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Autore: shiningreeneyes    11/03/2018    0 recensioni
Sequel di It Beats For Two.
Note traduttrice: la storia non è mia, è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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Un inizio 

I remember you - Skid Row

 

 

Lunedì, 24 Aprile

Nove settimane e un giorno

 

 

A causa della leggera paranoia che avevo sviluppato a seguito dei due aborti, mi rifiutai di andare dal medico per un controllo fino a quando non furono passati due mesi dal giorno di San Valentino. Harry si era rifiutato di ascoltare oltre le mie proteste quando la stanchezza cominciò ad ottenere la meglio su di me, e così, un grigio e nebbioso lunedì mattina mi trascinò fuori, mi spinse dentro la macchina e uscì dal vialetto mentre mi lanciava continue occhiate preoccupate.

 

"Avresti almeno potuto darmi il tempo di fare una doccia e indossare dei vestiti veri e propri," dissi con uno sguardo infelice verso i miei pantaloni del pigiama. 

 

"Se ti avessi dato il tempo di fare qualsiasi cosa, saresti riuscito a convincermi che non era ancora il caso di andare dal dottore," disse scuotendo la testa deciso.

 

"Sto bene, Harry," dissi con un gemito, "Stai esagerando."

 

"Forse, ma dato le altre gravidanze, penso di avere il diritto di reagire in modo eccessivo quando si tratta della tua sicurezza. E anche di quella del bambino." Sospirò e si passò una mano tra i capelli, che erano ancora disordinati. "Sei più stanco ultimamente, Lou. Dormi di più e hai bisogno di prendere degli integratori di vitamine a meno che tu non voglia che il bambino stia male. Inoltre, sarebbe bello avere la conferma della gravidanza, non credi?"

 

Guardai fuori dal finestrino, osservai l'ambiente circostante grigio. "Odio quando hai ragione," dissi. "E so tutto quello che hai detto, davvero, ma... e se qualcosa non va? E se è malato e non ce la farà? E se-"

 

"E se fosse perfettamente sano e felice e avesse solo bisogno che suo padre si calmasse e si assicurasse che ottenga tutto ciò di cui c'è bisogno per rimanere sano e felice?"

 

Sbattei le palpebre. "Anche questa è una possibilità."

 

"Direi che è una possibilità più che probabile, in realtà," disse.

 

"Non essere troppo ottimista, porterai iella."

 

"Porterò iella al bambino?"

 

"Si."

 

Con mio disappunto scoprii che Harry aveva già preso un appuntamento, perciò quando arrivammo nello studio della dottoressa non dovemmo aspettare più di cinque minuti prima che il suo viso familiare si affacciò dalla porta che portava al suo ufficio e ci disse di portare i nostri culi dentro.

 

"Sei il peggior fidanzato barra compagno della storia, lo sai?" Dissi ad Harry una volta entrati nell'ufficio un po' troppo familiare e la porta si chiuse dietro di noi.

 

"Direi che è piuttosto bravo, in realtà," disse la dottoressa Hayes mentre si sedeva su una sedia dietro la scrivania e mi guardava severamente. "Al telefono mi ha detto che hai saputo della gravidanza circa due mesi fa, ma che ti sei rifiutato di venire qui per un controllo?"

 

Lo disse come una domanda, e non c'era niente di giudizioso nella sua voce, ma le mie guance erano rosse dalla vergogna. "Mi stai facendo apparire irresponsabile," dissi.

 

"Mi dispiace dirlo, ma sei stato irresponsabile a non venire prima da me, soprattutto visto come sono terminate le ultime due gravidanze."

 

Seduto su una delle sedie, ingoiai e chiusi gli occhi. "Non volevo ricevere cattive notizie," dissi. "Dopo tutto quello che è successo, non volevo che qualcosa andasse storto anche questa volta, non volevo venire qui e sentirmi dire che il bambino fosse morto o avessi bisogno di abortire o altro."

 

"Il bambino sta bene, Lou," mormorò Harry nel mio orecchio come se non volesse farsi sentire dalla dottoressa. Si sedette sulla sedia accanto alla mia e mise una mano nella mia coscia. "Facciamo tutti i test di base e confermiamo le cose, poi andremo a casa e lo diremo ad Aidan, okay?"

 

"Penso che lo sappia già considerando le volte che mi ha sorpreso a vomitare," dissi con una scrollata di spalle. 

 

"Bene, possiamo dirlo a qualcun altro, allora," disse Harry allegramente prima di rivolgere la sua attenzione alla dottoressa. "Allora, cosa facciamo per prima cosa?"

 

Lei sorrise. "Per prima cosa, Louis andrà a sdraiarsi in quel lettino laggiù e si toglierà la maglietta in modo da poter fare un'ecografia e vedere cosa succede là dentro," disse indicando verso il macchinario ad ultrasuoni.

 

Mi alzai in piedi, mi tolsi la giacca e il maglione che avevo sotto, li appesi entrambi sulla sedia e poi andai verso il lettino e saltai su. Mentre la dottoressa Hayes preparava l'attrezzatura necessaria, Harry si avvicinò e mi prese la mano. 

 

"Il bambino ti amerà ancora di più se smetti di preoccuparti così tanto," disse con un sorriso.

 

"I genitori non smettono mai di preoccuparsi," dissi mostrandogli la lingua. 

 

"No, ma possono calmarsi un po'."

 

"Smettila di lamentarti, sto portando il tuo bambino."

 

"Per quanto tempo userai questa frase per ottenere ciò che vuoi?"

 

"Per sempre, ovvio."

 

"Ovvio."

 

Feci una smorfia quando, qualche istante dopo, mi fu versato del gel freddo sullo stomaco. 

 

"Non c'è modo di riscaldarlo un po' prima di mettermelo sopra?" Chiesi mentre la dottoressa iniziava a spostare il trasduttore, spargendo il gel. 

 

I suoi occhi si allontanarono dal piccolo schermo, ma vidi un sorriso stringerle le labbra. "Certo, ma dove sarebbe il divertimento?"

 

"Io che non mi congelo," dissi.

 

"Se ti congeli, dovrò cercare altri modi per divertirmi."

 

"Grazie, lo apprezzo davvero-" fui interrotto dal suono di, beh, il battito del cuore di un bambino. Non era un suono che faticavo a riconoscere a quel punto. Ma non significava che non mi si formava un nodo in gola e non iniziavano a cadere le lacrime mentre alzavo lo sguardo verso Harry. "Senti," dissi, guardandolo mentre si mordeva il labbro. "È un bimbo."

 

"Si, grazie per avermi informato," disse, anche se si stava ancora mordendo il labbro intensamente, cercando di contenere la sua eccitazione. Abbassandosi leggermente, premette un bacio sulla mia testa. 

 

"Va tutto bene?" chiese alla dottoressa.

 

"Tutto è perfettamente a posto," disse, offrendo un rapido sorriso prima di guardare il monitor. "È troppo presto per dire di che sesso è, ma sembra tu sia di circa... nove settimane."

 

"Nove settimane?" presi un momento per pensare, poi mi accigliai un po'. "Non è stato concepito a San Valentino, allora."

 

"No, circa una settimana dopo."

 

"Quindi..." Harry si interruppe pensoso. "Oh, giusto," disse alla fine, accendendosi alla realizzazione. "Probabilmente è stato il fine settimana dopo, quando Aidan è andato a casa di Jim."

 

"Forse potremmo avere questa conversazione più tardi?" Suggerii, schiarendomi la voce nel tentativo di mascherare il mio imbarazzo.

 

Quando, circa un'ora più tardi, eravamo tornati a casa con qualche integratore alimentare, Harry sembrava avere difficoltà a lasciare la mia pancia per più di cinque minuti. Eravamo seduti sul divano a guardare la televisione e lui continuava ad allungare il braccio per trascinare le sue dita dal mio petto fino alla cintura dei pantaloni del pigiama che ancora non avevo tolto. 

 

"Harry," dissi alla fine, quando aveva iniziato il settimo round di carezze. "So che sei eccitato, ma se non la smetti ti prenderò a calci proprio dove ti fa più male."

 

"Non lo faresti," disse distrattamente mentre i suoi occhi erano incollati alla TV. 

 

"Sono incinto e i miei ormoni mi fanno diventare pazzo, ricordalo."

 

"Non sei ancora in preda agli ormoni."

 

"Potrei diventarlo se non mi togli le mani di dosso."

 

"Okay, okay." Rimase in silenzio per un po' prima che parlasse di nuovo. "Allora... quando inizierai a diventare pazzo e in preda agli ormoni?"

 

Scrollai le spalle. "Presto, immagino."

 

"Oh. Dovrei... non so, prepararmi per l'inferno?"

