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Autore: cussolettapink    17/03/2018    6 recensioni
“Ciao” mi faccio vedere e gli sorrido “me ne offri una?” guardo la sua sigaretta.
“Tieni” mi porge il pacchetto e l’accendino, aspettando che glielo restituisca.
“Grazie mille”
“Prego” mette di nuovo il pacchetto in tasca e mi guarda “beh, addio” fa un cenno del capo e si volta, pronto ad andarsene.
“Aspetta, mi vuoi dire che cosa è successo dentro?” gli chiedo, cominciando a camminare accanto a lui.
“E a te cosa importa? Sei una di quelle ragazze che non riesce a non farsi gli affari degli altri?” il tono è scocciato, lo percepisco, ma decido di far finta di nulla.
“In un certo senso, hai ragione” concordo con lui per la definizione, alla fine non è poi tanto lontano dalla verità.
“Beh, non mi va di parlarne. Ripeto, addio” aumenta il passo cercando di allontanarsi da me.
“Di qualsiasi cosa ti accusi quell’uomo, sono sicura che non sia la verità” lo vedo fermarsi e irrigidire le spalle, decido di avvicinarmi di nuovo a lui “Prendi questa” gli porgo la rosa e lo vedo guardarmi interrogativo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SMILE

 
Tu hai cambiato tutto
e all’improvviso tu sei tutto quello di cui ho bisogno
la ragione per cui
io sorrido.
- Avril Lavigne, “Smile”


 
Esco di casa di corsa, oggi ho fatto veramente tardi.

Mentre cammino mi volto verso la vetrina di un ristorante che mi piace moltissimo: i lunghi capelli biondi lasciati sciolti saltano da una parte all’altra della mia schiena coordinati ai miei passi lunghi e frettolosi. Il trucco nero attorno agli occhi fa letteralmente a pugni con la mia carnagione bianca e i miei vestiti neri contribuiscono a rendermi un fantasma che cammina.

Quando imbocco la solita via che mi avrebbe condotto da Mary vengo fermata da Louis, un ragazzo splendido che fa il fioraio ambulante e che prepara dei bouquet di fiori così belli da far concorrenza ai grandi fiorai della città.

“Ciao Emma, sei splendida come sempre” dice infatti, fermandomi per regalarmi una rosa “chi sarà oggi il fortunato che la riceverà?” scherza con me, facendomi sorridere.

Ho conosciuto Louis ormai tre mesi fa, mentre guardavo incantata una bellissima rosa rossa. Ricordo benissimo che quel giorno mi ero fissata a guardarla così tanto che avevo deciso di comprarla.


“E’ davvero bellissima, ti ringrazio” gli dissi, sorridendogli.

“Mi ringrazi? E per cosa?” mi chiese quel giovane ragazzo confuso.

“Ti ringrazio perché con i tuoi fiori rendi il mondo più bello” gli risposi solamente, portandomi vicino al naso la rosa per odorare il suo buonissimo profumo.

Il ragazzo rimase sorpreso, lo notai subito dall’espressione quasi sconvolta che gli comparì in volto dopo le mie parole.

Dopo aver scambiato due chiacchiere con Louis - scoprii proprio in quell’occasione il suo nome - fummo entrambi distratti dalle urla di una ragazza.

Due ragazzi erano seduti in un piccolo bar accanto allo stand del mio nuovo amico.

La ragazza stava strillando contro un ragazzo mentre una scia di lacrime stava percorrendo il suo volto.

“Povera, li vedo spesso quei due sai? Lui la tratta veramente malissimo” mi confidò Louis.

Lo ascoltai quasi impercettibilmente e, nel momento in cui il ragazzo si alzò per andarsene, mi avvicinai alla ragazza.

“Ciao” le sorrisi, guardandola.

“Cosa vuoi? Ti sei goduta anche tu lo spettacolo pietoso?” mi rispose lei, tentando di asciugarsi le lacrime e al tempo stesso di non rovinarsi il trucco.

