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Autore: _Lady Cassiopeia_    07/03/2018    2 recensioni
La vita di Rin era quanto di più simile ci fosse ai fiori di ciliegio: bellissima e fragile, destinata a sfiorire in pochissimo tempo.
Da quando Sesshomaru aveva rischiato di perderla per sempre, quel pensiero non l'abbandonava mai.
Rin sarebbe morta.
Così come, probabilmente più di un secolo prima, era morta Vibeke.
Chissà come stava Daiki, il Grande Sovrano delle Terre dell'Est e quanto di più simile Sesshomaru avesse avuto ad un fratello.
Si può superare la morte della propria compagna umana?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Le conosco, le anime come quella di Rin:

si fanno strada nelle tenebre del tuo cuore e nulla sembra poterle fermare.

Illuminano tutto, senza chiedere il permesso.

Cerchi di scacciarle in tutti i modi e, quando finalmente ci riesci, ti ritrovi a non saper più che fare senza la loro luce a guidarti.

Queste mortali hanno più potere in una sola delle loro mani di quanto mai potremmo averne noi.

Sono qualcosa di misterioso, di incomprensibile, qualcosa di cui non siamo degni; ma hanno scelto noi e tenercele strette deve essere il nostro scopo nella vita.

Tienitela stretta, Sesshomaru.

Le anime come Rin sono tesori così preziosi da essere ineguagliabili.”

-Daiki-



Non è cambiato nulla.

Sesshomaru sgranò appena gli occhi, stupendosi di quel suo pensiero così distorto.

Nonostante di secoli ne fossero passati quasi due dall'ultima volta in cui ci aveva messo piede, il demone ammise che le terre dell'Est non sembravano essere cambiate, restando sempre belle come le ricordava.

Belle come le aveva rese Lei, Regina della natura.

Tanto potente quanto mortale, che spreco.

Chiuse gli occhi per un solo istante, respirando appieno il dolce profumo delicato delle centinaia di ciliegi in fiore che circondavano il palazzo presso cui si stavano dirigendo.

Erano sempre state di una bellezza impossibile quelle terre, floride di paesaggi mozzafiato e di colture sempre molto più che abbondanti; ma lei aveva reso tutto ancor più bello se possibile.

Eppure, nonostante tutto fosse esattamente come ne aveva memoria, Sesshomaru sapeva quanto in realtà il regno del suo più caro amico fosse cambiato.

Due secoli non risparmiano una vita umana, per quanto potente.

Sesshomaru non era stupido: nonostante a prima vista tutto sembrasse essere rimasto immobile, cristallizzato, probabilmente erano anni che la felicità non abitava più nel cuore del sovrano dei Demoni Cane dell'Est.

Se è riuscita a sopravvivere per mezzo secolo, sono almeno centocinquant'anni che è morta.

Il tempo era ingiusto, crudele.

E non risparmiava nessuno.

C'è chi muore e chi è costretto a sopravvivere. Ancora non so cosa sia meglio.

Ricordava ancora come durante il suo dominio gli alberi dinnanzi a lui fossero costantemente in fiore, anche d'inverno; non che la bellezza dei ciliegi fosse diminuita nel tempo, ma essendo primavera inoltrata Sesshomaru non si aspettava nulla di diverso; probabilmente all'abbassarsi delle temperature non sarebbe rimasto più nulla di quello spettacolo.

Così come non sarà rimasto nulla di lei.

Ricordava, come fosse ieri, quanto Daiki avesse amato guardarla passeggiare per i giardini; quanto lui stesso fosse rimasto amaliato dalla naturalezza con cui quell'umana provveniente da terre lontanissime riusciva, con il tocco di un dito, a far fiorire un albero intero.

Aveva visto l'esistenza del suo più caro amico riempirsi di colori e gioia, lo aveva visto innamorato e dolce come non credeva fosse possibile per quelli come loro. Demoni.

Com'era possibile che una creatura eterna come un demone si inginocchiasse dinnanzi a una misera mortale?