 

"Non ero così male l'ultima volta," dissi. "Ho pianto molto, ed è durato dall'inizio alla fine, ho mangiato tanto cibo salato, ma il mio umore era generalmente buono. Ero spesso eccitato, però, e quello era, sai, un po' frustrante dato che non avevo nessuno che mi aiutasse."

 

"Suppongo di poterlo affrontare," disse con un sorriso che si rivelò essere troppo felice e orgoglioso. 

 

Gli schiaffeggiai la testa. "Ti conviene."

 

 

Venerdì, 26 Maggio 

Tredici settimane e cinque giorni

 

 

L'inizio della tredicesima settimana era il momento in cui potevo dire di essere "al sicuro" per poter iniziare a parlare alle persone del bambino, e poiché era anche il momento in cui sarebbero finite le nausee mattutine, tutto sommato era una bella settimana. Non vedevo l'ora di passare del tempo in tranquillità.

 

"A chi pensi dovremmo dirlo per primo?" Chiesi ad Harry una sera quando uscii dalla doccia e mi strisciai sul letto accanto a lui.

 

Alzando gli occhi dal suo IPad, disse, "A chi diciamo prima cosa?"

 

"Quante notizie abbiamo da condividere?" Quando sbatté le palpebre, sospirai. "Il bambino, Harry. A chi diremo prima del bambino?"

 

"Oh!" Si illuminò all'istante e la sua mano quasi automaticamente trovò il mio stomaco sotto le coperte. Non era ancora cresciuto in modo evidente, sembrava solo che avessi preso un po' di peso, ma Harry continuava ad insistere che si vedeva già una piccola protuberanza. Sembrava così eccitato al riguardo che non riuscivo a dirgli che fossero cazzate. "Mamma e papà, forse?" Fece una pausa. "E a tua madre e Ian, suppongo, se vuoi."

 

Mamma e Ian, giusto. Erano passati diversi mesi dall'ultima volta che avevo sentito una parola da parte loro. Non mi importava di Ian, era un estraneo per me, ma nonostante tutto, mia mamma era mia mamma. In teoria, non le dovevo niente, ma anche se mi infastidiva ammetterlo anche a me stesso, sentivo che aveva il diritto di sapere che avrebbe avuto un secondo nipote. Non che le sarebbe importato più di questo che di Aidan, ma comunque. Quella ingenua e piccola parte di me non poteva fare a meno di sperare. 

 

"Lo dirò prima ad Owen, poi a mamma," dissi alla fine. "Ma prima dovremmo dirlo ai tuoi genitori, si."

 

"E poi Liam, Zayn e Niall?"

 

"Mhm."

 

"Domani andremo a casa di mamma quindi?"

 

 

Sabato, 27 Maggio

Tredici settimane e sei giorni 

 

 

"Smettila di provare a pizzicarmi i capezzoli," sibilai mentre andavamo verso la porta di ingresso di casa di Anne e Robin. "Fa male."

 

"Tipo, dolore normale o a causa della gravidanza?" Sembrava incuriosito.

 

"Entrambi."

 

"Davvero? È-"

 

"Suona il campanello, Harry."

 

Non suonò il campanello. Invece diede una rapida bussata alla porta prima di aprirla gridando, "C'è qualcuno a casa? Veniamo con delle notizie!" Ci togliemmo le scarpe, non essendoci presi la briga di metterci le giacche considerando il bel tempo, e poi andammo nel soggiorno. Anne e Robin erano seduti lì, Robin con la faccia sepolta in un giornale e Anne con il portatile in grembo. Alzarono lo sguardo quando ci sentirono entrare, ed era piuttosto affascinante vederli sorridere in modo sincronizzato.

 

"Non mi avete sentito gridare?" Disse Harry mentre si accasciava su una poltrona.

 

"Cosa stavi urlando?" Chiese Robin.

 

Harry sorrise e lanciò uno sguardo verso di me dove mi ero seduto nella poltrona nel lato opposto al tavolino. "Vuoi dirlo tu?" Fu tutto ciò che disse.

 

Sorrisi e girai la testa per guardare Anne e Robin, che mi guardavano con curiosità malcelata. Con le mani incrociate in modo discreto sulla pancia, dissi, "Stiamo per avere un bambino."

 

Gli occhi di Robin si spalancarono, mentre Anne sobbalzò così in fretta che sembrava quasi si aspettasse la notizia, con il portatile che cadde a terra con uno schianto. Qualche minuto di abbracci e baci e lacrime (da parte di Anne) dopo, eravamo seduti intorno al tavolo della cucina a mangiare una torta al cioccolato (quasi gemetti per il sapore) e a bere un caffè. O, nel mio caso, infuso di ortica. 

 

"E sei già al terzo mese," affermò Anne con un sorriso, un sospiro e una scossa della testa. "A chi l'avete detto finora?"

 

"Solo Aidan," disse Harry. "Non ha detto molto, ma giuro di averlo visto sorridere per un momento."

 

"Ai tuoi genitori, Louis?" Chiese Robin con un lieve cipiglio. "Glielo dirai?"

 

Appoggiandomi allo schienale della sedia, inghiottii un boccone di torta prima di rispondere, "Beh, visto che non sento mio padre da anni, suppongo che tu intenda mamma e Ian." Ci fu silenzio un po' imbarazzato, e sorrisi. "Ma si, lo dirò a mia mamma."

 

Raccontarglielo fu un processo rapido e traumatizzante. Presi il telefono mentre Harry era impegnato a preparare la cena quella sera e andai nel soggiorno per avere un po' di privacy. Dopo alcuni squilli rispose, e il suo saluto fu così allegro che ebbi la sensazione che non avesse guardato il nome sullo schermo e non aveva visto chi fossi. 

 

"Ciao, mamma," dissi con una risata di disagio. "È passato un po' di tempo."

 

Ci fu silenzio per un momento, poi, "Louis."

 

"Si, ciao." Mi morsi un labbro. "Come vanno le cose?"

 

"Tutto bene. E a te?"

 

"Si, no, sto bene," dissi in fretta. "Alla grande, In realtà, è per questo che ti ho chiamata." Chiusi gli occhi per una frazione di secondo, inspirai profondamente. "Io... volevo farti sapere che avrai un altro nipote tra circa sei mesi."

 

Un suono simile a quello di qualcuno che si sedeva su qualcosa di morbido mi arrivò alle orecchie, e trattenni il respiro mentre aspettavo, sperando disperatamente in qualcosa di verso da, "Okay" o "Che bello".

 

"Va bene," disse con la voce completamente priva di emozioni. "Tutto qui?"

 

Seduto sul bracciolo del divano, annuii a me stesso, un atto di accettazione. "Si," dissi. "Si, tutto qui. Grazie per non aver rovinato le mie aspettative su di te." Non avrei ricevuto risposta, e lo sapevo molto bene, quindi riattaccai prima che potesse farlo lei. Un rifiuto era sufficiente.

 

 

Martedì, 20 Giugno

Diciassette settimane e due giorni

 

 

"Mi ha fatto pisciare su un'altra bacchetta, Harry," borbottai irritato mentre mi toglievo le scarpe ed entrai in cucina. Sedendomi su una delle sedie, presi la zuccheriera e misi un cucchiaio in bocca. "Sono stufo di fare la pipì sulle bacchette."

 

"È solo per essere sicuri che non ti stia venendo il diabete," disse Harry. Si avvicinò al frigo e tirò fuori una bottiglia d'acqua, che mi porse.

 

"Ti sembra che abbia il diabete?" Esclamai, sbattendo le mani contro il tavolo. "Non sono ancora così grasso!"

 

Harry sbatté le palpebre. "No, non lo sei," disse in tono equo. "È solo una precauzione."

 

Lo guardai per qualche secondo prima di calmarmi e accettare la sconfitta. "Lo so, lo so. Scusa per aver urlato."

 

"Mi sto abituando," disse con una scrollata di spalle.

 

"Cavolo, grazie." Svitai la bottiglia e ne scolai metà in una volta sola. Alcune gocce mi finirono sul mento, facendomi apparire molto attraente.

 

Ero occupato a pulirmi l'acqua dal mento quando Aidan decise di apparire. Insieme ad una ragazza che teneva la mano nella sua. Mi fermai di colpa con pura sorpresa. Non perché non l'avevo mai visto per mano con una ragazza, ma perché non aveva mai portato una ragazza a casa prima d'ora. Era piccola e bionda, con un aspetto naturale, e mi sorrise timidamente.

 

"Siete tornati presto," disse Aidan.

 

"Si, non ci è voluto quanto ci aspettavamo," dissi mentre alzavo le sopracciglia con aria interrogativa, in un silenzioso, 'Chi è lei e che succede?'

 

"Oh, giusto. Okay, io- papà e... beh, papà, lei è Lauren."

