Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Fiulopis    02/04/2018    2 recensioni
Riren e WinMin Reicarnation!AU dove i nostri personaggi si cercheranno nel mondo di oggi.
Spoilers dal manga fin al termne della sconda stagione dell'anime, ma non ho tenuto conto di ciò che accade nei capitoli successivi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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When I see you again

~~Nel grande ufficio legale Ackerman&Smith c’era solo una cosa che terrorizzava i dipendenti. L’arrivo dell’avvocato Ackerman. Levi Ackerman, di statura piccola, con i capelli nero pece, acconciati in un undercut e dagli occhi grigi come l’acciaio, uno dei migliori avvocati in città, aveva una personalità a dir poco difficile: aggressivo, scorbutico, perfezionista e con il temperamento più orribile mai conosciuto dall’essere umano, era l’ombra oscura che incombeva su tutti coloro che erano abbastanza fortunati da poter lavorare in quello studio. Chi gli era più vicino sapeva che la maggior parte dei tratti che lo rendevano così inavvicinabile erano solo dettati dalla sua totale incapacità nelle relazioni sociali, affiancata da una mania per il pulito e l’ordine. I suoi amici più stretti inoltre sapevano dell’enorme fardello che egli si portava dentro. Lui, come anche coloro che stavano nella sua cerchia di affetti più stretti, dovevano convivere ogni giorno con i ricordi di una vita passata. Incubi di Giganti che mangiano persone, di intere città distrutte, di un’umanità in trappola e di vite di persone care, spezzate fin troppo presto, accompagnavano ogni loro secondo di veglia e pullulavano i loro sogni.
Erwin Smith era l’altro avvocato titolare, all’opposto dell’amico: alto, biondo e con due occhi azzurri e penetranti, trattava chiunque con fare benevolo, nonostante anch’egli fosse molto preciso e rigoroso nel suo lavoro.
Già l’essersi ritrovati tra loro era considerabile un successo; ritrovare, poter riabbracciare amici che si credeva persi per sempre, aveva alleviato quel senso di mancanza che gli ex soldati si portavano appresso fin dal momento i cui avevano riacquistato la memoria. Quando Levi un giorno era arrivato in ufficio e aveva trovato la sua ex squadra, tutta lì, di nuovo riunita, assunti come interni, non era riuscito a contenere la commozione ed era scoppiato a piangere e a scusarsi per non averli potuti salvare. Oppure il giorno in cui Hange aveva trovato Moblit tra i suoi specializzandi in reparto.
Nonostante avessero ritrovato molti dei cari di un tempo tutti sapevano che in tutta quella felicità mancavano alcuni grandi assenti: infatti ancora nessuno dei loro ex subalterni più giovani era stato trovato. Per Levi ed Erwin questa cosa pesava come un macigno, da momento che le loro metà si trovavano, purtroppo, in quella parte di cari non ancora ritrovata.
Nella loro vita precedente, i due ufficiali avevano trovato l’amore in due reclute molto più giovani, ma non per questo meno mature.

Levi, nonostante il primo distacco e diffidenza, aveva trovato in Eren la propria salvezza. Avvezzo al suo carattere brusco, il cadetto aveva aperto una breccia nel cuore del capitano e i due si erano amati con un sentimento quasi soffocante. Quando, durante l’ultima battaglia, Levi era morto nel tentativo di coprirgli le spalle, non aveva avuto alcun rimpianto. Era morto nel tentativo di salvare la persona che più amava al mondo e non aveva dovuto vedere il giovane che tanto amava venir spazzato via. Purtroppo poi, una volta tornato al mondo, aveva dovuto studiare la storia, anche se ogni nome era stato omesso per rispetto ai caduti dagli storici del tempo, e aveva appreso che la coordinata era morta nella battaglia ultima e che la sua morte aveva portato con se ogni gigante rimasto. In questa vita aveva cercato e ricercato Eren, senza però fortuna, e questa mancanza lo logorava di giorno in giorno.

Erwin invece aveva donato il cuore al piccolo Armin, dall’apparenza innocuo ma dotato di un’intelligenza tanto brillante da rivaleggiare col sole stesso. I due si erano avvicinati molto dopo la mutilazione del comandante. Dopo la missione di salvataggio dove Erwin aveva perso il braccio, ad Armin era stato affidato l’incarico di suo assistente. Il comandante aveva sempre saputo che il giovane cadetto era dotato di un’intelligenza al di sopra della norma, ma era rimasto piacevolmente sorpreso quando si era ritrovato a lavorare a stretto contatto con lui. Il ragazzo oltre ad essere incredibilmente brillante, era anche comprensivo e dolce. Sapeva quando parlare e cosa dire ma anche quando tacere. Sapeva farlo ridere e non lo aveva mai compatito o trattato come un invalido. Lo ammirava molto ma non lasciava mai che questo offuscasse il suo giudizio e se qualcosa che Erwin faceva non gli tornava, non aveva remore a comunicarlo. Aveva mantenuto la sua spensieratezza giovanile, nonostante avesse visto più orrori lui di quanto molti adulti avrebbero anche solo potuto immaginare. Si capivano con una parola o con uno sguardo ma tra di loro avevano sempre qualcosa di cui parlare. In un tempo brevissimo, Armin era diventato indispensabile per il comandante e il passo da assistente a consigliere e in seguito da consigliere a compagno era stato brevissimo. Anche lui era morto nel tentativo di salvare Armin ma il ragazzo scelse di seguirlo poiché, quando aveva visto il compagno morente a terra, aveva caricato un nemico che lui stesso sapeva di non poter vincere. Aveva ricevuto un colpo mortale e si era trascinato fino al corpo dell’amato e così avevano lasciato quel mondo, abbracciati. Voleva rivederlo ma anche Erwin aveva avuto la stessa fortuna di Levi nelle ricerche. Sembrava che qualcosa (il destino?) impedisse ai due uomini di ricongiungersi con i loro amati.
In più, e Levi lo avrebbe negato fino alla morte, tutti sentivano la mancanza di quella marmaglia di marmocchi rumorosi che si erano uniti al corpo di ricerca subito dopo Eren, gli amici che lo avevano seguito.


