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Autore: Anya_tara    17/03/2018    1 recensioni
La tavola, si sa, è un punto dolente. Abitudini alimentari differenti possono mettere a repentaglio anche la più salda delle amicizie ... figurarsi se due già non vanno granché d'accordo, cosa potrebbe accadere?
P.S: il titolo proviene da un'opera di Swift, che tratta tutt'altro argomento. Ma quando l'ho letto, non ho resistito! XD
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Leo Aiolia, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era … irritante.
Di solito Aiolia amava avere addosso gli sguardi altrui, anzi bramava proprio catalizzare l’attenzione dei presenti, quasi fosse costantemente sotto i riflettori.
Ma quello proprio non lo digeriva. E sì ch’era intento a divorare un’enorme bistecca al sangue, meraviglia preparata con ogni cura dai cuochi del Santuario.
Per sua somma sfortuna, destino aveva voluto che il suo dirimpettaio di tavola fosse anche il suo vicino di Casa.
Shaka di Virgo.
Il solo evocare il suo titolo gli dava l’impressione di qualcosa di frigido, ipercritico e legnoso. Shaka della Vergine … psk. Gli sarebbe stato meglio Shaka della Zitella Inacidita. Vecchia, pedante e assolutamente da evitare.
Mentre si dava da fare per onorare al meglio la sua portata, quel misantropo rompiballe praticava una vera e propria dissezione al piatto che aveva davanti: una ciotola con dentro qualcosa di verde, ripugnante, che faceva pensare alle radici contorte e marcescenti delle mangrovie.
Ma la cosa peggiore è che invece di controllare se fossero stati lavati alla perfezione stoviglie, posate e bicchieri, o se per caso qualche infinitesimale granello di terra a quel mangime per conigli, o malauguratamente non si fosse trovata qualche piega o macchina microscopica alla tovaglia di puro lino, teneva le palpebre serrate fisse su di lui, infastidendolo più che se avesse tenuto gli occhi ben aperti.
<< Be’ >>, sbottò di colpo, mandando giù il boccone con un generoso sorso di vino delle Cicladi. << Non mangi? Ammesso che sia commestibile, quella roba lì >>. Ghignò, rimpiangendo di non avere accanto Milo, per esorcizzare la compagnia molesta del Santo di Virgo; ma quello scemo, da quando si era dichiarato a Camus di Aquarius ( a proposito di frigidi) se ne stava appartato con il suddetto, nell’angolo dall’altra parte della tavolata, a ridacchiare, o far finta di urtare il bicchiere o le posate per sfioragli le dita e – Leo era pronto a metterci tutt’e due le mani sul fuoco -  fargli il piedino.
Bleah. Che fine ingloriosa, per un Cavaliere che prometteva così bene. Si era rincitrullito, senza speranze di recupero.
E cosa peggiore lo aveva lasciato col posto al suo fianco vuoto. Dall’altro lato aveva Shura, che si prestava allo scherzo come un blocco di porfido, e con cui inoltre parlava solo lo stretto necessario. Compagni quanto ti pare, ma amici … era troppo persino per lui.
<< Ovviamente lo è >>, lo rimbeccò Shaka, con quel fare sussiegoso che gli metteva i brividi. << E’ tarassaco >>.
<< Grazie per l’informazione >>, osservò Leo, continuando a masticare. L’allenamento quel mattino era stato sfiancante, come piaceva a lui. Non c’era nulla di meglio che godersi un buon pranzo e un paio d’ore di riposo dopo una mattinata massacrante; lo trovava … ritemprante. Lo faceva sentire vivo, e Athena sola sapeva se non ne aveva bisogno adesso.
E non avrebbe permesso a quel biondino che sembrava aver ingoiato un manico di scopa di rovinargli quella sensazione magnifica. Infilò in bocca un grosso pezzo succulento, affondandovi i denti … oh, Divina, poteva il cibo indurre un tale senso di appagamento, da somigliare all’orgasmo?
A quanto pareva sì. Un altro po’ e ci sarebbe arrivato, tanto si stava gustando quel pasto … quasi fosse l’ultimo.
Be’, poteva sempre esserlo, pensò. Tanto peggio per chi lo sprecava ruminando … tassaraco? Tarsasaco? O quel diavolo ch’era, manco appartenesse a quella fascia di segni come Ariete, Toro e Capricorno.
Quasi per contrappasso, lanciò un’occhiata al piatto di Shura. No, lui stava tranquillamente consumando del petto di pollo grigliato, con dell’insalata greca: non certo roba da gourmet, ma almeno era cibo umano, decente.
Nonostante fosse tanto preso da quel mostruoso pezzo di carne, aggrottò la fronte.
Proprio non voleva smettere di guardarlo, Shaka.
Gli sfuggiva il perché di tanta insistenza. Soprattutto non capiva il motivo di altrettanta insistenza da parte propria. Per quanto amasse calamitare gli occhi degli altri, di solito tendeva ad ignorare o mandare nettamente a farsi fottere chiunque fosse tanto stupido da cercarsi guai con lui. O suonarlo come un tamburo, se era di luna storta.
Ma adesso non riusciva a far finta di niente. Aveva il sospetto che quelle labbra piegate in una smorfia di disappunto, le palpebre chiuse che di certo celavano uno sguardo di fredda disapprovazione fossero una critica, non molto sottile, nei suoi riguardi.
E se c’era una cosa che mandava Aiolia fuori di senno erano appunto le critiche. In particolare se provenivano da una bambolina di porcellana che non sapeva nemmeno mangiare.
<< Shaka, tutto bene? >>. Ecco, ora avevano fatto l’accoppiata vincente. Shura si era accorto dello scarso appetito del compagno della Vergine, e giustamente invece che farsi gli affari proprio doveva fargli fare la figura dell’insensibile perché non gliel’aveva domandato per primo malgrado l’avesse di fronte.
Storse le labbra. Ma che diamine gliene importava se … << Sì, grazie, Capricorn >>.
Ah bene. A quello rispondeva cortesemente, il signorino.
Non fu capace di trattenersi, anche se aveva la bocca piena. << Scusa, se non avevi fame perché non te ne sei rimasto in casa tua? >>.
<< Ma io … avevo fame >>, si giustificò Shaka, prendendo un’aria compunta. << Solo … mi si è chiuso lo stomaco >>.
E qui Leo non ci vide più. << Hai qualcosa da dirmi, per caso? >>, fece in tono aspro.
<< Sì. Buona continuazione. Io … vado via >>. Scostò la ciotola intatta, alzandosi di scatto. << E’ stato un errore >>.
Aiolia smise di masticare, alzando su di lui un’occhiata che ben descriveva l’impatto delle parole di Virgo su di lui. A metà tra incredulo e furibondo. << Che diavolo vorresti dire? >>.
Il volto di Shaka s’indurì. << Se non arrivi a capirlo, Leo, non vale la pena che te lo spieghi >>. Rimise a posto la sedia, senza far rumore. << Con permesso >>.
Capricorn annuì, lasciando di mangiare. Fissò il proprio piatto senza più rialzare gli occhi. Shaka si allontanò in direzione di Mu di Aries, seduto con Aldebaran di Taurus e Dohko di Libra, accennando un saluto veloce prima di uscire.
Leo sospirò, e spinse via da sé il piatto, nonostante fosse ancora colmo per metà.
No, decisamente quell’idea non era molto salubre. Pranzare in comune per “rinsaldare” le amicizie già esistenti, legare con coloro che invece non rientravano tra queste … tutte cazzate. Chi è amico e amico, chi è nemico rimane tale. Un pranzo in comune non cambiava le cose, anzi. Al massimo le mandava in malora.
Guardò il compagno alla sua sinistra, che non si azzardava a proferire verbo. Se non altro, Shura rispetto a Shaka offriva un vantaggio: sapeva sempre quando tacere.
O quasi, insomma. Ma se non altro adesso se ne stava zitto, senza offrire pareri che in quel momento gli sarebbero costati un bel pugno in faccia, probabilmente.
Senz’altro da fare, il suo sguardo fu di nuovo calamitato dalla ciotola abbandonata davanti a lui. Il senso dell’olfatto, fin lì saziato dall’odore corposo della carne, potente del vino avvertì un aroma asprigno, aguzzo. Stranamente, non lo disgustò. Anzi. Era riposante, dopo quel sovraccarico sensoriale.
Forse troppo, perché le idee cominciarono a muoversi, nella sua mente, malgrado fosse vagamente appannato.
Una lo colpì con forza, sopra tutte le altre; e non era niente male.
No. Niente male davvero.
 
 
Era … disdicevole.
Era stata una follia. Lui, Shaka di Virgo, l’uomo più vicino agli Dei, che … socializzava. Peggio: che lasciava la confortevole quiete del suo Tempio e si recava nella sala che il Sommo Shin aveva adibito a mensa comune.
E faceva la figura del ragazzino al primo giorno di scuola. Che guardava i banchi vuoti … e non sapeva dove sedersi, perché in realtà non era abituato alla compagnia. Tanto meno a mangiare in compagnia. A indugiare preso dalli discorsi, dalle risate, dalle battutine sarcastiche.
Finchè era stato seduto assieme a Mu, Dohko e Aldebaran, le due volte precedenti, in realtà era stato … abbastanza bene, quantunque non potesse contare sull’innata capacità di relazionarsi che possedeva Aries, o la bonomia contagiosa di Toro, o l’espansività allegra di Libra. Tuttavia lui si era limitato a fare scena muta, sentendosi sempre un pochino di troppo al loro tavolo, e temendo che potessero sentirsi a disagio, se volevano scoccare qualche frecciata un po’ … piccante riguardo gli altri, o fare un commento non molto ortodosso: così aveva deciso di prendere un posto con qualcuno con cui non avesse un legame granchè stretto, per poter serbare il silenzio senza pesare ad alcuno, come immaginava lui.