Non aveva capito, non ci era mai riuscito almeno fino a quando non si era ritrovato a sentir il suo cuore riempirsi dei sorrisi di un'orfanella.

E allora tutto era cambiato. Tutto.

Se voltare le spalle a Daiki e la sua donna era stato salutare, almeno era riuscito a proteggersi dal dolore che quell'umana avrebbe portato un giorno all'amico; scappare da Rin era praticamente impossibile.

Non ci sono riuscito quando non sapevo ancora il suo nome, figurarsi ora.

Sentì all'improvviso il rumore dei piccoli passi della bambina che si portava appresso, Sesshomaru non si voltò, conscio che presto lei l'avrebbe sorpassato entrando con la forza nel suo campo visivo.

Senza chiedere il permesso, come sempre.

Fermò il suo camminare quando la vide saltellare un paio di volte con il desiderio di poter afferare un ramo per annusarne i fiori, sfortunatamente però era ancora troppo piccola.

Nel giro di qualche anno sarai donna. Non ti volterai più verso di me, non mi sorriderai più riconoscente per l'aiuto. Non avrai più bisogno né dell'aiuto né tantomeno di me.

Le si avvicinò in un paio di falcate e spezzò un piccolo rametto, posandolo sulle mani di Rin che si lasciò scappare un gridolino felice.

-Grazie mille, Signor Sesshomaru!-

Non le rispose, non ce n'era bisogno, eppure rimase a fissarla mentre lei, estasiata, immergeva delicatamente il nasino tra i petali rosa dei fiori.

Gli esseri umani, infondo, non sono diversi dai fiori di questi ciliegi.

Il demone bianco sentì una leggera stretta al cuore, pur non mostrando alcuna emozione, nel guardare la bambina accostata a quei fiori.

Appassirai anche tu in un lampo e io non potrò farci nulla. Nulla.

Aveva già rischiato di perderla fin troppe volte e ancora non si era perdonato per essere stato lui l'ultimo, in ordine cronologico, ad aver posto fine alla sua vita.

Aveva bramato il potere fino al punto di sacrificare tutto quello che di importante possedeva, si era spinto fino al punto in cui aveva voltato le spalle all'unica cosa che fosse sacra per lui.

Per me non c'è nulla che abbia lo stesso valore della vita di Rin.

Solo allora aveva compreso perchè Daiki avesse comunque deciso di stare accanto alla donna che amava, senza pensare al poco tempo che avrebbero avuto a disposizione.


-Presto morirà.-

Daiki, gli occhi blu segnati dal dolore, gli sorrise appena.

-Inevitabile, Sesshomaru. Ma ne varrà la pena, vivere con lei anche se per pochi istanti.-


Tornò a guardare la bambina alle sue spalle, riprendendo poi il cammino.

Meglio pochi istanti insieme che il rimpianto di quello che avremmo potuto avere.

Capirlo era un conto, ma accettarlo era tutt'altro.

Chissà come sarebbero continuate le cose, chissà se lei gli sarebbe rimasta accanto fino alla fine.

Ruscirei a rinunciare a lei se questo la rendesse felice?

Fortunatamente a interrompere quel suo dialogo interiore e a distoglierlo dal dolore furono le parole del suo unico servitore che, oltre ad aver imparato a tacere sulla strana natura del rapporto tra Sesshomaru e Rin, sembrava aver imparato anche quando fosse il caso di parlare e quando non lo fosse.

-Padrone, possibile che il potere di quella donna sia ancora in queste terre? Possibile che le amasse a tal punto?-

Lui non rispose subito, incuriosito dalla domanda posta dal kappa.

Poteva essere possibile?

No, si disse, per quanto potente la Regina era stata un'umana, una ningen. Nulla poteva cambiare questo.

Com'è strano il fato: donare un potere simile a una creatura destinata a morire in poco più di mezzo secolo quando avrebbe potuto donarlo ad un demone che avrebbe saputo accrescerlo a dovere.

