Attimi di serenità.
 
Poi, un giorno, tutto cambiò.
Un’esplosione fragorosa devastò il laboratorio di ricerca dei loro genitori.
Un esperimento finito male, spiegò loro il nuovo responsabile, il Dottor Gero, prima di andarsene e lasciarli lì.
Soli e in lacrime, abbracciati l’uno all’altra.
Fu anche l’ultima volta che uno dei due vide l’altro piangere.
Avevano appena finito le scuole elementari. Ed erano diventati orfani.
 
Crebbero nell’indifferenza all’interno di quel laboratorio. Si dovevano arrangiare in tutto e dovevano dare una mano a sistemare il materiale degli scienziati dopo la scuola. Ma potevano vivere lì, così era stato deciso dal Dottor Gero.
Il tempo passava e inevitabilmente il carattere dei due bambini, diventati adolescenti e poi ragazzi, cambiava.
Andavano a scuola quando ne avevano voglia, tanto erano intelligenti di natura e non era necessario studiare troppo per ottenere ottimi voti.
 
C17 preferiva divertirsi, andare in moto, uscire con le ragazze. Era sempre vivace ed energico, ma anche molto immaturo, superficiale. Col passare degli anni iniziò a preferire la solitudine, o meglio, la compagnia degli animali. Amava molto gli animali, sia quelli domestici che quelli selvatici. Sapeva farsi capire da loro e sapeva capirli. Sembrava sentisse la loro voce. Li adorava a tal punto che divenne vegetariano. Pensò che potesse essere un piccolo passo per infondere meno sofferenze ai suoi unici amici. Lo faceva star male anche solo l’idea di potersi nutrire degli unici esseri viventi che sembravano capirlo. Che non avevano la pretesa di giudicarlo. Lo stesso C17 non si permetteva di giudicare chi non la pensasse come lui. Semplicemente non gli interessava, e non era neanche importante cosa pensassero loro di lui.
Amava gli animali più della gente, perché gli umani l’avevano deluso sempre.
 
C18 diventava sempre più fredda e introversa, non si fidava di nessuno. Era sempre più bella, poi. Se ne rendeva conto, ma non le importava più di tanto. Avrebbe potuto avere ai suoi piedi qualunque ragazzo avesse voluto, probabilmente, ma non le interessava. Non dava confidenza a nessuno, perché in nessuno trovava quello che lei cercava. Anzi, tendeva a disprezzare il prossimo in cuor suo. Era anche estremamente intelligente e sviluppava sempre di più il piacere della sfida. Si poneva dei limiti e cercava di superarli con la sua abilità. Alzava sempre di più l’asticella.
 
Propose a suo fratello di diventare dei ladri. Non volgari ladruncoli però. Avrebbero fatto solo grandi colpi. Gioielli dal valore inestimabile, opere d’arte, pietre preziose. Avrebbero colpito solo i ricchi e non avrebbero mai ucciso nessuno. Avevano imparato certi valori dai loro genitori e li avrebbero custoditi gelosamente. Anche se si erano ritrovati a imboccare una strada che non sarebbe mai stata approvata da loro.
C17 accettò con entusiasmo perché amava l’azione. Avrebbero sempre avuto il volto coperto e si sarebbero  mossi con la sua moto. Nessuno doveva scoprire la loro identità perché andavano ancora al liceo.
 
C18 preparava i colpi attraverso sopralluoghi e cartine, studiando piani sempre più elaborati. Più la sfida appariva impossibile e più si esaltava, più la cassaforte sembrava inespugnabile e più riusciva a costruire strumenti talmente innovativi da riuscire comunque ad aprirla senza difficoltà.
Sì, perché i due fratelli erano talmente intelligenti che si costruivano da soli ciò di cui avevano bisogno. E nel laboratorio in cui vivevano potevano trovare tutta l’attrezzatura. Bastava aspettare la sera, quando il Dottor Gero e gli altri scienziati se ne andavano. La vera mente era la ragazza, ma anche C17 si dimostrava davvero abile. Non esistevano sistemi d’allarme o misure di sicurezza che potessero fermarli. Erano imprendibili per la polizia per merito dell’abilità di C17 alla guida e grazie alle vie di fuga preparate da C18, con tanto di trabocchetti lungo la strada per bloccare gli inseguitori.
 
