Il
papavero rosso
Come
fai a
svegliarti da un incubo, quando non stai dormendo?
Dal
film “L’uomo
senza sonno”
Corri!
Non
guardare indietro.
Non
cadere! Non ne hai il
tempo, lui ti raggiungerà...
Queste
erano le parole che continuavo a rimbombarmi nella mente, mentre
scappavo in
mezzo al bosco alla disperata ricerca di un rifugio. Un posto piccolo
stretto,
dove lui non sarebbe riuscito ad entrare, e magari trovare una via di
fuga, per
scappare da quel posto maledetto.
Il
rumore dei rami che si spezzavano alle mie spalle mi ricordò
il mostro che mi
stava inseguendo. Ero stanca e lui si stava avvicinando sempre di
più. Alcune
lacrime mi rigarono le guance per lo sforzo, non sarei resistita ancora
a
lungo...
Azzardai
un'occhiata veloce indietro ed intravidi la sua
coda spezzare in due un albero per farsi spazio. Li aveva distrutti
come se
fossero fatti di carta, cosa sarebbe riuscito a farmi una volta che mi
avesse
raggiunta? Mi avrebbe distrutta con un solo colpo o si sarebbe
divertito a
terrorizzarmi prima di uccidermi?
Più
veloce! Mi
spronò quella voce. Ero
impazzita, sentivo una voce nella mia testa che mi parlava, mi
consigliava cosa
fare. Probabilmente era un sintomo della schizofrenia che mi stava
iniziando a
colpire, ma in quel momento non mi importava minimamente. Dovevo
sopravvivere e
se quello significava sentire delle voci nella propria testa, andava
più che
bene.
Un
boato alle mie spalle seguito da delle schegge di legno, mi
avvisò che quella cosa era
vicina. Mi morsi il labbro e
trattenni alcune lacrime, mentre la disperazione che mi stava
divorando, mi
diede la forza di aumentare la velocità della corsa.
Un
altro schianto più vicino mi distrasse e non vidi il ramo
davanti ai miei
piedi, inciampai e caddi a terra.
Sbrigati!!!,
urlò di nuovo quella voce.
Non persi
tempo e mi rialzai immediatamente, riprendendo a correre più
veloce di prima,
ma ormai il danno era fatto. Quella cosa aveva guadagnato terreno, era
sempre
più vicina ed io stavo raggiungendo il mio limite. Le forze
mi stavano
abbandonando, l’adrenalina e la disperazione erano le uniche
cose che mi
tenevano ancora in piedi: non sentivo più le gambe, il fiato
era sempre più
pesante, non riuscivo più a respirare e le lacrime
continuavano a rigarmi le
guance, offuscandomi la vista.
Come
diavolo avevo fatto a cacciarmi in quel casino? Non ricordavo nulla,
nemmeno
come ci fossi arrivata in quel posto. Era stata una giornata uguale
alle altre,
ero tornata a casa da lavoro, avevo preparato una pasta veloce, mi ero
coricata
sul divano a guardare un film alla TV e poi…
Vuoto…
Mi
passai una mano sul viso per pulirmi gli occhi e riuscire a mettere a
fuoco il
paesaggio. MI trovavo in mezzo ad un bosco, pieno di alberi altissimi
che
coprivano il cielo ed il terreno era ricoperto di foglie secche e rami.
Non
sapevo da quanto tempo stessi correndo, mi pareva che fossero passate
ore da
quando mi ero svegliata lì in mezzo alla radura.
Saltai
un tronco e passai in mezzo a due alberi senza voltarmi indietro.
Volevo solo
tornare a casa! Tornare alla mia stupidissima normalità,
uscire con gli amici,
abbracciare i miei genitori, andare a lavoro e rilassarmi davanti alla
TV. Cosa
avevo fatto di male per trovarmi in quel posto?