Sentì i passi della sua protetta farsi più veloci, più vicini e, inconsciamente, rallentò affinchè lei riuscisse a raggiungerlo.

Ormai era una scena che si ripeteva tutte le sere, ogni qualvolta fossero prossimi a trovare un luogo dove accamparsi per la notte.

La bimba, fin troppo intelligente, gli sorrise riconoscente.

Incredibile come ogni cosa stia mutando, come tutto sembra essersi messo in movimento.

-Signor Sesshomaru, è vero che la regina di queste terre era umana?-

Lui annuì. -Esatto Rin.-

-L'hai mai incontrata, Signor Sesshomaru?-

Il demone bianco distolse lo sguardo da quello castano e vispo della bambina, puntandolo verso l'argentea luna piena quella sera più grande che mai.


La prima volta in cui lui, il grande Sesshomaru del casato nobilissimo e purissimo dei Taisho, dalla notte dei tempi sovrani dei Demoni Cane delle Terre dell'Ovest, aveva incrociato lo sguardo con una donna umana, pensò che Daiki, quanto di più simile ad un fratello, avesse completamente perso il lume della ragione.

Il principe delle terre dell'Est l'aiutava a camminare dato che la ningen sembrava essere ancora debilitata dallo scontro avuto con i suoi stessi genitori.

Aveva una gamba fasciata a cui era stato applicato un unguento che pareva ancora darle fastidio nonostante fossero ormai passati diversi giorni dal suo arrivo a palazzo, e dal finissimo kimono che la Regina le aveva prestato si intravedevano altre fasciature.

L'amico gli aveva raccontato la sera precedente che la matrigna della ningen l'aveva personalmente pugnalata nella speranza che non sopravvivesse alla fuga dal castello di famiglia.

Sesshomaru non se ne era stupito così tanto, infondo anche nelle loro terre le primogenite femmine venivano eliminate nell'attesa di ottenere un erede maschio.

Quando finalmente passò ad osservare la creatura che sembrava aver rapito il principe di quelle terre, rimase a dir poco stupito.

Era strana, per essere una semplice ningen.

Sembrava qualcosa di ultraterreno, talmente eterea da porter sembrare una demone se non addirittura una dea.

Era oggettivamente bella, per quanto Sesshomaru non fosse tipo da notare simili caratteri nelle creature mortali (o immortali) dovette ammetterlo.

Era gracile, troppo magra e decisamente più alta di qualunque altra donna orientale, aveva capelli di un biondo talmente chiaro da poter essere scambiati per bianchi, labbra carnose, troppo carnose; ma quello che colpiva maggiormente Sesshomaru erano gli occhi: verdi, di un verde così acceso, intenso, da lasciare senza fiato.

Erano brillanti, inebrianti, magnetici.

Poteva giocarsi la sua immortalità: non ci sarebbe mai stata altra creatura, anche tra gli immortali, a possedere simili occhi.

Daiki gliela aveva presentata con entusiasmo, lei aveva fatto uno strano inchino, aveva leggermente sorriso con eleganza e poi, forse ricordandosi di non essere più nelle sue terre, aveva chinato il capo con il rispetto che si pretendeva dalle donne giapponesi.

-Un onore conoscervi, Principe Sesshomaru.-

Lui le aveva semplicemente fatto un cenno col capo, senza dire una parola sentendosi tradito.

Come poteva fargli questo, Daiki?

Come poteva sporcare centinaia d'anni di purezza di sangue per una misera mortale?

Che futuro avrebbe dato a degli ipotetici figli se la madre nel giro di una cinquantina d'anni fosse morta?

Non capiva, maledizione. Non ci riusciva proprio.

Aveva dato le spalle alla coppia e se n'era andato per un paio di giorni.




L'ultima volta in cui l'aveva guardata era rimasto stupito.

Erano in battaglia, i demoni gatto erano in netto vantaggio nonostante lui e Daiki stessero combattendo al massimo della loro forza, ma il principe di quelle terre era troppo addolorato dalla morte del padre avvenuta misteriosamente qualche giorno prima per poter essere lucido ed utile in battaglia.