Accumulavano ricchezza, ma soprattutto traevano linfa vitale dalle sfide, dall’adrenalina. Cercavano di colmare in questo modo il disperato bisogno di affetto e attenzioni che li lacerava dentro senza che volessero ammetterlo l’uno in presenza dell’altra.
 
Ma C18 vide tutto grazie ai ricordi donati da Shenron: lei e suo fratello piangevano quasi ogni notte finché si addormentavano. Ognuno chiuso nella propria stanza, nel proprio guscio per cercarvi riparo.
Erano sempre stati di poche parole, non avrebbero mai ammesso certi sentimenti tra loro. Non volevano neanche ferirsi a vicenda perché si volevano bene.
Ma anche questo non se lo dissero mai.
 
Nel frattempo stavano per terminare il liceo. Andavano sempre meno a scuola, reputavano di non averne bisogno. Erano intelligenti, una gran bella eredità lasciata loro dai genitori. Anche per questo ritenevano uno spreco di tempo iscriversi all’università. Non avrebbero imparato nulla di più di quello che già sapevano.
C17, una volta terminati gli studi, avrebbe tentato di diventare un pilota motociclistico famoso. Voleva sfondare. Aveva i fondi, la passione e l’abilità. Anche le competenze ingegneristiche.
Aveva le idee chiare: una volta celebre, avrebbe affiancato la sua immagine a quella di una fondazione che si sarebbe occupata di costruire e gestire rifugi e cliniche per aiutare gli animali in difficoltà, randagi o selvatici che fossero.
C18 aveva invece un’idea fissa: voleva fare i soldi, quelli veri. Sarebbe diventata una donna d’affari. Voleva essere eclettica e spaziare in più campi, dall’imprenditoria alla moda, passando per l’ingegneria e la scienza. Non si poneva limiti. Non le bastavano più i furti spettacolari in incognito. La sua genialità doveva essere riconosciuta e ammirata. Avrebbe messo i piedi in testa a tutti quelli che la consideravano solo bella. Avrebbe respinto chiunque avesse tentato di conquistarla. Sapeva che in nessuno avrebbe trovato ciò che lei cercava e neanche gli interessava questo.
La sua anima era di ghiaccio, come i suoi occhi. Fredda e lucida, attraente e inavvicinabile. Irraggiungibile.
Sola, anche. Tanto sola. Come suo fratello.
 
Arrivò finalmente il giorno del diploma. Ovviamente uscirono col massimo dei voti e non parteciparono neanche alla cerimonia, se ne tornarono subito a casa.
Lui aveva voglia di correre in moto e andare a trovare i suoi animali, lei non poteva più sopportare di vedere certe facce tra professori e compagni di classe. Ne era nauseata.
Una volta tornati al laboratorio, trovarono una sorpresa ad attenderli.
Era stato infatti allestito un rinfresco e gli scienziati si complimentavano con loro.
Non se lo sarebbero mai aspettato, di solito quella gente faticava quasi a rivolgere loro la parola.
C17 ne fu felice e corse subito a prendere da bere. Era ingenuo, sotto certi punti di vista.
C18 rimase impassibile e iniziò a guardarsi intorno. Non capiva cosa stesse succedendo, sospettava che ci fosse qualcosa di strano.
Ma, prima che potesse rendersene conto assorta com’era in questi pensieri, il fratello le infilò in bocca una bottiglia di spumante e la costrinse a bere come aveva fatto lui, ridendo. Voleva festeggiare insieme a lei.
Prima di riuscire ad allontanarlo non poté fare a meno di deglutire un po’.
In quel momento ebbe un terribile sospetto.
 