Immaginava male. Anzi malissimo.
Anche Aldebaran e Dohko mangiavano carne e bevevano alcolici: giusto il giorno prima Libra aveva pranzato con degli spiedini di manzo, e il brasiliano aveva trascorso un quarto d’ora a spinare un filetto di sogliola con le sue manone. Mu aveva preso una zuppa di miso e verdure, come lui; ma nessuno aveva fatto facce strane nel notare la portata degli altri.
Però … nessuno di loro lo sconvolgeva come Aiolia. Osservare sia pure di soppiatto il modo in cui si nutriva, traendo un vero piacere fisico dal cibo non in quanto soddisfazione di una necessità, ma proprio dal fatto di affondare i denti nella carne, il gesto poco educato di leccarsi le labbra per asciugarle dal vino rosso rubino, simile al sangue … sì, era così. Un predatore, un carnivoro, l’orgoglioso feroce Leone che non potendo mettere in atto la caccia vera e propria doveva accontentarsi di attaccare un pezzo di carne già preparata a quel modo, per sfogare la sua energia, la sua prepotente vitalità.
E spiando tra i sottili spiragli delle ciglia non aveva potuto contrastare la sua, di prepotente necessità. Aprir bocca. Cioè, era stato Leo a farsi avanti per primo, ma lui non ce l’aveva fatta a tacere. L’aveva provocato, senza alcuna remora.
Ora aveva il brutto presentimento di dover temere la sua ira.
Aveva trascorso una buona oretta rifugiato nella Biblioteca del Santuario, senza leggere, solo sedendo ad uno dei tavoli a fissare il vuoto. Quando si era reso conto che in realtà lo stava facendo per evitare d’incrociare gli altri all’uscita della mensa comune, e uno più degli altri, si era rimproverato duramente e si era rialzato, deciso a tornare in casa propria. Avrebbe potuto smaterializzarsi e basta, ma la sua coscienza gl’imponeva di essere meno codardo e darsi una mossa.
Scendendo lentamente le scale, una folata di vento gli portò una eco, un anelito sottile ma penetrante e inconfondibile.
<< Shaka >>.
Prima di subito. Karma istantaneo, nemmeno a dirlo. Vedi a voler fare l’eroe a tutti i costi. << A … Aiolia >>. Il Santo di Virgo intrecciò le dita, per non lasciargli vedere quanto fosse teso. Leo l’avrebbe fiutato immediatamente, dall’animale – in senso buono – ch’era. << Buon … pomeriggio >>.
<< A te >>. Il custode di Leo mosse qualche passo, diretto evidentemente alla propria Casa. Shaka stava già per sospirare, sollevato; ma Aiolia si fermò a poca distanza da lui. << Posso chiederti che accidenti ti ha preso, prima? Perché ho avuto come l’impressione che ce l’avessi con me >>.
Non potendo negare, Shaka non trovò nulla di meglio che scusarsi. << Perdonami >>. Ma immediatamente realizzò che non capiva neppure lui stesso il motivo di quella reazione. Fosse stato … mero disgusto, o semplice disapprovazione non si sarebbe mai sognato di giustificarsi.
Ma non era così. C’era altro, una sorta di fastidio, ma accompagnato a qualcosa di meno chiaro. << Per cosa? >>.
<< Cioè … scusa se ti ho dato questo da pensare. Non ce l’ho con te, Aiolia >>.
<< E’ quello che dicono tutti, prima o poi. Peccato che abbia finito col crederci sempre meno >>, osservò Leo, alzando le spalle.
<< Ascolta, io … comprendimi. Non sono bravo a stare in mezzo agli altri. Ci stavo … o quanto meno ero intenzionato a provarci, ma poi … >>.
<< Poi, che? >>.
<< Nulla >>.
Aiolia gli sorrise a mezza bocca. << Senti, Shaka … forse non sei proprio la persona più socievole e accomodante del mondo >>, affermò, e Shaka trasalì come se gli avesse rifilato una pugnalata nello stomaco. << Ma è anche vero che nemmeno io sono questo campione di amabilità, spesso e volentieri >>. Espirò con forza, rialzando lo sguardo scintillante dopo aver riflettuto per qualche secondo, le mani sui fianchi. << Visto che in definitiva non ha pranzato granchè nessuno di noi due …  posso invitarti a cena? >>.
Ora più che trasalire Shaka sobbalzò evidentemente. << Io … non credo che sia il caso, Aiolia >>, si schermì subito, il sangue che risaliva furioso alla gola, incendiando le guance ed esplodendo nelle tempie, con un rombo che echeggiò simile ad un tuono nelle delicate orecchie del Custode di Virgo. << Non offenderti … ma … io e te … abbiamo abitudine diverse … a tavola, intendo, e … >>.
<< Quindi tu sei convinto che abitudini differenti possono impedire a due persone di conoscersi meglio, e frequentarsi? >>, lo interruppe il compagno.
Shaka deglutì amaro. Di certo, a loro due sì.
Quel pensiero si traslò dalla tavola al letto. Sicuramente Leo aveva consuetudini molto differenti anche in quell’ambito …. Gli sfuggì un verso, una specie di singulto. Aveva i palmi imperlati di sudore. E il cuore in petto era un uccellino in trappola.
Perché stava pensando a queste cose? Non erano affari suoi. << Io … >>.
<< Dai. Non temere, non ho intenzione di avvelenarti, o propinarti carne a tradimento. Lo sai che non è il mio genere di atteggiamento, Shaka. Vorrei poter rimediare, anche se dici che non ho fatto nulla, mi sento comunque in colpa. Concedimi di farlo >>.
Quell’improvviso anelito di gentilezza lo fece riflettere sul proprio torto. In fondo Aiolia voleva soltanto scusarsi. Il minimo che potesse fare era accettare il suo invito, e magari dimostrarsi un po’ più bendisposto, verso il collega.
Liberò un leggero sospiro. << E va bene. Verrò >>.
Leo s’illuminò, erompendo in un’espressione vivida, gli occhi brillanti, i denti bianchissimi lasciati completamente scoperti da uno splendido sorriso, aperto, gioioso. Come quello di un bimbo.
E lui, Shaka di Virgo … non poteva certo avere paura di un bimbo, no?
<< Ti aspetto alle sette, allora! >>. Gli passò avanti ed evitò di toccarlo, cosa di cui Shaka gliene fu grato.
Lo guardò scendere alla propria Casa, e un nodo gli serrò la gola rendendogli difficile respirare.
Sperava di non aver fatto un’altra stupidaggine.
 
 
<< Vieni, accomodati, Shaka >>. Da perfetto anfitrione, Leo lo aveva atteso all’entrata della Quinta Casa, e lui da perfetto ospite era arrivato in perfetto ritardo di dieci minuti, da persona importante che ama farsi attendere.
Non che fosse stato voluto. La sensazione di soffocamento non era passata, anzi semmai era peggiorata. Non il lungo bagno caldo, non gli oli profumati di tiglio e lavanda, non la tisana di biancospino e valeriana erano valsi a calmarlo. Alla fine aveva tirato fuori il suo amato telo da meditazione e aveva cominciato a mantreggiare – un termine inventato da Libra, manco a dirlo – nella speranza di non sembrare un idiota, accorgendosi solo troppo tardi che la meridiana sul muro segnava già le sette. 
Mentre scendeva la scalinata, rapido e furtivo come un ladro aveva provato anche un pizzico di vergogna, per essersi preso tanta cura di sé. Un’attenzione ingiustificata per un semplice invito ad una cena informale.
Ma adesso che era davanti a Leo, quel curioso disagio mutò in qualcosa di non meglio definibile.
Aiolia era una strana contraddizione in termini. Nonostante tenesse in sommo grado al proprio aspetto fisico era difficile vederlo con addosso qualcosa di differente dalla tenuta d’ordinanza, pantaloni morbidi e maglia stretta al petto dal coprispalla, anche quando non era impegnato negli esercizi. E a volte capitava si mostrasse anche scarmigliato, con un po’ di barba incolta, quasi fosse talmente sicuro di sé che quell’aspetto non potesse nuocergli troppo, o addirittura gli giovasse; quindi faceva effetto vederlo in calzoni neri di ottimo taglio e maglione panna di quello che sembrava puro cashmere. 
Un pessimo effetto. << Sai, cominciavo a credere che mi avessi fatto uno scherzo, accettando. O volessi darmi buca >>.
<< Buca? >>, chiese Shaka, nervoso.
<< Be’, sì, tirarmi il bidone >>.
Virgo inspirò a fondo, sentendo la voce troppo incerta per non destare sospetti. << Perdonami. Stavo meditando … e non mi sono reso conto che fossi in ritardo >>.
<< Tranquillo. Cinque minuti non hanno ucciso mai nessuno. E per una volta è confortante sapere che anche Shaka di Virgo commette qualche distrazione >>. Aveva ancora quel sorriso accattivante sulle labbra, e adesso aveva un’aria piacevolmente distesa, rilassata a differenza di lui che sembrava aver ingoiato spine. O forse era solo una sua impressione. Lui di Aiolia vedeva spesso e volentieri solo la scorza, l’involucro esterno: non conosceva ciò che vi albergava dentro. Poteva benissimo essere uno spocchioso, prepotente figlio di buona donna fuori, e un simpaticissimo compagnone quando non indossava l’Armatura. Facile, no?