Erano moltissimi, i bastardi, e lui per quanto forte, non poteva batterli tutti.

L'esercito di Daiki stava soccombendo, i demoni gatto sembravano non finire mai e la Signora Madre, Yuzuki, l'unica demone che Sesshomaru avrebbe potuto tranquillamente chiamare madre, era stata gravemente ferita.

L'umana, obbligata a restare dentro il palazzo.

Daiki sarebbe morto se si fosse dovuto preoccupare anche di lei, Sesshomaru ne era conscio.

Erano stremati, era ormai scesa la seconda notte di guerra e presto avrebbero ceduto.

In un qualche modo la mocciosa riuscì a liberarsi delle proprie guardie e arrivò al campo di battaglia proprio quando il compagno fù immobilizzato a terra, una spada puntata alla gola.

-Principe, oggi il tuo regno diventerà finalmente mio. Il tuo trono mi appartiene.-

Sesshomaru non si mosse, intento a capire cosa poter fare nonostante fosse molto debilitato.

Un urlo attirò l'attenzione di tutti i presenti.

-E questo bocconcino da dove salta fuori? Ha il tuo odore, lurido cane. Non dirmi che hai osato macchiare il nome del tuo nobilissimo clan per una donna. Un'umana.-

Risero tutti, di lui, di lei.

Sesshomaru la odiò in quel preciso istante: il suo migliore amico, demone degno del massimo rispetto, deriso in punto di morte per una mocciosa umana.

Un'onta di cui Daiki non avrebbe mai potuto liberarsi, tantomeno da morto.

Fu allora che la ragazzina lo sorprese.

-Non osate ridere di lui.-

Il demone gatto ghignò. -Potrei tenerti in vita un paio di mesi, ragazzina, strapparti gli occhi sarà un pioacere immenso. Quel tuo orrido ghigno di vittoria lo distruggerò a furia di spezzarti ogni singolo osso.-

Un paio di movimenti aggraziati delle sue mani e tutti, tutti i demoni gatto, si ritrovarono legati a terra da liane improvvisamente spuntate dal terreno.

Ne uccise personalmente solo uno: il bastardo che aveva osato colpire a livello del cuore Yuzuki.

Del resto dovettero occuparsene lui, ma soprattutto Daiki in modo da poter essere rispettato e accettato come nuovo re.


-Qualche volta.-

-Era bella?-

Sesshomaru alzò leggermente un sopracciglio argenteo, distogliendo lo sguardo da quello della bambina.

Che domanda era?

-Che razza di domande fai, sciocca ragazzina? Credi davvero che il Sommo Sesshomaru perda tempo a guardare le donne umane?-

Rin s'imbronciò appena. -Scusate.-

Avrebbe voluto dirle qualcosa, in quell'istante, far sparire quell'ombra di dolore dagli occhi della bambina ma, all'improvviso fu altro ad attirare la sua attenzione: l'odore del vento era cambiato, stava arrivando qualcuno.

E non è Daiki.

La luna sparì all'improvviso, coperta con violenza da enormi nubi cariche di tempesta.

Lampi e fulmini si susseguirono per un paio di minuti, Sesshomaru prese tra le braccia Rin mettendola poi al riparo sotto il più possente dei ciliegi.

Se un fulmine la colpisse..

Jaken, Kohaku e Ah-Un si misero vicino alla ragazzina, il drago le si accoccolò accanto guardando poi il suo padrone, Sesshomaru sapeva che l'avrebbe protetta a costo della sua stessa vita.

Rin e Ah-Un avevano un legame particolare, era qualcosa che andava oltre il semplice rapporto di fedeltà della bestia.

Rin, come faceva con tutti, si prendeva cura di quel demone a due teste con affetto e naturalezza, quasi quella creatura non fosse un possente drago ma la più docile e meritevole bestiola.

