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Autore: fearlesslouis    18/03/2018    1 recensioni
Harry non resta mai nello stesso posto per più di nove mesi e Louis è esattamente il tipo di persona da cui sta tentando di scappare.
Niall cerca di capire e Liam e Zayn sembrano appena usciti dalla pubblicità di un profumo.

16!Harry; 20!Louis
Conteggio prime quattro parti: 21mila parole circa.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Salve a tutti!
Inizio col dirvi che se inizialmente vi sembrerà di aver già letto questa fanfiction, è perché l'avevo pubblicata qualche tempo fa.
Ho poi deciso di cancellarla, dato che quelle tre o quattromila parole non mi soddisfacevano per niente.
Vorrei renderla perfetta, questa storia, perché è completamente ispirata a quella di mia madre e mio padre,
e mi piacerebbe tanto essere in grado di rendere giustizia a tutto il dolore che hanno provato e alle difficoltà che si sono ritrovati davanti. Ma ho imparato col tempo che ciò che scrivo non riesce mai a piacermi fino in fondo.
Quindi spero che per adesso possa piacere a voi.
Me lo farò andar bene comunque.
Buona lettura, e scusatemi in anticipo per eventuali ritardi nella pubblicazione!
Lila.

 

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Alla mia mamma,
perché è rimasta
e perché mi ha insegnato come si fa ad essere forti.


 


Harry cambia scuola almeno una volta ogni nove mesi. Negli ultimi quattro anni, lui e sua sorella hanno conosciuto sei diversi istituti, decine di professori e migliaia di volti differenti. Harry può giurare di non ricordarne neanche uno, ed è abbastanza convinto che per Gemma sia lo stesso.

Il rapporto con sua madre non è dei migliori, e pensa che avrebbe decisamente potuto impegnarsi maggiormente per dare loro una vita un po' più stabile, ma sa che c'è di peggio. Suo padre, per esempio. Suo padre è quel tipo di persona di cui il mondo potrebbe fare a meno senza alcun problema. Non pensa abbia mai avuto una qualche capacità o abilità speciale, a parte rubare e farsi beccare la maggior parte delle volte. Per quel che ne sa, infatti, Des è in galera da ormai due o tre anni. Invia qualche lettera a casa, ogni tanto, nel vago tentativo di tenere vivi i rapporti di una famiglia che lui stesso ha mandato in mille pezzi. Gemma è più incline a comportarsi in modo educato ed accondiscendente, Harry si limita ad ignorarlo.

E' arrivato a Doncaster da appena tre giorni, e la cittadina sembra davvero carina; non troppo diversa da Holmes Chapel, l'ultimo posto in cui hanno soggiornato. In ogni caso, è abbastanza certo che nel giro di qualche mese si ritroverà in un'altra parte sperduta dell'Inghilterra, quindi cerca di non farsi impressionare troppo dall'edificio davanti a lui. Non che sia bellissimo, in realtà. Poco sopra il portone principale c'è scritto “The Hayfield School: working together, learning together”, e un numero non ben definito di studenti è appostato nel giardino principale.

Harry osserva Gemma guardarsi intorno e sospira internamente; sua sorella riesce sempre ad essere entusiasta, felice, ed Harry si chiede come faccia. Lui ha perso la voglia di sperare che le cose possano cambiare. Non sa chi sia ridotto peggio, in effetti: se Gemma che sembra non affezionarsi mai veramente a niente e nessuno, o lui che invece tende costantemente ad isolarsi per proteggersi dall'inevitabile separazione finale.

Mette da parte i suoi pensieri cupi quando la campanella delle otto suona. Una massa informe di ragazzi e ragazze comincia a muoversi verso l'ingresso, accalcandosi nel tentativo di entrare. Harry prende un respiro profondo, prima di guardare di nuovo sua sorella.

-Sei pronto, fratellino?- domanda lei, porgendogli la mano.

La afferra con decisione e sorride. -Sono pronto.-

 

 

Harry non impiega più di qualche ora per individuare i gruppetti della scuola. Il pranzo sembra quello di in tipico film americano: gli sportivi vicino alla finestra, tre o quattro ragazze completamente vestite di rosa che li guardano con aria sognante proprio lì accanto, i secchioni chinati sui libri in fondo alla sala, e affianco alla porta qualche musicista impegnato ad accordare la propria chitarra. Se Harry non fosse dolorosamente consapevole di star vivendo la cruda realtà, penserebbe di essere finito in Mean Girls. C'è addirittura una biondina alta e magra che somiglia a Regina George, a qualche metro di distanza da quello che sembra essere il capitano della squadra di football, intento a rappresentare con verve qualche meravigliosa azione di gioco.

Non si accorge di starli fissando con espressione leggermente schifata finché qualcuno non glielo fa notare.

-Sono un cliché vivente, non è vero? Pensa che li conosco dalle medie e ancora non mi sono abituato a vederli girare tranquillamente per la scuola- dice il biondino alla sua sinistra.

Harry ridacchia e gli lancia un'occhiata. -Beh, immagino che non sia facile vivere in una scuola in cui minigonne rosa e giacche sportive attirano tutta l'attenzione.-

-Infatti è estenuante- ribatte l'altro, per poi allungare una mano nella sua direzione e presentarsi. -Niall Horan.-

-Harry Styles- pronuncia ricambiando la stretta.

Niall si siede cautamente al suo fianco, per poi poggiare il vassoio sul tavolo. -Sei nuovo? Non ti ho mai visto in giro.-

Harry annuisce, dando un morso al suo panino. -Appena arrivato da Holmes Chapel.-

-E la prima cosa che hai fatto è stata guardare Taylor Swift? Devi esserti fatto una brutta impressione di Doncaster- esclama con aria divertita, dandogli una pacca sulla spalla.

-Non così brutta, in realtà- borbotta scherzosamente il riccio -Prima di entrare ho visto un paio di bei ragazzi.-

Niall sbarra gli occhi e tossisce un paio di volte, e inizialmente Harry pensa che si allontanerà e comincerà a far finta di non averlo mai conosciuto. È abbastanza sorpreso quando invece scoppia in una rumorosa risata, talmente contagiosa che Harry quasi non si accorge di star sorridendo ampiamente.
-Mi sei simpatico, Harry Styles di Holmes Chapel.-
-In realtà- spiega, mentre una leggera risata continua a scuotergli lo stomaco -Non sono nato a Holmes Chapel.-

Niall annuisce. -Quindi viaggi molto?-
Harry si schiarisce la voce, poi sospira e poggia sul tavolo l'ultimo pezzo del suo panino. -È un po' complicato.-
-Beh- pronuncia il biondo, abbassando gli angoli della bocca con noncuranza -A me piacciono le persone complicate.-

Harry è consapevole del fatto che ora dovrebbe alzarsi, salutarlo ed evitarlo per il resto della sua permanenza a Doncaster. Poi però alza lo sguardo per un attimo, e vede sua sorella seduta a qualche tavolo di distanza, mentre ride e chiacchiera con tre o quattro ragazze che sembrano rientrare nel gruppo dei popolari-ma-non-troppo.