“No, è stato veramente orribile. Non sono una persona che rimane indifferente a certe dimostrazioni. Non ti conosco ma fidati, meriti davvero di meglio”

“Facile parlare per te, Erik è stato il primo amore della mia vita! Non troverò mai qualcuno come lui! Sono troppo complicata per le persone” si sfogò lei, facendomi nascere un sorriso.

“E adesso cosa ridi? Sei forse pazza?” mi chiese, facendo aumentare ancora di più il mio sorriso.

“Rido perché mi ricordi questa rosa: osservala” le mostrai la rosa che stringevo ancora tra le mani “ha delle spine che se non fai attenzione potrebbero farti del male ma se non trovi il coraggio di prenderla in mano non potrai mai ammirare da vicino la sua bellezza. In questo momento tu sei come questa rosa e sono sicura che oltre a Erik riuscirai a trovare qualcuno disposto a trattarti con tutta la cura che meriti, ne sono certa” le porsi la rosa e poi mi alzai dalla sedia su cui mi ero seduta, tornando da Louis.

“La tua rosa, ti piaceva così tanto e l’hai ceduta a una completa estranea” mi disse lui.

“Ne aveva più bisogno di me” feci spallucce e poi salutai il ragazzo.
 


Mi riscuoto dai miei ricordi e osservo Louis, che mi sta porgendo la mia rosa quotidiana.

“E quindi, chi riceverà la rosa oggi?”

Ho passato un intero mese a convincerlo a farsi pagare ma non ha mai voluto sentire ragione, rispondeva sempre che il mondo aveva bisogno di me e dei suoi fiori.

“E chi può saperlo, ti confesso che sarei più felice di portarla a casa mia invece che trovare ogni giorno qualcuno a cui regalarla” sorrido tristemente “ci sono tante persone al mondo che soffrono, per quanto io sia felice di riuscire a risollevare loro il morale, vorrei passare un giorno senza regalarne nessuna” porto distrattamente lo sguardo al grande orologio del bar e sgrano gli occhi.

“Accidenti è tardissimo! La prossima volta ti ordino di impedirmi di perdere tempo! Mary si arrabbierà tantissimo!” stringo la borsa e allontanandomi dallo stand di fiori inizio a camminare velocemente, tenendo in mano la bellissima rosa di oggi.

 
 
“Emma! Sei in ritardo!”

“Lo so Mary perdonami, mi sono fermata da Louis”

La bambina al sentire quel nome sorride immediatamente.

“Il mio marito! Mi saluta?” chiede lei saltellando sul posto.

Mary è una dolcissima bambina di otto anni, perdutamente innamorata di Louis da quando un giorno, fermandoci al suo stand dopo aver preso un gelato, il ragazzo le regalò una rosa.

Ho incontrato Mary un anno fa. Era scappata dall’orfanotrofio perché diceva che nessuno l’avrebbe mai adottata essendo arrivata quando aveva sette anni dopo che i genitori perirono in un incidente stradale.

Da quando l’ho conosciuta, una volta a settimana la vado a prendere e la porto un po’ a spasso, sono una sorta di sorella maggiore per lei.

“Emma oggi andiamo da Harry? Non mi porti a giocare da lui da un sacco di tempo” mi chiede lei, facendo quel tenero broncio che trovo adorabile.

“Va bene piccoletta, confessa però che vuoi solo vedere di nuovo Nancy!”

“Non è vero!” nega lei, troppo presto per essere credibile.

 
 
“Emma! Mary! Che bello vedervi!” esclama il riccio quando ci vede entrare.

“Ciao Harry! Dove sta Nancy?” chiede subito quella piccola peste, facendoci sorridere.

“E’ di là con gli altri cani, vado a prendertela così giochi un po’ con lei” si allontana dal bancone e va a prendere la piccola cagnetta di Yorkshire che ha letteralmente conquistato il cuore della piccola Mary.

Le lotte che abbiamo fatto io e le suore del suo orfanotrofio per farle capire che non poteva portarla a casa sono state infinite, quindi ho dovuto prometterle che l’avrei portata a giocare con lei almeno un paio di volte al mese.