 

Harry e io restammo immobili per una frazione di secondo, poi Harry sbuffò mentre io roteai gli occhi.

 

"Piacere di conoscerti, Lauren," dissi.

 

"Anche per me," disse lei, il suo sorriso si allargò. "Non ho mai incontrato una coppia gay prima d'ora." I suoi occhi si spalancarono con orrore e arrosì di un rosa acceso. "Scusate, questo- non dovevo dirlo."

 

"Non preoccuparti," disse Harry. "Siamo abbastanza affascinati, lo so."

 

"No, non lo siete," intervenne Aidan prima di rivolgersi a Lauren. "Vai e aspettami nella mia stanza, sarò lì tra un paio di minuti."

 

Andò via rimbalzano leggermente nei suoi piedi, notai mentre la osservavo. Era un po' tenero, ma non era un tratto che vedevo solitamente nelle ragazza con cui stava Aidan. "Quindi," disse Harry. "Lauren?"

 

Aidan sorrise. "Si. È carina, vero?"

 

"Si," concordò Harry. "Da quanto tempo va avanti?"

 

"Un po'," disse scrollando le spalle. "Mi piace. Voglio dire, per davvero."

 

"Sembra molto più carina dell'ultima Lauren che ho conosciuto," dissi, Harry sbuffò di nuovo.

 

Aidan inarcò un sopracciglio. "Chi è l'ultima Lauren che hai conosciuto?"

 

"La ragazza con cui lui-" feci un cenno del capo verso Harry "-insisteva a stare insieme durante tutto il tempo che ero incinto di te."

 

"Oh, si, Zayn mi ha parlato di lei. Era una puttana, vero?" Disse pensosamente Aidan. "A proposito di gravidanze, come vanno le cose?"

 

"Il solito," dissi agitando le mani. "Ho pisciato su una bacchetta, abbiamo guardato il monitor, va tutto bene." Omisi la parte sui piedi gonfi e le smagliature. 

 

"Non avete scoperto se è maschio o femmina?"

 

"Non è ancora possibile dirlo, ma speriamo di scoprirlo la prossima settimana."

 

 

Mercoledì, 28 Giugno

Diciotto settimane e tre giorni

 

 

Harry mi guardò con occhi molto, molto rassegnati. "Non aspetterò fuori quando scopriremo il sesso, Louis," disse.

 

"Sono grasso! Non voglio che tu mi veda mezzo nudo," dissi ostinatamente, incrociando le braccia al petto. 

 

Il momento delle mie improvvise paranoie era imbarazzante, forse, visto che ero già seduto sul tavolo dell'ecografia mentre la dottoressa Hayes stava preparando il macchinario. Era stata così gentile a fingere di non aver ascoltato la conversazione.

 

"Ti ho visto completamente nudo quando ieri sei uscito dalla doccia e non sei grasso," disse pazientemente. 

 

"Forse ho preso peso da ieri."

 

"Ho i miei dubbi. Togliti la maglietta in modo da poter scoprire se dobbiamo iniziare a comprare vestiti rosa o blu, okay?"

 

Brontolai e piagnucolai e colpii la spalla di Harry, ma alla fine lo feci. Il gel freddo fu spruzzato sul mio stomaco e venne cosparso con il trasduttore in movimenti lenti e regolari. Passò un po' di tempo prima che il suono familiare del battito del bambino mi arrivasse alle orecchie; piccoli, rassicuranti colpetti. Stavo mangiucchiando il mio labbro distrattamente, il mio stesso battito del cuore riprendeva il suo ritmo mentre il secondo dopo calò il silenzio, fatta eccezione per il battito del piccolo.

 

"Bene, eccoci," disse la dottoressa con un sorriso.

 

"Cosa?" Quasi squittì. Per un momento ebbi paura che fosse un alieno quello che stavo portando in grembo.

 

"State aspettando una bambina questa volta, congratulazioni."

 

Oh. Quindi non era un alieno. Non tecnicamente, almeno. Le femmine per me erano un mistero quasi come gli alieni, in ogni caso, Harry mi sorrise raggiante, il suo viso si illuminò intensamente che sembrava quasi avesse acceso un interruttore della luce dentro di lui. I suoi pensieri non erano chiaramente concentrati sugli alieni. 

 

"Una piccola ballerina, questa volta," mormorò.

 

Sorrisi mentre mi ricordai vagamente la conversazione che avevamo avuto prima di sapere se Aidan fosse un maschio o una femmina.

 

"Io- credo che... se non dovessi darlo in adozione, sarebbe stato carino avere un maschietto," dissi titubante.

 

"Mmm, si, un calciatore, un piccolo maschietto," disse, con un sorriso dolce che gli tirava il viso. "Sarebbe stato bello."

 

"Anche tu avresti voluto un maschietto?"

 

"Non avrebbe avuto importanza. Sarebbe stato fantastico, ma... si, un maschietto sarebbe stato bello. Ma anche una bambina, una piccola ballerina, vero?"

 

"Si." Dissi, appoggiando la mano sulla sua. "Una bambina. Una piccola ballerina."

 

 

Martedì, 25 Luglio 

Ventidue settimane e due giorni 

 

"Quindi... si. Questo è- questo è ciò che sta succedendo." Affondai le unghie nei palmi delle mie mani e deglutii, aspettando con ansia una risposta.

 

Morgan sembrava non essere in grado di fare altro se non fissarmi. La sua faccia era diventata un po' bianca e la sua bocca era aperta in una piccola 'o'. Non era uno sguardo che ero abituato a vedere normalmente nel viso del mio capo, essendo troppo professionale e raccolta. 

 

"Non penso che avrei voluto saperlo," disse alla fine, appoggiando i gomiti sulla scrivania, espirando lentamente come per calmarsi. 

 

"Scusi," dissi, offrendole un sorriso incerto. "Non è esattamente qualcosa che vado in giro a raccontare, ma... beh, dovrò smettere di lavorare a settembre, ma allo stesso non voglio perdere il lavoro, quindi-"

 

"Quindi volevi chiedermi se è possibile andartene per qualche mese e poi tornare," concluse.

 

"So che è un azzardo, ma in sostanza si."

 

"Non sono indifferente alla tua... condizione, ma devi capire che non posso rimanere con un uomo in meno per un anno e mezzo," disse.

 

"Si, lo so, ma non c'è un modo per assumere temporaneamente qualcuno? Per favore?" Ricorrere all'elemosina non era qualcosa che avevo programmato. "E voglio dire, posso ancora lavorare da casa, quindi è possibile che potremmo arrangiarci con un tirocinante."

 

Lei sorrise. "Sei fortunato a piacermi."

 

"È un si?"

 

"Odio doverti lasciare, quindi vedrò cosa posso fare. Dammi un paio di settimane e ti farò sapere, va bene?"

 

"Si, si, va decisamente bene," dissi, annuendo vigorosamente mentre mi alzavo in piedi.

 

Sistemando il maglione che avevo scelto di indossare nel tentativo di nascondere il mio stomaco che cresceva sempre di più, aggiunsi, "Grazie," prima che mi girassi per lasciare l'ufficio.

 

Ero arrivato alla porta quando la voce di Morgan mi richiamò. "Louis?"

 

"Si?"

 

"Congratulazioni," disse con un vago gesto verso il mio stomaco.

 

Sorrisi. "Grazie."

 

Quando tornai a casa poche ore dopo, fu solo per trovare Aidan sdraiato sul divano con una busta di patatine sul petto. Stava guardando un film che al momento mostrava un'esplosione molto forte, e molto fuoco. Non capivo come potessero piacere quei film.

 

"Spostati," dissi, facendogli cenno di farmi spazio.

 

Roteò gli occhi e grugnì una lamentela, ma si mise a sedere e abbassò le gambe. "Stai diventando sempre più fastidioso ogni giorno che passa," disse. "Per non parlare di quanto stia ingrassando."

 

"Ehi, chiudi il becco," dissi seccamente. "Sto facendo spazio ad un'altra persona qui dentro. Mi è permesso ingrassare."

 

"Si, ma anche la tua faccia ingrassa," ridacchiò prima di infilarsi un'altra manciata di patatine alla paprika in bocca.

 

Mi accigliai, presi un cuscino e lo posai sul mio stomaco. "Quanto è grave la situazione?" Chiesi dopo un attimo di silenzio. 

 

"Eh, non così male," disse. "Hai un bell'aspetto."

 

Lo guardai con sospetto. "Lo stai dicendo solo per farmi smettere di lamentarmi, vero?"

 

Roteò gli occhi. "Se vuoi i complimenti, vai a chiederli a papà. Non è il mio lavoro incrementare la tua autostima."

 

Sbattei le palpebre. "No, non lo è, ma non fa male essere gentile, no?"

