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Autore: Flos Ignis    09/03/2018    2 recensioni
Seconda classificata al contest "True Colours (of Your Soul)" indetto da Laodamia94 sul forum di EFP.
Terza classificata al contest "Un personaggio in cerca d'autore" indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP.
AU!Fantasy
Due anime spezzate sono destinate a incontrarsi: il loro passato, per quanto diverso, li rende due creature uniche al mondo e solo la presenza dell'altro potrà salvarli. Anche se loro ancora non lo sanno.
Il crollo di una miniera metterà in moto gli eventi: un soldato, inviato per prestare soccorso, incontrerà una giovane ferita nel corpo e nell'anima e deciderà di proteggerla. Non sa ancora che sarà grazie a lei che la spirale di vendetta in cui è invischiato da molti anni sarà interrotta, come non sa che lui stesso porrà fine alla depressione in cui era precipitata la giovane, dandole uno scopo.
Una strega bambina animata dalla vendetta, un soldato maledetto che ha fatto voto di proteggere, una ragazza con un grande sogno ed un corpo spezzato.
Volete scoprire come va a finire? Benvenuti in un Giappone antico in cui la magia può fare grandi cose, sia distruggere che guarire.
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genos, Metal Bat, Nuovo personaggio, Tatsumaki, Zenko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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PRELUDIO




3 anni prima




Quello non era un giorno come tanti.

L'alba che era sorta con pigrizia non aveva preannunciato nulla di diverso dalle solite, abitudinarie e a tratti noiose routine degli abitanti dei monti Hida, una catena montuosa situata al nord dell'isola. Eppure, non appena il sole aveva raggiunto lo zenit, una scossa sismica di inaudita violenza aveva scosso l'intera zona a partire dall'epicentro del disastro, il monte Tateyama.

La catena montuosa contava alcune tra le più alte vette nipponiche ed era una delle zone meno colpite dai terremoti: i boschi che ricoprivano la terra col loro verde manto proteggevano gli sparuti villaggi che sorgevano in piccoli agglomerati nelle vallate, le radici degli alberi fungevano da ancora per il terreno fragile su cui era sorto l'impero del Sol Levante e ciò aveva garantito agli abitanti di quelle terre una vita sicura.

Fu quindi una sorpresa alquanto spiacevole la forza con cui quel giorno la terra si mosse sotto i loro piedi, facendo crollare vecchie capanne abbandonate ed edifici poco sicuri, ma il pericolo maggiore fu causato dalla paura. Il panico si era impossessato della gente che, poco preparata per quelle situazioni di emergenza, aveva iniziato a correre senza alcuna meta con la mente annebbiata dal terrore, incurante della calca che si veniva a creare nelle piccole strade e dei più piccoli che quasi vennero schiacciati dalla folla.

I danni sarebbero stati certamente molto più ingenti se all'improvviso la terra non si fosse riassestata, concedendo ai cuori di migliaia di persone di riacquistare un ritmo più lento e ai loro respiri di regolarizzarsi. Il terremoto era durato appena pochi minuti, ma la potenza con cui si era scatenato era ancora visibile nella paura che stava pian piano evaporando dai volti delle persone e ancora di più nei crolli delle costruzioni più antiche o fragili. 

Una volta superato il terrore, arrivò la curiosità: cosa mai poteva essere successo? Non si avevano notizie di sismi di tale violenza in quella zona da secoli! Era davvero inaudito un cataclisma di tipologia così strana, che si manifestava con tanta forza concentrata in un periodo limitato di tempo.

Negli anni a venire, molti continuarono a domandarsi le cause di quell'evento, una tragedia fortunatamente evitata per quello che poteva chiamarsi solo miracolo, ma nessuno mai ne seppe più di quanto poteva solo immaginare la mente umana.