Quello che seguì fu come l’alzata di un sipario. L’inizio, o meglio la prosecuzione, di una tragedia.
Vide C17 iniziare a barcollare. Fece cadere la bottiglia, prima di crollare anch’egli a terra. Svenuto, forse morto.
C18 era terrorizzata e iniziava a sentirsi la mente annebbiata.
«Muovetevi, mettetelo sul tavolo da laboratorio così iniziamo l’operazione. Poi tornate a prendere la ragazza» ordinò il Dr Gero, appena entrato nella stanza.
Vide alcuni scienziati portar via il corpo esanime di suo fratello e si sentì spacciata.
Provò a scappare, ma le sue gambe erano diventate pesanti. I suoi occhi anche.
Crollò a terra, stringendosi il collo con le mani.
Un ultimo, tremendo, sussulto le attraversò il cuore quando riuscì a sentire ancora una volta la voce del Dottor Gero. «Finalmente, adesso che si sono diplomati, posso liberarmi di quei due. Quando ho ucciso i loro genitori per prenderne il posto ai vertici del laboratorio non potevo eliminarli subito. Andavano ancora a scuola, avrei rischiato di attirare le indagini della polizia su di me e sul Red Ribbon. In questi anni ho visto che stavano diventando abili come i loro genitori e non voglio certo avere altri scocciatori tra i piedi. A un certo punto ho capito che potevano tornarmi utili. Avevo giusto bisogno di fisici giovani e atletici per dar vita al mio progetto che mi farà conquistare il mondo!»
L’ultima cosa che vide furono degli uomini in camice bianco che la sollevavano e la portavano via.
Poi il nulla, tutto nero.
 
Le visioni terminarono.
C18 si ritrovò inginocchiata sull’orlo del precipizio che dava sulla scogliera.
Gli occhi sgranati, la bocca semi aperta. Era paralizzata. Non piangeva, lo shock era stato talmente forte da bloccare ogni reazione fisica.
Era sconvolta dentro di sé. Non era solo fisicamente a un passo dal baratro, ma soprattutto dal punto di vista emotivo. Sentiva infatti la sua anima in frantumi. Il cuore fatto a pezzi.
Vedeva il mare davanti a sé, increspato dalle onde generate dalla presenza del Drago.
Il rumore dell’acqua che si schiantava sugli scogli la fece ridestare dallo stato di trance in cui era caduta.
 
Era zavorrata dal peso insostenibile dell’aver appreso tutto ciò che era stata la sua vita.
Tutto in una volta. Come essere investita da un treno ad alta velocità. Un pugno fortissimo allo stomaco, di quelli che ti tolgono il respiro.
Stava colando a picco, ma non sarebbe annegata. Avrebbe sconfitto il mare anche stavolta.
Lei era fredda e forte, lo era sempre stata.
 
Si chiese però se un simile peso fosse giusto che gravasse anche sulle spalle di Crilin e di suo fratello. Lei stessa non era certa di potercela fare. Sarebbe potuta crollare prima o poi. E, allo stesso tempo, avrebbe fatto crollare anche loro perché avrebbero scoperto tutto.
Si chiese se un passato così terribile non avrebbe rischiato di rovinare il suo futuro.
Proprio a lei, che si era costruita un presente tale da lasciar presagire un futuro meraviglioso, senza aver bisogno di avere un passato.
Pensò a C17, che col passare degli anni era riuscito a integrarsi anche lui con quegli umani che non aveva mai sopportato. Non era più l’immaturo di un tempo, era ripartito da zero. Solo lo aveva fatto a modo suo. Persino lui si era costruito una famiglia. Una moglie e tre figli, di cui due adottati. Era maturato davvero tanto.
Non si sentivano spesso perché non avevano bisogno di tante parole tra loro, ma sapeva che era felice. Lavorava come ranger e si occupava di animali, la sua grande passione. Era diventato vegetariano anche in questa sua seconda vita, senza sapere che già lo era stato quando non era ancora un cyborg. Il suo amore per gli animali non era cambiato, ma il bello era che fosse riuscito a riversare questo amore anche su alcuni umani.
Pensò che non poteva permettersi di rovinargli la vita. Di renderlo triste, di nuovo.
 