D’altronde anche lui, tolta la lucente Astrea, non era più che un ragazzo di soli ventidue anni, fragile e inquieto.
Con questo pensiero del tutto incoerente provò a rassicurarsi. Aiolia poteva essere impulsivo e molto vendicativo, ma mai infido; era tutto alla luce del sole, provava troppa ripugnanza per i raggiri, e a ragione.
Fu così che si accomodò, guardandosi attorno di soppiatto. Erano anni che non entrava nella zona privata del Tempio di Leo, ma non rammentava di aver mai visto quell’enorme tappeto di folta pelliccia candida davanti al caminetto, né tanto meno i lunghi candelabri che troneggiavano sulla lunga tavola apparecchiata con argenti e cristalli tirati a lucido, scintillanti sotto le fiammelle delle lunghe candele sottili.
Tuttavia anche lui aveva apportato diversi cambiamenti strutturali al Tempio della Vergine, installandovi un arredamento più congeniale ad accogliere lui e i suoi amici – leggi, i soliti tre della Divina Athena- . Possedeva un letto, ma lo utilizzava di rado; quando si concedeva il riposo dei giusti, preferiva un nudo pagliericcio.
Chissà cosa avrebbe pensato Leo, se gliel’avesse confidato. Lui pareva tipo da alcova, un giaciglio con materassi morbidissimi, lenzuola di seta, cuscini in vera piuma d’oca, candele profumate e incensi ovunque.
Ops. Forse aveva sbagliato ad evocare quell’immagine. Adesso si sentiva di nuovo agitato.
<< Preferisci che accenda le lampade? >>, domandò Aiolia in tono morbido, comprensivo. Sembrava davvero desideroso di metterlo a suo agio. << Ho pensato che le candele stessero meglio. Creano un’atmosfera … più conviviale >>.
L’aggettivo che venne in mente a Shaka in realtà era … intimo.
Deglutì a fatica, sforzandosi di sorridere. << No, va benissimo così, grazie >>. Non voleva offendere Leo che aveva profuso tanto impegno; soprattutto, non voleva dare a vedere quanto si sentisse confuso.
<< Hai freddo? Caldo? Tutto bene? >>.
<< Mhmm mhmm >>.
<< Avrei voluto preparare io personalmente, ma come sai, sono una frana in cucina >>, si scuso Aiolia, e Shaka fece un cenno col capo. No, non lo sapeva, lui. come avrebbe potuto? In realtà non sapeva nulla di lui. nulla più di quanto concerneva la loro missione, il loro incarico di Cavalieri di Athena.
E meno male ch’era onnisciente. << Così ho ordinato da un ristorante ad Atene. Gli chef sono specializzati in cucina vegana, halal, e roba varia, e sono rinomatissimi. Ci cenano anche personaggi politici, gente in vista,  quindi puoi stare più che tranquillo >>.
<< Grazie, Aiolia >>.
<< Permettimi di servirti >>. Shaka si scostò appena, e una folata di un profumino delizioso investì le sue narici. Gli bastò un istante per realizzare che non c’era traccia di carne, o qualsiasi alimento di origine animale, dentro.
Ma non fu la premura di assecondarlo di Leo a turbarlo, né quella nel posare con grazia la porzione nel piatto di porcellana rilucente. Malgrado l’aroma del cibo fosse potente, quello di Aiolia si fece largo con prepotenza, raggiungendo i suoi recettori e solleticandoli.
Il gorgoglio impercettibile che si levò dal suo stomaco fu al contempo un imbarazzo e un sollievo. << Bene, se non altro so che è di tuo gradimento >>, disse Aiolia, con un sorrisetto soddisfatto.
Shaka arrossì appena, e si morse il labbro. Pensò fosse meglio attaccare a mangiare, e attese che anche Leo si fosse servito, per affondare i rebbi della forchetta nella mousse di melanzane e carciofi. A dispetto di quel che si poteva pensare, aveva un sapore delicatissimo, l’amaro di entrambi era smorzato dalla dolcezza della crema di peperone, e la punta di basilico si sposava benissimo con il resto.
<< Devo ammettere che è delizioso >>, mormorò. Squisito, impeccabile, esattamente come le maniere di Leo.
Peccato che fosse seduto all’altro capo del tavolo ingombro. << Senti, ti spiacerebbe se … >>.
<< Dimmi >>.
<< Vengo più vicino? Non sono abituato … a guardare a due chilometri di distanza le persone con cui parlo >>, ammise Aiolia.
E certo. Lui le fissava dritte in faccia, con quegli occhi che non lasciavano scampo.
<< Oh, sì, naturalmente >>.
Si mise in piedi, trasportando la sua cena fino alla sua sinistra. Si sedette e sorrise, le iridi che nella luce delle candele mandavano bagliori incandescenti, i capelli si tingevano di riflessi di fiamma. << Meglio così, no? >>.
<< Già. Meglio >>. Fece per alzare la brocca dell’acqua, ma Shaka lo fermò.
<< Gradirei del vino, se non ti spiace >>. Non era sicuro fosse una cosa sana, ma visto che sembrava possedesse proprietà tranquillizzanti, tanto valeva provare.
<< Sicuro? >>.
<< Sì. Poco, però >>.
Leo gli colmò il calice per metà scarsa. E mandò giù, come fosse una medicina. << Questo è leggerissimo. Ma dovresti fare attenzione ugualmente, se non sei abituato a bere >>, lo avvisò.
<< E’ … dolce >>. E sprigionava un aroma tenue di fiori, di fresie, fresco e frizzante.
<< Sì, è appunto questo che ti frega. Scende ch’è un piacere, e ti ritrovi cotto senza accorgertene >>, sorrise Aiolia. Poi tornò serio, e Shaka si sentì scosso da un brivido. Che si fece più forte quando lo vide schiudere le labbra con delicatezza per prendere un altro boccone.
Il vino. Di sicuro era il vino. Doveva esserlo. << Visto che non sono proprio un becero? >>, commentò, notando che lo stava fissando.
Oddei, che figura. << Aiolia … >>.
<< Sì? >>.
<< Scusami … dovrei un attimo … >>. Non sapeva dove nascondersi. Ora avrebbe pensato ch’era un cretino, e non aveva mica tutti i torti.
<< Prima porta in fondo a destra. Fa’ come fossi a casa tua >>.
<< Ti ringrazio >>. Si drizzò con uno scatto brusco, avviandosi verso il bagno. Veramente non è che ne avesse proprio bisogno, tranne che per rinfrescarsi … magari mettendo la testa sotto l’acqua ghiacciata. Oltre che per spezzare la tensione che sentiva montare ad ogni istante, mentre si trovava così vicino a lui.
Percorse il corridoio rischiarato dalle lampade ad olio profumato, i lucenti occhi ciechi dei leoni d’oro e avorio che lo fissavano dandogli la pelle d’oca esattamente come quello vero, di là in sala.
Una volta dentro, si versò dell’acqua dalla brocca bagnandosi le guance. Stava bruciando … che stesse covando qualche malanno?
Prese il soffice telo di spugna ripiegato, tamponandosi il viso. Era pulito e asciutto, ma impregnato dell’odore inconfondibile di Leo, il suo profumo intenso, virile, speziato che tanto evocava la sua terra natia, l’India.
Oddei … lo stava seducendo. Chiaro che non era una cosa intenzionale: Leo doveva avere un robusto appetito per le donne, specialmente se formose, con lunghi capelli scuri e grandi seni sodi. Figurarsi se poteva … interessarsi a lui.
Una lieve fitta gli attraversò lo stomaco. Ma perché quel pensiero lo infastidiva?
E più di tutto, perché diamine lo stava pensando? 
Posò il telo e uscì, pronto a tornare a tavola, finire di cenare educatamente e tornarsene a casa. Eppure un qualche spiritello maligno gli mise addosso una curiosità indecente.
La porta accanto era socchiusa.
Solo una sbirciatina … che male avrebbe mai potuto fargli?
Era una tentazione a dir poco malsana. E irresistibile.
Un minutino … anche meno. Che male c’è?
Appoggiò la mano sul battente, schiudendolo ancora di più. Dentro era buio pesto, non si vedeva nulla. Persino aprendo gli occhi non gli fu possibile distinguere nessuna forma, alcuna presenza tra quelle mura.
Però il profumo di lui aleggiava anche lì. Doveva essere la sua camera da letto, non vi erano altre porte. A meno che non fosse dall’altro lato del Tempio, ma non pareva ragionevole.
Ma d’altronde neanche quello che stava facendo lui lo era.
Era meglio tornare, o Aiolia avrebbe potuto andarlo a cercare. E cosa gli avrebbe detto se l’avesse beccato a curiosare in casa sua?
Si ritrasse, socchiudendo l’uscio esattamente come l’aveva trovato. Cercò di darsi un tono, e raggiunse Leo che con una cortesia perfetta aveva sospeso di cenare per aspettarlo.
Non si sentiva bene. Forse una reazione avversa all’alcol. Magari era il caso di congedarsi, e andare a sdraiarsi in compagnia di una tisana al cardamomo verde di cui Mu l’aveva generosamente rifornito malgrado conoscesse le sue frugalissime abitudini alimentari.
<< Ehi, tutto bene? >>.