Qualche albero accanto al loro prese fuoco, Sesshomaru per non correre rischi estrasse Tenseiga piantandola a terra. Seppur la spada fosse ormai inutile, la sua barriera risultava essere ancora invalicabile al nemico.

Una risata acuta, oscena, catturò immediatamente l'attenzione del demone bianco.

Poi il nemico, finalmente, comparve.

Aveva la pelle di un colore malsano, gli occhi di un folle e un sorriso fin troppo impertinente a sorpiargli le labbra.

Rimise Tenseiga nel fodero quando le scariche elettriche vennero meno e fece qualche passo avanti.

-Levati, tu sei debole.-

Se Sesshomaru non rispose, i suoi compagni di viaggio si indispettirono per lui. Forse fin troppo.

Jaken al solito aveva iniziato a dire cose senza senso, avesse potuto l'avrebbe ucciso lui stesso in quel momento.

Il nemico allungò uno dei suoi arti fino a cercare di colpire Kohaku, la cui scheggia della sfera sembrava essere diventata una calamita per tutte le disgrazie.

Lo mancò, Sesshomaru tranciò quel tentacolo con i suoi artigli.

-Te lo ripeto, sei debole.-

L'unica con un po' di sale in zucca, Sesshomaru lo pensò con orgoglio, sembrava essere Rin che aveva preso le redini di Ah-Un e dopo aver fatto salire Jaken e Kohaku si era alzata in volo allontanandosi lo stretto necessario per poter essere al sicuro.

Il nemico cominciò a ridere. Sesshomaru capì immediatamente che stava ridendo di lui.

-Oh si, mi tocca ripeterlo: sei debole. Le creature che ti seguono me lo confermano.-

Un altro tentacolo partì verso il cielo, il maledetto sembrava desiderare a tutti i costi la vita dello sciocco ragazzino.

Il suddetto genio, invece di scansarsi, lanciò la sua arma di sterminatore colpendo il nemico alla tempia.

Stupido.

Bastò uno strattone del mostro per far cadere Kohaku da Ah-Un.

-Se è un'emanazione di Naraku, ora che il mio frammento è stato purificato, non potrà toccarmi.-

Sesshomaru stesso rimase sorpreso quando il ragazzino venne imprigionato dal nemico.

-Naraku? Non osare compararmi a quel mezzodemone.-

Quelle parole fecero gelare il sangue a molti dei presenti, Sesshomaru preferì non pensare a chi diavolo fosse quella creatura.

Il demone bianco con un balzo si avvicinò all'umano, quando però allungò la mano verso di lui si ritrovò trafitto in tre punti dell'avambraccio.

Il veleno di quelle dannate punte gli ustionarono il braccio, una si allungò a tal punto da colpire la sua mokomoko.

Ringhiò.

-Sei debole, non smetterò mai di ripetertelo.-

Lo sentì ridere sguaiatamente mentre Rin chiamava il suo nome, terrorizzata.

-Il modo in cui quel cucciolo d'uomo si preoccupa per te, debole, è così tenero.-

Lo sentì ridere maggiormente. -E ora, il colpo di grazia.-

Sesshomaru non si mosse, non mostrò alcuna intenzione.

-Bastardo!-

Sesshomaru posò lo sguardo sul quel lurido mezzodemone che era appena giunto, solo lui avrebbe potuto essere sempre così volgare.

Il dannato con la sua Tessaiga tranciò di netto il braccio del nemico, liberando sia lui che il moccioso umano.

Del secondo si prese cura il resto del gruppo di Inuyasha, appena lui toccò terra invece si ritrovò a fissare gli occhi scuri di Rin.

Sgranò appena lo sguardo, la ragazzina stava per piangere. Si fissarono pochi istanti, lei schiuse le labbra un paio di volte ma non disse una parola.

Probabilmente scoppierebbe a piangere, se dicesse qualcosa ora.

Non disse nulla neppure il demone maggiore, semplicemente annuì in silenzio vedendo la bambina sorridere appena.