C18 si alzò in piedi. Si ricompose, elegante come sempre. A vederla, nessuno avrebbe potuto immaginare cosa stesse provando. A quale terribile tortura si fosse appena sottoposta.
Era lucida, nonostante si sentisse devastata. Decise in fretta, non aveva mai amato tergiversare.
«Il mio passato non è mai stato il mio avvenire. E non lo sarà adesso, ora che ho bisogno di tutto tranne che di questo» mormorò a denti stretti, per darsi forza.
Guardò il mare. Pensò che non avrebbe inghiottito né lei, né suo fratello. Nemmeno stavolta.
«Questo mare non ci cambia. Ci tocca appena» disse decisa tra sé.
 
«Shenron, esaudisci il mio secondo desiderio. Cancella dalla mia memoria tutto ciò che mi hai appena fatto tornare alla mente. Lasciami solo due ricordi positivi. Uno per me e uno per mio fratello».
 
Il Drago esaudì la richiesta senza problemi. Una piccola scossa attraversò la testa della ragazza. Tutto tornò come prima.
C18 si ritrovò sul promontorio a fissare Shenron. Non capiva perché fosse lì. Si guardò intorno, ma era sola.
 
«Allora, sto aspettando l’ultimo desiderio!» esclamò il Drago spazientito.
C18 era confusa, ma come sempre ritrovò in fretta la calma. Si ricordò di un desiderio che voleva esprimere da un po’ di tempo. Pensò di essere lì per quello e che fosse stata vittima di una piccola amnesia. Magari era inciampata e aveva battuto la testa. Non si pose troppe domande, se era lì doveva esserci un motivo.
«Vorrei che mi procurassi un regalo che rendesse davvero felice mio marito Crilin!» disse la ragazza.
Shenron fece brillare i suoi grandi occhi rossi. «Crilin non desidera niente per sé. Ritiene che il regalo più bello che potesse avere dalla sua vita sia stato quello di incontrare una persona come te e poter avere una figlia insieme a te. Si reputa un privilegiato grazie a te e si sente fortunato ad avere una famiglia così bella. Un regalo lo potrebbe condividere solo con le persone che ama. E ora, addio!» rispose, solenne come sempre.
 
Il Drago scomparve e con lui le sette Sfere. Tornò la luce del sole. Il mare si calmò.
Dal cielo C18 vide cadere una busta e la prese al volo.
Era rimasta impressionata dalle ultime parole di Shenron.
Si sentì il cuore colmo d’amore. Un sussulto ancora più grande di quando Crilin aveva distrutto il telecomando che poteva disattivarla mentre era ancora una minaccia per la Terra o di quando aveva dimostrato di avere fiducia in lei facendole togliere la bomba che le era stata inserita nel corpo dal Dottor Gero.
Aprì la busta e vide che conteneva dei biglietti per una vacanza di due settimane su un’isola tropicale in un resort di lusso per tutta la famiglia. Uno di quei posti tranquilli. Poca gente, tanto sole e mare cristallino.
Quello che voleva Crilin non era altro che poter far avverare uno dei sogni che aveva lei.
 
Era felice, si sentiva fortunata ad avere un marito il cui unico desiderio era in realtà una cosa che sarebbe tanto piaciuta alla propria moglie.
Pensò che Crilin si sottovalutava sempre. Non era lui ad essere stato baciato dal destino per aver trovato una come lei, semmai era il contrario.
Crilin era un eroe e aveva un cuore grande. Aveva creduto in lei quando non era altro che una ragazza tramutata in cyborg programmata per uccidere. Quando non era altro che una donna con una bomba posizionata accanto a un cuore di ghiaccio.
Era bella, certo, ma anche algida. Spietata e gelida. A guardarla di sfuggita poteva anche sembrare un angelo, ma soffermandosi sui particolari chiunque avrebbe notato con orrore che era sì un angelo, ma caduto nel Cocito e riemerso con l’anima di un demone.
Perché se precipiti in una zona così profonda dell’Inferno da risultare addirittura ghiacciata non puoi sperare di uscirne fuori come prima. Un ghiaccio eterno e in grado di congelare le fiamme infernali non può che devastare ogni sentimento umano, non solo anestetizzarlo.
Crilin era sceso fin lì senza paura e senza pensarci. L’aveva portata fuori. Le aveva fatto rivedere le stelle.
Le aveva donato una vita.
 