Shaka si sedette, intontito. Avrebbe voluto cogliere la palla al balzo, ma l’inquietudine di Leo lo dissuase. Metti che andasse a pensare che la cena avesse avuto degli effetti collaterali a dir poco spiacevoli … non se lo sarebbe mai perdonato. << Sì, tranquillo >>, lo rassicurò, sorridendogli a labbra chiuse.
<< Sembri un po’ … posso? >>. Appena Shaka annuì, la sua mano grande e morbida sfiorò la fronte, poi si ripiegò nell’incavo della gola, sulla carotide.
Il battito di Shaka impennò, scatenando una nuova ondata rovente alle guance. << E’ un po’ rapido. E sei caldo >>.
Altroché. Gli sembrava di stare per squagliarsi come le candele. Aveva la bocca secca, la pelle in fiamme. << Sicuro di non avere la febbre? >>, domandò Leo, allontanando le dita. << Vuoi … che faccia qualcosa per te? >>.
Si riferiva senza dubbio ai suoi poteri curativi, ma gli occhi socchiusi di Shaka si posarono sulla sua bocca senza volerlo. Dei, aveva sempre avuto quelle labbra così carnose, mirabilmente disegnate? Sembravano un frutto appetitoso, cosparso di miele e pronto per essere morso.
Oh santa Athena. Ma che diamine gli passava per la testa? Altro che febbre, gli si stavano cuocendo le meningi, come minimo. << Shaka, se non stai bene … forse è meglio che ti accompagni >>.
<< No! >>. Troppo brusco. Maledizione. << Cioè, voglio dire … sto bene, davvero. Solo … fa un po’ troppo caldo >>.
<< Devi scusarmi. Non sembra, ma sono piuttosto freddoloso. Non ti formalizzare >>. Aiolia sorrise rassicurante, abbassando lo sguardo sul pensate kurta di broccato ricamato che indossava. << Vorresti una mia camicia, magari? >>.
<< Ho una maglia, sotto >>. Shaka slacciò la fusciacca, togliendo l’indumento. In effetti, si sentiva già meglio.
Durò solo il tempo di guardare di nuovo Leo, che lo osservava con curiosità. Quasi si portò le braccia al petto, sentendosi così esposto. Per lui che spesso portava l’angavastram, era tutto dire.
Ma non era mai accaduto che i suoi capezzoli premessero con tanta forza contro la sottile tela indiana della maglia. Sembrava volessero bucarla, accidenti.
E lo sguardo di Leo puntato sul suo torso non faceva che peggiorare la situazione. << Scusa. E’ solo che … credevo fossi … più ossuto, viste le tue abitudini a tavola >>, confessò, guardandolo in volto. << Vorresti … continuare? >>.
Virgo ebbe un attimo di sconcerto. Gli ci volle qualche secondo per capire che intendeva la cena. Ma certo, che scemo. 
<< Sì, ti ringrazio >>. Aiolia lo servì nuovamente, con il secondo stavolta; e Shaka riprese a mangiare, sicuro di una cosa.
Era pronto a scommettere che sarebbe stata la prima e l’ultima volta, che Leo lo invitava in casa propria.
 
 
Era stato un piano geniale. E l’aveva elaborato tutto da solo, alla faccia di chi sosteneva che in quanto a lucida, fredda strategia, non fosse un granché.
Non era facile mettere a disagio Shaka. La sua indole bacchettona lo elevava al di sopra di tutti i comuni mortali.
Eppure adesso sembrava … smarrito.
Lui sicuro non si aspettava che reagisse in quel modo: era sua intenzione giurata farlo sentire sulle spine, per riderci su sotto i baffi, godersi una meritata rivincita.
E invece ora pareva dovesse venir meno da un attimo all’altro.
Leo non avrebbe creduto che potesse piacergli comportarsi da gentiluomo. Non che fosse una commedia: quell’atteggiamento gli era solito, solo .. con le donne però.
Non avrebbe mai potuto pensare che anche con Shaka gli venisse così spontaneo. A dispetto dell’apparenza, il Custode di Virgo era … tenero. E quella tenerezza stava attirando la sua per energia simpatica.
Non stava davvero bene, malgrado gli avesse detto il contrario. Le pulsazioni erano piuttosto accelerate, le guance erano innaturalmente accese e sembrava dovesse svenire prima di subito.
Avrebbe dovuto insistere, se non altro perché non c’era gusto a prendersi gioco di un compagno infermo, però non voleva nemmeno dargli l’impressione di star scaricandolo. Avrebbe mandato per aria tutta la premura di cui aveva fatto sfoggio fin lì.
Be’, tanto erano al dolce. Con un po’ di fortuna, non ci sarebbero voluti più di una quindicina di minuti. Dopodiché lo avrebbe scortato fino a casa, aiutato a mettersi a letto, chiesto se gli occorreva qualcosa, e tornato a casa propria con la segreta soddisfazione di aver segnato un punto contro il perfettissimo Virgo.
Sembrava un piano davvero diabolico. Peccato che l’immaginarne la logica conclusione non gli dava neppure un’ombra di quel trionfo che se ne riserbava mentre lo attuava, fissando la ciotola verde smeraldo a pranzo.
Doveva trattarsi di un qualche rimorso di coscienza. Se Shaka non stava bene, la sua vittoria non era schiacciante. Avrebbe dovuto rimandare un po’, invitandolo di nuovo. Visto come si stava comportando, era matematicamente certo che avrebbe accettato ancora di cenare con lui.
E curioso ma vero, l’idea non gli dispiaceva. Nemmeno un po’.  << Era tutto squisito, Aiolia >>, mormorò Shaka, al termine del secondo piatto. Ancora più curioso, nemmeno quel menu gli era spiaciuto. Non contemplava né carne, né pesce, nemmeno uova, eppure non gli aveva lasciato l’agro in bocca. Il suo stomaco era appagato, nonostante il pranzo fosse rimasto a metà e preso dai preparativi della cena, non avesse toccato neppure un grissino.
Certo anche il fatto che non si fosse strafogato come al suo solito aveva contribuito. Mangiare lentamente incrementa il senso di sazietà, è risaputo. E si sentiva gradevolmente leggero, merito anche del vino a bassissima gradazione. Avrebbe potuto alzarsi da tavola e correre a fare cinquecentomila flessioni senza avere nemmeno un crampo, o il fiato corto.
A quel pensiero gli sfuggì un sorriso, che fece appena in tempo a celare. Non sarebbe stato male farle in compagnia. Magari … con una delle ragazze che frequentavano il suo locale preferito, ad Atene. Avvertiva giusto quel pizzicore sottopelle che precedeva l’eccitazione, la giusta conclusione di una giornata tanto stimolante come quella.
Poteva perfettamente riaccompagnare su Shaka, e poi fare una capatina in città.
Senza fretta. Tanto prima delle dieci non si faceva mai vivo nessuno.
Si rialzò, piano. << Aspetta di assaggiare il dolce >>. Prese i due piatti ormai vuoti, e li portò nella cucina. Svolse quindi la pregiata confezione di spesso cartone color perla. Era il tocco finale, la ciliegina sulla torta ch’era stata l’attuazione di quel piano. << Ho voluto omaggiare le tue origini >>, spiegò, posando il barfi al cocco e mandorle, assieme al katju katli, dei biscottini agli anacardi, al kheer, un budino di latte di soia e anacardi, e al malpua, delle frittelle con miele e acqua di rose. Tutto preparato esclusivamente con ingredienti vegetali. << E per finire … >>. Svitò il tappo del thermos, versando in due bicchierini di cristallo colorato il thai masala, il celebre tè indiano speziato.    
<< E’ stato … un gesto molto carino da parte tua, Aiolia >>.
<< Spero siano buoni come quelli di casa tua >>, disse, porgendogli il bicchierino. << Attenzione, scotta >>.
<< Grazie >>.
 
Shaka accettò con cautela il prezioso carico che Leo gli aveva porto in mano, non posato sul tavolo, come nella migliore tradizione hindi. Che l’avesse saputo, letto, scoperto, o semplicemente gli fosse venuto spontaneo, era comunque … un gesto carino, anche questo.
Come l’aver scelto dei dolci tipicamente indiani, convinto di fargli piacere … magari di rammentargli la sua terra. 
Per qualche ragione non gli disse che non aveva mai assaggiato di tali meraviglie, quand’era in monastero. Come tante altre cose.
Forse per non deluderlo. O più probabilmente, perché un po’ si vergognava ad ammettere … ch’era la prima volta. Voleva evitare a qualsiasi costo qualsiasi circostanza incresciosa potesse venirsi a creare, visto che sembrava aver recuperato un minimo di contegno.
Tagliò un minuscolo pezzetto di mapua, portandolo alle labbra. seguito dall’occhiata indagatrice di Leo.
<< Allora, somiglia? >>.
Shaka annuì, sentendosi sfaldare sulla lingua le sottilissime lamine di cocco, fondersi al miele e all’acqua di rose. Non poteva parlare: la sua bocca era troppo impegnata a cogliere ogni minima sfumatura di sapore.
E forse perché troppo piacevole, quasi sensuale quella sensazione il karma fece capolino. Invece di affondare nella morbida pasta i denti fendettero il muscolo; un lampo di dolore tagliente e improvviso lo costrinse a portare la mano alla bocca.
<< Shaka? >>.
<< Mi sono morso >>, mugugnò, strizzando le palpebre. Era nuovo per lui: mai prima di allora gli era successa una cosa simile. Gli venivano le lacrime agli occhi.
Ed era … davvero seccante. Neanche fosse un bimbetto. << Ti sei fatto male? Fa’ vedere >>.