Un
grido mi fece arrestare di colpo, mi voltai e vidi una creatura
gigantesca a
qualche centinaio di metri da me. Quell'essere stava immobile, voltato
nella
direzione opposta, distratto da qualcosa che stava succedendo al di
là delle
piante.
Quella
era la mia occasione.
Feci
un passo indietro e subito la creatura davanti a me si voltò
spalancando un
paio di enormi ali scure e scoprendo le zanne con un possente ruggito.
L’avvertimento era chiaro: un passo ed ero morta.
Rimasi
ghiacciata sul posto a fissare quelle enormi zanne affilate che gli
circondavano le fauci spalancate, mentre i suoi occhi gialli da rettile
mi
fissavano affamati. Fece un passo avanti ed abbassò
lentamente il collo pronto
a saltarmi addosso e divorarmi al primo movimento.
Trattenni
il respiro e chiusi gli occhi, non volevo vederlo. Qualche lacrima mi
solcò le
guance, sarei morta da lì a qualche secondo, ma volevo
abbandonarmi
all'effimera possibilità che si trattasse tutto di un sogno,
un vivido e
dannato incubo, e che da lì a qualche istante mi sarei
svegliata.
MI
morsi il labbro inferiore ed attesi, non avrei urlato. Non gli avrei
mostrato
quanto ero terrorizzata. Sentii il rumore dei rami spezzarsi, quello
delle
foglie secche calpestate e poi più nulla. La calma prima
della tempesta.
Un
urlo squarciò il silenzio. «NON MORIRÒ
QUI! IO RIUSCIRÒ A TORNARE! NON MI
AVRETE MAI!»
Spalancai
gli occhi e vidi quella specie di mostro voltarsi verso la fonte del
rumore e
lasciarsi sfuggire un basso ruggito che mi fece gelare il sangue nelle
vene.
Una
figura uscì dagli alberi correndo e lanciando continue
occhiate alle sue
spalle, si trattava di un uomo basso e piuttosto in carne. A quanto
pare non
ero l’unico essere umano in quel bosco maledetto.
L'uomo
inciampò in un ramo e rotolò per terra, ma non si
fermò un secondo; si rimise
subito in piedi e, zoppicante, ricominciò la sua fuga
estenuante nella mia
direzione. Appena si accorse di me, si arrestò in mezzo alla
radura con
un’espressione sconvolta in viso, non vide nemmeno la
creatura enorme, che era
a pochi metri da lui.
«Sei
reale? Ti prego dimmi che è tutto uno scherzo!» mi
gridò in preda al terrore ed
alla disperazione avanzando verso di me e sollevando le mani per
toccarmi. «Dimmi
che sono pazzo e nulla di tutto questo è reale...»
mi supplicò con voce rotta,
mentre con le mani mi stava toccando l’avanbraccio per
assicurarsi che non
fossi un’allucinazione. Ad un tratto scoppiò a
ridere e si voltò verso gli
alberi, già dimentico della mia presenza.
«Hai
sentito stupido pagliaccio?! Tu non esisti, sei soltanto frutto della
mia
immaginazione! Ora mi sveglierò e tu non sarai che un brutto
ricordo!» strillò
al vento con voce euforica ed un sorriso soddisfatto dipinto sul viso.
Indietreggiai
istintivamente da quell’uomo e lanciai un’occhiata
disperata al drago. Era
impazzito. Doveva esserlo! Altrimenti come avrebbe fatto a stare
così
tranquillo in presenza di quel mostro a pochi passi di distanza da lui,
che lo
studiava incuriosito ed affamato.
Questo
poteva essere il momento giusto per scappare o non sarei sopravvissuta
a lungo.
Senza
distogliere lo sguardo dal drago e dall’uomo feci un passo
indietro, nella
speranza che il primo fosse troppo distratto dal nuovo arrivato
perché si
rendesse conto della mia scomparsa, ma non servì a nulla. Un
solo passo e mi
ritrovai contro qualcosa di solido che ostacolava la mia fuga. La
risata del
pazzo si arrestò di colpo e il suo respiro
diventò affannoso, mentre guardava verso
di me. Un brivido gelato mi percorse tutta la schiena, mentre la
stretta allo
stomaco diventava sempre più opprimente.