 

"L'ultima volta che sono stato gentile con te, hai iniziato a piangere."

 

Un paio di settimane prima, avevo passato due giorni interi a lamentarmi di volere biscotti al cioccolato con gelato alla fragola e liquirizia sciolta in cima. Aidan, con mia sorpresa, mi aveva preparato tutto quando ero tornato da lavoro quel venerdì pomeriggio. La mia stanchezza combinata con la ridicola gratitudine che avevo provato nei suoi confronti mi avevano fatto iniziare a piangere istericamente, e non mi ero fermato fino a quando non avevo mangiato tutto. 

 

"Si, beh, era stata una lunga giornata," dissi.

 

"Si, okay, come vuoi. Vai da papà se hai bisogno di sentirti dire che sei carino."

 

"Abbiamo passato così tanto tempo ad insegnarti le buone maniere quando eri bambino. Mi chiedo dove sia finito tutto," dissi con un sospiro mentre mi alzavo, una mano sullo stomaco per sostenerlo. Non che ci fosse molto da sostenere, ma comunque. Era lì e mi sembrava necessario un supporto.

 

 

Venerdì, 18 Agosto

Venticinque settimane e cinque giorni

 

"E qui sta facendo il sonnellino, e- si, no, questo è stato dopo che ha vomitato tutto il suo cuscino e abbiamo cambiato le lenzuola." Niall sorrise, smagliante e ridicolmente felice, mentre ci allungava il suo IPad (a me, Harry, Zayn e Liam) per guardare.

 

"È bellissimo, Niall, davvero," disse Zayn. "Ma dobbiamo vedere altre foto di lui mentre dorme?" 

 

Niall si strinse nelle spalle. "Ce ne sono anche dove mangia, se preferisci quelle."

 

"Che ne dici di mettere via le foto per ora e io vado a prendere delle birre," suggerì Harry mentre si alzava dallo sdraio su cui era seduto.

 

Niall sembrava un po' contrario per avergli negato la possibilità di mostrare il "bambino nuovo di zecca Maxwell" (sue parole, non mie), ma tuttavia, mise l'IPad sul tavolo e si appoggiò allo schienale della sedia. "Quindi stai diventando un po' grande," commentò lui, indicando il mio stomaco.

 

A quasi ventisei settimane era quasi impossibile nascondere la protuberanza senza ricorrere a quantità ridicole di vestiti, qualcosa che in realtà non era un'opzione, visto che la temperatura era rimasta costantemente tra i venticinque e i trenta gradi nelle ultime tre settimane.

 

Per quel motivo avevo iniziato a lavorare da casa, dato che mi era stato detto da Morgan che aveva trovato un sostituto temporaneo che sarebbe stato in grado di fare circa l'ottanta percento del mio carico di lavoro, mentre io facevo quel che potevo da casa. Harry era al settimo cielo per il nuovo accordo dato che non doveva più preoccuparsi per me ogni secondo di ogni ora di ogni giorno.

 

Accarezzando con cura la pancia, dissi, "Sto facendo spazio ad una persona, ricordi?"

 

"Eri così grande quando avevi Aidan là dentro?" Chiese, le sopracciglia aggrottate in una linea pensosa, "Non ricordo."

 

"Può essere dato che hai passato la maggior parte di quei mesi a dire che si stesse inventando tutto," commentò Liam da dove era seduto sull'amaca con i piedi di Zayn in grembo.

 

"Anche tu," ribatté Niall. "Una o due volte almeno. Tu, Zayn, ad un certo punto ti sei persino chiesto se avesse qualche problema mentale."

 

"Grazie, Zayn," risi.

 

Sorrise. "Non ci ho pensato a lungo, solo pochi giorni. Si è scoperto che non eri malato di mente, però. Solo incinto."

 

"A volte penso che le due cose coincidano," disse Harry. Entrò dalla porta che andava dal soggiorno alla terrazza con quattro bottiglie di birra e una lattina di Coca Cola tra le mani. Prima diede la Coca Cola a me, poi distribuì le birre altri altri tre, prima di sedersi accanto a me e aprire la sua bottiglia.

 

"Ti piace davvero vivere sul filo del rasoio, vero?" Gli dissi.

 

"Si."

 

"Aha. Bene, continua così e prima che tu te ne possa accorgere, ti ritroverai con un occhio nero."

 

Sollevò le sopracciglia. "Mi colpirai?"

 

"No, mi siederò sulla tua faccia mentre dormi."

 

"Questo non mi farebbe diventare un occhio nero."

 

"No, ma ti sveglieresti e vorresti mettere la bocca in posti indecenti, e io avrei una buona scusa per darti un calcio."

 

"Non ti piace quando metto la mia bocca in posti indecenti?"

 

"Voi due siete disgustosi," grugnì Niall. "Smettetela di parlare di 'posti indecenti', per favore."

 

"Hai passato quasi un quarto d'ora a parlare di come e dove e perché tuo figlio di un mese ha vomitato ultimamente," disse Harry seccamente. "Non sei la persona giusta per urlare contro a qualcuno per dirgli di essere disgustoso."

 

"È un bambino, non ha altra scelta se non essere disgustoso, e dato che sono suo padre, sono obbligato a parlare di lui. Voi due, d'altra parte, siete adulti che potete essere altro oltre che disgustosi."

 

"Grazie per la fiducia," dissi.

 

"Prego." Prese un sorso di birra e rimase in silenzio per un po' finché non inghiottì. "Quindi avete iniziato a pensare al nome?"

 

Alzando gli occhi al cielo, diedi un colpetto leggero al ginocchio di Harry. "Ne abbiamo parlato, ma non ne abbiamo trovato uno su cui siamo d'accordo. Oh, beh, non ne abbiamo trovato che ci piaccia davvero."

 

"Io si," insistette Harry, "te l'ho detto, voglio che si chiami Poppy."

 

"E io ti ho detto che non esiste che chiameremo nostra figlia con un nome che le farà ricevere così tante prese in giro da adolescente."

 

Liam, Zayn e Niall risero mentre Harry mi lanciava un'occhiata infelice. "Poppy è un bel nome," disse.

 

"Ci sono milioni di bei nomi, Harry," dissi. "Scegli uno di quelli."

 

"Ma nessuno è bello come Poppy."

 

"Molti sono belli tanto quanto Poppy, ma nessuno di quelli la faranno rincorrere dai bulli quando sarà più grande."

 

 

*

 

 

All'inizio di settembre, Aidan era pronto per andare all'università. Non era entrato a Cambridge, ma non sembrava dispiaciuto di andare a Durham. Visto che a quel punto ero quasi di ventotto settimane e non ero pronto ad un viaggio che sarebbe durato più di quindici minuti, andai a stare da Anne e Robin mentre Harry portava Aidan a Durham. Non che non me la sarei cavata da solo durante la settimana che Harry sarebbe stato via, ma, come aveva sottolineato lui, nel caso fosse successo qualcosa, sarebbe stato stupido rimanere da solo quando c'erano altre alternative disponibili. 

 

La partenza di Aidan fu dolorosa per me. A causa della mia pancia non potevo nemmeno abbracciarlo decentemente, il che mi fece piangere ancora di più, e fu solo quando Harry forzò la presa che aveva intorno alle spalle di Aidan e mi ricordò che nessuno si sarebbe arruolato nell'esercito che feci un passo indietro e inghiottii un singhiozzo.

 

"Il mio piccolino è cresciuto," continuai a borbottare tra me e me quando tornai dentro e mi accasciai sul divano. Guardando verso il basso dove le mie mani erano incrociate sul mio stomaco, riuscii a sorridere. "O almeno, uno di loro."

 

 

Sabato, 23 Settembre

Trenta settimane e sei giorni 

 

La questione del nome fu riportata fuori alcune settimane più tardi, proprio prima di raggiungere la trentunesima settimana. Erano le 22 ed ero sdraiato su un fianco sul divano, un braccio sotto la testa e l'altro gettato con noncuranza sullo stomaco. Ero abbastanza vicino al punto in cui il mio stomaco stava iniziando a darmi fastidio.

 

Con un sospiro pesante e movimenti ancora più pesanti, mi alzai in piedi e mezzo dondolando, mezzo camminando, andai verso l'ufficio di Harry, dove era stato nell'ultima ora e mezzo. La porta era aperta e diedi un leggero colpo per annunciare la mia presenza.

 

"Stai andando a letto?" Chiese. Sembrava stanco; la sua pelle era leggermente più pallida del solito, i suoi capelli assomigliavano ad un nido di uccello dopo averci trascinato le dita più volte, e cominciavano ad apparire dei cerchi scuri sotto ai suoi  occhi.

 

"Si, credo. Può essere. Non lo so." Mossi i piedi inquieto. "Sono annoiato."