Per una volta, pensa, anche lui potrebbe concedersi il lusso di stringere amicizia con qualcuno.

Sa che se ne pentirà, prima o poi, quando arriverà il momento in cui dovrà inevitabilmente lasciarsi tutto indietro, ma scrolla le spalle e sorride, mentre Niall elenca e descrive tutti i professori della scuola.

-Così sarai pronto quando incontrerai quella befana della Stevens- borbotta, le labbra sporche di budino al cioccolato e gli occhi pieni di terrore.

Harry ride, e si sforza di ignorare tutto il resto.

 

 

 

Quando torna a casa, la prima cosa che avverte è la puzza di broccolo che gli solletica le narici. La seconda, invece, è la voce di Gemma che lo richiama dalla cucina. Sistema lo zaino accanto alla porta e si tappa il naso con due dita, prima di raggiungere la sorella.

-Hey, fratellino- lo saluta lei, lanciandogli uno sguardo e continuando a mescolare qualsiasi cosa si stia attingendo a cucinare. Harry era convinto fossero broccoli, ma da quella distanza non si direbbe.

-Dovresti lasciar cucinare me, Gems- le intima quindi, scherzoso ma non troppo.

Lei alza gli occhi al cielo con uno sbuffo, poi adagia il coperchio sulla pentola e si gira verso di lui.

-E tu dovresti smetterla di prendere in giro le mie doti culinarie e dirmi come è andata oggi a scuola- protesta incrociando le braccia al petto.

Harry ridacchia, le lascia un bacio sulla guancia e scrolla le spalle con noncuranza. -Penso di aver fatto amicizia con un ragazzo.-

-Ma è fantastico!- urla quasi, battendo le mani con entusiasmo. Il riccio non ricorda di averla mai vista così felice negli ultimi tre o quattro anni. -Dovrai farmelo conoscere, prima o poi.-

Annuisce, quindi, per poi cominciare a sistemare piatti, posate e tovaglioli sul tavolo. Si accorge del silenzio che avvolge la cucina solo dopo aver finito di apparecchiare, e capisce dall'espressione dipinta sul volto di Gemma che qualcosa non va.

Lei poggia il bacino contro il ripiano, incrocia le braccia al petto e sospira.

-E' arrivata una lettera- spiega infine.

Harry annuisce, e cerca con tutto se stesso di ignorare la brutta sensazione che gli attanaglia lo stomaco. Si rifiuta di chiamarla mancanza. Rabbia, forse, perché non si può sentire la mancanza di una persona che non c'è mai stata.

Harry è solo arrabbiato.

-Bene- sputa quindi, il tono della voce più sprezzante di quanto non volesse. -L'hai letta?-

-C'è scritto che è solo per te. L'ho messa sulla tua scrivania, in caso volessi leggerla.-

Gemma sa che non la leggerà, ma Harry apprezza il tentativo. Harry apprezza il fatto che sua sorella faccia sempre un tentativo, e vorrebbe davvero essere come lei. Guardare la calligrafia di suo padre senza aver voglia di piangere o vomitare.

Quando arriva nella sua stanza, subito dopo aver pranzato, sulla scrivania c'è una busta giallognola sistemata vicino al computer.

Harry neanche la guarda.

 

 

 

* * *

 

 

 

Un mese dopo, quella lettera è estremamente impolverata e sistemata in un angolo nascosto della scrivania, cosicché Harry non debba ritrovarsela sotto gli occhi ogni volta che entra nella stanza. Niall si è auto-proclamato suo migliore amico, perché a quanto pare -Tu mi lasci copiare durante i compiti in classe e io ti offro il pranzo: questo, Haz, significa essere migliori amici-. Infine, poi, Harry ha scoperto che il biondo aveva ragione: la professoressa Stevens si è rivelata una vera e propria stronza. E' una donna di circa sessant'anni che una volta deve essere stata abbastanza affascinante, con i capelli sempre raccolti in uno chignon e gli occhiali perennemente poggiati sul naso. Harry sta giusto uscendo dalla sua aula dopo un'estenuante ora di lezione, quando vede Niall corrergli incontro.

-Hey Haz- lo saluta, per poi prendere a camminare al suo fianco. -Oggi non ti ho visto in mensa.-

-Ho dovuto ripassare biologia per tutto il tempo- spiega, fermandosi in prossimità del suo armadietto. -La Stevens mi ha interrogato.-

Niall trattiene a stento una risata, la spalla poggiata contro il muro e le braccia incrociate al petto. -Sapevi che sarebbe successo, prima o poi.-

Harry gli lancia un'occhiataccia e sbuffa. -Sì, ma non immaginavo che sarebbe stato così terrificante.-

Il biondo gli riserva un'espressione tra la pietà e il divertimento, per poi chiudere l'armadietto con un tonfo, prenderlo sottobraccio e cominciare a trascinarlo verso l'uscita.

-Dov'è tua sorella?-

-Penso sia già andata a casa- risponde con una scrollata di spalle. -Esce prima di me, solitamente.-

-Bene!- esclama Niall, saltellando fino ad arrivargli di fronte. -Allora avvertila che ceni da me.-

Harry aggrotta le sopracciglia e sente le labbra piegarsi in un sorriso spontaneo, ormai abituato all'esuberanza dell'amico. -E' per caso un ordine?- scherza quindi, mentre riprendono a camminare verso la strada.

-No, è solo una richiesta di aiuto per il compito di matematica- risponde il biondo ridacchiando. -E in cambio ti offro un passaggio in macchina.-

Harry finge di pensarci per qualche secondo, le labbra arricciate e gli occhi socchiusi, poi gli lascia una pacca sulla spalla magra e annuisce un paio di volte. -Andata.-

-C'è mio cugino, laggiù- riprende quindi Niall, puntando il dito sulla figura di un ragazzo non troppo alto, a qualche metro di distanza, con la schiena poggiata sullo sportello di una macchina, l'aria annoiata e le braccia incrociate al petto.

Harry avverte un moto di imbarazzo avvolgergli lo stomaco, ma tenta di ignorarlo e continua a seguire Niall. Quando arrivano di fronte a suo cugino, la prima cosa che Harry pensa è che sia più basso di quanto non appaia da lontano. Poi si chiede perché i suoi occhi sembrino così divertiti, e infine si sofferma sul loro colore, simile a quello di Niall ma leggermente più scuro, con una leggera spruzzata di verde a circondare il nero delle pupille.

-Harry, questa testa di cazzo è Louis, mio cugino- esordisce il biondo, avvolgendo con un braccio le spalle ossute di Louis. -E loro- continua poi, indicando due ragazzi sbucati dai sedili posteriori che hanno tutta l'aria di essere appena usciti dalla pubblicità di un profumo. -Sono Liam e Zayn, degli amici.-

E mentre Niall si intrufola nei sedili posteriori, in modo non troppo delicato considerando i lamenti che emettono i due modelli lì dietro, Louis allunga una mano verso di lui. -Harry, giusto?- comincia quindi. -Niall mi aveva parlato del fatto che fossi riccio- prosegue poi, sfiorando con un dito il boccolo che gli ricade sulla fronte.