“Allora Emma, oggi ancora hai la tua rosa?” chiede il riccio, conoscendo anche lui la storia del fiore.

“Ebbene sì, sono stata così assorbita da Mary che non mi sono neanche guardata intorno a dire il vero”

“Il mondo potrà sopportare di non essere il tuo primo pensiero per queste ore” continua a sorridere.

Harry mi piace proprio per questo motivo: qualsiasi cosa succeda trova sempre il modo di affrontarla con un sorriso.

Quando il padre gli ha lasciato la pensione per cani lui ha cominciato a dare anima e corpo a questo posto, portando molto spesso lui stesso dei cani trovati sui marciapiedi per toglierli dalla strada. Organizza anche eventi benefici per riuscire a trovare una casa a tutti quei poveri cani abbandonati, lo ammiro moltissimo per tutto quello che fa.

“Hai ragione, ho Mary a cui pensare per ora.”

 

Dopo aver passato una buona oretta con Harry, passiamo a salutare Louis – altrimenti Mary mi avrebbe reso il viaggio verso casa impossibile – e ci avviamo verso l’orfanotrofio.

“Eccoci qui piccoletta, ci vediamo la prossima settimana ok? Non comportarti male e dai sempre retta alle suore”  le dico, accarezzandole i capelli per poi salutarla mentre la vedo entrare dentro l’istituito.



 
La giornata è passata velocemente, purtroppo troppo in fretta.

Prendo le chiavi di casa e improvvisamente mi viene in mente di non aver preparato nulla per cena.

Cerco di fare il meno rumore possibile anche se so che lui mi sentirà comunque.

“Emma! Cazzo è questa l’ora di tornare a casa?! Non ti tengo qui per farti andare a spasso! Lavoro come un mulo tutto il santo giorno e mi piacerebbe trovare almeno un piatto caldo quando torno a casa”

“Hai ragione Michael, mi sono completamente scordata che oggi non avevi il turno di sera”.

“Sei una cazzo di palla al piede, mi rode davvero il culo se penso a quel coglione di tuo padre che ha deciso di sposare mia madre proprio due mesi prima che entrambi morissero! Se dovevano crepare potevano almeno farlo prima, così non mi ritrovavo a fare da tutore a una completa imbecille!” mi si avvicina e mi strattona, facendomi cadere di mano la rosa rossa.

“E questa? Chi te l’ha regalata?” urla lui, continuando a strattonarmi.

“Michael per favore, mi fai male. L’ho comprata da un fioraio perché mi piaceva, ora ti preparo subito la cena”

“Vedi di muoverti, sai che se non mangio divento antipatico no?” commenta lui con un sorrisetto ironico.

Ricordo bene l’ultima volta che diventò ‘antipatico’, come dice lui.
 


“Sei solo una cogliona! Sei un peso inutile per me!” urlò lui dandomi uno schiaffo, facendomi appoggiare al ripiano della cucina pur di non cadere.

La mia colpa quella volta? Aver bruciato la carne.

Il motivo della volta prima? Essermi ammalata e averlo costretto a pagare le spese mediche.

“Potrei esserti utile se mi lasciassi trovare un lavoro” cercai di ribattere, facendolo arrabbiare solo di più.

“Certo, così puoi farti tutti i colleghi eh? Lo so che sei una facile” rispose lui, il veleno negli occhi e le nocche strette.

“Sai che non farei mai nulla di simile” cercai di farlo ragionare.

“Stai zitta!” mi colpì di nuovo, lì capii che era il caso di chiudere l’argomento.



Dopo quella giornata capii che l’argomento lavoro era troppo scomodo, insisteva nel dire che ero un peso inutile però non mi permetteva di trovarmi un lavoro.

Quando mio padre e sua madre morirono, erano da poco tornati dal viaggio di nozze. Erano andati a trovare degli amici fuori città e tornando erano incappati in una tempesta che aveva fatto finire la loro automobile fuori strada. Il padre di Michael li aveva entrambi abbandonati quando Michael aveva solo tre anni, mentre mia madre era morta dandomi alla luce. Ci ritrovammo da soli e per il primo anno andammo anche d’accordo, poi lui cambiò di colpo: tutt’ora sono convinta che incolpi mio padre della morte della madre perché era lui a guidare quella notte. Ora che entrambi non ci sono più, sfoga la sua rabbia su di me.