Shaka scosse la testa. << Immagino … sia una sorta di giustizia divina >>, borbottò, respirando a pieni sorsi per placare le fitte.
Leo lo guardò perplesso. << Veramente, esiste un luogo comune che dice … che quando accade, è perché si ha voglia di carne … >>, disse, prendendogli la mascella con delicatezza, e puntandogli il pollice nell’angolo delle labbra.
Shaka si accorse dell’insania del suo gesto quando il danno era già fatto. Aveva catturato il dito di Aiolia tra i denti, premendo sull’unghia, nel soffice cuscinetto della falange.
<< Shaka … >>, mormorò questi, esterrefatto. Di sicuro lo era almeno quanto lui stesso.
Dei, che vergogna.
Si riprese di scatto, lasciandolo andare, pieno di confusione e timore, per quello che Leo avrebbe potuto pensare adesso. << Santa Athena, scusami, Aiolia, io non … >>. Alzatosi in piedi, raccolse il kurta pronto a fuggire, senza sapere dove nascondere il viso infocato. << Mi dispiace. Io vado. Grazie di tutto >>.
<< Shaka >>. Aiolia si era alzato anche lui, gli cingeva il polso con la stessa mano che aveva subito il suo deplorevole attacco. << Aspetta, Shaka >>.
Lo fece voltare, e si ritrovò alla distanza di un respiro da lui, contro il suo petto. Shaka tremò, appena il bel volto abbronzato di Leo si avvicinò al suo, e sfiorò la punta del suo naso a fior di labbra. Scivolò giù, lambendogli lo zigomo, il mento, l’arco delicato tra questo e l’orecchio. Poi il contatto così fragile e impalpabile divenne bacio vero e proprio, Leo gli allargò le labbra insinuandogli prima l’inferiore tra le sue, poi la lingua, strusciandola piano contro il palato di Shaka, cercando la sua che si mosse senza sapere se facesse bene o male, se anche ad Aiolia stesse montando il sangue alle tempie, e un’onda densa e scura nel ventre salendo fino alle reni.
Shaka gl’infilò le dita tra i capelli, serrandole. In risposta, Aiolia gli passò le mani lungo la schiena, incuneandole sotto le natiche e strizzandole forte, prima di sollevarlo adagiandolo sul bordo del tavolo e allacciarsi le sue gambe ai fianchi.
Avevano il respiro corto, quando si staccarono l’uno dall’altro. L’emozione gli serrava la gola, ma l’imbarazzo era svanito, quasi che quel bacio fosse l’unica spugna atta a spazzarlo via.
Era abbastanza … divertente pensare che quella cena vegetariana, per quanto sofisticata e deliziosa, non potesse assolutamente bastare a placare la fame del fiero Leone. Che non sembrava per nulla in difficoltà ad aver assaporato la bocca di un uomo. O a palpare il suo sedere, ancora adesso.
Voleva che lo … divorasse. Voleva sentire quelle mani entrare sotto la tela, serrarsi a tutto ciò che trovavano. Le sue zanne affondare nel molle della carne, la sua lingua cercarlo ancora, il suo profumo stordirlo.
Contava poco che lui non sapesse neppure da dove cominciare. Aiolia lo sapeva benissimo, gliel’aveva appena dimostrato. Lo aveva … tranquillizzato meglio del vino, delle tisane di Mu, o supponeva anche dei ritrovati farmaceutici atti a questo scopo.
Ed euforizzato, anche. La tensione che lo aveva attanagliato fin lì era mutata, non più timore ma aspettativa. E … piacevole conquista. Leo sembrava apprezzare particolarmente la soda rotondità delle sue natiche, e lungi dall’irritarsi per quella brutale onestà, Shaka si domandò se non potesse fargli gradire anche il resto del suo corpo.
<< Sono meno ossuto di quel che credevi, no? >>, chiese, sorridendogli ad occhi finalmente aperti, ammirando a piene iridi la bellezza di quelle di lui che mandarono un lampo, appena prese con le mani un pezzo di malpua abbandonato nel piatto e toccò le labbra di Leo, che lo succhiarono assieme alle dita umide di miele prima di lasciarlo scivolare in bocca. << Sai, avevi ragione, Aiolia >>.
<< A che proposito? >>, mugugnò Leo, senza smettere di leccare le gocce colate negli spazi interdigitali. Shaka attese che avesse finito, prima di riprendersi la mano. 
<< Ho voglia di carne. E … sì >>,  gli sussurrò, sfilando la maglia non senza provare un brivido, appena l’aria fredda gli lambì i capezzoli roventi. << Voglio continuare >>.
 
 
Era … curioso.
Lo strano senso di dislocazione perdurava ancora dentro Shaka, quando si sedette come il giorno prima, alla tavola della mensa; esattamente allo stesso posto.
La stessa giovane ancella del giorno precedente si era avvicinata a lui, col suo fare timido. << Gradite che vi serva qualcosa, nobile Shaka? >>.
<< Sì. Ci sono delle fragole? >>, domandò. La ragazza lo fissò vagamente stranita. Doveva essere strano che qualcuno si servisse delle fragole come antipasto, ma in realtà Shaka non avrebbe potuto mandar giù neppure un sorso d’acqua, tant’era sazio. Aveva trascorso la notte e la mattina a terminare le delizie della cucina indiana, e solo l’aiuto di Aiolia, che accorreva a rubarle sfilandogliele di bocca appena le prendeva tra i denti, aveva reso possibile che non ne rimanesse nemmeno una briciola.
E non era stata l’unica cosa che gli aveva sfilato. Si morse il labbro, rammentando i baci ardenti che avevano scambiato, mentre lo cingeva tra le braccia e sentiva i suoi gomiti pungolargli le reni tanto lo teneva stretto, le mani grandi e calde che districavano con attenzione gli anelli della treccia, affondandovi dentro.
Quel tappeto era davvero morbido come sembrava. Lì Shaka aveva fatto conoscenza intima con il piacere, senza ancora rinunciare al suo status di Virgo. E siccome era stata davvero interessante, aveva pensato bene di approfondirla, ma in altro ambiente.
Era stata una bella vittoria, sapere di aver azzeccato. La camera immersa nel buio era davvero la camera da letto di Aiolia.
<< Mai portato nessuno, qui? >>, aveva chiesto Shaka, addossato alla parete. I leoni scolpiti adesso non lo fissavano più con quell’aria intimidatoria, ma sembravano soffici mici pronti a fare le fusa.
<< No. Non ci ha mai messo piede nessuno, oltre me >>.
Shaka aveva ridacchiato tra sé. << Allora credo sia quella giusta >>, aveva mormorato, passandogli la punta delle dita ancora impiastricciate di miele sull’osso della clavicola.
<< Ma … >>.
<< Sì? >>.
<< Sei … proprio sicuro che … >>. Shaka gli aveva morso la spalla, troncando ogni possibile residua resistenza di Leo.
<< Portami dentro, Aiolia >>. Sapeva che sarebbero state le sue ultime parole da vergine, prima di varcare la soglia di quella stanza. Non ne sarebbe uscito senza avergli dato ciò che voleva.
Aiolia aveva esitato ancora qualche istante, quasi l’avesse presentito. Poi inchiodato le mani alla porta, aprendola.
Quello ch’era avvenuto dopo, era un segreto gelosamente custodito tra le mura sobrie, ma non fredde della stanza spartanamente ammobiliata. Il suo letto, totalmente diverso da come se l’era figurato Shaka, non grondava opulenza ma era provvisto di un bel materasso rigido, delle semplici lenzuola di lino, una trapunta calda e soffice.
Shaka aveva approvato senza riserve. E aveva approvato anche l’abbraccio di Aiolia, in cui si era crogiolato come al sole di un giorno d’agosto. Era forte, senza esser rude; sensuale, e appassionato, ma anche dolce e protettivo. Quando aveva ammesso candidamente di non essere mai andato con un uomo, e quindi di non avere le idee molto chiare su come farlo senza infliggergli troppa sofferenza, Shaka aveva sorriso.
Come adesso.
Aprì la bocca, infilandovi dentro uno dei piccoli frutti scarlatti con le dita, ignorando bellamente le posate a fianco. Sentiva colare il succo nei sensibili spazi interdigitali, e lievi deliziose fitte increspargli la pelle delle cosce quando li ripuliva con la lingua.
Anche se … be’, non era come con Aiolia.
Due secchi colpetti di tosse lo trassero dal suo sogno ad occhi aperti, in tutti i sensi. << Kalimera, Capricorn >>, disse, sorridendogli e accennandogli il posto vuoto accanto a sé.
Shura parve colpito, ed esitò nell’accettare il suo invito. << Siediti. Dai >>.
Il prode Cavaliere del Capricorno manteneva la difensiva, e Shaka si domandò se non fosse accaduto qualcosa. << Dimmi pure >>, lo incoraggiò.
<< Sai, è da un po’ di tempo che … volevo chiederti una cosa >>, esordì, la voce un po’ strozzata.
<< Sì? >>.
<< In realtà è una faccenda … un po’ complicata, quindi ti prego di perdonarmi già fin d’ora >>.
<< Mhmm mhmm. Ti sto ascoltando, Shura >>.
<< Io … cioè, ecco, insomma, io … volevo chiederti se … eri disposto … a concedermi … un appuntamento >>.