Osservò il mare e sorrise, scuotendo la testa. Poi alzò lo sguardo verso il cielo mentre si sistemava i lunghi capelli biondi. I suoi occhi di ghiaccio brillavano.
Parlò a voce alta, come a sperare che il suo messaggio potesse arrivare a qualcuno. A qualcuno di speciale.
«Il mare se ne frega.
È grande e pieno di sé.
Ci sente appena.
Mica è come me.
Io che morirei per te».
«Ti amo Crilin» aggiunse dolcemente.
 
Mise in tasca i biglietti per la vacanza e fece per andarsene, quando si accorse che proprio nella sua tasca c’era già dentro qualcosa.
Una busta bianca, anonima. Non ricordava di averla messa lì. Un’altra amnesia, pensò.
La aprì e rimase pietrificata. Conteneva due fotografie.
 
La prima ritraeva due bambini che si tenevano per mano, girati di spalle ma con lo sguardo rivolto verso la macchina fotografica. Entrambi con la divisa scolastica e lo zaino in spalla, entrambi con gli occhi azzurri, entrambi coi capelli lunghi. Lei era bionda, lui moro. Due gemelli.
Ebbe un sussulto.
Sul retro c’era una dedica scritta a mano:
“Primo giorno di scuola. Lapis e Lazuli, siete il nostro orgoglio. Papà.”
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Lei si chiamava Lazuli. Le faceva uno strano effetto avere un nome, finalmente.
Si soffermò sui dettagli dell’immagine. La bambina era carina e graziosa, forse un po’ in contrasto con la cartella che portava in spalla però. Ritraeva infatti Lady Oscar sul suo cavallo bianco con la spada sguainata. Sorrise. Già da piccola apprezzava le donne combattenti. Si vedeva già allora che era destinata a combattere. Guardò poi il fratello. Sguardo vivace, sorriso furbo e zaino di Saint Seiya. Pensò a quanto doveva essere stato pestifero, anche se era davvero tenero. E che, in fondo, anche lui amava già le battaglie probabilmente.
 
Nella seconda foto c’erano sempre i due bambini di prima. Lei era seduta composta a tavola e sorrideva dolcemente, lui in piedi sulla sedia con le braccia verso il cielo e lo sguardo davvero felice. Davanti a loro, una grande e colorata torta di compleanno con sopra 5 candeline accese.
Anche qui c’era una dedica, ma la grafia era diversa:
“1 marzo, compleanno Lapis e Lazuli. Vi vogliamo tanto bene. Mamma.”
Si emozionò ancora. Pensò anche che le dispiaceva non poter sapere che aspetto avessero i suoi genitori.
Poi però le venne in mente di guardare meglio la foto. Alle spalle dei bambini, infatti, notò un’immagine riflessa da uno specchio. Vide un uomo che cingeva in un abbraccio la spalla di una donna al suo fianco.
C18, o meglio Lazuli, ebbe un fremito.
Osservò bene la donna. Lunghi capelli dorati, occhi azzurri come il ghiaccio, un sorriso che illuminava. Era bellissima, pensò. Le sembrava una dea scesa dall’Olimpo, da quanto era fine e regale oltre che meravigliosa nel suo fisico ben proporzionato e slanciato.
«Da te ho preso gli occhi chiari e quel coraggio di non abbassarli mai, mamma» disse ad alta voce, come a sperare che lei potesse sentirla.
Poi si soffermò sull’uomo. Alto, elegante, un fisico asciutto. Capelli neri e occhi azzurri, mani sicure e rassicuranti. Un uomo distinto e di bella presenza. Lo sguardo di chi ama sua moglie e i propri figli.
«Da te ho preso mani forti per ricostruire i miei giorni e la mia vita, papà» disse C18 accennando un sorriso, ancora una volta ad alta voce. Ancora una volta sperando che la sue parole sarebbero potute arrivare a destinazione, in qualche modo.
 