Mi sbrigo a preparare la cena non volendolo far innervosire ulteriormente.

Mangiamo in silenzio, non appena ha finito si alza e se ne va in camera sua.

Finisco di rassettare la cucina e poi anche io vado in camera mia, sentendo all’improvviso tutta la tensione accumulata in quell’ora scarsa salirmi addosso.

Mi metto a letto e mi giro sul fianco, guardando la rosa che Louis mi ha regalato e che ho messo dentro un piccolo vasetto che sono riuscita a trovare in cucina.

Chiudo gli occhi e sorrido pensando alla piccola Mary e a quanto vedere il sorriso di una persona a cui vuoi bene sia molto più importante del vedere un sorriso sul tuo, di volto.
 
 
Il giorno dopo la sveglia mi butta giù dal letto con un’aggressività tale che potrebbe far concorrenza a Michael.

Lui per fortuna è già andato a lavoro.

Passo la mattinata a sistemare e verso mezzogiorno esco di casa, passando come al solito da Louis per la mia rosa giornaliera.

Decido di fermarmi fuori a pranzo, affronterò l’ira di Michael per i suoi soldi spesi questa sera, adesso non mi importa.

Entro in una piccola ma graziosa tavola calda e mentre aspetto di ordinare mi metto a pensare, concentrandomi soprattutto su cosa accadrà tra un mese.

Tra trenta giorni esatti sarà il mio compleanno e farò vent’anni.

Mio padre è morto ormai da tre anni, sono stata affidata a Michael perché lui allora ne aveva ventiquattro e io solo diciassette.

Ho pensato tante volte di andarmene, avevo ormai compiuto i diciotto anni quando Michael cominciò a trattarmi nel modo in cui mi tratta ora.

Tanti pensieri mi avevano però impedito di andarmene: Michael da solo cosa avrebbe fatto? Non era in grado neanche di stirarsi una camicia o di prepararsi il latte senza bruciarlo. Mary? La mia piccola Mary si sarebbe sentita abbandonata per una seconda volta. Harry non avrebbe più avuto un aiuto alla pensione, Louis non avrebbe più avuto una persona con cui parlare ogni mattina.

Non posso andarmene, la felicità delle persone che amo è molto più importante.

Vorrei almeno provare a trovarmi un lavoro, in modo da essere abbastanza indipendente e non dover giustificare ogni mia singola spesa a Michael, visto che è lui a darmi i soldi.
 


“Ancora qui?! Ti avevo detto di non farti mai più vedere!” mi giro di scatto verso la voce che ha appena strillato.

Un uomo, il gestore della tavola calda probabilmente, sta andando minacciosamente incontro a un ragazzo.

Osservo i due, chiaramente si conoscono.

“Jeff, sono venuto solo a prendere la liquidazione, mi ha chiamato tua moglie” il ragazzo moro continua a non scomporsi, nonostante l’uomo sembra volerlo uccidere.

“Fai schifo a pretendere dei soldi da noi dopo tutto quello che ci hai fatto! Tieni!” l’uomo gli butta addosso una busta chiusa, che cade a terra quando il ragazzo non riesce a prenderla per tempo.

“Grazie, prometto che non mi rivedrai mai più” dice solo, chinandosi per prendere la busta e poi mettendola dentro la giacca di pelle che indossa.

Lo vedo andare verso la porta e senza neanche accorgermene ho preso la mia borsa e lo sto seguendo.

Lo recupero facilmente, dopo pochi passi infatti si è fermato per accendersi una sigaretta.

“Ciao” mi faccio vedere e gli sorrido “me ne offri una?” guardo la sua sigaretta.

“Tieni” mi porge il pacchetto e l’accendino, aspettando che glielo restituisca.

“Grazie mille”

“Prego” mette di nuovo il pacchetto in tasca e mi guarda “beh, addio” fa un cenno del capo e si volta, pronto ad andarsene.