Harry cerca di ignorare il calore che affluisce sulle sue guance e sorride timidamente, stringendo a sua volta la mano minuta dell'altro.

-Piacere di conoscerti- sussurra poi, maledicendo mentalmente Niall per averlo lasciato lì fuori da solo mentre Louis non la smette di fissarlo.

Ha uno sguardo strano, pensa Harry. Malizioso ma velato di timidezza, sfacciato ma a tratti quasi dolce. Il riccio spera che l'espressione dipinta sul suo volto non sembri troppo stupida o imbarazzata, ma quando un quarto d'ora dopo lui e Niall si ritrovano da soli in camera, l'amico gli fa sapere con aria divertita che -Sembravi uno appena colpito da un fulmine, Haz.-

Ride, poi, e si premura di continuare a prenderlo in giro senza nascondere un ghigno compiaciuto. -Hai presente i protagonisti di quei romanzi di bassa categoria, che appena conosciuti già pensano a quando si sposeranno e avranno tre figli e due cani?-

Harry gli lancia un'occhiataccia e tira fuori un verso che somiglia vagamente ad un ringhio. -Pronuncia un'altra parola e al compito di matematica ci pensi da solo.-

Niall resiste per soli dieci secondi –Harry li conta– prima di lasciarsi scappare un'altra risatina. Porta una mano a coprirsi il viso mentre l'altra sbatte due o tre volte contro la scrivania di legno. -E' che sei sempre così controllato, Haz- spiega tornando a guardarlo. Sta cercando di trattenersi, Harry può constatarlo dal rossore esagerato che gli tinge le guance, come se si stesse sforzando di rimanere serio. -Vederti imbarazzato e nervoso per tutto il viaggio in macchina è stato davvero uno spasso.-

-Non ero imbarazzato, Niall- precisa quindi, perché la colpa non è sua, e non è lui quello che tocca i capelli degli sconosciuti. -E' solo che tuo cugino a quanto pare non sa tenere a freno la lingua. E neanche le mani. O non gli importa di tenerle a freno, non lo so.-

Il biondo annuisce lentamente, poi si siede accanto a lui sul letto e prende a fissarlo in modo leggermente inquietante. Harry inarca un sopracciglio. Lo preferiva quando non riusciva a smettere di ridere.

-Ci conosciamo da più di un mese ormai- afferma infine.

-Sì- scandisce Harry, le labbra arricciate e la fronte corrugata. -Che ti prende, Niall?-

-E' solo- si blocca per qualche secondo, forse in cerca delle parole giuste, sospira profondamente e trascina i palmi delle mani sul tessuto scuro dei jeans. -Non sono molto bravo con le parole, ma tipo –sai che puoi parlare con me, vero?-

Harry si sente abbastanza spaesato dal cambiamento del suo tono, e seppur l'atmosfera si sia fatta un po' troppo pesante per i suoi gusti, si limita a scuotere il capo in segno di assenso.

-Bene- sorride il biondo. -Perché l'ho notato, sai – il fatto che hai quasi paura del contatto fisico, e che hai l'espressione di una persona che non si fida di nessuno. L'ho notato. Ecco perché ridevo – non era per prenderti in giro, è solo che sei sempre così controllato, e sono contento di averti visto un po' più sciolto.-
Harry sospira e stringe le labbra, e non lo sa da dove provenga quel moto di irritazione che gli stringe lo stomaco. Si allontana da Niall, però, e si trascina sul materasso finché la gamba destra non sporge completamente.
-Pensi che sia una specie di robot rotto o qualcosa del genere, Niall?- domanda quindi, con una calma che al momento non gli appartiene, la mano sinistra stretta in un pugno e la destra che si infila tra i capelli in un gesto nervoso. -Quindi cosa, ti sei avvicinato a me perché ho l'aria del ragazzo triste e solo? Credi che non abbia imparato come va la vita, che non sappia ciò che faccio o perché lo faccio? La maggior parte delle cose che mi hanno portato fino a questo punto non ho potuto sceglierle né controllarle. Ma questo, Niall, il mio modo di essere –questo è una mia scelta. E non ho bisogno di essere compatito.-

Harry si pente di tutto ciò che ha detto esattamente un secondo dopo aver finito di parlare, ma non chiede scusa né se lo rimangia. Un po' perché non ne è capace, un po' perché in fondo sa che chi lo guarda vede un involucro vuoto che si muove quasi per inerzia, e sa anche che sono tanti i punti di se stesso che dovrebbero essere aggiustati. Per questo Niall farebbe meglio a lasciarlo stare, prima che sia troppo tardi. Al contrario, invece, il biondo non sembra troppo stupito della sua reazione. Sorride cautamente e ancor più cautamente gli si avvicina, in punta di piedi, come se avesse già capito tutto senza che Harry abbia dovuto dirgli niente.

-Senti Harry, l'ho capito che sei una persona diffidente. Basta notare il modo in cui a scuola eviti ogni tipo di contatto con qualsiasi persona che non sia io- esordisce dopo un po'. Ridacchia, poi, e gli passa un braccio intorno alle spalle, quasi compiaciuto di fronte alla consapevolezza di essere l'unico che Harry non cerca di allontanare. -A volte riesco a leggere la tristezza nei tuoi occhi con tanta chiarezza che mi spaventa, ma ho imparato a volerti bene. E in realtà mi è venuto anche abbastanza naturale. Quindi non ti sto dicendo che devi raccontarmi la storia della tua vita e piangere sulla mia spalla, né che pretendo di poter aggiustare ciò che non va. Perché non ne sarei capace, e anche perché tutti quanti, chi più chi meno, ci portiamo dentro qualcosa che pesa un po' troppo. Ti sto dicendo che sono qui in caso tu ne abbia bisogno, tutto qui.-

Harry sospira, chiude gli occhi e porta le mani sul viso. Strofina un po', poi, come per cercare di scacciare via i pensieri e le negatività che gli annebbiano sensi e sentimenti.

Anche io ti voglio bene, pensa, e vorrei poterti dire che impareremo a conoscerci ancora meglio, e che un giorno troverò il coraggio di confessarti che la paura mi tormenta, e che riuscirò a raccontarti dei momenti in cui la convinzione di non poter sentire altro che dolore mi distrugge da dentro, e anche delle volte in cui ho pensato che tutta la violenza che ho conosciuto avrebbe pervaso per sempre ogni attimo di ogni giornata.