 

"Allora trova qualcosa da fare per divertiti."

 

"Non c'è niente in TV."

 

"Abbiamo dei film."

 

"Li ho guardati tutti."

 

Sospirando, chiuse gli occhi per un momento. "Cerca qualcos'altro da fare, allora."

 

Mi accigliai. "Ma non c'è niente da fare."

 

"Allora trovala e smettila di comportarti come un bambino di cinque anni!" Esplose improvvisamente, facendomi sobbalzare. "Dannazione, Louis, ho del lavoro da fare, ho dei moduli che devono essere compilati entro domani mattina, e non ho tempo, energia o, francamente, interesse ad intrattenerti solo perché in questo momento sei annoiato!"

 

Mi ci vollero venti secondi buoni prima dismettere di fissarlo a bocca aperta. Mi guardava con occhi arrabbiati e impazienti, le sue mani erano chiuse a pugno, e sembrava che fosse sul punto di colpire qualcosa. Speravo non io. Non ero disposto a correre il rischio, quindi chiusi la bocca e mi morsi un labbro prima di abbassare gli occhi verso il pavimento e mormorare, "Vado a letto." Indugiai per un momento per vedere se almeno mi desse la buonanotte, ma no. Tutto ciò che fece fu girare la sedia e continuare a premere sulla tastiera con colpi veloci e forti.

 

Salii le scale con passi lenti, sentendomi dieci volte più stanco di quanto mi sentissi prima. Harry non mi aveva urlato in quel modo da quella che sembrava essere un'eternità, e sicuramente non da quando era iniziata la gravidanza. Ma in quel momento l'aveva fatto ed era orribile. Sapevo che non era niente di personale, che era esausto dopo una lunga giornata, un po' irritato per il fatto di dover lavorare il sabato, e che ero stato solo un sfogo per la sua frustrazione. Quello non significava che mi sentissi meglio. 

 

Una volta che fui in camera, chiusi la porta e spensi la lampada per far sì che la luce notturna fosse l'unica fonte di illuminazione, mi tolsi i vestiti e mi infilai il pigiama. Entrai sotto le coperte, voltai le spalle al lato del letto di Harry, chiusi gli occhi e provai a schiarirmi la testa, cercando di non lasciare che le sue parole si ripetessero più e più volte e mi ferissero. 

 

"È solo stanco e pieno di lavoro, piccola," sussurrai, accarezzandomi con cura lo stomaco. "Non giudicarlo."

 

Quando Harry arrivò mezz'ora dopo, non ero nemmeno vicino all'addormentarmi.

 

Rimasi disteso lì, in silenzio, e ascoltai mentre si toglieva i vestiti e li scambiava con un paio di pantaloni del pigiama a scacchi blu e bianchi. Stette attento quando scivolò accanto a me, quasi come se avesse paura di svegliarmi.

 

"Lou?" Sussurrò dopo un prolungato silenzio. Quando non risposi, sospirò e disse, "Mi dispiace," prima di premere un bacio su un pezzo di pelle nuda sulla mia spalla.

 

Aspettai che mi voltasse le spalle prima di parlare. "Sai che odio quando alzi la voce contro di me."

 

"Lo so," disse quasi immediatamente, e sentii il materasso affondare mentre si girava. "Scusa, non volevo."

 

Voltandomi, cercai di distinguere la sua faccia, ma c'era troppo buio. Tutto quello che vedevo era la sua sagoma. "Se hai avuto una brutta giornata e vuoi che ti lasci in pace, dillo e io lo farò. Non voglio che mi urli contro, e soprattutto non ora che sono incinto. Mi stressa e lo stress non fa bene, ricordi?"

 

"Si, lo so. Non succederà più." Silenzio. "Scusa."

 

Sospirai e mi sporsi in avanti per baciarlo castamente. "Lascerò scorrere questa volta. Di solito non sei il tipo che urla."

 

"Non penso di volerlo essere. Non è stato bello."

 

"No?"

 

"No, mi ha fatto sentire in colpa."

 

"È quello che succede quando fai qualcosa che non dovresti."

 

"Grazie mamma."

 

"Smettila."

 

"Forse un giorno, ma non ora." Mosse le sue dita sulla mia spalla, verso il petto, e si fermò quando raggiunse il punto in cui iniziava la pancia. "Ehi, a proposito, ho pensato a dei nomi."

 

"Non coinvolge Poppy, vero?" Chiesi.

 

"No, in realtà no."

 

Dato il gusto di Harry in fatto di nomi, ero ancora un po' sospettoso. "Sentiamo, allora," dissi comunque.

 

"Okay, stavo pensando ad Alexandra come primo nome, e Rose come secondo." Non riuscivo a vederlo, ma sentii il sorriso eccitato nella sua voce.

 

"Io- beh, mi piace Alexandra, ma Rose?" Mi morsi un labbro. "Non è esattamente... un nome di questi giorni, no? È un po' vecchio stile?"

 

"Non è il nome più comune, no," convenne. "Ma non è così strano da essere poi derisa. E inoltre, è solo il secondo nome. Gli unici che lo useranno saremo noi quando infrangerà le regole del coprifuoco."

 

Sorrisi. "Sai cosa? Non vedo l'ora di vederti entrare in modalità papà protettivo non appena inizierà l'adolescenza."

 

"Possiamo per favore farla nascere prima di iniziare a parlare della sua adolescenza?" Gemette.

 

"È quello che hai detto anche per Aidan, e continuavi a dire la stessa cosa fino ai suoi quattordici anni e per metà del processo."

 

"Beh, non era divertente. Tutto ciò che faceva era urlare e chiamarci idioti."

 

"Penso che sia obbligatorio per gli adolescenti comportarsi così nei confronti dei loro genitori, e considerando che metà dei suoi geni sono tuoi e che eri una pesta da ragazzino, direi che c'era da aspettarselo."

 

"Sai, lo dici sempre, ma non è che mi conoscessi durante quella parte della mia vita."

 

Tirai fuori una risata. "No, ma ne ho parlato con tua madre molte volte. Inoltre, sai, ti vedevo ogni tanto in giro per la scuola. Non sapevo chi fossi allora, non proprio, ma ti avevo comunque notato, ed eri rumoroso e odioso."

 

Ci fu silenzio per una frazione di secondo. "Non lo hai visto, ma ti ho appena fatto la linguaccia."

 

"Molto maturo."

 

"Non proprio, no. Ma okay, se ero davvero così, speriamo che la piccola Alexandra Rose erediti la tua temperanza."

 

Le mie labbra si inclinarono verso l'alto in un dolce sorriso e allungai una mano verso il basso per intrecciare le mie dita alla sue. "Alexandra Rose, eh?"

 

"Mi piace," disse. "È un po' strano, forse, ma anche bello. Non pensi?"

 

"Si. È carino, molto femminile, ma sai che insisterà per essere chiamata Alex, vero?"

 

"Allora Alex sarà."

 

"Si?"

 

"Si."

 

"Va bene."

 

Chiusi gli occhi e restammo distesi in silenzio. Passarono alcuni minuti e mi stavo per addormentare quando una serie di calci mi colpirono lo stomaco. Non aprii gli occhi, sorrisi solo stancamente. "Sta calciando," mormorai. Fino a quel momento, non aveva calciato come faceva Aidan, lo aveva fatto solo quattro o cinque volte, ma non ero sicuro se esserne felice o deluso. Era bello non essere tenuti svegli dai calci, ma d'altra parte mi faceva sentire straordinariamente bene ogni volta che dava un segno di vita.

 

"La piccola Alex calcia," mormorò, suonando come se fosse già mezzo addormentato.

 

"Si," acconsentii dolcemente. "La piccola Alex calcia."

 

 

*

 

 

Andammo dalla dottoressa Hayes un paio di giorni dopo e mi chiese se volessi programmare un taglio cesareo come avevamo fatto con Aidan. Rifiutai l'offerta, semplicemente perché sarei entrato in travaglio in modo naturale quando la bambina sarebbe stata pronta. Gli eventi precedenti mi avevano insegnato che i bambini facevano qualunque quando volevano qualcosa, a prescindere dai piani che si erano programmmati in precedenza.

 

 

Mercoledì, 4 Ottobre

Trentuno settimane e tre giorni

 

 Non avevo mai trovato facile o comodo toccarmi. Non raggiungevo mai l'angolo che volevo e le mie dita erano troppo piccole per essere utili al loro scopo. In quel momento, però, quando dovevo affrontare una pancia enorme di trentuno settimane, era così frustrante che ero sul punto di piangere. Indossavo solo una maglietta grande, steso sul fianco con un grosso cuscino tra le gambe per creare un po' di spazio tra loro, il braccio goffamente piegato all'indietro mentre tentavo disperatamente di raggiungere con le dita il punto che volevo io, più in fondo. Molto più in fondo. Il mio cazzo era duro e pesante tra le mie gambe, implorava di essere toccato, ed era così da così tanto tempo che stava iniziando a far male. 

