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Autore: Tigre Rossa    09/03/2018    3 recensioni
Sono ancora la tua bambina?
Sono ancora la tua mija, per la quale faresti di tutto?
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I pensieri di una piccola Coco nei primi anni senza il suo papà.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Hola papà

 

 

 

 

 


Hola papà!

Oggi è il mio compleanno. Ora ho quattro anni, sto diventando proprio grande! Mama ha fatto una torta, e ci ha messo anche una candelina. Mi ha detto di esprimere un desiderio, mentre la soffiavo, così le stelle l’avrebbero realizzato.

Ho chiesto alle stelle di farti tornare presto.

Mi sei mancato, oggi. È da tanto che non ti vedo. Lo so che sei per il mondo con Tio Ernesto, ma pensavo che saresti tornato, almeno per oggi.

È stato un compleanno strano, senza di te. Anche mama ti aspettava, sai? Continuava a guardare fuori dalla finestra, e io ti ho aspettato sui gradini della porta fino a quando non è arrivata la luna.

Perché non sei tornato, oggi?

Ci sei sempre, ad ogni mio compleanno. Mi svegli proprio a mezzanotte con un bacio gigante ed un abbraccio, mi fai volteggiare per aria e canti, canti tutto il giorno, ballando con me e mama.

Ma questa volta non l’hai fatto.

Questa volta non c’eri.

Ho chiesto a mama perché, quando mi ha rimboccato le coperte. Ha detto che non lo sapeva. Forse non eri riuscito a prendere il treno, o forse avevi solo fatto tardi; mi ha detto questo, ma senza guardarmi negli occhi, e dopo un bacio mi ha detto di non pensarci e di dormire.

Poi, è andata di là, e l’ho sentita litigare con Tio Oscar e Tio Felipe. Loro le dicevano che non era possibile che tu non fossi venuto. Che era sbagliato. E lei ha gridato che lo sapeva, ma che non poteva farci niente. E dopo l’ho sentita trattenere un singhiozzo.

Perché non sei tornato, papà? Ti aspettavamo tutti. Mama ti aspettava. Io ti aspettavo.

Perché non sei tornato, papà?

Perché?

 

 

 

 

 

Hola papà.

È passato anche Natale, ora.

È stato un Natale triste, quest’anno. Non abbiamo cantato né ballato, e quando mi sono alzata per sbirciare i regali ho trovato mama seduta alla finestra, lo sguardo fisso sulla strada e la tua ultima lettera stretta in mano.

È da tanto che non scrivi, da prima del mio compleanno. Ed è ancora di più che non torni a casa.

Perché non torni a casa?

Il Natale si festeggia con tutta la familia, me l’hai detto tu. Tio Ernesto non è tutta la tua familia. Ci siamo anche noi. Ma tu sei rimasto solo con lui, e a noi non hai scritto nemmeno una lettera. Non è una cosa carina. Mama è molto triste per questo. Ed anche io.

Sono andata da lei e l’ho abbracciata, un po’ come fai sempre tu quando la vedi giù. Lei non ha detto niente, mi ha solo presa tra le braccia e stretta forte forte. Siamo rimaste abbracciate per tanto tempo.

Come regalo di Natale in ritardo, puoi tornare a casa? Non ti chiederò mai nient’altro per tutti i prossimi Natali, promesso! Solo, torna a casa.

Rivoglio la mia familia.

Rivoglio il mio papà.

 

 

 

 


Hola papà.

Credo che le stelle si siano dimenticate del mio desiderio. Avrebbe dovuto già realizzarsi, no? Invece è passato tanto tempo e tu non sei ancora qui.

Non ci mandi più lettere, e la gente ci guarda in modo strano quando camminiamo per strada. Mama dice di non farci caso, che tutto questo finirà presto. Lo spero tanto, non per gli sguardi delle persone, ma per tutto il resto.

La casa è sempre più vuota e fredda. Non c’è più musica, ed è così strano questo silenzio. Non mi piace. Non si balla bene, nel silenzio. E a me piace troppo ballare, lo sai.

Continuo a cantare la tua ninna nanna, però. La canto solo quando mama non mi sente, perché altrimenti i suoi occhi si fanno malinconici e a me dispiace. Già è tanto stanca con il nuovo lavoro, non mi va di vederla ancora più giù.