Rilesse la dedica e fece più attenzione alla data: 1 marzo.
Controllò sul display del suo cellulare e sì, era proprio l’1 marzo quel giorno.
Era il suo compleanno. E anche quello di suo fratello, ovviamente.
Una sensazione strana, nuova per lei.
Alzò le spalle e rise divertita.
 
Fece due foto col suo telefono alle immagini che aveva appena trovato nella busta e cercò in rubrica il contatto di C17. Voleva scrivergli.
Tra di loro non avevano bisogno di chiacchiere, quelle vuote, quelle che non avevano mai sopportato.
Amavano le parole, quelle dense di significato, quelle che reggono i discorsi anche da sole.
Preferivano spiegare in poche sillabe uno stato d’animo, senza bisogno di frasi o di un periodo complicato.
 
Selezionò la fotografia del primo giorno di scuola e scrisse semplicemente:
Ciao, ti ricordi?
Subito dopò inviò anche l’altra, con questo testo:
Buon compleanno, Lapis!
 
Osservò il mare, mentre aspettava una risposta. Quel mare che se ne fregava, ma che non era come lei.
Dopo un paio di minuti sentì la suoneria e trovò un messaggio di risposta:
In effetti qualcosa mi ricordo…buon compleanno anche a te!
Nel giro di qualche secondo ne ricevette un altro, sempre da suo fratello. Non poté fare a meno di sorridere.  Lesse infatti qualcosa che non si sarebbe aspettata proprio da lui, anche se lo sapeva già:
Ti voglio bene, Lazuli.
 
 
 
 
 
Note finali:
prima di tutto vorrei ringraziarvi per aver letto questa storia, sperando che vi sia piaciuta.
 
L’idea è nata dalla volontà di dare un compleanno a due personaggi che amo molto come C18 e C17 ma di cui sappiamo pochissimo e il fatto che proprio oggi, 1 marzo, fosse il mio compleanno ha fatto il resto.
 
Spero abbiate apprezzato il passato che ho immaginato che possano avere avuto, sulla base delle poche informazioni che abbiamo da Dragon Ball Z e Super. Da una puntata di Super ho preso l'idea di C18 che vuole fare un regalo speciale a Crilin con l'aiuto di Shenron. Lei e C17 me li sono idealizzati un po' come Diabolik ed Eva Kant, due personaggi che adoro da sempre! Ringrazio chi ha realizzato le splendide immagini di C18 in versione Eva Kant e da bambina, un mega grazie poi a Sweetlove per aver realizzato i gemelli da bambini mano nella mano.
Lo immaginate anche voi così il loro passato? Sarei curioso di conoscere le vostre idee!
 
E infine, ho ancora di bisogno di voi per una piccola curiosità: al mio posto, come avreste personalizzato le cartelle del primo giorno di scuola di Lapis e Lazuli?
Premetto che io, per restringere il campo, ho pensato a due storie che avessero come protagonisti dei combattenti (maschili per lui e femminili per lei) che fossero contemporanee o precedenti alla prima pubblicazione di Dragon Ball, come appunto I Cavalieri dello Zodiaco e Lady Oscar. Con un altro criterio di selezione avrei magari potuto scegliere One Piece e Sailor Moon, ad esempio.
Dunque, se ne avrete voglia, sarei davvero felice di conoscere le vostre idee a riguardo!
 
Grazie ancora.
Teo5Astor

Lazuli-Lapis

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