 

Stavo per voltarmi e mettermi a quattro zampe per vedere se sarebbe stato utile quando sentii un debole suono della porta di ingresso al piano di sotto, seguito dalla voce di Harry che chiamava, "Lou? Sei a casa?"

 

Il fatto che non mi fossi messo direttamente in piedi per riprendere i vestiti mi fece capire quanto alto fosse il mio livello di disperazione. "Camera da letto!" Urlai. La mia voce si spezzò alle ultime due lettere. 

 

Passarono alcuni secondi prima che la porta di aprisse e lui entrasse. Si fermò di colpo sui suoi passi e sbatté le palpebre.

 

"Aiutami," dissi, guardandolo.

 

"Io- cosa stai facendo?" Lui non si mosse.

 

"Cosa ti sembra?" Scattai. "Sto cercando di mettermi le dita nel culo, ma non riesco a raggiungerlo e il mio stomaco è in mezzo e io sono troppo grasso e il mio cazzo sta cominciando a fare male e non posso- io non-" mi fermai e tirai su col naso, sbattendo gli occhi umidi. "Aiutami, per favore."

 

"Proprio adesso?"

 

"Vuoi che inizi a piangere?" Urlai quasi, sbattendo le gambe infantilmente contro il materasso. "Si, ora!" Sembrava sospettoso, quasi impaurito, ma non esitò ad unirsi a me sul letto, sdraiandosi dietro di me così da farmi il cucchiaio. "Non voglio le coccole!" Mi lamentai. "Non voglio che tu sia carino e romantico! Voglio che ti sbrighi prim-" le parole si trasformarono in un gemito mentre spingeva prontamente un dito dentro di me, senza nessuna delicatezza. "Si," sospirai. "Si, q-questo, v-voglio questo."

 

Lavorò velocemente con le mani, aggiungendo presto un secondo dito, poi un terzo, prima di impostare un ritmo adeguato. Le sue spinte erano poco profonde, dure e veloci, sapevo volesse farmi venire così, senza toccarmi veramente. Non era qualcosa che ero in grado di fare normalmente, ma ero stato duro per così tanto tempo che sarei stato pronto a scoppiare in qualsiasi momento.

 

"Vuoi venire così?" Harry inspirò nella mia nuca, i suoi fianchi toccavano la parte inferiore delle mie cosce. Era duro nei suoi jeans semi-aderenti, abbastanza duro da sentirlo contro la mia pelle nuda mentre piccolo gemiti rotti uscivano dalla mia bocca.

 

"No," ansimai scuotendo la testa con vigore. "No, tu- tu, andiamo!"

 

Lui riprese velocemente, per fortuna. Si slacciò i jeans e non si preoccupò di spingerli più in basso di quanto non fosse necessario per liberare il suo membro. Fece un rapido lavoro per ricoprirlo di lubrificante, e il solo suono mi fece spingere involontariamente il mio sedere contro di lui in segno di supplica.

 

Quando si spinse dentro, fu abbastanza lento da non farmi male, ma non così lento da essere una tortura. Non all'inizio, almeno. Fece scivolare una delle sue gambe tra le mie, e mi afferrò per uno stinco, sistemando la mia gamba per avvolgerla alla sua, dandogli un'angolazione migliore. Dopo quello non fu detta una parola e impostò un ritmo veloce. Gettai la mia testa indietro e non riuscii a trattenere i brevi e senza fiato 'oh' che aumentavano di volume ogni volta che i fianchi di Harry sobbalzavano in avanti e la cerniera dei suoi jeans raschiava la pelle nuda del mio sedere.

 

Lasciando andare la mia gamba, la sua mano si avvicinò allo stomaco, dove allargò le dita e premette leggermente. "Non so se te l'ho detto recentemente," mormorò, "ma sei ridicolmente sexy quando sei incinto."

 

Non ero in grado di rispondere con nulla di coerente. Tutto ciò che mormorai fu un incomprensibile, "Ah-mh" e un debole grido di piacere. Lo sentii scoppiare a ridere, ma non disse altro, invece si concentrò sul suo ritmo mente entrambi ci avvicinavamo al limite. 

 

Quando finalmente venni, fu con la mia mano attorno al mio cazzo e con la bocca spalancata per lasciare posto a delle grida piuttosto patetiche che non riuscivo a trattenere, non importava quanto duramente ci provassi. Harry uscì da me non appena il mio corpo si rilassò, fino a quando non venne, una goccia o due finirono sul mio fianco. 

 

"Perché sei uscito?" Biascicai praticamente.

 

"Perché se non l'avessi fatto avresti iniziato a gridare o a piangere, e non voglio," rispose mentre si alzava.

 

Guardandolo camminare verso la porta, mi accigliai. "Dove stai andando? Torna qui."

 

"Non sono nemmeno le 17, Lou," disse. Sembrava un po' ridicolo lì, accanto alla porta, con i capelli disordinati e il cazzo che gli pendeva dai jeans, che erano ancora abbassati per metà. 

 

Alzai le sopracciglia. "Quindi?" 

 

"Quindi è troppo presto per andare a dormire."

 

"Non per me. Sono incinto, posso dormire quando voglio."

 

"Si, beh, sfortunatamente non tutti abbiamo questo lusso." Si girò di nuovo, ma si fermò quando lanciai un verso di protesta. "Che cosa?"

 

"Torna qui," dissi insistentemente, allungando la mano pigramente. "Voglio le coccole ora."

 

"Certo, adesso vuoi le coccole," disse alzando gli occhi al cielo. "Non le volevi quando te le ho offerte trenta minuti fa."

 

"No, perché volevo venire in quel momento," dissi. "Ora voglio le coccole, quindi torna qui."

 

"Sei una seccatura in questi giorni, lo sai?" Disse mentre si toglieva i jeans, si alzava i boxer e si sdraiava accanto a me. "Esigi sempre le cose, ti lamenti sempre, e piangi costantemente."

 

Alzai le sopracciglia e gli dieci un colpo sulla spalla. "Beh, scusami per aver sperimentato alcuni sfortunati effetti collaterali per poter portare tua figlia. Trova qualcun altro che lo faccia per te se ti da così tanto fastidio."

 

Lui sorrise. "Penso che preferire avere te, malinconico, esigente e in lacrime, piuttosto che chiunque altro."

 

"Pensi," ripetei secco.

 

"Che ne dici di so. Meglio?"

 

"Mhm." Mi spostai più vicino a lui per quanto il mio stomaco lo permettesse, e aspettai che il braccio di Harry trovasse il tuo solito posto intorno alla mia vita prima di chiudere gli occhi. "Che ore erano?"

 

"16.30."

 

"Va bene. Possiamo dormire per un'ora o due, allora."

 

"Louis..."

 

"Cosa?"

 

"Se dormo ora, starò sveglio tutta la notte, e-"

 

"Io posso dormire, tu mi tieni compagnia."

 

"Ti tengo compagnia mentre dormi?"

 

"Si."

 

"Perché?"

 

"Perché ho detto così."

 

"Sei fortunato che ti amo."

 

"Sei fortunato che ti abbia permesso di amarmi."

 

"Questi ormoni ti rendono esuberante."

 

"Silenzio, devo dormire."

 

 

Venerdì, 3 Novembre

Trentacinque settimane e cinque giorni 

 

"Wow." Gli occhi di Aidan erano incollati allo stomaco, come negli ultimi trenta secondi. Stava iniziando a farmi sentire a disagio. "Sei tipo- beh... si."

 

"Si, sono enorme, mi sto avvicinando alle dimensioni di una balena, lo so," dissi, "smettila di fissare, è inquietante." Ero sdraiato sul divano con un cuscino appoggiato sotto la testa, e dopo quasi trentasei settimane mi sentivo una balena. Tutto faceva male e le caviglie erano enormi e dovevo fare la pipì due volte all'ora, a causa delle caviglie avevo sempre bisogno di aiuto quando dovevo alzarmi. Era umiliante ed irritante.

 

Owen era tornato in Inghilterra per alcune settimane di vacanza, e probabilmente il tempismo non sarebbe potuto essere migliore. Con Harry a lavoro tutto il giorno e Aidan a Durham, ero da solo per gran parte della giornata, il che non era esattamente l'ideale. Anne si era offerta di venire da noi fino alla nascita della bambina, ma avevo detto di no, dicendole che avrei usufruito di quel favore dopo che fosse nata, perché probabilmente avremmo avuto più bisogno in quel momento. Owen e Janie, essendo in città, mi aiutavano un sacco, perché avevano accettato di fare i turni per tenermi compagnia un paio di ore al giorno, da quando mi svegliavo, alle 11 circa, fino a quando Harry non tornava da lavoro alle 15.