Shaka inarcò le delicate sopracciglia dorate, e batté le palpebre sulle iridi acquamarina. E Capricorn dovette intuire il suo stupore, così si affrettò ad aggiungere:  << Mi sarebbe sempre piaciuto … imparare il sanscrito. Ma … confesso di star incontrando notevoli difficoltà, ed è piuttosto imbarazzante per me dover chiedere aiuto … non offenderti, non si tratta di te, Shaka, ma solo del mio carattere. Mi sarebbe ugualmente penoso domandarlo a chicchessia >>.
<< Vuoi imparare il sanscrito? Tutto qui? >>, domandò.
<< Sì. Se potessi aiutarmi … te ne sarei molto grato >>.
Shaka gli sorrise. << Ma certo. Vieni pure quando ti è più comodo, Shura. Sarò ben felice di … coadiuvarti in quest’impresa >>. Poi guardò un attimo nella sua ciotola. << Posso offrirti una fragola? >>.
<< Oh … grazie >>.
In quel mentre arrivò Leo. << Buongiorno, Capricorn. Shaka >>. Si sedette di fronte a loro, senza chiedere se fosse libero. Il solito prepotente. << Che state combinando? >>.
<< Ciao, Leo >>, lo salutò Shura. Shaka gli scoccò un’occhiata obliqua, mordendosi il labbro con un sorrisino malizioso. << Nulla di che. Shaka mi ha appena offerto una fragola >>.
<< Lo vedo >>, disse, un lieve accenno acido nella voce. Oh oh, era forse geloso, il bel Leone?
Shaka rise tra sé, gongolando per quella scoperta. Così imparava a dire … ch’era frigido.
Certo gli aveva dato una sonora lezione, quella notte, ma casomai non fosse stata abbastanza … era meglio rincarare la dose. << Ne vuoi una anche tu? >>, lo stuzzicò.
<< No, grazie >>.
 
Era … assurdo.
Per una volta, si ritrovava a dover dare ragione a suo fratello, Leo.
Non porti obbiettivi, se non sei sicuro di poterli conseguire. Era uno dei rimproveri affettuosi che più spesso si sentiva rivolgere Aiolia bambino. Il piano che aveva tanto amorevolmente tessuto ai danni di Shaka gli si era ritorto contro.
Non immaginava che il Santo di Virgo, quello che solo ventiquattr’ore prima di era meritato una sfilza di epiteti poco gloriosi, celasse tutta quella … passione, dietro quelle palpebre perennemente abbassate.
Lo aveva sedotto, puro e semplice. Lo aveva … intortato, era il caso davvero di dire; non consapevolmente, almeno così credeva Aiolia. Ma già dal momento in cui aveva posato lo sguardo sul suo torso ingannevolmente esile, e intravisto le gemme puntute dei capezzoli far capolino, aveva sentito crescere in sé l’urgenza di toccarli più da vicino. Di mordicchiarli, succhiarli, dandosi mentalmente dell’idiota subito dopo perché di certo non ne avrebbe tratto la stessa soddisfazione che era in grado di dargli un pieno seno femminile.
Eppure … quella zanzara fastidiosa era rimasta a volteggiargli accanto all’orecchio, pungendolo nel momento in cui Shaka gli aveva preso il pollice in bocca. Un misero morsetto, una pratica che di solito era lui a porre in atto, con le sue amanti.
Era stato sufficiente a mandarlo fuori di testa. Era stato stupido, pensare di poter mettere mano ad un imbroglio, sia pure così elementare, senza ritrovarsi mischiato nel mezzo. Gli era bastato assaporare la sua bocca, per non ricordarsi più nemmeno il motivo esatto per cui l’aveva invitato a cena, a parte il piacere di averlo lì con lui.
Un piacere che aveva assunto diverse forme.
Non aveva mai … giocato con un uomo, a parte se stesso, ma non era stato difficile assumere quella parte con Shaka. E forse il fatto di non essere mai stato con un ragazzo lo aveva aiutato a non lasciarsi andare del tutto, impedendogli di spaventarlo con il suo impeto.
Almeno all’inizio. Mentre lo toccava tra le cosce scoperte quel tanto che bastava a permettergli un movimento fluido e continuo, percorrendogli la gola, il petto, l’addome con la bocca, si era reso conto che in fondo non era poi così diverso dall’amare una donna. La meccanica restava la stessa, a parte le opportune differenze anatomiche. E l’idea di giacere con un uomo … non gl’incuteva poi tutto questo terrore. Era cresciuto immerso nella cultura greca; fin lì si era ritrovato ad andare con le donne per una questione di attrazione fisica spicciola, ma per lui l’omosessualità non era il tabù che costituiva per tanti altri.
Neppure Shaka sembrava poi così … refrattario, a quell’esperienza. Certo, a quel livello non implicava nulla di che; baci e carezze, anche se così profondi e mirati non erano abbastanza per fargli decidere di spingersi più in là. Non era poi così differente dall’uso corrente degli adolescenti maschi che pur essendo smaccatamente etero non disdegnavano di tanto in tanto mettere mano al sesso di un amico, giusto così, per divertirsi.
Shaka però non aveva l’aria di uno che si stava divertendo. Era davvero preso, sembrava desiderarlo anche oltre le sensazioni puramente fisiche che gli stava donando giocando con il suo corpo. Lo toccava di rimando, passandogli le dita dietro la schiena, baciandogli il collo, cercando la pelle sotto i calzoni che Aiolia aveva tenuto addosso anche lui, convinto di far bene. Perché se per caso fossero stati nudi entrambi… be’, non si poteva sapere dove sarebbero finiti.
Poi Shaka aveva raggiunto l’apice, artigliandogli le braccia e inarcandosi ansimando come nemmeno la più appassionata delle sue ragazze aveva mai fatto. Aiolia lo aveva stretto a sé, cingendolo fin quando il suo respiro era tornato normale, e aveva riaperto le palpebre.
Si sarebbe aspettato di tutto, in quell’istante. Un “grazie”, un “sei fantastico” – che non avrebbe guastato, come ogni lusinga rivolta al suo ego – anche un: “ ma che cavolo ci ha preso?”, persino un insulto. Placata la tensione, era facile che i sensi di colpa prendessero il sopravvento.
Non si sarebbe arrabbiato, aveva promesso a se stesso. Se avesse fatto come a pranzo, alzandosi di scatto e voltandogli le spalle indispettito, avrebbe reagito in modo pacato.
Ma Shaka ancora non apriva bocca, e Leo pregò che dicesse in fretta qualcosa perché anche lui aveva un po’ di tensione da scaricare; e preferiva farlo presto, prima che cambiasse idea riguardo la sua improbabile pacatezza e gli facesse esplorare un altro po’ di quella terra sconosciuta che per Shaka era il sesso.
<< Aiolia … >>.
<< Sì? >>.
<< Portami a letto >>.
<< Cioè, intendi … a casa tua? >>.
<< Perché, tu non ce l’hai, un letto? >>.
Leo aveva battuto le palpebre. A questo certo non era preparato. << Vuoi … restare qui? >>.
<< Voglio continuare, ancora. Insieme a te >>. Lo sguardo che gli aveva lanciato Virgo non lasciava adito a fraintendimenti. Non si sarebbe accontentato di farsi toccare ancora, voleva di più, stavolta. << A meno che … non ti crei problemi >>.
<< Veramente … >>. Qualsiasi cosa sensata avrebbe potuto rispondere, fu subito azzittita dal cavallo in fiamme dei suoi calzoni. Non si era mai accorto di quanto fossero stretti, la lampo gli tirava quasi fosse una tagliola.
Il pensiero di spogliare completamente Shaka gli mandò in acqua il sangue. Il pensiero successivo di farsi spogliare da lui a sua volta fece evaporare anche l’acqua.
Lo aveva tirato su, conducendolo lungo il corridoio. Ma sulla porta si era fermato di nuovo: con la scusa di baciarlo, aveva deciso di fornirgli un appiglio onorevole in caso avesse cambiato idea.
Grazie ad Athena non l’aveva fatto. Una volta dentro, aveva convertito in realtà il pensiero numero uno, denudando le lunghe gambe snelle di Virgo, venerandone i polpacci, le cosce, le caviglie delicate, persino il collo del piede era una tentazione irresistibile.
Per contro, le manine di Shaka su di lui lo avevano quasi mandato al manicomio. Le sue dita incerte, ma colme di desiderio lo avevano attratto in una spirale inesorabile di fremiti e mugolii, e quando si erano fermate sul bottone dei pantaloni la vista gli era venuta meno per qualche secondo. Salvo tornare con spietata veemenza appena il biondo capo di Virgo si era chinato sul suo grembo. Molto probabilmente avrebbe dovuto impedirglielo, ma il sollievo, l’eccitazione per quel … gesto molto carino da parte sua erano troppi.
Si era sentito in dovere di restituirgli il favore, senza negarsi il proprio. Sdraiatolo sul letto, si era sistemato al suo fianco, continuando a baciargli le gambe, scivolando sempre in più in alto, fino al suo punto focale; allora era rotolato, per avere Shaka sopra di sé. In quella posizione Aiolia sapeva di dare il meglio, poteva farsi amare con la bocca godendosi al contempo il sapore della compagna, e lasciando a lei l’onore di decidere il ritmo; anche perché si conosceva abbastanza bene ed era conscio che ad un certo punto i suoi fianchi avrebbero iniziato a spingere motu propriu, quindi preferiva non incorrere in situazioni spiacevoli.
Un vero gentiluomo, no?
Certo che sì. Ma non quanto Shaka, che con un tatto impensabile in tale circostanza si era adagiato cavalcioni sul suo sterno, evitando di sbattergli in faccia il proprio membro. Aiolia lo sentiva ardere tra i pettorali, spasimare per un tocco più concreto dello sfregamento involontario. Come ci riuscisse nonostante Shaka lo stesse seviziando in punta di lingua con una precisione a dir poco stupefacente, non sapeva spiegarselo.