A conoscere la verità, per lungo tempo, sarebbe stato solo un ragazzo che all'epoca dei fatti aveva appena vissuto la sua sedicesima estate. Era un giovane dai capelli così chiari che sembrava il sole glieli avesse accarezzati, lasciandogli sul capo una lucentezza pari a quella di una stella, lisci come seta, degni di un principe delle fiabe. Era dotato di un fisico che, persino parzialmente nascosto da un logoro mantello nero da viaggio, si indovinava fosse muscoloso e atletico. La caratteristica più evidente di quel giovane, però, risiedeva nelle gemme che spiccavano sul suo volto pallido, quegli occhi che, nel corso di intere ere degli uomini, in pochissimi avevano posseduto: le sclere facevano il paio con le pupille, divorando ogni luce intorno a loro con la profonda oscurità di cui erano tinte... inghiottivano ogni fonte luminosa, ad eccezione delle iridi dorate che spezzavano il buio di quel volto tanto bello da sembrare dannato.

Il volto di una persona maledetta.



*****



Oggi



Nonostante la bellissima giornata di sole, il piccolo villaggio che era sorto ai piedi del monte Tateyama pareva un paese fantasma.

Gli schiamazzi dei bambini che giocavano sempre a rincorrersi fino al fiume quel giorno non si sarebbero levate gioiose, le voci calde delle donne che andavano e venivano dal grande mercato della cittadina vicina erano stranamente fioche e tremanti di paura, gli anziani non sarebbero usciti a passeggiare per sgranchirsi le vecchie ossa e scambiare sorrisi e rimproveri con tutti i monellacci che avevano visto nascere.

Era un villaggio di modeste dimensioni il loro, non erano molte le famiglie che avevano scelto di insediarsi in quella vallata isolata, ma quelle che c'erano stanziavano in quel luogo da generazioni.

Si conoscevano tutti dal momento stesso in cui venivano al mondo, ogni nascita era una festa di paese ed ogni lutto veniva portato da tutti i compaesani: una grande famiglia che viveva una vita semplice, persino abbastanza agiata vista la presenza di una miniera che portava lavoro a tutti gli uomini liberi dal lavoro nei campi. 

L'avevano scoperta per caso dopo una frana tre anni prima, quando un grande terremoto aveva scosso le loro amate montagne. La sconcertante scoperta di un'abbondante quantità d'oro nelle profondità del monte aveva portato loro una certa ricchezza, tanto che da qualche mese alcuni dei signorotti a cui vendevano il prezioso metallo avevano iniziato a fare loro alcune proposte di trasferimento per lasciare a loro i diritti su quella fonte di reddito inaspettata.

Il consiglio del pease non aveva ancora raggiunto un accordo, si era creata una piccola spaccatura tra chi avrebbe voluto guadagnare sulla loro terra e chi, quella terra, non voleva proprio abbandonarla.

Dopo ciò che era accaduto quel giorno, però, la scelta di andarsene sembrava molto più allettante per la maggior parte di loro, compresi tutti quelli che fino al giorno prima avevano opposto all'idea un rifiuto netto e deciso.

Era stato sufficiente un piccolo errore, una distrazione, un piccone che aveva scavato troppo a fondo per minare la solidità delle pareti e del soffitto della caverna: ora molti dei loro uomini e qualche ragazzo erano rimasti intrappolati tra due pareti rocciose che sembravano pesare tonnellate alle braccia stanche dei lavoratori e anche di più per quelle disperate delle mogli e madri che erano accorse dopo il fracasso che ne era conseguito.

I soccorsi erano stati chiamati tempestivamente, ma per quanto potessero essere veloci sarebbero state necessarie ancora molte ore... un tempo che, forse, i loro amici non avevano.

Quindi a chi era rimasto in attesa non restava altro da fare che prepararsi ad una lunga, snervante attesa.



Kin Murasaki, una giovane nata durante una primavera particolarmente calda di quindici anni prima, ne sapeva qualcosa dell'arte di portare pazienza. Non che fosse immune al panico che aveva travolto molti dei suoi amici, ma era più allenata di tutti loro a sopportare e attendere qualcosa che, forse, non sarebbe mai arrivato.