Tutte le emozioni che Rin provava nei suoi confronti, il modo in cui si preoccupava sempre per lui lo lasciavano sempre pù stupito.

Il calore, il suo calore. Lo sento dentro.

-Chi diavolo sei?-

Sesshomaru puntò nuovamente lo sguardo verso il nemico, il quale sembrava troppo intento ad osservare la sacerdotessa cui si accompagnava Inuyasha. Gli bastò incrociare lo sguardo della ragazzina per un solo istante per farla cadere a terra, priva di sensi.

-Che le hai fatto? Allora? Che hai fatto a Kagome?-

La risata della creatura fece accaponare la pelle a tutti. -Vuoi davvero sapere chi sono, lurido mezzodemone cane? Ebbene, ti accontento, il mio nome è Magatsuhi.-

Poco importava chi fosse, quel Magatsuhi meritava solo una cosa: la morte.

E sarebbe stato lui, il grande Sesshomaru ad ucciderlo.

Lo esige il mio orgoglio.

-Prendete Kohaku e allontanatevi da qui, siete di troppo.-

Non guardò nessuno di loro, poco gli interessava delle loro vite. Voltò lo sguardo un solo istante, verso Rin, balzando poi verso il maledetto che aveva osato ferirlo e deriderlo.

Neancora sai, contro chi ti sei messo.

-Sesshomaru, i feriti gravi non combattono. Fatti da parte.-

Come osava quel lurido mezzodemone? Come osava sminuirlo così, dinnanzi al nemico? Giunti a quel punto, la vita del solo Magatsuhi non avrebbe placato la sua sete di sangue.

Jaken, al solito, non riuscì a tapparsi la bocca.-Come osi, Inuyasha? E di chi credi sia la colpa? Se il Nobile Sesshomaru non ti avesse ceduto Meido Zangetsuha, a quest'ora..-

-Taci, maledetto! Non me ne può fregar di meno.-

Sentì il cuore battere furiosamente, il sangue pompare con forza nelle sue vene e Sesshomaru, a quel punto, chiuse gli occhi lasciando che, una volta riaperti, fosse la creatura demoniaca ad avere il sopravvento.

Il suo sguardo si tinse di rosso, le iridi divennero azzurre mentre la bocca gli si riempiva di veleno e i denti si affilavano.

-Un ridicolo mezzodemone avrebbe pietà di me? Temo mi stiate entrambi sottovalutando.-

Alzò l'arto ferito e ustionato, bastò una lieve tensione dei muscoli per far sparire completamente le ferite e a quel gesto Magaztuhi rise ancor più forte. -A quanto pare, ti serve un'altra lezione. La sostanza però non cambia: sei debole.-

I suoi arti si allungarono nuovamente, Sesshomaru si mosse all'ultimo e con una velocità tale da lasciare a bocca aperta anche l'emanazione della sfera stessa.

Ah, adorava lasciare il nemico senza parole.

Adorava fossero riconosciute le sue capacità.

Infondo, Sesshomaru, era vanesio quanto consapevole della sua grandissima forza.

Poteva permettersi un simile atteggiamento, al contrario di quel montato scarto di vita che era il suo fratellastro.

Un paio di movimenti fulminei, poi una luce azzurra lo avvolse completamente e quando tocco nuovamente terra aveva assunto la sua più magnifica forma demoniaca ma, soprattutto, teneva tra le fauci la testa dell'avversario.

Fu Inuyasha ad avvisare gli umani di alzarsi in volo, quando dal corpo della parte malvagia della sfera cominciò a fuoriuscire miasma micidiale.

Gli alberi attorno a loro, i pochi sopravvissuti, appassirono all'istante e morirono mentre quel tremendo gas si faceva sempre più strada nelle terre del Principe Daiki.