Così lo aveva afferrato per i glutei, tirandoselo più vicino. Non aveva esitato ad accoglierlo tra le labbra; e sentendo il giovane tremare addosso a lui, aveva cominciato a pensare sempre meno a se stesso e più all’amante, e dimentico di avere a che fare con un ragazzo gli era venuto spontaneo cercare l’accesso al suo corpo e insinuarvi dentro l’indice e il medio, d’impulso.
Nell’avvertire la morsa della carne intatta ebbe un attimo di lucidità, subito soffocato da un crampo crudele e soave al basso ventre. Stretto da dare le vertigini e metterlo in ginocchio, anche s’era sdraiato a gambe spalancate sul suo letto.
Il tremito che prese a rodergli i muscoli lo aveva costretto a puntare i piedi contro la testata. Era in fiamme ma sudava freddo, e appena Shaka aveva iniziato a muoversi contro la sua mano, facendo penetrare più a fondo le dita il piacere si fece tagliente. Gli sferzò le reni senza misericordia e non riuscì neppure a tirar via l’altro da sé. Un lungo gemito sordo gli sfuggì, mentre sentiva Shaka deglutire per ingoiare il suo seme.
In un attimo incomprensibile si domandò se potesse. Non contava come … alimento proveniente da una fonte animale, quello?
Poi Shaka si accasciò su di lui, e scacciò quel pensiero incongruo. Malgrado avesse ottenuto il proprio appagamento non smise di massaggiarlo, senza sfilare le dita; poco dopo lo aveva sentito mugolare azzannandogli il ginocchio e si era ritrovato in gola un fluido caldo e salato.
Con attenzione, aveva estratto le dita. Shaka si era comunque irrigidito. C’era da aspettarselo. << Ti ho fatto male? >>, gli aveva domandato, mentre il biondo si raddrizzava a sedere.
Shaka aveva scosso la testa. E Aiolia gli aveva accarezzato il viso, scostandogli le lunghe ciocche dorate dalla guancia.
<< Non ho mai avuto un uomo >>, aveva mormorato, infilandogliele dietro l’orecchio, aguzzando le unghie per passargliele nella mezzaluna sensibile dietro di esso.
Virgo aveva rannicchiato la spalla, per il solletico, di sicuro. E aveva sorriso. << Nemmeno io, sa? >>, aveva commentato, con un’insolita ironia, nient’affatto spiacevole. << Però non te la cavi male >>.
<< Ah, grazie >>. Erano rimasti così, vicini, complici, a scrutarsi l’un l’altro, nudi e sudati, sulla lingua la lieve patina lasciata dall’orgasmo del compagno.
<< Ti va … un po’ di vino? >>.
<< Mhmm mhmm >>.
Si era alzato, infilando i calzoni. Era andato in sala, aveva spento le candele soffiandoci sopra ed era ritornato in camera portando con sé la bottiglia avanzata e i calici in una mano, e qualche dolcetto in un piatto nell’altra. A mente fredda, poteva darsi che Shaka provasse … una sorta di inconsapevole avversione, per ciò che aveva mandato giù. Poteva fargli … piacere, qualcosa di dolce.
E che diavolo, lui non voleva far altro che assecondarlo. Qualsiasi cosa desiderasse.
Shaka si era seduto contro la testata, le gambe educatamente incrociate davanti alla sua virilità ora assopita.
Gli aveva porto da bere, prima di riempire anche il proprio bicchiere e imitarlo. Shaka vuotò il suo in pochi istanti, e sembrò confermare il pensiero di Leo. In fondo l’alcol disinfettava, no?  
Già, rifletté con un vago disappunto. Perché a lui il sapore di Shaka non spiaceva per niente. << Ne vuoi ancora? >>.
Non gli aveva risposto. Gli aveva tolto dalle dita il suo, bevendo anche da quello, stando ben attento a posare la bocca dove Leo aveva messo la propria, prima di posarlo sul cassettone accanto al letto. Poi si era leccato piano le labbra, puntandogli l’indice nel soffice lembo di pelle tra mento e gola, per riattirarlo alla sua bocca. Gli aveva stampato un breve bacio, sorridendo malizioso.
<< Sì. Grazie >>, aveva detto semplicemente. E si era rituffato tra le sue gambe, con inusitato entusiasmo, lasciandolo spiazzato. Solo per qualche istante, prima che la passione rifiorisse e gli facesse mettere da parte qualsiasi pensiero. Se Shaka lo voleva … be’, lui era lì per quello.
Erano finiti a fare l’amore, per davvero, fino in fondo. E alla fine si erano divertiti anche, in barba al detto che consiglia di non giocare con il cibo. Si erano praticamente rimpinzati di quelle delizie esotiche, rese ancora più stuzzicanti dal passaggio tra le labbra dell’indiano. Rubargliele dalla bocca era diventato immediatamente il suo passatempo preferito … il secondo, dopo i giochi e le coccole che avevano intervallato ogni amplesso.
Gli aveva confidato – pessima idea, ma gli era venuto spontaneo-  anche il sordido piano che aveva elaborato a sue spese, e Shaka non si era dimostrato troppo sconvolto.
<< Se non altro, sono riuscito a farti mangiare un po’ più sano >>, era stato il suo commento sarcastico.
<< Su questo non c’è dubbio >>, aveva replicato lui di rimando, mordicchiandogli la gola. << Santo, vegano e vergine. Più sano di così … >>.
<< Eh, ma vergine lo si è una sola volta >>.
<< A meno che … non lo si è nati, della Vergine >>. Shaka gli aveva scoccato un sorrisetto compiaciuto.
<< Vero >>.
Alla fine, sazio di sesso, di cibo, di vino, si era appisolato sul petto di Shaka. E aveva dovuto darsi torto, prima di addormentarsi.
Non era per niente meno soddisfacente di un seno femminile.  
Quando si era svegliato, non trovandolo a letto con lui aveva subito sentito la sua mancanza. Il suo profumo era rimasto attaccato alle lenzuola, sul cuscino troneggiava un singolo, splendido capello dorato. E occhieggiando gli aloni rimasti all’altezza del bacino gli venne da sorridere.
Come aveva fatto a pensare che fosse frigido?
Con suo dispiacere, era balzato in bagno a lavarsi, scoprendo che la camicia lasciata appesa sulla sedia era umida e vagamente stazzonata. Quasi che l’avesse stretta tra le mani prima di rimetterla a posto.
Nonostante fosse pagano, Aiolia aveva sentito risuonare nelle orecchie le campane a festa di un glorioso alleluja. Perché aveva tutte le intenzioni di invitarlo di nuovo … e quel gesto lasciava ben sperare che sì, Shaka avrebbe accettato. Magari potevano prepararla insieme, la cena. Poteva rimediare in qualche libreria un manuale di cucina vegana … e sarebbero finiti a strusciarsi come gatti in amore sul tavolo.
Oh sì. Gli piaceva un sacco, quell’idea.
Intenzionato a metterla in pratica subito, era salito in casa di Virgo, trovandola però vuota. E controllata la meridiana sul muro, aveva realizzato che non doveva essere a meditare.
Per nulla scoraggiato, si era sobbarcato le ulteriori scalinate fino alla Sala del Tredicesimo Tempio, fischiettando.
Finchè non aveva visto Shaka conversare amabilmente con Capricorn. Con il sorriso sulle labbra e gli occhi aperti. Aperti. Quelle splendidi iridi acquamarina fissavano Shura, che sembrava palesemente a disagio.
Non avrebbe dovuto dargli tanta corda, o avrebbe finito con l’impiccarsi da solo. Ma era più forte di lui, un istinto insopprimibile.
Riuscì però a non dare in escandescenze, e mantenere la calma, se non altro per non dargli troppa soddisfazione. Aveva fatto male a essere così sincero, era un brutto vizio, ma non poteva toglierselo. Così come non poteva levarsi il ticchio di reclamare come sua qualcosa su cui aveva posato le mani. O la bocca, o comunque qualche parte del suo corpo. O magari tutto.
Ora che l’aveva … scoperto, in ogni senso, non intendeva condividere con nessuno il prezioso tesoro riportato alla luce. Non si fermò neppure a riflettere che magari Shaka la pensava in modo diverso: se aveva deciso di fare l’amore con lui, doveva pagarne le conseguenze.
Ehi, ma un attimo. Non era mica il primo con cui andava a letto, no? E per quanto si fosse sempre … impegnato a dare il massimo con le sue amanti, mai aveva reagito a quel modo, una volta uscito dalle loro camere. Erano belle donne, disponibili, bollenti, ma nessuna lo aveva mai catturato tanto rapidamente e intensamente come Virgo. Nessuna gli aveva mai fatto desiderare di trovarla accanto la mattina dopo, o di mettersi a preparare la cena.
O di mettere in giro candele, riempire la vasca da bagno e starsene a mollo finché non diventava gelata, e trascorrere la serata seduti davanti al caminetto a leggere l’uno, a meditare l’altro. Finchè non si scocciava e gli lanciava un cuscino, ridendo davanti alla sua espressione scocciata.
Già, fantasticare era un altro brutto vizio che non riusciva proprio a togliersi. Come non poteva cambiare il fatto che fosse un cretino che si era preso una sonora sbandata per quei bei capelli di seta dorata, la pelle di pesca e gli occhi limpidi di un ragazzo suo collega a stento sopportato fino al giorno prima.