“Aspetta, mi vuoi dire che cosa è successo dentro?” gli chiedo, cominciando a camminare accanto a lui.

“E a te cosa importa? Sei una di quelle ragazze che non riesce a non farsi gli affari degli altri?” il tono è scocciato, lo percepisco, ma decido di far finta di nulla.

“In un certo senso, hai ragione” concordo con lui per la definizione, alla fine non è poi tanto lontano dalla verità.

“Beh, non mi va di parlarne. Ripeto, addio” aumenta il passo cercando di allontanarsi da me.

“Di qualsiasi cosa ti accusi quell’uomo, sono sicura che non sia la verità” lo vedo fermarsi e irrigidire le spalle, decido di avvicinarmi di nuovo a lui “Prendi questa” gli porgo la rosa e lo vedo guardarmi interrogativo.

“Cosa dovrei mai farci con una rosa?”

“Tutti hanno bisogno di avere una rosa in regalo, ogni tanto” gli metto la rosa in mano e continuo a sorridergli.

“Sei una pazza, non ho bisogno di niente!” percepisco il suo tono alzarsi e in un gesto di stizza porta una mano sul fiore e strappa via i petali della rosa, facendo cadere a terra il gambo spoglio e osservando insieme a me i vari petali volteggiare mentre cadono a terra. “Ora spero mi lascerai in pace” si volta e questa volta non lo seguo, rimanendo a fissare il fiore che si trova ai miei piedi.

Mi sono completamente ammutolita. In questi tre mesi è capitato solo altre due volte che qualcuno rifiutasse il mio fiore, una volta tirandomelo contro e una volta andandosene senza accettarlo ma mai qualcuno aveva trattato la rosa con tanto disprezzo.

Stringo i denti per impedirmi di piangere e mi chino sulle ginocchia per raccogliere i petali che si sono ormai dispersi sul marciapiede.

Sto per prendere l’ultimo petalo quando una mano mi precede.

Alzo gli occhi, che si scontrano con due pozze color miele. Il ragazzo moro, di cui ignoro ancora il nome, mi sta porgendo la mano per aiutarmi ad alzarmi.

Afferro la sua mano e torno in piedi, stringendo i petali nella mano.

“Mi dispiace, ero nervoso per quanto successo dentro la tavola calda e me la sono presa con te. Eri dentro la tavola calda per mangiare giusto? Avevi appena finito o eri appena arrivata?” mi chiede.

“Ero appena arrivata, non avevo ancora ordinato” rispondo semplicemente.

“Bene, non ho pranzato neanche io. Vieni con me a pranzo? Offro io così posso farmi perdonare”

“Non devi farti perdonare di nulla, eri nervoso. Comunque, io sono Emma”

“Io sono Zayn”.


Abbiamo deciso di metterci nella parte esterna di un piccolo ristorantino, la giornata è davvero stupenda e il clima è perfetto per prendere un po’ d’aria aperta.

Osservo per la prima volta Zayn attentamente: le braccia ricoperte di tatuaggi e i vestiti interamente neri potrebbero far allontanare molte persone ma non me, visto che anche io vista da fuori posso sembrare una ragazza poco raccomandabile.

Resisto con difficoltà a non ridere al pensiero di come io e lui visti da fuori dobbiamo sembrare una coppia perfetta.

“Jeff è il proprietario del locale e Susan è sua figlia.” Inizia all’improvviso a parlare lui, distraendomi dai miei pensieri “Lavoravo alla tavola calda da un anno quando Susan confessò ai genitori di essere incinta”

“E il bambino era tuo?” chiedo, confusa dal grande giro di parole che sta facendo.

“Ovviamente no, provammo a uscire per un paio di serate ma poi capimmo che non c’era possibilità. Il problema è che Susan ha a mala pena diciotto anni e il padre del bambino ne ha trenta. Non poteva confessare una cosa del genere e allora scelse la vita più facile, cioè mentire e dire che ero io”

“Sono sconvolta, ti ha fatto perdere il lavoro pur di coprire un suo errore!”