Quando torni a casa, papà? Mi manchi tanto. E manchi tanto anche a mama. La notte la sento piangere, quando nessun’altro può sentirla. La mattina ha gli occhi rossi, e continua a guardare sempre la finestra.

Io ogni mattina mi siedo sui gradini e resto lì ad aspettarti, perché so che presto tornerai e tutto sarà come prima. La gente non ci guarderà più, ci sarà tanta musica per ballare e mama smetterà di piangere.

Quindi papà, sbrigati a tornare.

Abbiamo bisogno di te, qui.

 

 

 

 


Hola papà.

Oggi è un anno che te ne sei andato. Lo so, perché ho sentito mama che lo gridava, stanotte, quando tutto era buio e silenzioso. E mentre gridava ti chiamava per nome e piangeva, piangeva come se non potesse esserci più musica nella nostra vita.

Volevo andare da lei e dirle di non essere triste, che sicuramente stai tornando. Ci stai mettendo tanto, ma io lo so che stai tornando. Sicuramente ti manchiamo almeno quanto tu manchi a noi, quindi stai senza dubbio tornando per abbracciarci di nuovo strette strette.

Ma non ce l’ho fatta, perché anche io ero tanto triste, e mi sono addormentata cantando la tua ninna nanna. Mi sembrava quasi che tu fossi lì, a cullarmi tra le braccia, ma quando mi sono svegliata non c’eri.

Sono andata in cucina, e mama era lì, i capelli sciolti e gli occhi lucidi ma severi. Sembrava un po’ la Llorona, quel fantasma triste della storia di Tio Felipe, quella di cui canta sempre mama. Non mi ha notata e sono rimasta per qualche momento nascosta dietro la porta, perché ho visto che aveva in mano la nostra foto, quella che abbiamo fatto al mio terzo compleanno tutti e tre insieme.

La guardava come se fosse qualcosa di doloroso, e alla fine ad occhi chiusi ne ha strappato un pezzo, per poi lascialo cadere a terra e andare in cucina, a preparare la colazione.

Sono scivolata via dalla porta e mi sono avvicinata per raccogliere il pezzettino di foto da terra.

E su quel pezzettino c’era il tuo viso, papà.

Ho sentito i miei occhi bruciare e sono scappata in camera, stringendoti forte al cuore. Ti ho conservato al sicuro tra le lettere dedicate a me, sotto il mio cuscino. Almeno così nessuno potrà portare via da me questo pezzetto di te.

Ma a me non basta una foto strappata. Io non voglio una foto strappata.

Io voglio il mio papà.

Quindi por favor, por favor . . . torna a casa, papà.

 

 

 


Hola papà.

Ora sono un po’ più grande. Sto per iniziare la scuola e non vedo l’ora. Passo tutto il giorno nel laboratorio di mama e l’aiuto ad ammorbidire la scarpe nuove che costruisce con Tio Felipe e Tio Oscar.

Da un po’ non si ferma più a guardare fuori dalla finestra, per cercare di vederti mentre torni a casa come faceva prima.

Però io mi siedo sempre sui gradini, quando finiamo in laboratorio, e ti aspetto, cantando la tua canzone sottovoce in modo che gli altri non mi sentano. Spesso tiro fuori le tue lettere, anche se ancora non so leggerle, e ne seguo le parole con le dita. La notte, quando ho gli incubi, stringo forte la tua foto al petto.

Ma mama tutto questo non lo sa.

Le hai fatto male, papà. Le hai fatto tanto male che non piange più, la notte. Le hai fatto tanto male che non canta più, né pronuncia più il tuo nome. È come un uccellino ferito; cerca di non muovere l’ala spezzata per non soffrire ancora di più.

Per questo cerco di non farmi vedere da lei, quando ti aspetto. Perché so che penserebbe a te e le faresti ancor un po’ più male. E non è bello.

Ma sono certa che, se tornassi a casa, riusciresti a farla stare di nuovo bene. Sono certa che tu le cureresti quell’ala spezzata. E poi tutti insieme potremmo cantare di nuovo le tue canzoni mentre costruiamo scarpe, e tu balleresti con me e mi faresti volteggiare per aria come una volta.

Tutto sarebbe come prima ed anche meglio, se tu tornassi a casa.