Lentamente
mi girai e mi ritrovai a fissare una tuta colorata a righe e pallini,
alzai lo
sguardo quasi a rallentatore e mi ritrovai a fissare un viso ricoperto
di
cerone bianco, degli occhi neri come la pece evidenziati dal trucco
nero, un
naso rosso rotondo e un enorme e spaventosa bocca rossa.
Un
clown...
In un
attimo le parole dell'uomo alle mie spalle mi risuonarono in testa.
Stava
urlando contro un pagliaccio...
Merda.
Boccheggiai
e indietreggiai, mentre un ruggito esplose alle mie spalle.
«Un
drago?! Che diavolo ci fa un drago qui?!» urlò
l'uomo terrorizzato, ma io non
gli diedi retta, la mia attenzione era tutta diretta a quel saltimbanco
che
stava a due passi da me e che mi stava fissando famelico. Non era
sufficiente
quel lucertolone tutto artigli e zanne? Perché doveva
esserci anche questo
clown inquietante?
Non lo
persi di vista un attimo, lo studiai attentamente, mentre provavo a
mettere più
spazio possibile fra me e lui. Non capivo cosa mi spaventasse
così tanto di
quella figura. C’era qualcosa in lui che mi faceva venire la
pelle d’oca, anche
se non riuscivo a capire di cosa si trattasse. Era identico a tanti
altri
pagliacci che avevo già incontrato. E poi sorrise e capii
cosa lo rendesse
tanto raccapricciante.
Gli
occhi si assottigliarono illuminati da una luce maligna e la bocca
divenne
troppo grande, per appartenere ad un normale essere umano, circondata
da
numerosi denti affilati, come quelli di uno squalo.
Senza
rifletterci provai ad allontanarmi, ma, in un secondo, quello mi aveva
afferrato un polso e mi stava trascinando verso di sé.
Scalciai e tentai di
fare resistenza, piantando i piedi a terra e afferrando un tronco al
mio fianco,
ma senza successo; era troppo forte perché potessi
scappargli.
Ero ad
un passo dalla morte, sentivo il suo respiro fetido e pesante
circondarmi e un
conato di vomito risalirmi per la gola. Tutto di lui mi disgustava ed
in
quell’istante ero anche abbastanza vicina da vedere
ciò che si nascondeva sotto
tutto quello strato di trucco: pezzi di carne putrefatta, tagli infetti
e denti
marci e luridi.
Puzzava
di morte.
Mi
divincolai ancora una volta, non volevo morire così. Ero
giovane, avevo ancora
una vita lunga da trascorrere, perché mi avevano trascinata
in questo posto?
Chi si nascondeva dietro tutto questo?
All’improvviso
la presa sul mio polso scomparve e caddi a terra. Alzai lo sguardo e
vidi il
volto del clown andare a fuoco, mentre il rumore di rami spezzati mi
avvisò che
il drago si stava avvicinando rapidamente.
Mi
alzai e mi tolsi dalla sua strada. Non ero io la sua preda, quella
volta la sua
attenzione era rivolta al pagliaccio.
Il
pazzo inclinò di lato il viso e rimase ad osservare con
malcelato interesse il
combattimento fra le due creature; gli occhi si muovevano frenetici per
non
perdere nemmeno un colpo. Niente lo sconvolgeva più, nemmeno
i brandelli, ormai
ben visibili, di carne marcia e bruciata che penzolavano dalla faccia
del
clown. Aveva raggiunto il suo limite, ormai dell’uomo che era
stato non
rimaneva più niente.
Ora!,
sussurrò di nuovo quella voce.