-Continuate pure, distruggete il mio corpo. Ci rimetteranno solo quei miserabili umani e poi, io non sento dolore. Questo è solo un corpo in prestito. Fatene ciò che preferite.-

Dalla testa tra le fauci di Sesshomaru cominciarono ad apparire altri tentacoli, così come dal corpo decapitato ma se i secondi furono tranciati di netto da Inuyasha, i primi si avvolsero sempre più attorno alla possente figura del demone cane imprigionandolo in una morsa sempre più stretta.

-Sesshomaru, fai attenzione.-

Sentì in lontananza la voce di Rin, quella benedetta creatura sembrava non essere capace di trattenere la sua preoccupazione per lui, qualunque fosse il contesto. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il destino per quello.

Una volta completamente avvolto dalle protuberanze di quella dannata testa parlante, tornò alla sua forma umanoide uscendo dal groviglio sano e salvo.

-Per fortuna.-

Com'era possibile che la voce di Rin, nonostante la bimba avesse appena sussurrato, gli risultasse sempre così comprensibile e limpida?

Sentiva la rabbia scorrergli nelle vene con il sangue, la sentiva corrodergli ogni maledetto briciolo di ragionevolezza ed esausto dalle risa di scherno tornò all'attacco, gli artigli avvelenati come unica arma.

Finì imprigionato nuovamente nel giro di pochi fendenti, l'umiliazione a bruciare come sale su ferite fresche e profonde.

Fu il fendende di una spada sottile ma affilatissima, leggermente ricurva, a liberarlo dalla presa di Magatsuhi.

Che sorpresa.

Il demone maggiore, padrone della spada che aveva tranciato quei tentacoli, gli si fece immediatamente accanto.

Sesshomaru incrociò le sue iridi blu notte, ovviamente non ricambiò il leggero sorriso con cui l'altro lo salutò, ma rimase ad osservarlo per un bel po' di tempo.

Era cresciuto anche lui, notò velocemente: aveva le spalle più larghe, un'aurea demoniaca immensa, la mokomoko nera toccava terra per almeno un terzo della sua lunghezza ed era, se possibile, ancor più folta di quella del demone bianco.

Aveva lunghi capelli blu notte legati in una coda alta grazie ad un nastro di seta nero, indossava un kimono nero le cui maniche sfumavano fino al grigio, ma non aveva alcuna armatura su di sé, l'unica protezione era un semplice blocco metallico posto sul petto, a protezione del cuore, fissato grazie ad una catena anch'essa metallica che gli passata sotto il braccio e dietro il collo.

-Sesshomaru, a furia di attendere una tua visita pensavo sarei morto.-

-Tsk.-

Sei solo. E così è morta davvero.

Il demone maggiore, signore dei cani della luce, rise di cuore.

Magatzuhi guardò il nuovo arrivato con interesse. -E voi, chi maledizione siete?-

Se il demone cane appena giunto si era mostrato tanto premuroso nei confronti di Sesshomaru, questo non valse per nessun altro.

-Andatevene.-

L'altro rise. -Forse non avete capito con chi avete a che fare.-

Inuyasha, che ancora non capiva cosa c'entrasse quel tale con Sesshomaru, si fece avanti nello scontro e Tessaiga si colorò di nero. -Oh, non mi crederai così stupido, spero, mezzodemone.-

Si spaccò in mille e più frammenti, circondando tutta l'area con i pezzi del suo corpo e dei suoi tentacoli.

-Forza, colpiscimi se ci riesci. Vedere queste anime umane morire a causa del tuo Meido sarà quanto mai appagante. Su, Inuyasha, colpiscimi.-

Il mezzodemone ringhiò, Daiki intanto si voltò verso Sesshomaru, che se ne stava fermo immobile. -Che facciamo?-

Sesshomaru lo guardò per un solo istante. -Riuniamo i pezzi.-

Si librarono entrambi in aria, il demone bianco subito affiancò Ah-Un cominciando poi a colpire con gli artigli i vari frammenti. L'amico di una vita fece lo stesso.

Il bonzo si sorprese dell'azione dei due demoni maggiori, Sesshomaru rimase però stupito dalla naturalezza con cui Rin gli rispose.