-Me ne andrò, Niall- dice invece, perché se non può proteggere se stesso, deve almeno cercare di proteggere la sola persona che sia riuscita a ritagliarsi uno spazio in quella parte di cuore ancora intera che gli è rimasta. E l'unica cosa che può fare per proteggere il suo sorriso genuino e il suo modo di fare gentile e spontaneo, anche se con infinita amarezza e tanta tristezza, è proprio mandarlo via. Salvarlo dal buco nero che è diventata la sua vita. -Non rimango nello stesso posto per più di nove mesi da anni. Non ricordo neanche di aver mai avuto un luogo da chiamare casa. Mia madre scappa da qualcosa che è più grande di lei usando la scusa del lavoro e mia sorella ed io siamo i pesi che deve portarsi dietro, e in tutti questi anni ho cercato di non costruire nessun legame perché si spezzano, Niall, i legami si spezzano in una vita come la mia.-

Il biondo lo guarda con negli occhi quella che sembra compassione, e se fosse qualcun altro Harry ne sarebbe perfino infastidito. Ma è Niall quello lì di fronte, e le dita della sua mano destra gli stanno stringendo la nuca, ed Harry capisce avvertendo contro la pelle la consistenza morbida dei suoi polpastrelli che non si sente compatito. Si sente confortato, piuttosto, chiuso in una bolla di calore ed affetto.

Per questo non dice niente quando Niall trascina il suo volto ad affondare nel tessuto morbido della felpa che indossa, e non protesta mentre sente un bacio delicato e silenzioso posarsi tra i suoi capelli.

-Sono qui, Harry- sussurra, e il riccio quasi piange. Non ti merito, pensa, per poi chiudere gli occhi e sospirare stancamente. Non ti merito ma non posso lasciarti andare. -Sarò qui quando vorrai.-

Se Harry si lascia scappare o meno qualche lacrima, è così silenzioso che Niall non se ne accorge.

 

 

 

Dopo più di due ore trascorse a risolvere equazioni esponenziali, Niall quasi delira. Quando comincia a mordicchiare il tappo della penna con l'espressione di chi potrebbe commettere un omicidio da un momento all'altro, Harry decide che andare di sotto a prendere qualcosa da bere e preparare un paio di sandwich sia la scelta migliore.

La cucina di Niall è almeno due volte più grande della sua, con un piano cottura spazioso e brillante, un bancone posto esattamente al centro e degli scompartimenti forniti di ogni tipo di strumento. Il riccio pensa che se avesse a disposizione tutti quegli utensili passerebbe delle ore a cucinare –Niall ne sarebbe estremamente contento, comunque.

Proprio mentre è piegato davanti agli scaffali del frigorifero per prendere il prosciutto cotto, una voce lo richiama.

-Cerchi qualcosa?-

Louis è poggiato con i gomiti sul ripiano in marmo, e Harry è sicuro di sembrare un emerito idiota in questo momento, con l'espressione impaurita e una mano al centro del petto.

-Mi hai spaventato- soffia quindi, e il fatto che Louis rida dovrebbe offenderlo o infastidirlo, ma non pensa che quegli occhi siano capaci di suscitare emozioni negative.

Ridacchia a sua volta e chiude l'anta del frigorifero, non prima di essersi procurato una scatola di burro spalmabile ed una confezione di prosciutto.

-Volevo portare del cibo a tuo cugino- spiega a quel punto. -Stiamo studiando matematica da più di due ore e ho paura che i suoi nervi possano crollare definitivamente, se non mangia qualcosa.-

-Oh, giusto- borbotta Louis -Salviamo quegli ultimi due o tre neuroni rimasti.-

-Ti ho sentito, idiota.- Niall passa in cucina proprio in quell'esatto istante –per bere dell'acqua, spiega. -E non sono io quello col cervello bruciato, grazie tante- continua poi, sistemando il bicchiere nel lavandino. Lascia un bacio sulla guancia di Harry e -Sei la mia salvezza, Haz- sussurra, prima di annunciare che lo aspetterà di sopra.

Quando se ne va, veloce come è arrivato, Louis non ha l'aria di un ragazzo a cui è stata appena fatta una battuta. Piuttosto, sembra che la frecciatina l'abbia infastidito parecchio.

-Quindi- lo richiama però, facendo finta di niente. -Sei bravo con la matematica?-

Harry piega le labbra in un'espressione noncurante e scrolla le spalle, spalmando il burro sulla fetta di pane. -Me la cavo, ma Niall potrebbe sicuramente trovare qualcuno che gli dia ripetizioni meglio di me.-

Louis aggrotta le spracciglia e piega la testa di lato. -Ma l'ha chiesto a te.-

-Sì, perché sono suo amico- spiega, per poi sistemare i due sandwich in un piatto e riporre gli ingredienti nel frigorifero. -E anche perché gli preparo dei panini quando comincia ad essere stanco.-

Il liscio ridacchia e -Mi sembra giusto- borbotta, una mano sotto il mento e l'altra a tamburellare nervosamente contro il marmo bianco del bancone.

E' davvero bello, pensa Harry. Non di quella bellezza talmente perfetta da non poter essere contestata. Louis non è perfetto: le sue labbra sono sottili e screpolate, la fronte è troppo ampia e il naso ha una forma un po' strana, anche se Harry lo trova adorabile. Non è una bellezza perfetta, la sua, ma è una di quelle che si fanno guardare e non si lasciano dimenticare.

Harry si schiarisce la voce e afferra il vassoio. -Torno di sopra- annuncia quindi -La matematica mi aspetta. E tuo cugino aspetta i sandwich.-

Louis gli riserva un sorriso e annuisce, e quando Harry è in prossimità delle scale e si volta verso di lui un'ultima volta, nota che non ha mosso neanche un muscolo. E' ancora nella stessa posizione di prima, con lo sguardo basso e l'espressione corrucciata.

E' una bellezza triste, quella di Louis.

 

 

 

* * *

 

 

Niall non è assolutamente tra le persone più serie che conosca. Non che Harry conosca tante persone, in realtà, ma è abbastanza sicuro che se anche conoscesse tutti gli abitanti di Doncaster e dintorni, Niall sarebbe comunque tra le persone meno serie nella lista delle persone serie.

Ma è suo amico, in ogni caso. E nonostante rida sguaiatamente per la maggior parte del tempo e lanci palline di carta impregnate di saliva ai professori, Harry ha cominciato a sentirsi al sicuro in sua presenza.

E si sentirebbe senza dubbio più a suo agio, per esempio, se in questo momento fosse presente anche lui nella macchina di Louis. Gli andrebbero bene anche Liam e Zayn e il suono umido dei loro baci che proviene dai sedili posteriori, se deve essere sincero.

Il fatto è che da quell'ormai lontano giorno di ottobre, Louis ha continuato a farsi trovare fuori scuola dopo la fine delle lezioni. E sempre da quel lontano giorno di ottobre, questo è il primo in cui Niall si assenta. -Non sapevo che mio cugino non ci fosse- gli ha detto Louis appena lo ha visto andargli incontro da solo. -Beh, ormai ti accompagno a casa, dato che ci siamo.- Harry non può proprio dirglielo né riesce a trovare una giustificazione a ciò che pensa, ma avrebbe preferito passare quarantacinque minuti in un autobus puzzolente piuttosto che venti nella sua auto pulita e profumata.

 

17:34

Dove sei?