Aveva dovuto imparare molti anni prima, quando un brutto incidente a cavallo le aveva paralizzato le gambe per sempre. Non sarebbe mai tornata la ragazzina spericolata che era stata un tempo, la bambina che si arrampicava sugli alberi in cerca di avventure al di là delle cime delle montagne, quella che costruiva rifugi improvvisati tra i boschi per fuggire da immaginari mostri maligni, la stessa che sognava di andare a studiare in una grande città per diventare una Guaritrice... no, lei non esisteva più.

Le era stato portato via qualcosa di più importante delle sole gambe: aveva perduto la voglia di vivere, in alcune giornate le sembrava uno sforzo titanico persino respirare, e sognare era diventato fisicamente doloroso. Viveva le sue giornate seduta su una sedia a dondolo che le aveva costruito suo padre, posizionata sulla veranda di casa in modo che potesse godere del miglior panorama possibile, con i monti che circondavano le abitazioni di legno e pietra come una barriera naturale.

Si riempiva la mente delle immagini di casa sua, della valle e delle montagne, del verde dei boschi e dell'azzurro del cielo, ricercando una pace che in quel mondo era sicura non avrebbe più trovato. 

A volte chiudeva gli occhi neri dalle lunghe ciglia, restando semplicemente lì, esistendo, cercando di percepire il ciclo della natura che tutto intorno a lei faceva il suo corso. 

Solo questo riusciva a farle spuntare dei brevi sorrisi, ma il desiderio di far parte della vita che le scorreva davanti agli occhi non tardava mai a tornare; ciò le faceva nascere un'inquietudine straziante, facendole formicolare la pelle per la frustrazione di dover restare solo una semplice spettatrice. Nel profondo di sè stessa sentiva il desiderio di far parte di tutta quella meraviglia che ruggiva violento, incidendole a fuoco nelle vene quel bisogno viscerale. Arrivava quasi ad avere la sensazione, quanto mai crudele, che le sue gambe avrebbero potuto obbedirle e reggere l'esile peso del suo corpo se ci avesse provato abbastanza intensamente, se avesse forzato la sua invalida condizione con speraza sufficiente a darle forza.

Ma i miracoli, si sa, non accadono mai.

A quel punto la malinconica Kin zittiva il cuore e imbavagliava la mente, pretendendo di essere insignificante, di diventare un granello di polvere, una minuscola particella di niente in balia della potenza dell'universo. Tutto ricominciava in seguito, sempre uguale a sè stesso, in un'altalena vertiginosa oscillante tra apatia, depressione e brevi istanti di pace, paragonabili a effimere lucciole in una notte oscura e senza fine.

Dopo queste sue piccole crisi, le lacrime tornavano a scorrere liberamente sul viso pallido e il peso che sentiva sulle spalle si alleviava parzialmente, concedendole un po' di requie.

Giorno dopo giorno era continuata quella sua straziante routine, in attesa che qualcosa arrivasse a spezzarla... o a spezzare lei.

E quel qualcosa era arrivato, proprio quando aveva perso le speranze: non era ciò che avrebbe desiderato, nè quello che si sarebbe aspettata, ma non aveva importanza.

Perchè sotto le vesti del più tragico degli eventi, si sarebbe rivelato tutto ciò di cui aveva bisogno.



*****



-Maestro Saitama, sono arrivato sul posto. Il villaggio che ha chiesto il nostro soccorso è a mezz'ora di cammino verso nord-ovest dalla mia posizione.-

-Ben fatto Genos. Durante la missione cerca di non ridurti in pezzi, il Guaritore Kuseno pretenderà un compenso stratosferico se dovrà rimetterti insieme per l'ennesima volta. E inizierà a lamentarsi della tua imprudenza, tipica dei giovani soldati, devastandomi i nervi per l'ennesima volta. Sai quanto odio i discorsi lunghi e lui non sa darsi una regolata.-

Il modo di dimostrare preoccupazione del suo Maestro era certamente inusuale, ma Genos sapeva che il suo superiore teneva a lui, al ragazzino che l'aveva supplicato di renderlo forte e prenderlo come suo allievo fino a quando non aveva ottenuto il suo consenso. Non era stato facile, ma la determinazione non gli era mai mancata e ormai l'uomo lo aveva preso come suo discepolo da quasi tre anni, quindi aveva imparato a conoscerlo. Per lui, le parole che aveva appena udito suonavano più o meno come "torna sano e salvo".