Non me
lo feci ripetere, approfittai della confusione e mi dileguai tra gli
alberi.
Quella volta il rumore dei miei passi fu attutito dalle grida di
incitamento di
quel pazzo.
Una
volta che fui sufficientemente lontana, ripresi a correre
più veloce che
potevo, dovevo mettere più distanza possibile fra me e loro,
in modo da avere
un po’ di vantaggio quando si sarebbe accorti della mia
assenza.
Corsi
per svariati minuti, evitando tronchi spezzati, rami e rocce e quando
raggiunsi
una distanza adeguata mi fermai, iniziando ad osservare
l’ambiente alla ricerca
di un nascondiglio o di una via di fuga, ma non trovai nulla.
Il
paesaggio era sempre lo stesso. C’erano solo alberi, rami,
rocce e foglie
secche dappertutto. Ero intrappolata, non sarei mai riuscita a scappare
davvero
da quel luogo maledetto.
Per un
momento mi abbandonai al panico. Sarei morta in un posto che nemmeno
conoscevo,
nessuno avrebbe mai saputo che fine avessi fatto.
Sarei
diventata una delle tante persone scomparse, come quelle che erano
state rapite
qualche mese prima. Una decina se non ricordavo male, tutte sparite nel
nulla
senza lasciare traccia. La polizia, nonostante i mesi di indagini,
brancolava
ancora nel buio e non era stata in grado di trovare uno straccio di
indizio per
risalire al responsabile di quelle sparizioni.
Ed ora
io avrei fatto la loro stessa fine, forse ero stata rapita dalle stesse
persone. Ma perché? Qual era la ragione di questi rapimenti?
Non era stato
richiesto un riscatto a nessuna delle famiglie…
Senza
accorgermene
andai in iperventilazione, i battiti divennero talmente forti da
rimbombarmi
nelle orecchie, la stretta allo stomaco era insopportabile e mi stava
tornando
la nausea. Non potevo lasciarmi prendere dal panico, non ero ancora al
sicuro.
Dovevo riacquistare un po’ di controllo.
Mi
strinsi le braccia al petto e cercai di smettere di tremare.
«Inspira, espira.»
sussurrai mentre facevo respiri profondi. Una volta che il tremolio
diminuì
presi l’elastico che tenevo al polso e mi legai i capelli in
una coda alta, in
modo da avere una visuale più ampia.
Un
po’
più calma studiai l’ambiente che mi circondava,
era tutto perfettamente
identico: foglie secche, alberi, rami ed un papavero rosso.
Un
papavero?
Mi
avvicinai e lo osservai stranita. Questo era l’unico fiore
che avevo visto
durante tutta la fuga. Provai a guardarmi attorno, ma non ne trovai
altri, solo
quello davanti a me.
Raccoglilo.
D’istinto
mi allontanai dal fiore. Perché dovevo raccoglierlo?
È
la tua unica via di fuga.
Una
risata isterica mi sfuggì dalle labbra, alla fine anche io
avevo perso del
tutto il senno, ora mi ero anche messa a discutere con le voci dentro
la mia
testa; quanto mancava prima che diventassi come quell’uomo
che avevo incontrato
prima? Minuti? Ore?
Che ne
dici se affrontiamo l’argomento
riguardo al tuo stato mentale una volta che sarai in salvo?
Il tono
stizzito e sarcastico mi fece ridere ancora più forte, fino
a quando un ruggito
si diffuse per tutto il bosco. All’improvviso ritornai in me
e mi ricordai dove
mi trovavo e dei mostri sulle mie tracce. Dovevo darmi una mossa, non
avevo
ancora trovato un nascondiglio, un posto sicuro dove stare.
Oh Zeus,
Ragazzina! Prendi
quello stupido papavero IMMEDIATAMENTE! Sono stato chiaro?!
Il
rumore degli alberi che cadevano e dei ruggiti che si avvicinavano
significavano che il drago non era più tanto lontano.