-Gems

 

17:34

Sano e salvo, solo bloccato in macchina. Torno per cena. x

 

Sospira sistemando il cellulare nello zaino e lancia un'occhiata veloce verso Louis, le mani sul volante e l'espressione preoccupata.

-Mi dispiace davvero tanto, Harry- mormora il liscio. -L'ho fatta controllare un paio di settimane fa e Stan mi aveva assicurato che fosse tutto a posto.-

Harry scrolla le spalle e scuote velocemente la testa. -Non è mica colpa tua se la macchina si è fermata, Louis- afferma sicuro. -Tranquillo, okay?-

-Avevi qualcosa di importante da fare?- chiede quindi, tamburellando con le dita sulla coscia.

-Avrei dovuto studiare fisica per la prossima settimana, ma essere bloccato sul ciglio di una strada è sicuramente più divertente del moto rettilineo uniformemente accelerato.-

Louis ride, porta una mano davanti alle labbra, socchiude gli occhi e poggia la testa sul sedile. Ad Harry piace davvero tanto il suono pulito e dolce della sua risata, e anche il modo in cui il blu dei suoi occhi si intravede a malapena tra le rughette di espressione che lo sommergono.

-Il carro attrezzi dovrebbe arrivare tra poco, comunque- annuncia scorrendo il dito sullo schermo del cellulare. -E Zayn verrà a prenderci tra qualche minuto.-

-Hai rovinato la loro luna di miele- scherza.

-Nah- sbuffa Louis. -Quei due stanno sempre appiccicati, passare un paio d'ore separati sarà positivo per entrambi.-

Harry ridacchia ed annuisce, giocherellando nervosamente con il portachiavi a forma di pinguino attaccato alla lampo del suo zaino. Gliel'ha regalato Niall qualche giorno prima, e la spiegazione è stata che -Il modo in cui cammini mi ricorda quello di un pinguino, Haz-. Harry non ha protestato, perché in fondo lo sa di non essere tra le persone più coordinate del mondo. E quel pinguino è davvero carino, in ogni caso.

-Da quanto vi conoscete, tu e la coppietta?- chiede dopo qualche secondo, giusto per evitare di cadere in un silenzio imbarazzante fino a quando non arriverà il carro attrezzi.

Louis scrolla le spalle e abbassa gli angoli della bocca. -Praticamente da sempre- afferma. -I nostri padri erano molto amici e noi come loro siamo cresciuti insieme. Sono come fratelli per me.-

Harry pensa a Tom, il suo vecchio vicino di casa a Liverpool in quella che sembra un'altra vita, e a Sam e Adam, che ad otto anni si sono messi a piangere quando ha lasciato Brighton, e anche a James, il ragazzino dai capelli rossi che durante il primo anno di scuola media ha fatto di tutto per diventare suo amico e l'ha abbracciato stretto quando ha saputo che non si sarebbero visti mai più.

Per questo -Deve essere bello- sussurra senza neanche accorgersene.

Se Louis ha notato l'improvvisa tristezza scritta sul suo volto, non dà segno di averlo fatto. -Cosa?-

-Tutto questo- vagheggia, le mani che si muovono in gesti confusi. -Il crescere insieme, conoscersi a fondo. Arrivare a fidarsi dell'altra persona più di quanto non ci si fidi di se stessi.-

Louis rimane in silenzio, ma il suo sguardo è concentrato. Si gratta distrattamente il naso e annuisce come se avesse capito tutto. Sospira e stringe le labbra, prima di ricominciare a parlare. -Non sembri un ragazzino di sedici anni, sai?- domanda retorico, trascinandosi sul sedile finché la sua schiena non va a poggiarsi sul finestrino. -Hai la faccia di uno che ha visto più del necessario.-

Harry arriccia le labbra e lancia un'occhiata al mondo fuori dal vetro, le macchine che gli sfrecciano accanto e la pioggia che comincia a cadere. -Ho visto abbastanza- bisbiglia infine, seguendo con lo sguardo il percorso delle gocce d'acqua sul parabrezza.

Un clacson spezza l'atmosfera prima che Louis possa aggiungere qualcos'altro, e quando due ore dopo Harry arriva a casa zuppo d'acqua e con gli occhi lucidi, Gemma non fa domande; gli porge una tazza di cioccolata calda e affera il DVD della Bella e la Bestia.

 

 

* * *

 

La prima volta che Harry vede Louis ubriacarsi fino a star male, è durante una delle tante giornate trascorse in casa Horan. E' ormai dicembre inoltrato, la scuola è finita da un paio di giorni e Niall freme per l'arrivo del Natale, che a quanto pare è la sua festività preferita. E questo spiega il maglione imbarazzantemente brutto che indossa, con ricami rossi e verdi ed al centro il naso sporgente di una renna. Harry non ha assolutamente intenzione di soffermarsi sulle sue calze con stampe di Babbo Natale, mentre Niall poggia i piedi sul tavolino di fronte al divano.

Gioca a Fifa da quelle che sembrano ore, ed ha scelto la Roma, una squadra italiana che sta miseramente perdendo contro il Real Madrid virtuale scelto dall'altro utente.

-E' la versione 2015/2016- gli ha spiegato poco fa. -Quindi c'era ancora Francesco Totti, hai presente? Il capitano che si è ritirato a fine campionato.-

Harry sa ovviamente di chi stesse parlando il suo amico, ma non è propriamente ferrato in certi argomenti, quindi per tutto il tempo si limita a guardarlo imprecare a denti stretti, senza preoccuparsi di nascondere quel pizzico di sadico divertimento che gli piega le labbra in un sorriso. Deve ammettere che quell'espressione arrabbiata sul volto del biondo è decisamente in tinta con l'abbigliamento da bambino di dieci anni che aspetta Babbo Natale.

Il riccio sobbalza leggermente quando Niall prende a tossire, evidentemente provato da tutte le urla che ha lanciato contro il televisore.

-Vado a prenderti qualcosa da bere- annuncia quindi, e si accontenta del pollice che l'amico gli rivolge in segno di assenso, prima di alzarsi e dirigersi verso la cucina.

Si blocca sull'uscio, però, indeciso se tornare indietro o andare avanti e svegliare la figura accasciata sul marmo del ripiano. Ci pensa Louis stesso, alla fine, a risolvere il suo dilemma interiore. Solleva la testa dal rifugio delle sue braccia e lo guarda attentamente, assottigliando gli occhi per metterlo a fuoco. Non ha l'aria assonnata, pensa Harry. Gli ricorda di una vita lontana, di momenti vissuti qualche anno fa, quando si sforzava di ricordare come fosse la voce di suo padre senza litri di alcohol ad impregnarla, quando guardava un paio di occhi verdi cercando di trovarci dentro un po' dei suoi ma tutto ciò che riusciva a vedere era vuoto.