-Sì Maestro, farò attenzione.-

Il ragazzo biondo distolse lo sguardo dalla superficie del laghetto, interrompendo il contatto. L'incantesimo di comunicazione che gli aveva fornito una delle maghe a disposizione dei soldati era stato davvero molto efficace, era riuscito perfettamente a vedere il volto apatico del Maestro Saitama e a sentire la sua voce dal tonl spesso annoiato.

Ripensò alle raccomandazioni ricevute: effettivamente, tenendo in considerazione che su di lui le cure mediche erano più semplici ed efficaci, si era permesso alle volte azioni altamente rischiose, con il risultato che si era trovato spesso con le braccia artificiali distrutte o inutilizzabili. Non ne era pentito, specialmente considerando i risultati positivi che aveva ottenuto, ma se il suo Maestro gli richiedeva espressamente di risparmiare a lui e a sè stesso un'ennesima visita all'ospedale della base avrebbe fatto il possibile per ubbidire all'ordine.



Il Guaritore Kuseno era uno dei migliori nell'arte della magia taumaturgica dell'intero Impero del Giappone, ma aveva deciso di aiutare i soldati e i cavalieri del regno al posto di qualche borioso signore feudale per via del suo innato patriottismo e senso del dovere. 

Egli aveva salvato la sua vita dopo che un gruppo di streghe malvagie aveva raso al suolo il villaggio in cui era nato e cresciuto, dandolo in pasto alle fiamme insieme a tutti i suoi abitanti. L'esercito non era arrivato in tempo per fermarle e in mezzo ad una pila di cadaveri avevano ritrovato solo lui ancora vivo, ma il prezzo della sua vita era stato alto: gli erano state amputate entrambe le braccia, delle terribili ustioni gliele avevano praticamente carbonizzate fino alle ossa. Se non fosse stato per il Guaritore Kuseno, che aveva deciso di donargli degli arti artificiali, avrebbe vissuto come un miserabile... o non sarebbe direttamente sopravvissuto.

Era poco più che un bambino quando aveva avuto luogo quella tragedia, ma ricordava bene i volti ghignanti di quelle malefiche streghe e l'orda di esseri demoniaci che avevano mandato in prima linea a devastare la sua gente, presa in mezzo al fuoco incrociato delle zanne di quei mostri e dei terribili malefici delle streghe. Anche se avesse potuto, non avrebbe mai scelto di scordarsi di coloro che gli avevano strappato via ogni cosa: la famiglia, l'infanzia, l'innocenza e ogni possibilità di avere un futuro felice. 

Il desiderio di vendetta e l'odio che aveva conosciuto troppo presto l'avevano tenuto in vita, lo avevano reso abbastanza forte da fargli prendere la cruciale decisione di tornare a cercarle una volta che fosse cresciuto. Quando avesse ottenuto il potere necessario a cancellare quelle assassine dalla faccia della terra...

Non appena aveva ripreso le forze aveva iniziato ad allenarsi, giorno dopo giorno, riabilitando il suo corpo e abituandosi alla indescrivibile sensazione di avere delle braccia d'acciaio che si fondevano all'altezza delle spalle con la sua pelle. Si trattava di una tecnica innovativa, inventata proprio dal suo salvatore, che aveva fuso la medicina con la magia risolvendo il problema di migliaia di soldati e milioni di cittadini menomati. Genos era stato uno dei soggetti più giovani a subire un'operazione tanto importante, per cui il Guaritore lo aveva tenuto per un po' sotto osservazione e ancora oggi gli riservava un occhio di riguardo.

Il ragazzino pieno di rabbia che era stato aveva ricevuto il permesso di vivere alla caserma, dove era stato costantemente monitorato durante la convalescenza senza che la base soffrisse dell'assenza di uno dei suoi migliori Guaritori, con la promessa implicita che sarebbe diventato ufficialmente uno di loro quando avesse raggiunto l'età minima per la leva.