 

"La mamma continua a chiedere di te," disse Owen, rompendo il silenzio.

 

Sbattei le palpebre. "Chiede di me?"

 

"Si. Di te, della bambina e di Aidan, e di come state tutti." Strinse le labbra con una ruga tra le sopracciglia. "Penso che sia preoccupata. Sembra preoccupata ogni volta che esce fuori il tuo nome."

 

Guardai verso il basso. Mia mamma era preoccupata per me. Certo. Tutto andava bene, ma cosa importava se tanto non me lo aveva detto? "Dille che sto bene, così come la bambina e Aidan. Stiamo tutti bene, come lo siamo stati negli ultimi diciotto anni."

 

"Perché non glielo dici tu?"

 

Sorridendo impassibile, scossi la testa. "Ho chiamato per farle sapere che ero di nuovo incinto, e dalla sua risposta sembrava le avessi detto dello shampoo che dovevo comprare. A lei non importa, o almeno non vuole che io sappia che le importa."

 

"Sai che sta facendo tutto Ian, vero?" Disse. "Non sto dicendo che se non ci fosse tutto sarebbe a posto tra te e mamma, ma sicuramente non sarebbe così male."

 

"Certo che lo so, ma in realtà non cambia nulla, no?"

 

Ci fu un lungo silenzio prima che rispondesse. "No," disse. "No, immagino di no."

 

 

Lunedì, 20 Novembre

Trentotto settimane e un giorno 

 

 

Quando entrai in travaglio, successe più velocemente e meno drammaticamente di quando nacque Aidan. Avevo avuto qualche contrazione durante il giorno e, a differenza di quando nacque Aidan, l'avevo detto ad Harry. Nonostante ciò, nonostante fossi stato sospettoso per ventiquattro ore, mi ci volle un po' per capire cosa stesse succedendo quando mi svegliai alle 4.23 della notte con le mie interiora che si contraevano ad un ritmo piuttosto allarmante.

 

Lanciai un piccolo lamento prima di allungare una mano per colpire la spalla di Harry. Ci vollero alcuni secondi prima che si muovesse. "Cosa?" Gemette.

 

"Dobbiamo andare in ospedale."

 

"Perché?" Apparentemente era un po' lento a capire.

 

"Davvero, Harry? Mi stai chiedendo perché dobbiamo andare in ospedale?" Dissi. "Che cosa ne dici, idiota colossale!"

 

Ci fu silenzio per esattamente due secondi, prima di: "Oh, Santa Madre di Dio, scusa!" Rimbalzò in piedi, inciampò verso la porta per accendere la luce prima di infilarsi un paio di pantaloni della tuta e una maglia sporca che era rimasta a terra per una settimana e mezzo.

 

"Calmati, okay?" Chiesi mentre mi alzavo con cautela e mi sfregavo gli occhi. "Non sta per succedere, e rompendoti il collo non aiuterai a nessuno."

 

 

Due ore dopo, conclusi che mi sarebbe piaciuto molto rompergli il collo. O il collo di chiunque altro, davvero. Sdraiato su un letto d'ospedale con Harry seduto su una sedia accanto a me, mi stringevo sul mio stomaco così forte che non mi sarei sorpreso se fossi riuscito a spremere la bambina. La mia faccia era macchiata di lacrime e probabilmente era rossa come un pomodoro a causa di tutte le urla represse, ma riuscii comunque a fissare Harry con la furia di una mamma orsa arrabbiata.

 

"Non lo faremo mai più," ringhiai. "Mai! Questa è l'ultima volta, mi hai sentito? D'ora in poi, sempre il preservativo! Il tuo cazzo nudo non si avvicinerà al mio culo, alla mia bocca o ad altre aperture del mio corpo!"

 

"Okay, piccolo, se è ciò che vuoi," disse lui calmo, sfiorandomi la frangia sudata sulla fronte.

 

"Puoi scommetterci le chiappe se è ciò che voglio! Questo o ti prendo a calci nei coglioni! Cazzo, perché non ti fai una vasectomia? Le tue palle meritano di essere punite per ciò che mi hanno fatto!"

 

Lui sorrise. "Che ne dici se ce ne occupiamo più tardi? Non penso che stia pensando abbastanza razionalmente da poter decidere cosa o cosa non dovrebbe essere fatto alle mie palle in questo momento."

 

Stavo per urlargli che stavo pensando più che razionalmente, ma le mie parole furono soffocate da un forte singhiozzo mentre un altro giro di contrazioni mi travolse. Durarono per mezz'ora e quando finalmente si fermarono, le mie grida si erano trasformate in ansiti disperati e smorfie. 

 

"Scusa," sussurrai quando riuscii a parlare.

 

"Non chiedere scusa," disse. "Va bene, ti è permesso urlarmi contro quanto vuoi."

 

Riuscii a fare un debole sorriso. "Grazie. Hai chiamato Aidan?"

 

"Gli ho mandato un messaggio, lo vedrà quando si sveglia, ma ho chiamato mamma e papà, ho lasciato dei messaggi a Liam, Zayn, Niall e Owen. Sono sicuro che presto saranno tutti qui."

 

"Non credo di voler incontrare nessuno in questo momento," dissi in tono piatto.

 

"Puoi incontrarli quando questo-" indicò il mio stomaco, "-è tutto finito."

 

"Suona bene." Sospirai. "Allora, pensi di essere pronto a ricominciare tutto da capo? Non è passato nemmeno mezzo anno da quando ci siamo sbarazzati di Aidan, e ora ci stiamo riempendo di altre responsabilità con un neonato. Inoltre, questa è una femmina. Credi che possiamo gestirlo?"

 

"Certo che possiamo gestirlo," disse. Sembrava così fiducioso della sua affermazione che non riuscii a rispondere. Quello non significava che non ero preoccupato, però. Eravamo stati bravi con Aidan, ma erano passati quasi vent'anni; al tempo avevamo più energie, eravamo profondamente innamorati in un modo che solo agli adolescenti succede, tutti i problemi erano sembrati molto più piccoli di quanto sembravano ora. Le cose erano più semplici. D'altra parte, la nostra relazione erano più forte ora, non dovevamo preoccuparci dei soldi, e avevamo cresciuto un bambino una volta, il che, si sperava, avrebbe reso più facile farlo una seconda volta.

 

Dopo pochi minuti arrivò un medico. Sorrise, un po' riservato, e ci disse che era arrivato il momento di fare l'anestesia. Ero un po' preoccupato mentre cercavo di tenere a bada i dolori e il dottore preparava l'attrezzatura necessaria. Harry, invece, sembrava essere diventato nervoso. Stava guardando il dottore con occhi diffidenti mentre si mordicchiava il labbro superiore. 

 

"Smettila," dissi. I suoi occhi mi guardarono subito. "Sembra che stai per fartela addosso, quindi smettila."

 

"Il fatto che ti addormentando mi sta stressando," ribatté. 

 

"Andrà tutto bene, lo sai. Starò bene, e così anche la bambina."

 

"Me lo prometti?"

 

Risi. "Te lo prometto."

 

Nella mia mente, non potei fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto. Cosa sarebbe successo se non ce l'avessi fatta? O, più importante, cosa sarebbe successo se la bambina non ce l'avesse fatta? E se nessuno dei due ce l'avesse fatta? Il pensiero di come l'avrebbe presa Harry mi fece male al petto. Ringraziai il cielo quando il dottore mi fece sdraiare bene, poi procedette nel mettermi la mascherina di plastica sul naso e sulla bocca, dicendomi di fare un respiro profondo e iniziare a contare da dieci in giù. Harry mi stava sorridendo, con occhi caldi e gentili, ma anche brucianti di preoccupazione, e prima che iniziassi a fare il conto alla rovescia, allungai una mano per prendere la sua, stringendogli le dita in silenziosa rassicurazione.

 

Addormentarsi in quel modo era un'esperienza strana. Non perché era diverso dall'addormentarsi in modo naturale, ma perché era molto veloce. Un momento prima ero sveglio e il viso di Harry era davanti ai miei occhi, e un attimo dopo le mie palpebre si chiudevano da sole, tutto diventava nero e perdevo i sensi.