Per questo continuo ad aspettarti, anche se non posso farmi vedere da mama.

 

 

 

 


Hola papà.

Ora è da un po’ che vado a scuola. Me la cavo abbastanza bene, in fondo. Studiare mi piace ed anche stare con gli altri bambini. Ma non mi piacciono proprio tutti tutti. Alcuni fanno e dicono cose brutte. Mi tirano i capelli, mi nascondono il quaderno, roba così.

Alcuni mi chiamano orfana.

Dicono che mi hai abbandonata assieme a mama per andare in giro per il mondo e farti un’altra familia. Dicono che hai preferito l’avventura e la novità a me. Dicono che non ci volevi davvero bene.

Io non gli credo. So che stai cantando in giro per il Messico con Tio Ernesto, anche se non vi sentiamo da tanto, e che tornerai. So che non ci lasceresti mai di tua volontà. So che non ci abbandoneresti mai. Ami mama e vuoi bene a me. Perché mai dovresti farlo? Perché mai dovresti abbandonarci?

Le madri degli altri bambini dicono cose brutte anche su mama. Ma lei le ignora e cammina a testa alta, come una regina. Saresti tanto orgoglioso di lei.

Un signore si è presentato a casa per chiederle di sposarlo, l’altro giorno. Lei, furiosa, lo ha cacciato via, dicendo con orgoglio che è già sposata. E poi, dopo tanto tempo, l’ho sentita di nuovo piangere.

Mentre lei piangeva, io nell’altra stanza cantavo la tua ninna nanna, nella speranza che, ovunque tu fossi, potessi sentirmi e, guidato dalla tua stessa musica, ritrovare la strada di casa come nelle favole.

Nonostante tutte le parole cattive, io credo ancora in te, papà.

E ti aspetto.

Ma non metterci ancora molto, esta bien?

 

 

 

 


Hola papà.

Sto diventando grande davvero. Sono più alta che mai e Tio Felipe dice che somiglio tantissimo alla mama quando aveva la mia età. Tio Oscar ha iniziato a chiamarmi senorita ed a scuola la maestra ogni tanto mi chiede di darle una mano con i bambini più piccoli. Un ragazzino della mia classe, Julio, si siede sempre accanto a me e ogni tanto balliamo insieme nella plaza, come gli altri ragazzi più grandi.

Sono felice di star diventando grande. È una bella sensazione.

Però ogni singolo anno che passa mi sento un po’ più lontana da te.

È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ti ho visto. Sono passati anni dall’ultima volta che mi hai stretto tra le braccia. Mi sembra quasi che sia passata una vita dall’ultima volta che abbiamo cantato insieme.

A volte ho l’impressione di star dimenticando alcuni dettagli del tuo viso, ma poi guardo la tua foto ed eccoti lì, indelebile nella mia memoria nonostante gli anni.

Ma questo non cancella il tempo che passa e che sta, piano piano, cambiando ogni cosa.

Sto diventando grande e, anche se canto ancora la tua canzone, adesso aspettarti sui grandini è sempre più difficile, perché anni di attese inutili e speranze infrante iniziano a farsi sentire.

Mama dice che non tornerai più. Ma io non le credo, nonostante tutto.

Tornerai a casa nostra. Lo so. E fino a quel momento ti aspetterò, anche se diventa più difficile man mano che cresco.

Mama dice anche che dovremmo dimenticarti. Che ci hai fatto troppo male per continuare a volerti bene ed a conservarti nel nostro cuore. Ma so che non lo pensa sul serio. Non può dimenticarti, né smettere di amarti. Così come non posso farlo io.

Per questo continuo a tenerti stretto a me ed a cantare la tua ninna nanna, anche se fa male ogni anno di più.

Però, papà, por favor . . . torna a casa.

Torna a casa, adesso.

 

 

 

 

 

 

Hola papà.

È passato tanto tempo dall’ultima volta.

Ho dodici anni, ora.

Quando mi guardo allo specchio riconosco nel mio sorriso il tuo, e non so come sentirmi a riguardo.

Sto crescendo molto ed in fretta, senza nemmeno rendermene conto.

Ti sei perso così tanto, lì dove sei. Ti stai perdendo tanto, forse non hai nemmeno idea di quanto.