“Beh, la gente lo fa quando pensa solo a se stessa” fa spallucce lui, non capendo quanto per me quel discorso sia senza capo ne coda.

“Sarà, io non lo farei mai” dico solamente.

“Certo, immagino tu sia una di quelle ragazze con la vita perfetta che non ha mai affrontato veramente il dolore e vive nel magnifico mondo degli arcobaleno e degli unicorni”

“Ti sbagli, credo solamente che pensare prima a se stessi che agli altri sia sbagliato”.

“E allora a te chi penserà? Se il 90% delle persone pensa sempre a se stesso e solo un 10% pensa agli altri, di quel 10% chi si occuperà? Vuoi forse dire che per rendere felici gli altri rinunceresti alla tua gioia?” ha appoggiato i gomiti sul tavolino e mi guarda interessato, come se non riuscisse a comprendere un concetto che invece per me è chiarissimo.

“Senza esitare” rispondo senza neanche doverci riflettere più di tanto.

“Beh, non ti cred-“ sta dicendo, ma veniamo entrambi interrotti da una voce che mi fa immobilizzare.

“Emma! Cosa cazzo stai facendo?!” Michael si sta avvicinando al nostro tavolo – l’unico nella terrazza esterna- e guarda minacciosamente
Zayn e soprattutto me.

“Lo conosci?” mi chiede Zayn, facendo segno verso il mio fratellastro.

“E’ mia sorella coglione. Tu invece come la conosci?”

“Michael calmati, non stiamo facendo nulla di male” per la prima volta da quando si è avvicinato mi guarda e sento il sangue gelarmi nelle vene: se fossimo stati a casa sono sicura mi avrebbe davvero fatto del male, per fortuna si trova in pubblico e riesce a contenersi.

“Non me ne frega un cazzo di quello che state facendo, l’importante è che la pianti subito. Spero che almeno tu ti stessi facendo offrire il pranzo invece che usare i MIEI soldi per uscire con un ragazzo. Torniamo a casa, muoviti” mi afferra il ilposo e mi fa alzare dalla sedia, più che altro per assecondare i suoi movimenti e non sentire troppo dolore alla mano.

“Ehi amico, devi davvero calmarti adesso. Lei con te in queste condizioni non viene da nessuna parte, non mi importa che è tua sorella” ora si è alzato anche Zayn, che fissa ad alternanza Michael e il mio polso che sta ancora stringendo.

“Non sono cazzi tuoi. Tu muoviti” stringe ancora di più la presa sul mio braccio e stringo i denti per impedirmi di far uscire dalle mie labbra gemiti di dolore.

“Lei con te non viene da nessuna parte e ora calmati prima che chiami la polizia” il moro mette una mano sul braccio di Michael che mi sta ancora stringendo. Probabilmente sta facendo pressione anche lui perché il mio fratellastro lascia la mia mano e porta l’altra mano sul punto in cui Zayn l’ha stretto, chiaro segno che gli ha fatto male.

Mi lancia un solo guardo e senza aggiungere altro si volta e se ne va.


 
“Tutto bene qui fuori?” un cameriere si è finalmente reso conto di quello che stava per succedere, il problema è che se ne è accorto ora che ormai è finito il tutto.

Annuiamo e torniamo a sederci.

“Ti fa tanto male la mano?” mi chiede, vedendo come il polso si sia già arrossato dove mi aveva stretto Michael.

“No figurati, non è niente” cerco di sorridere nonostante dentro sono ancora molto scossa e ringrazio il cielo quando arriva il cameriere con le nostre ordinazioni.

Mentre mangiamo c’è un silenzio pesante, probabilmente dettato da tutto quello che vorrebbe chiedermi il moro.

“Mi dispiace per prima” esclama all’improvviso, facendomi fermare con la forchetta a mezz’aria.

“Di che cosa parli?”

“Parlo di quando ti ho accusato di essere una ragazzina senza problemi che crede ancora negli unicorni. E’ chiaro che così non è, mi dispiace averti ferito”

Sorrido e gli prendo la mano che ha posato sul tavolino, stringendola tra la mia.