-Sei ubriaco- mormora quindi, occhieggiando verso la bottiglia di vodka che Louis stringe tra le dita della mano sinistra. -E' l'una del pomeriggio e tu sei ubriaco.-

Il liscio annuisce lentamente. -Sembri sconvolto, riccio. Non hai mai visto nessuno ubriacarsi all'una del pomeriggio?- biascica poi, arricciando le labbra e prendendo un sorso del liquido trasparente. Ad Harry sembra di poter sentire la puzza fin da lì. -Vuoi unirti a me?-

Harry non risponde. Non lo guarda nemmeno, in realtà. Torna in salone, recupera la sua giacca e si dilegua con qualche scusa estremamente stupida, sotto lo sguardo attonito e preoccupato di Niall.

Sa che non ha alcun diritto di essere sconvolto o arrabbiato, e sa che Louis può fare della sua vita ciò che ritiene più opportuno.

Ma mentre la neve comincia a cadere, Harry capisce che quella vita lontana fatta di notti insonni e urla e pezzi di vetro, quei momenti dimenticati in cui la sua infanzia è stata brutalmente annientata dalle mani di chi avrebbe dovuto proteggerla, in realtà non sono né lontani né dimenticati.

Non è pronto a rivivere ciò che è stato. C'è una lettera chiusa ed impolverata sulla sua scrivania, e ritrovare negli occhi di Louis lo stesso vuoto che c'era in quelli di suo padre significherebbe aprirla, scoperchiare il vaso di Pandora e lasciare che tutto torni a galla.

Harry non è pronto.

 

 

 

* * *

 

 

Niall non gliela fa passare liscia, ovviamente. Si presenta alla sua porta il giorno dopo, ed entra in casa con le braccia incrociate al petto e sul volto l'espressione arrabbiata di chi è dovuto uscire di casa dopo il pranzo del ventiquattro dicembre per andare a chiedere spiegazioni al suo amico. Espressione che non l'ha ancora abbandonato, mentre è seduto sul letto sfatto e gli indirizza l'occhiata più intimidatoria del suo repertorio.

-Non me ne andrò finché non mi avrai spiegato cosa ti è successo- annuncia per l'ennesima volta. -E tu ti sentirai in colpa perché mi avrai fatto restare qui la viglia di Natale mentre la mia famiglia mi sta aspettando a casa.-

Harry si lascia scappare una risatina, mentre sua sorella al piano di sotto alza ancora un po' la musica che sta ascoltando.

-Non è successo niente, Niall, sul serio- lo rassicura quindi, perché non gli sembra affatto giusto che l'amico perda la vigilia di Natale a preoccuparsi della sua suscettibilità.

-Strano- borbotta lui, le sopracciglia alzate e la fronte corrucciata -Perché Louis mi ha detto che potrebbe essere stato lui a mandarti via in quel modo.-
Il riccio si schiarisce la voce e sospira, buttandosi con fare teatrale sullo schienale della sedia girevole. -Non ha fatto niente di cui tu debba preoccuparti, Niall.-
-Ah no?- domanda ironico, per poi sciogliere l'intreccio di braccia e poggiare le mani sulla porzione di materasso dietro di lui. -Quindi non era talmente ubriaco da non ricordare neanche il suo stesso nome? E non aveva una bottiglia di alcohol a portata di mano come succede praticamente sempre? Devo essermi sbagliato, allora.-
Harry incassa il colpo, abbassa lo sguardo e arriccia le labbra. Niall lo lascia elaborare per qualche secondo, prima di alzarsi dal letto, avvicinarsi e piegarsi sulle ginocchia, in modo da poter essere alla sua altezza. -Non so perché ti abbia sconvolto così tanto, e se non vuoi dirmelo va bene, lo sai- soffia, ed il suo tocco sul ginocchio è talmente delicato che Harry quasi non lo sente. -Ma a Louis dispiace, e vorrebbe chiederti scusa di persona.-
-Te l'ha detto lui?- domanda Harry a quel punto. -Di ciò che è successo, intendo.-
Niall scuote la testa un paio di volte. -L'ho capito da solo quando dopo che te ne sei andato l'ho raggiunto in cucina. Ma che vuole chiederti scusa me l'ha detto lui appena si è ripreso un po'.-
Il riccio sbuffa una risata e alza gli occhi al cielo. -Non deve farlo, Niall- afferma quindi. -Non mi ha fatto niente, non è successo niente. Ho reagito in modo esagerato, ma questo è solo colpa mia.-
Niall annuisce, le labbra strette e l'espressione dubbiosa. -Beh, oggi è il suo compleanno, comunque. E tu gli sei simpatico. Quindi se vuoi venire...- lascia la frase in sospeso, sollevandosi con un sospiro.
Harry non pensa di avere molta scelta, in realtà. Sua sorella partirà per andare a trovare Des e lui rimarrà da solo, seduto a guardare un punto preciso della scrivania finché non cederà, prenderà quella lettera e per l'ennesima volta leggerà il "Per Harry" scritto sulla busta. Poi la rimetterà a posto, e con un peso sul cuore e il senso di colpa a lacerargli l'anima se ne andrà in cucina a preparare qualcosa di commestibile.
Si alza con un sospiro. -Mi vesto e andiamo.-
Niall annuisce e gli rifila una pacca sulla spalla, prima di lasciare la stanza con un sorriso sollevato a piegargli le labbra.

 

 

 

Casa Horan è più piena del solito, oggi. Ci sono Liam e Zayn che giocano con una bimba dall'aspetto adorabile che non deve avere più di sei o sette anni, e due ragazze che non ha mai visto sedute sul divano al centro del salone. La bionda si butta immediatamente su Niall, per poi allacciargli le braccia al collo con affetto. L'altra, invece, quella col viso più bambino ma le gambe leggermente più lunghe, gli si avvicina sorridendo timidamente.

-Tu sei Harry, vero?- chiede cauta, allungando la mano verso di lui. -Io sono Fizzy.-

Harry le sorride caldamente e ricambia la stretta, prima che Niall si discosti leggermente dalla ragazza bionda e si rivolga a lui. -Lottie, Fizzy e l'altra peste seduta sulle gambe di Liam sono le sorelle di Louis, quindi le mie cuginette.-

-Ho la tua stessa età, Niall- sbuffa Lottie. -Dovresti smetterla di chiamarmi cuginetta.-

Il biondo scrolla le spalle e sorride. -Sai che continuerò a farlo.-

La ragazza sospira con fare esasperato ma sorride, per poi tendergli la mano e -Piacere di conoscerti, Harry- dire affabilmente.

-Piacere mio- risponde quindi, e crede di aver capito come si riconosca un Tomlinson dal resto della popolazione mondiale: occhi azzurri e sguardo pungente, qualcosa che Harry ha già avuto l'onore di riscontrare nel maggiore della famiglia.

-Hey ragazzi- li saluta Liam, un braccio ancorato ai fianchi della bimba e l'altro teso a circondare le spalle di Zayn.

Sembrano una famigliola felice, pensa Harry, avvicinandosi a loro insieme a Niall e alle due sorelle. Louis fa il suo ingresso nella stanza qualche secondo più tardi, dopo che la bambina aggrappata al collo di Liam si è presentata come Phoebe. Gli è sembrata molto timida, con il tono di voce quasi impercettibile e lo sguardo che non ha incontrato il suo neanche una volta.