Come aveva fatto il suo piano a rivoltarglisi contro al punto di finire cotto e mangiato in un sol boccone dalla Vergine, lui, il Leone?
Ma poi … era proprio vero che non lo sopportava, Shaka? O era piuttosto il timore che Shaka non sopportasse lui, a renderlo così aspro nei confronti di Virgo?
E come diamine aveva fatto a non capirlo prima?  
Ebbe appena il tempo di darsi mentalmente del testa di cazzo. Poi la giovane ancella del giorno prima si appressò al tavolo, chinando la testa in gesto di rispetto. << Nobile Aiolia, ha già deciso con cosa pranzare, oggi? >>.
<< Sì. Penso che prenderò … dei sòuvlakia. Torniamo a casa, oggi >>.
<< Bene, comunico subito in cucina. Posso servirle qualcos’altro, intanto che attende? >>.
<< No, grazie. Aspetterò >>.
Shaka si era voltato verso Shura, che distolse gli occhi. Non fosse stato più che sicuro della difficoltà del compagno a guardare la gente in faccia, Aiolia avrebbe incenerito all’istante il povero Capricorno, colpevole solo di essere un po’ troppo abbagliato dallo sguardo del Custode della Sesta Casa.
<< Pranzi insieme a noi, Capricorn? >>.
<< Giacché ci siamo … anzi, ora che ci penso, credo sia meglio vada da Deathmask. Aveva detto di volermi parlare >>, aveva subito replicato, balzando in piedi. Bene, oltre che bravo a star zitto, era anche svelto a capire al volo quando sparire.
<< Come preferisci >>.
<< Allora … Grazie, Shaka. Anche per la fragola >>.
<< Figurati >>.
Appena Capricorn si fu allontanato, Aiolia gli scoccò un’occhiata seria, quasi torva, ammettendo finalmente con se stesso la pura verità.  
Era geloso, e allora? Fosse pure di un compagno di cui non aveva da temere nulla perché etero conclamato. Non si poteva mai sapere quando la linea di demarcazione diveniva così sottile da svanire. Lui ne era la prova vivente. << Ti metti a dar fragole a tutti, adesso? >>.
<< L’ho offerta anche a te, sei tu che non l’hai voluta >>. Shaka ne pescò un’altra, prendendola tra i denti con troppa intenzione, quasi sbattendogliela in faccia.
Glielo stava facendo apposta. E si stava anche divertendo un casino, il bastardo.
Aiolia sorrise, scuotendo la testa. E un istante dopo si allungò sul tavolo, attirandolo a sé per carpirgli la bocca, rubando assieme alla polpa zuccherina e matura, al succo dolce anche la lingua di Shaka, mordendola per gioco.
<< Ora sì >>, gli mormorò sulle labbra, guardando trionfante gli occhi aperti, le labbra socchiuse di Virgo, gli zigomi avvampati.
Ma non rinunciò alla sua malizia. << Era buona almeno? >>.
<< Non quanto te >>. Aggrottò la fronte. << Cos’è che voleva il caprone? >>.
<< Qualche assaggio della mia lingua >>. Allo sguardo esterrefatto di Leo, Shaka ridacchiò. << Vuole imparare il sanscrito. Ho promesso di dargli qualche lezione … ma credo sia meglio mi avvisi quando ha intenzione di venire, non ti pare? Potrei essere … già impegnato >>.
<< Ah sì? E con chi? >>.
<< Con un certo Leone che ha deciso di cambiare stile di vita … si è mai sentito di un leone vegetariano, prima di adesso? >>.
<< Probabilmente come non si è mai sentito di una vergine ardente … >>. Passò le dita sulle labbra di Shaka, scendendo sulla gola. << Sai, è rimasto ancora qualcosa, da ieri sera. Non è che gradiresti … darmi una mano a finire, no? >>.
<< Solo se tu mi aiuti con queste >>, fece Shaka sornione, accennando alle fragole rimaste. << Pensi di farcela, Leo? >>.
<< Dovresti saperlo >>. Lo issò tra le braccia, sopra il tavolo, e gli passò la ciotola. << Accidenti, pesi più di ieri, però >>.
<< Normale. Se continui a farmi mangiare così … non credo resterò ossuto molto a lungo >>, fece Shaka, con un’occhiata di superiorità.
<< Be’, in fondo Buddha era un bel ciccione, no? Sei la sua reincarnazione, sarebbe pure logico che lo diventi anche tu >>. Alla smorfia scocciata di Virgo, Leo scoppiò a ridere.
<< Non preoccuparti. Ci penso io a tenerti in forma >>. Lo riattirò alla sua bocca, continuando a baciarlo intensamente. << E se non smetti di fare lo scemo con gli altri, ti farò correre tanto velocemente che supererai anche la luce >>.
<< Ah ah. Che carino >>.
<< Non sono carino. Sono magnifico >>.
<< E allora andiamo. Mostrami … un altro po’ della tua magnificenza, signor Leo >>.
<< Con piacere >>. Attraversò la Sala, accennando un saluto agli altri che si preparavano a mangiare.
Ammesso che ci riuscissero, con le bocche spalancate che si ritrovavano adesso.
Adesso Leo aveva un motivo in più per apprezzare Shaka. Avevano catalizzato praticamente tutta l’attenzione, se fosse piombato un ufo nel bel mezzo dell’arena non se ne sarebbe accorto nessuno. E questa era pura musica, per le orecchie dell’egocentrico Aiolia. Ma questo non gliel’avrebbe detto.
Era tempo di farsi più furbo. O quel piccolo tiranno chissà cosa si sarebbe inventato, pur di tenerlo sulla corda.
Così come non gli avrebbe detto un paio di altre cosette. Almeno per il momento.
 
<< Ma che diavolo … >>. Deathmask, Shura, Aphrodite di fronte a Mu, Aldebaran e Dohko fissavano allibiti i loro due compagni che avevano deciso di offrir loro uno spettacolo d’intrattenimento alquanto insolito, per il pranzo: uno per il luogo, innanzi tutto, e due, per le parti in causa. Già era fuori dall’ordinario vedere Shaka con gli occhi aperti; per di più era difficile immaginare due meno compatibili di Leo e Virgo … cioè, e poi, siamo onesti. Virgo, la vergine di legno, che amoreggiava con l’implacabile Leo mangiatore di donne?
Non aveva senso, proprio no.
Eppure ce li avevano davanti agli occhi. Quindi, o i cuochi del Santuario avevano usato spezie strane, nei piatti, come condimento, oppure a quei due aveva dato di volta il cervello.
Quello meno stupito sembrava Scorpio. Ma già, lui era tutto preso dalla sua altrettanto improbabile liaison con Aquarius, per cui non faceva testo.
<< Visto? Poi diceva a noi >>, si limitò a sentenziare, sottraendo il calice a Camus. Che gli scoccò un’occhiataccia, riprendendolo.  
<< Non farti illusioni >>, lo demolì questi. E Scorpio  gli fece una boccaccia, di rimando.
Dohko, in piedi accanto ai due litiganti, si mise a ridacchiare quando notò la giovane di ritorno dalle cucine, che reggeva tra le mani un piatto e sembrava veleggiasse in alto mare. << Oh, cara, che succede? >>.
<< Ehm … in realtà, stavo per servire il nobile Aiolia, ma … >>, sospese la fanciulla, rossa in viso come un lampone.
<< Tranquilla, si è già servito >>, ghignò Libra, liberandola dal fardello. << Lascialo pure a me. Ehi, Leo! >>, gridò, sollevando il piatto. << Ci sono problemi se mi faccio un giro? >>.
<< Fa’ pure, Roshi. Improvvisamente … ho voglia di qualcos’altro … >>. Uscirono, lasciando gli astanti ai loro immancabili commenti … per dire, perché nessuno parlò tant’erano scioccati.
In quel mentre entrarono Aiolos e Saga, probabilmente di ritorno dagli allenamenti. Aiolos aveva la faccia di uno che ha visto un alieno. << Ma era mio fratello, quello che … >>.
<< Sì >>, rispose Aphrodite, stranito anche lui.
<< Cioè … con Shaka?! >>.
<< Così pare >>.
<< Oh Santa Athena >>.
<< Be’, mettila così, Aiolos >>, fece Saga, filosofico, posando una mano sulla spalla dell’amico. << Se non altro, potrai smettere di preoccuparti ogni volta ch’esce di casa >>.
<< Eh sì, eh >>, rincarò Deathmask, sedendosi accanto a Dohko che stava strappando un boccone d’agnello dalla bacchetta di legno. << Ora dovrai cominciare a preoccuparti ogni volta ch’entri tu in casa sua >>.
<< Cancer! >>, sbottò Mu, sferrandogli un calcetto sotto il tavolo. Che subito divenne un accenno a qualcosa di più, fermandosi sulla caviglia di Death.
Cancer fissò Ariete con uno sguardo interrogativo. E gli sorrise, mentre Libra addentava il successivo pezzo di carne. << Non so voi, ma quest’agnello è squisito. Davvero squisito … >>, disse. Poi porse l’altro spiedino al nuovo compagno di tavolo. << Vuoi? >>.
<< No, grazie >>.
Dohko scosse la testa. << Dovresti provarlo. Non sai cosa ti perdi >>. Riprese a mangiare, ignorando che sotto la base di legno di noce scolpito, Deathmask aveva catturato il piede di Mu con entrambi i suoi.
<< Una volta o l’altra, Roshi. Una volta o l’altra >>.
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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