ORA!
Raccolsi
il fiore e lo portai al petto.
Per un
attimo non successe nulla. Vidi il drago a qualche metro da me e mi
maledissi
per aver ascoltato quella voce, invece di alzarmi e mettermi a correre.
Mi misi
in piedi barcollando e all’improvviso il terreno sotto di me
si dissolse,
andando in mille pezzi.
Senza
rendermene
conto mi ritrovai a precipitare nel vuoto mentre un urlo disumano
cercava di
seguirmi. «Morpheus, maledetto!»
La mia
caduta non durò a lungo, in un secondo un paio di braccia mi
presero al volo.
«Ce ne hai messo di tempo per raccogliere un semplice
papavero.» scherzò l’uomo
che mi stava tenendo in braccio.
Riconobbi
subito la voce, era la stessa che mi aveva parlato prima. Alzai il viso
e mi
ritrovai a fissare un giovane e splendido uomo con lunghi capelli neri
come la
notte e occhi blu come il cielo notturno, intravidi un paio di ali
scure alle
sue spalle, ma quando provai a parlare, mi resi conto che ero troppo
stanca, in
un attimo chiusi gli occhi e mi abbandonai alle tenebre.
.o.
Mi girai
su un fianco e mi rannicchiai sotto le coperte, mentre la suoneria del
cellullare infrangeva il silenzio della stanza. Mugugnai ed imprecai
contro
quella stupida sveglia e recuperai quello strumento infernale sul
comodino. Guardai
il display per spegnere l’allarme e mi resi conto che si
trattava di una
chiamata.
Mi misi
a sedere e mi strofinai il viso cercando di svegliarmi un po’
prima di
rispondere, dato che la possibilità di tornare a dormire era
sfumata nel
momento esatto che avevo letto il nome sullo schermo.
«Buongiorno, Cath. Spero che
la tua chiamata sia questione di vita o di morte, perché ho
passato una notte infernale
e non mi merito di essere svegliata alle sette di
mattina…» la salutai
sbadigliando sonoramente ed avvicinandomi allo specchio per vedere in
che stato
mi trovavo dopo una notte insonne.
«Maledizione,
Daphne. Si può sapere dove sei sparita ieri sera? Ti ho
chiamata almeno venti
volte, ma non rispondevi mai. E poi stamattina quando non ti sei
presentata a
lavoro, mi sono preoccupata.» rispose Catherine agitata.
«Si
può sapere di cosa stai parlando?»
«Daph…
Ieri sera dovevamo vederci, ma tu non ti sei fatta sentire e poi oggi
salti un
giorno di lavoro senza avvisare, non è proprio da
te…»
Lanciai
un’occhiata al mio riflesso e rimasi senza fiato. Il
cellulare mi scivolò di
mano e cadde a terra, ma non me ne curai, ero troppo sconvolta da
quello che
vedevo nello specchio. Non poteva essere vero, era solo stato un
incubo, non
era successo davvero.
I capelli
erano ancora legati in una coda spettinata, il viso era sporco di
lacrime e
aveva dei piccoli graffi. Abbassai subito lo sguardo sul polso, dove
l’impronta
bluastra di una mano spiccava sulla mia pelle. Nuove lacrime
cominciarono a
scendermi lungo il volto, mentre un miscuglio di emozioni si
alternavano dentro
di me: terrore, sollievo, felicità e ansia.
«Daphne?!
Daphne? Pronto???» urlò la mia amica, ma non la
ascoltai.
Mi voltai
a guardare il letto ed in mezzo alle lenzuola, ben visibile, vidi un
papavero
rosso.
Angolo
autrice:
Ciao a
tutti! Eccomi di ritorno con una piccola one-shot in un momento di
ispirazione.
Se siete riusciti ad arrivare a fino a questa nota, vuol dire che non
vi ho
annoiati troppo.
Alla
prossima :),
Nerys