Ora Genos era un giovane uomo di diciannove anni... se di persona si poteva ancora parlare, riferendosi a lui. L'odio gli aveva impoverito il cuore, rendendolo freddo come il metallo che ora ricopriva più della metà del suo corpo, andato perduto per la sua imprudenza congenita durante la ricerca della sua vendetta. Ora anche le sue gambe e parte della schiena erano composte da parti in acciaio fuse con la magia alla sua pelle.

Poco prima di entrare sotto la protezione del Maestro, più di tre anni prima, era finalmente giunto il momento che aveva tanto atteso e per cui aveva sputato sangue durante la riabilitazione. All'accampamento in cui era stato mandato per il suo addestramento sul campo era giunto un messaggero imperiale, portando con sè l'ordine di attaccare il covo di una setta di streghe dedite alle evocazioni demoniache, una pratica proibita ed estremamente pericolosa, classificata come una delle arti magiche più oscure mai praticate dall'uomo.

Genos aveva pensato che potesse trattarsi delle stesse che aveva cercato tanto a lungo, per cui aveva chiesto e ottenuto il permesso di partecipare alla spedizione. Aveva riconosciuto i segni della distruzione che quelle donne malefiche avevano lasciato in altri due villaggi, l'esercito era accorso senza poter fare nulla per fermare i colpevoli, ma non poteva assolutamente essersi sbagliato: aveva scovato le streghe che l'avevano reso un orfano di guerra. 

Era quindi partito nottetempo, rubando un cavallo e spronandolo fino allo stremo pur di gingere prima di chiunque altro sul luogo in cui era stata rilevata la loro magia nera. 

Le streghe l'avevano individuato per prime, ma una alla volta aveva sterminato tutte le sentinelle che erano state messe di guardia. Aveva quindi commesso il primo, più grande e fatale errore che qualcuno potesse commettere sul campo di battaglia. Si era distratto, troppo compiaciuto dal sangue che stava versando e dalle anime dannate che stava mietendo e questo lo aveva portato sull'orlo di un baratro.

Quello che era accaduto quel giorno si era concretizzato in una maledizione che riposava nel suo cuore, una delle poche parti del suo corpo che nel corso degli anni non aveva ancora dovuto sostituire con pezzi creati ad arte per lui.

Aveva ottenuto il suo scopo, ma a un prezzo che non si era aspettato e che avrebbe pagato fino alla fine della sua vita.



Genos si portò una mano a coprire gli occhi, riemergendo dai ricordi di una vita di cocente rabbia, nascondendo le conseguenze della sua vendetta al mondo. I suoi occhi bui come la notte e le iridi dorate come il sole erano il segno evidente della sua condizione maledetta, un marchio di Caino che chiunque avrebbe potuto vedere e riconoscere.

Era il segno del suo peccato e attraverso di esso guardava il mondo, e il mondo osservava lui attraverso quel filtro oscuro.

Scosse la testa, smettendo di pensare a questioni tanto futili. Aveva accettato da tempo la sua condizione, era un misero prezzo da pagare per aver compiuto la sua missione e aver dato pace a tutti i morti della sua terra natia.

Riprese in spalla la sacca contenente la strumentazione di base che aveva portato con sè, dando ufficialmente inizio ai soccorsi per le miniere d'oro del monte Tateyama.


*****


Gli ingranaggi del Fato si erano messi in moto ormai da molto tempo, ma solo quel giorno riuscirono finalmente a incastrarsi perfettamente l'uno con l'altro, conducendo due vite segnate da grandi sofferenze sui rispettivi cammini.

La ruota del destino aveva iniziato a girare.






Note:

Mi sentivo in dovere di spiegare le origini del titolo di questa storia che, ve lo assicuro, è stato un parto più doloroso che scrivere la storia stessa.
Kin: oro
Murasaki: viola
Comunque, complimenti a tutti voi che siete arrivati fin qui! Sarà una storia breve di appena tre capitoli, tra un paio di giorni posterò il prossimo e dopo poco l'ultimo.
Spero davvero che questa storia possa piacervi!
Flos Ignis
  
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