Louis sembra abbastanza sorpreso di vederlo lì, mentre alza la mano in segno di saluto.

-Ciao, Harry- pronuncia a quel punto, e il riccio non sa perché si senta così agitato, ma sorride in un modo che deve sembrare davvero isterico.

-Tanti auguri- borbotta in risposta, mordendosi nervosamente le unghie.

Per qualche secondo il salone cade in un silenzio profondo, ed Harry ha come l'impressione che tutti siano stati informati di ciò che è accaduto solo un paio di giorni fa, del modo esagerato in cui ha reagito e tutto il resto. Abbassa lo sguardo, quindi, ed è profondamente grato a Niall, quando sbatte le mani un paio di volte e si lancia non troppo delicatamente sul divano.

-Facciamo una partita alla Play?-

Phoebe lancia un urlo entusiasta ed annuisce freneticamente, per poi dirigersi correndo verso il fratello maggiore. Allunga le mani, quindi, aspettando di essere presa in braccio. -Giochi con me, Lou?-

Louis la accontenta e sorride in un modo tutto nuovo, con una luce negli occhi che Harry non crede di aver mai visto in nessun altro. -Certo che gioco con te- acconsente poi, colpendo il piccolo pugno della sorellina con il suo. -Insieme siamo imbattibili.-

La sua non è più una bellezza triste, pensa Harry, mentre lo guarda sistemarsi sul divano con quello scricciolo accoccolato sul petto; è la bellezza di un fratello maggiore, quella che ha visto addosso a sua sorella ogni volta che ha cercato di proteggerlo e si è messa al secondo posto.

Inizialmente Harry non prende parte al torneo, perché perderebbe miseramente in meno di cinque minuti e Niall gli urlerebbe cose orribili. Quando la prima partita finisce, però, Lottie e Fizzy sono già sparite da un bel po', evidentemente stufe di tutto il caos che quei quattro riescono a causare, mentre Zayn si dilegua silenziosamente verso il piano di sopra. Liam lo segue poco dopo, e Phoebe sta dormendo placidamente sul petto del fratello.

-Senza vergogna, quei due- ridacchia Niall, stiracchiandosi con un rumoroso sbadiglio. -Vado a prendere qualcosa da mangiare.-

Non appena il cugino scompare oltre la porta del salone, la stanza sprofonda in un silenzio estremamente imbarazzante. Ci pensa Phoebe, per fortuna, a spezzarlo.

-Lou?- sussurra, la voce assonnata e la mano che va a strofinare dolcemente l'occhio destro.

Louis porta immediatamente lo sguardo su di lei, le carezza delicatamente una guancia e sorride luminoso. Quella scena è talmente intima, sa così tanto di casa, che Harry si ritrova costretto a spostare la propria attenzione sul tappeto sotto i suoi piedi.

-Vuoi fare merenda? Niall sta preparando qualcosa in cucina.-

La piccola annuisce debolmente, per poi alzarsi dal divano e cominciare a dirigersi verso il cugino. Gli rivolge un sorriso quando passa accanto alla poltrona, gli occhi ancora mezzi chiusi e il naso arricciato. Harry può quasi sentire il cuore sciogliersi, mentre ricambia il gesto e la guarda allontanarsi.

-Non sai giocare alla Play Station?- è la prima cosa che chiede Louis non appena rimangono di nuovo soli, evidentemente non intenzionato a farsi avvolgere dall'imbarazzo per l'ennesima volta.

-No- risponde Harry scuotendo la testa. -Quel coso ha troppi tasti, non ho mai capito a cosa servano.-

Louis ridacchia, poi indica col palmo della mano il posto vuoto al suo fianco. -Vieni qui, ti faccio vedere.-

Harry lo raggiunge in un paio di falcate e prende il joystick che l'altro gli porge. Louis gli afferra entrambi il pollici in un tocco delicato e li poggia sulle levette in basso, quelle che Harry si divertiva a muovere senza alcuno scopo quando era piccolo.

-Queste servono per muovere i giocatori- comincia, per poi portare il suo dito a sfiorare i quattro tasti colorati sulla destra. -La X serve quando va fatto un passaggio alto, un cross o un colpo di testa, la A invece è per i passaggi corti, la B per i tiri e la Y va premuta quando c'è bisogno di effettuare un passaggio filtrante che mandi l'attaccante in porta.-

Harry c'ha capito poco e niente, in realtà. Non sa che significato abbia la maggior parte dei termini, e non si vergogna ad ammettere che la vicinanza di Louis l'abbia distratto in maniera esponenziale.

-Cos'è un cross?- chiede infatti, le mani leggermente sudate e ancora intrappolate tra quelle di Louis.

-Ehm- balbetta l'altro. -E' quando un giocatore lancia la palla in mezzo all'area di rigore, in modo che un compagno possa prenderla e cercare di segnare.-

-Oh, okay- annuisce Harry, abbastanza confuso.

Louis stringe le labbra per evitare di ridere, ma il riccio riesce a vedere benissimo il sorriso che si nasconde nel blu vivace dei suoi occhi. -Non sai cosa sia l'area di rigore, vero?-

-No- ammette allora. -E neanche un passaggio filtrante.-

Harry si gode per qualche secondo la risata genuina di Louis, prima di poggiare il joystick sul tavolino di vetro e sciogliere il loro intreccio di mani. A quel punto un'aurea consapevole sembra avvolgere il maggiore, che sospira e arriccia il naso come si stesse preparando a dire qualcosa di importante.

Harry capisce anche prima di sentirlo parlare.

-Senti- comincia infatti Louis dopo qualche secondo, lasciandosi andare con un tonfo sordo sullo schienale. -Volevo chiederti scusa per, sai –ciò che è successo l'altra volta. Non era mia intenzione farmi vedere da te ridotto in quel modo-

-E' una cosa abituale?- lo interrompe subito, poggiando a sua volta le spalle sulla superficie soffice del divano e incrociando le braccia al petto.

Louis si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, e da quell'angolazione Harry riesce a vedere il suo pomo d'Adamo muoversi su e giù. E' nervoso, e lo si può capire anche dai movimenti frenetici delle sue mani, o dal modo in cui il piede destro sbatte ripetutamente contro il pavimento.

-Abbastanza, sì. Penso che Niall ti abbia accennato qualcosa- ammette. -Ma in ogni caso i miei problemi sono solo miei, e non avrei dovuto bere mentre eravate tutti in casa. Mi dispiace.-
Harry ci aveva sperato, che si fosse trattato di qualcosa di esclusivamente casuale. Aveva sperato, appena tornato a casa, che Louis avesse alzato il gomito perché quella era stata una brutta giornata, o magari una brutta settimana. Ci ha sperato anche pochi minuti fa, in realtà, mentre lo ha visto tenere sua sorella tra le braccia e guardarla come se fosse il tesoro più prezioso del mondo. Ha sperato che la sua non fosse stata altro che una brutta sensazione.