“Non devi farti assolutamente una colpa per questo, so bene di avere un carattere particolare” faccio spallucce e finisco di mangiare.

Una volta terminato di pranzare Zayn paga il conto per entrambi – nonostante le mie mille proteste – e decidiamo di fare una passeggiata.

“Ti dispiacebbe fare una piccola deviazione?” gli chiedo, vedendo come Zayn stesse andando nella via parallela alla strada dove si trova lo stand di Louis.

“Certo, andiamo di qua allora”

Cambiamo strada e in poco arriviamo davanti allo stand di Louis.

“Emmabella ciao!” un Louis con in mano un mazzo di margherite si avvicina a noi per salutarci “non mi presenti il tuo amico?”

“Certo, scusatemi: Zayn, lui è Louis, il fioraio migliore del paese” indico prima uno e poi l’altro “Louis, questo è Zayn, un ragazzo che ho conosciuto oggi”

I due ragazzi si presentano e poi cominciano a parlare.

Mi allontano per un secondo da loro e vado sul retro, dove Louis tiene tutti i fiori appena arrivati.

Adoro quel posto perché mi sembra di entrare in un molto alternativo in cui tutto è stupendo e colorato.


“Un penny per i tuoi pensieri” mi si avvicina Zayn, distraendomi dal mio guardarmi intorno.

“Stavo solo pensando a quanto tutto qui dentro sembri più bello, come se mi trovassi su un altro pianeta”

“E’ tutto molto bello qui, concordo” mi giro e lo vedo guardarmi, senza degnare di attenzione i fiori intorno a noi “comunque, questo è per te” noto solo in quel momento che stava tenendo un braccio nascosto dietro la schiena e che aveva in mano una bellissima rosa rossa.

“E questa? Che cosa significa?” guardo la rosa come incantata.

“Louis mi ha raccontato quello che fate tutti i giorni, come anche il fatto che tu tutti i giorni la regali a qualcuno.”

“Si è vero, quindi questa è la seconda rosa giornaliera?” la prendo cercando di sorridere.

“No, questa te la regalo io a te” mi ferma lui, mentre sento affluire per la prima volta da un sacco di tempo il sangue sulle guance, segno che sto arrossendo.

“Perché mi regali una rosa?” gli chiedo, prendendola dalle sue mani e guardandola al tempo stesso con gli occhi praticamente a cuoricino.

“Perché penso che tutti abbiano bisogno di una rosa nella propria vita. Sei una ragazza forte che cerca sempre di rendere il mondo un posto migliore, di aiutare le persone e di renderle felici trascurando i tuoi problemi e i tuoi dolori. Diciamo che questa rosa serve anche ad un altro motivo: ti va di vederla come un invito a uscire? Un’uscita in cui ci dedicheremo completamente a fare cose che ci piacciono fare, cose che ci rendono felici. Che te ne pare?”

L’ho ascoltato parlare per tutto il tempo trattenendo il fiato e nel momento in cui mi pone la domanda alzo gli occhi vedendo Louis dalla porta che ci guarda con un sorriso mentre fa il segno dell’ok con la mano.

“Sì Zayn, mi farebbe tanto piacere uscire con te e passare una giornata a essere felice” entrambi ci sorridiamo, dandoci appuntamento al giorno seguente per passare un giorno tutto dedicato a noi due.


 
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Angolo autrice!
E dopo secoli (secoli no, ma anni si) passati a scrivere long, eccomi con una ONE SHOT!
L'idea mi è nata quando ho visto un pezzo del video di Avril Lavigne "SMILE", in cui lei passa vicino a un tavolo e raccoglie un pezzo di vetro rosso, portando via con esso la sofferenza che affliggeva i due ragazzi. Stessa cosa fa in altre scene e allora ho pensato: Cosa succederebbe se ci fosse una ragazza che cerca di rendere felici gli altri? E se lei fosse in realtà molto più triste di loro? E se ci fosse un ragazzo? E così è nata questa one shot di 4.000 parole scritta in meno di 24h!
Spero che vi piaccia!
Liz

 
   
 
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