Il lavoro va bene. Sto imparando anche io a fare scarpe, dopo la scuola, e sono abbastanza brava. Gli Tios e mama sono molto orgogliosi di me. Ogni volta che finisco di dare una mano Julio mi viene a prendere di nascosto ed insieme corriamo in plaza, dove possiamo essere noi stessi liberamente.

I pettegolezzi e le male voci continuano a seguire la nostra familia, ma non ci interessa. Stiamo bene così. O almeno ci proviamo.

Mama ha smesso di aspettarti, anche se farlo le ha spezzato il cuore.

Sta cercando in tutti i modi di dimenticarti, ma ogni cosa gli ricorda te. Ha addirittura rinnegato la musica dal suo cuore e dalla nostra vita, perché senza di te come può esserci musica nella sua esistenza, in fondo?

Non vuole nemmeno che balli, nonostante per me sia tanto importante. Io lo faccio lo stesso, ma di nascosto, per non darle un dispiacere. Già ne deve sopportare così tanti e lo fa senza un lamento, con così tanta forza. Ora capisco perché te ne sei innamorato, tanto tempo fa.

Ma questo mi rende ancora più difficile comprendere perché l’hai lasciata senza dirle nulla, spezzandole il cuore e abbandonandola con una figlia da crescere tutta da sola.

Ho smesso di cercare scuse per questo vuoto che hai lasciato quando te ne sei andato. Sto tentando disperatamente di capirne i motivi, ma non ci riesco. Non credo che riuscirò mai a capire cosa ti abbia spinto ad andare via e non tornare più, aprendo un voragine eterna nella nostra vita.

Non ho idea di dove tu sia. Non abbiamo più notizie di te da anni. Per quanto ne sappiamo, potresti anche essere morto. Mama dice che per lei è come se lo fossi, ma non le credo. Vedo come le tremano le labbra, quando lo dice.

Non parliamo mai di te, perché sei una ferita aperta che pulsa e fa male e non si rimarginerà mai.

Mama ed io tentiamo di andare avanti in tutti i modi, ma il passato ci stringe ancora strette a sé con le sue catene. Non riusciamo a liberarcene, e non hai idea di quanto lei vorrebbe farlo.

Io invece non ne ho la forza.

Continuo a conservare tutto quello che mi resta di te, le lettere, la foto, le canzoni, i ricordi che anno dopo anno diventano più evanescenti e flebili.

Ti tengo stretto a me, come se stringessi l’unico filo capace di guidarti lungo la via di casa.

Ma a volte mi sembra così stupido ed inutile.

Sono ancora la tua bambina, papà?

Sono ancora la tua mija, per la quale faresti di tutto?

Se sì, allora perché non torni a casa?

Perché mi hai abbandonata?

Perché lo hai fatto, anche se non ho la forza di ammetterlo nemmeno con me stessa.

Mi hai abbandonata.

Eppure, io continuo a cantare ancora la tua ninna nanna, per quanto mi faccia male.

E sì, fa male da impazzire.

Fa male, perché tu ti sei dimenticato di me ed io invece sono condannata a ricordarti nonostante tutto questo dolore.

Fa male, perché mi manchi tanto da morire, e ricordarti mi uccide ogni singolo giorno un pochetto di più.

Ma, nonostante tutto questo dolore, io continuo ad aspettare il tuo ritorno.

Perché la Coco di tre anni che è rimasta in me ha ancora bisogno del suo papà, si fida di lui ed è certa che un giorno tornerà a casa.

Per cui, io ti aspetto ancora.

Io ti aspetto e ti aspetterò sempre, anche se mi spezza il cuore, anche se mi uccide dentro.

Ti aspetterò fino a quando non mi abbraccerai ancora.

Ti aspetterò fino a quando non mi chiamerai di nuovo per nome.

Ti aspetterò fino a quando non mi canterai ancora la nostra canzone.

Ti aspetterò fino a quando non tornerai.

Ti aspetterò per sempre.

Fino a quando non ascolterai la mia preghiera, continuerò ad esprimere questo desiderio alle stelle, lo stesso di tanti anni fa, nella speranza che lo ascoltino e ti mostrino la via del ritorno.

Per cui, ancora una volta . . .

Torna a casa, papà.

Torna da me.

 

  
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