-Il Signor Sesshomaru è sempre stato gentile e premuroso.-

Sembrava una frase a metà, quasi Rin si fosse fermata intenzionalmente per non rivelare altro.

Daiki, ovviamente, ridacchiò affiancandolo. Lo fulminò con uno sguardo e l'amico alzò le mani in segno di resa, senza dire nulla a riguardo.

-D'ora in avanti dovrete proteggervi da soli.-

Daiki sorrise. -Stai implicitamente dicendo che tocca a me proteggerli, amico?-

Ringhiò appena, poi con un paio di movimenti fulminei riuscì ad evitare i vari attacchi rivolti a lui e alla fine si ritrovò davanti a Magatsuhi.

-Sesshomaru, dannato, che cosa vuoi fare?-

Lurido mezzodemone, fossi degno di essere appellato come figlio di nostro padre, avresti sentito questo lieve sentore. È un odore particolare, leggermente diverso dal tanfo pestilenziale delle carni di Naraku. Questo, è il vero spirito di Magatsuhi.

Sfoderò Tenseiga e tagliò l'aria, colpendo esattamente il punto prestabilito.

Il nemico non fece in tempo a ridere nuovamente che davanti agli occhi di tutti apparve la vera forma dell'emanazione malvagio della sfera: un volto orribile, cieco ad un occhio e con delle zanne enormi.

-Maledetto, come hai osato?-

A protezione da Tenseiga arrivarono i vari frammenti del corpo in prestito che crearono una barriera sfortunatamente invalicabile per la spada del demone bianco.

-Queste carni non sono tagliabili con la tua arma, mi dispiace, poiché il loro padrone è di questo mondo. Sei debole.-

Parte dei tentacoli si allungarono e in pochi istanti tutti finirono imprigionati, Daiki incluso visto che aveva perso la spada nel tentativo di proteggere lo stolto ragazzino umano e sua sorella.

-Signor Sesshomaru!-

Si voltò stupito, quell'urlo strozzato gli congelò il sangue nelle vene. Erano tutti prigionieri, certo, ma a Rin il bastardo stava riservando un trattamento differente.

La stava stritolando, maledetto, e presto la ragazzina sarebbe morta.

Diede le spalle al nemico cercando di avvicinarsi il più possibile a lei.

Daiki e Inuyasha nel frattempo stavano ringhiando dalla frustazione, più si muovevano e più venivano avvolti da quei maledetti pezzi di carne. L'odore di lacrime della bambina non stava aiutando nessuno.

-Sei debole, adoro ripeterlo.-

Mancava poco perchè Sesshomaru fosse vicino a Rin tanto da poterla liberare, mancava davvero pochissimo e fu allora che Magatsuhi lo colpì.

Alle spalle, come i vigliacchi.

Sesshomaru fu trafitto al torace in due punti da due enormi protuberanze le quali, ovviamente, lo avvolsero bloccandogli pure l'uso del suo unico braccio.

Rin dopo aver urlato il suo nome era scoppiata a piangere a dirotto, terrorizzata di poterlo perdere, ed era riuscita a liberare un braccio e l'aveva allungato verso di lui.

La guardò stringere i denti mentre la presa sul suo fragile corpo aumentava tanto da renderle difficile perfino respirare.

-Che scena patetica, debole demone.-

Si alzò leggermente il vento, poi successe l'impensabile.












Note.

Piccolo esperimento che ho trovato nel computer e ho deciso di riprendere in mano.
Non ricordo l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa, potrei essere un po' arrugginita come scrittrice. Spero possiate perdonarmi.
Daiki è il signore dei Cani dell'est, cani del giorno; Sesshomaru è quello dei cani dell'Ovest.

Non avrà molti capitoli questo "esperimento", forse mi ci vorrà non poco tempo per scrivere i prossimi ma voglio tornare a scrivere e questa storia è nella mia testa da moltissimo tempo.

Ovviamente le critiche e commenti sono gradissimi!

_Lady Cassiopeia_


  
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