E' difficile pensare che il fratello dolce e premuroso, il ragazzo dagli occhi caldi e il tocco delicato che fino a poco fa cercava di insegnargli come giocare a Fifa, sia lo stesso che ha visto accasciato sul ripiano della cucina, con lo sguardo vacuo, la voce impastata e una bottiglia di vodka a portata di mano.

-Non devi darmi spiegazioni né chiedermi scusa, Louis- risponde però il riccio, ed è consapevole dell'inclinazione dura e tagliente che il suo tono di voce ha assunto, ma non riesce ad evitarlo. -Non stai facendo del male al mio corpo, sai –dovresti chiedere scusa a te stesso.-
Improvvisamente l'espressione di Louis perde ogni traccia di dispiacere, e il sopracciglio destro si alza come se avesse vita propria. -Senti, non hai il diritto di- comincia, ma Harry non gli dà neanche il tempo di continuare. -No, è vero, non ho il diritto di dirti certe cose- annuisce, senza mai distogliere lo sguardo da quello dell'altro. -Non ti conosco e non ne ho alcun diritto. Ma conosco Niall e so com'è stare dall'altra parte. Lasciatelo dire Louis, non ne vale la pena.-
Louis sbuffa una risata amara, scuote la testa in un gesto di disapprovazione e si sposta sul ciglio del divano, voltandosi leggermente in modo da poter continuare a guardarlo. -Ma cosa vuoi saperne tu di com'è stare da questa, di parte. Di quello che provo, del perché preferisco dimenticare che sentirmi costantemente perso.-
Harry poggia i gomiti sulle cosce, a quel punto, poi sospira e stringe le labbra. -Ho visto abbastanza, Louis, ricordi? Ho visto delle cose, e ne ho provate tante altre, e tutto ciò che posso dirti è che continuerai a perderti, e un giorno desidererai di ritrovarti ma non ci riuscirai più.-
-Tu pensi che non lo sappia?- domanda retorico. -Ho preso in mano il primo bicchiere di vodka a quattordici anni e a quindici ho tirato su la prima striscia di cocaina e mi sono sentito invincibile. Ma ho pensato che avrei potuto controllarlo, che non mi sarei fatto sopraffare da quella sensazione di onnipotenza.-
-Lo pensano sempre tutti- soffia Harry scrollando le spalle.
Louis lo ignora, però, e continua a sproloquiare e gesticolare. Il riccio spera che Phoebe e gli altri non possano sentirli, ma ne dubita altamente. -Quando avevo sedici anni la sensazione di onnipotenza ha cominciato a sfumare ma ormai era troppo tardi Harry, ormai ero caduto e sai perché non ho cercato di risalire? Perché il buio non mi dispiaceva per niente.-
Per un attimo, Harry torna a chiedersi come sia possibile arrivare a pensare che non esista via d'uscita. Quanto una persona debba essere costretta a sopportare prima di decidere di averne abbastanza. Quanto di se stessi si perda nel percorso, e se alla fine ci si riconosca ancora.

-Il problema non sei tu, Louis. Io non lo so cosa ti sia successo, ma evidentemente è stato abbastanza perché decidessi che lasciarti cadere fosse la cosa più giusta- decide di dire quindi, perché non ha nessuna intenzione di giudicarlo, e perché vorrebbe che almeno Louis capisse che c'è altro, oltre il tossicodipendente alcolizzato. Perché lo sa che quello è tutto ciò che crede di essere. -Il problema è chi ti sta intorno. Le persone che ti vogliono bene. Tutti quelli che ti guardano cadere sempre più in basso senza poter fare niente per tirarti su, perché a te non importa.-
Il maggiore annuisce con amara consapevolezza, gli occhi tristi e le mani strette in due pugni. -Stai dicendo che sono egoista.-
-Sto dicendo- lo corregge, e deve chiamare a raccolta tutto il suo coraggio per continuare. -Che io ho perso un po' di me stesso ogni sera in cui mio padre tornava a casa e non mi riconosceva. Che il buio l'ho visto tutte le volte in cui si metteva seduto sul divano e sniffava cocaina dal tavolo del salone, proprio vicino alla pista di macchinine con cui non sono più riuscito a giocare- soffia infine, con un tono di voce talmente basso e spezzato che quasi fatica a comprendersi lui stesso. -Io non ho alcun diritto di giudicarti, Louis. Non so cosa la vita ti abbia fatto, non so quanto difficile sia stato per te andare avanti, ma arriverà un giorno in cui ti guarderai intorno e tutte le persone che ami avranno perso un pezzo di loro stesse a causa tua. E tu vorrai ritrovarti perché lo facciano anche loro, ma non ci riuscirai.-

Louis lo scruta attentamente, ma non sembra troppo stupito. Gli poggia una mano sul ginocchio ed accenna un sorriso timido, alzando solo un lato delle labbra sottili. -Tu quanti pezzi hai perso?- domanda poi in un bisbiglio quasi impercettibile.

Harry ridacchia senza divertimento e scrolla le spalle, cercando di non lasciarsi andare al dolore e alla tristezza che sente esplodergli dentro con prepotenza. Per qualche secondo si aggrappa alla mano di Louis, al tocco morbido e delicato delle dita che stringono la stoffa dei suoi pantaloni. Poi si alza, però, perché non può permettersi di aggrapparsi a qualcuno che ha bisogno di un appiglio. -Non penso ne siano rimasti molti.-
-Te ne vai?- si sente domandare nel momento in cui afferra la propria giacca.
Tira su la chiusura lampo ed annuisce. -Ho paura che mia sorella possa cominciare a cucinare, e devo controllare che non mandi a fuoco la casa.-

Proprio quando ha salutato Niall e Phoebe e sta per aprire la porta, una voce lo richiama.
-Harry.- Louis ha le braccia incrociate al petto, l'espressione imperscrutabile e la sua solita bellezza triste cucita addosso. -Mi dispiace.-

Non sa se quello che intende dire sia Mi dispiace che tu mi abbia visto ubriaco marcio o Mi dispiace che la vita con te abbia fatto tanto schifo, ma non gli risponde. Si limita ad annuire, le labbra strette e il cuore pesante.

-Tanti auguri, Louis- soffia infine, prima di voltarsi e andarsene.

 

 

 

Quando torna a casa, un post-it sul frigorifero gli ricorda che sua madre non tornerà prima delle due del mattino. Per fortuna, però, Gemma non ha ancora acceso i fornelli.

Harry si ferma in camera sua a cambiarsi, prima di scendere in cucina a preparare qualcosa di commestibile che richiami almeno vagamente il periodo di Natale. Guarda per un attimo la lettera poggiata sulla scrivania, e con mani tremanti ma frenetiche la afferra e la apre. Riesce a leggere solo le prime due righe, prima di richiuderla ed infilarla nel libro di biologia posto al centro del tavolo.

 

Caro Harry,
ti scrivo in uno dei tanti momenti liberi della giornata, sperando che quando su questa lettera troverai solo il tuo nome, allora deciderai di aprirla.






 

   
 
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