 

 

 

Una volta, quando Aidan aveva circa tre anni, era andato a stare da Anne e Robin per una settimana, mentre io ed Harry avevamo fatto la nostra prima vacanza insieme, da soli, in coppia. Non era stato niente di eccessivo, solo un viaggio a Montpellier nel sud della Francia, e avevamo passato la maggior parte del tempo a sentire la mancanza di Aidan. Ma era stato bello, capire come ci si sentiva ad essere una coppia senza responsabilità per una volta, essere in grado di uscire quando volevamo e fare sesso quando volevamo, svegliarci e andare a dormire quando volevamo senza nessuno che ci disturbava. Era stata la prima ed ultima volta che avevamo vissuta come una giovane coppia, come Harry & Louis, Giovani Fidanzati, piuttosto che come Harry & Louis, Giovani Genitori. Uno dei cinque giorni l'avevamo passato in spiaggia, dove ci eravamo sdraiati sulla sabbia, scottati dal sole e occasionalmente baciandoci, mentre sorseggiavamo mojito. Alla fine della giornata, eravamo piacevolmente ubriachi, e finimmo per sfregarci l'uno contro l'altro in acqua con una donna di mezza età a quattro o cinque metri di distanza da noi.

 

Quando mi svegliai dall'anestesia, quella giornata, per qualche strano motivo, fu la prima cosa che mi venne in mente. Il sole, soprattutto, perché la sensazione di quando ti svegliavi dall'anestesia ricordava la sensazione di quando ti svegliavi dopo essere svenuto a causa della sovraesposizione al sole. Era difficile capire l'ora, il luogo o l'ambiente, la mia testa era pesante e pulsava, la gola era dolorante e secca, e non riuscivo a pensare a niente di coerente. 

 

Anche ad occhi chiusi, potevo dire che c'era buio nella stanza. Non c'era alcun suono tranne che un segnale acustico a ripetizione. Senza aprire gli occhi, aprii la bocca e dissi, con voce rauca, "Harry?"

 

Immediatamente, ci fu il rumore di una sedia che sfregava contro il pavimento, e un momento dopo la mano di qualcuno che si posava sulla mia. Era grande, calda e familiare. "Si, sono qui," disse la voce sommessa di Harry. "Ti senti bene?"

 

"Nauseato," gracchiai. "Assetato. Acqua?"

 

"Si, si, certo." Allungò una mano, accendendo la lampada sulla tastiera del letto, poi afferrò un bicchiere che stava sul comodino. Mi versai un po' di acqua sul mento mentre bevevo, ma Harry mi sorrise e usò un panno morbido che riconobbi come quello che avevo messo nel mio borsone alcuni giorni prima. Non appena ebbe messo via il bicchiere e il panno, mi posò una mano sulla fronte, spostando qualche ciocca di capelli. "Meglio?"

 

"Si, grazie,"'dissi. "Che ore sono?"

 

"Quasi le 12."

 

"Oh." Mi morsi il labbro. "Tu... non stai piangendo o altro, quindi- è- dov'è-"

 

"È perfetta," mi interruppe. Non potei fare a meno di notare come i suoi occhi si accesero automaticamente quando lo disse. "È piccola e rosa e  ha un odore un po' strano ed era tutta viscida per un secondo quando mi hanno permesso di vederla non appena l'hanno portata fuori da te, e urlava davvero forte, ma è-" si interruppe bruscamente e sorrise. "È bellissima."

 

Sorrisi stancamente. "Dov'è? Posso vederla? Ho bisogno di-"

 

"È qui." Si alzò e si avvicinò alla culla bianca che si trovava dall'altra parte della stanza. Non ero in grado di vedere molto da dove ero sdraiato, e non avevo intenzione di muovermi, ma vidi Harry allungare il suo braccio nella culla e pochi secondi dopo tornò con un piccolo fagotto rosa.

 

Non l'avevo ancora vista, ma le lacrime si stavano già formando nei miei occhi, e non passò molto tempo prima che iniziassero a cadere sulle mie guance. Allungano le braccia tremanti, deglutii. "Fammela tenere," sussurrai. "Per favore."

 

Con molto attenzione, molto delicatamente e lentamente, Harry sistemò il fagotto tra le sue braccia e poi lo mise tra le mie, riponendolo al sicuro tra il mio petto. Harry aveva ragione. Era piccola. Più piccola di Aidan. E più rosa. Ma altrettanto bella, tranquilla e serena, altrettanto innocente e inconsapevole di tutta la crudeltà che il mondo, indubbiamente, avrebbe iniziato a versarle addosso. Ma ora non doveva preoccuparsi di quello, e nemmeno io.

 

"Ciao, tu," mormorai con un piccolo singhiozzo. "Bella, piccola bambina. Sei così piccola."

 

"L'ha preso da te, penso."

 

"Silenzio, non rovinarmi questo momento." Accarezzandole la guancia con un tocco leggero come una piuma, sorrisi dolcemente. Era profondamente addormentata, probabilmente non le importava niente di quello che dicevo o facevo, ma il suo piccolo petto pieno di coperte si alzava e si abbassava, costante e sicuro, la sua bocca era leggermente aperta, e mi faceva male il cuore talmente era tanto l'amore che provavo. 

 

Quando era nato Aidan, avevo provato lo stesso tipo di amore, ma all'epoca era accompagnato da paura, confusione e impotenza, perché era tutto in sospeso. Non sapevo se l'avrei tenuto, e le lacrime che avevo versato erano in parte dalla sofferenza che avevo provato al pensiero di darlo via. In quel momento, tuttavia, non c'era niente in sospeso. Quella piccola bambina, Alex, sarebbe tornata a casa con me e Harry, e l'avremmo cresciuta insieme, le avremmo detto di non tornare a casa tardi, le avremmo ordinato di andare nella sua stanza, l'avremmo confortata, e avremmo riso con lei. Era nostra e non c'era nessuna traccia di dubbio nella mia mente al riguardo.

 

"Spero si scopra sia lesbica."

 

Alzai gli occhi e sollevai le sopracciglia. "Cosa?"

 

"Spero si scopra sia lesbica," ripeté. "Non voglio dei ragazzi vicino a lei. So come sono fatti i ragazzi, so di cosa parlano e come trattano le ragazze, e lei merita di meglio."

 

"Se si scopre che è lesbica, è okay, ma altrimenti, sarai gentile con il ragazzo che un giorno deciderà di portare a casa," dissi con un sorriso ironico.

 

"No," disse incrociando ostinatamente le braccia sul petto.

 

"Harry..."

 

"No! I ragazzi sono terribili, non si avvicineranno a lei."

 

"Smettila di essere irragionevole. Non tutti i ragazzi sono terribili."

 

"Tutti quello che ho incontrato si."

 

"Questo include anche me e te?"

 

"Tu no, ma io sicuramente. Ero terribile da adolescente. Tu eri un santo. Lei può uscire con ragazzi come te."

 

"Ragazzi come me che vengono scopati da gente che non conoscono alle feste?"

 

"Si, esatto."

 

Sorrisi e scossi la testa. "Occupiamoci di questo quando arriverà il momento, okay? Mancano molti anni prima che si debba preoccupare dei ragazzi. O ragazze, se è ciò che vorrà."

 

"Beh, no. Continuerò a preoccuparmene fino al giorno in cui morirò."

 

Guardando la bambina addormentata tra le mie braccia, emisi un piccolo sospiro prima di abbassare la testa e premere un bacio sulla sua fronte. "Si. Anche io," mormorai mentre annusavo la sua pelle. Sedendomi di nuovo bene, battei le palpebre verso Harry e sorrisi. "Staremo bene, vero?" Non era una domanda ma volevo confermasse ciò che già sapevo. Ovvero che saremo stati bene, che sarebbe andato tutto bene, che Alex sarebbe stata bene, che Harry e io saremo stati bravi come genitori, come coppia, e che tutti e tre insieme ad Aidan saremo stati bene come famiglia.

 

Gli occhi di Harry erano dolci quando mi guardò. Sporgendosi in avanti, le sue labbra incontrarono le mie per un bacio prolungato. "Certo," disse. "Sarà tutto fantastico."

 

Si. Sarà tutto fantastico.

 

 

Note traduttrice:

E dopo quasi un mese, I'M HERE. 

Scusate davvero per questo ritardo, come vi avevo detto ero in viaggio per due settimane e purtroppo non avevo il Wi-Fi nell'appartamento. Ma sono tornata ed ecco a voi l'ultimo capitolo. Ebbene sì, ultimo. Manca ancora il piccolo epilogo che spero di postare a brevissimo. 

Ancora non ci credo, a maggio ho iniziato a tradurre It Beats For Two e non avrei mai immaginato di ricevere così tante visualizzazioni, ma vi ringrazio immensamente.

Dopo che posterò l'epilogo inizierò subito a tradurre un'altra ff, in realtà ho preso un "accordo" con sincewewereeighteen, una scrittrice su AO3 (amo tutte le sue ff) e tradurrò tutte le sue storie, tranne una che sta già traducendo un'altra ragazza.

Comunque mi fermo qui, poi magari mi spiegherò meglio più avanti. 

Grazie per seguirmi, all the love, F.

   
 
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