Dall’altra parte della città, in una pasticceria nella zona residenziale, due ragazzi avevano pensieri simili ai due avvocati. Carla, la madre di uno dei due ragazzi, all’ennesimo sospiro del figlio e del suo migliore amico, vi voltò verso una ragazza dai lunghi capelli corvini che la donna considerava sua figlia.
Mikasa, questo era il nome della ragazza, sospirò e, con aria triste, scosse la testa sconsolata. Sapeva bene lei, che era stata al loro fianco anche durante l’altra loro vita, cosa affliggeva il cuore dei due amici. Era morta lo stesso giorno, sullo stesso campo di battaglia, non senza prima vedere l’assoluta disperazione dei due ragazzi nel vedere le loro metà morire per loro. La vista di come Armin avesse deciso di lasciare questo mondo ancora la torturava nei suoi incubi. Lei aveva ritrovato Jean, ora potevano sperare nel loro felici e contenti, così come Sasha e Connie o Historia e Ymir. Per somma gioia di Jean avevano anche ritrovato Marco e molti altri loro compagni caduti. Mancavano solo gli ufficiali, e quella mancanza, di due in special modo, era una ferita aperta. Il dolore dei due ragazzi quando si perdevano nei loro ricordi, gli sguardi speranzosi ogni volta che andavano in un posto nuovo che gridavano” forse stavolta, forse stavolta sarà quella buona” e ogni volta era un’altra delusione da digerire erano strazianti per gli amici impotenti.

Stavolta la vita era più facile, meno spaventosa. La madre di Eren aveva un piccolo caffè e aveva assunto il figlio e i suoi amici. Tutto scorreva tranquillo, fatta eccezione per momenti come quelli, quando Eren e Armin si perdevano nei loro pensieri, il loro sguardo si perdeva nel vuoto e i loro occhi si intristivano. Carla e Grisha, così come il nonno di Armin, sapevano a grandi linee cosa affliggeva i due giovani, Mikasa aveva raccontato loro qualcosa, ma i due innamorati non ne avevano mai parlato apertamente. Dicevano che faceva troppo male. Tutto quello che sapevano era che: nella loro vita passata avevano trovato l’amore, che in questa ogni loro tentativo di ritrovare le loro persone era stato vano e che i due uomini erano un po’ più grandi di loro ed erano loro superiori nell’esercito. Conoscevano certamente la storia politica e bellica. Gli mancava solo tutto quello che riguardava le loro sfere private. Rispettavano la loro volontà; tuttavia quelle espressioni afflitte sui volti dei loro piccoli scavavano un solco nei loro cuori ogni volta.
- Eren? Armin? Ho bisogno di aiuto, stasera abbiamo il concerto e il gruppo, anche se emergente, ha un discreto seguito di estimatori. Dobbiamo essere pronti. – li richiamò dolcemente Carla. I due ragazzi si riscossero e sorrisero debolmente alla dona, rimettendosi a lavoro.

Nello studio legale, Hange era appena arrivata, con Moblit al seguito. – Stasera siete requisiti, voglio andare ad un concerto. No Levi, non puoi evitarlo. Sono un gruppo ancora poco conosciuto ma sono molto bravi. Fanno jazz Erwin, so che ti piace. Verrete con me! – tutti sospirarono e, annuirono sconfitti.
Alle otto lasciarono l’ufficio e si diressero verso il caffè. Il posto era tranquillo e da fuori il locale sembrava pittoresco. All’ingresso furono accolti da una donna, e Levi guardandola sentì un lieve vuoto allo stomaco, anche se non aveva idea del perché. Li fece accomodare dicendo loro che un cameriere sarebbe arrivato a prendere i loro ordini. L’ambiente dentro era familiare e confortevole, un piacevole odore di dolci appena sfornati si spargeva nell’aria.


- Buona sera sono Mikasa, cosa posso porta… - ma la ragazza non riuscì a finire la frase. Non appena aveva alzato lo sguardo le parole le erano morte in gola. Gli ufficiali la guardavano sgomenti. Ackerman. Erwin e Levi erano pietrificati. Se Mikasa Ackerman era lì allora… - EREN, ARMIN!!! OMMIODDIO VENITE SUBITO. –
Ecco appunto. I due uomini balzarono in piedi, mentre gli altri si coprivano la bocca con le mani e i loro occhi si riempivano di lacrime. Carla e gli altri camerieri, allarmati dal grido della ragazza accorsero e, quando videro chi c’era in sala, agli ex cadetti cadde di mano ciò che stavano tenendo. – Mika cosa c’è da urla… -

Eren era arrivato, tallonato da Armin. Al silenzio dell’amico, Armin aprì la bocca per chiedere cosa fosse successo, ma poi, seguendo lo sguardo pieno di lacrime di Eren, si ammutolì e le ginocchia gli cedettero, facendolo cadere a terra.
- Eren -
- Levi -
- Erwin -
- Armin –
Sussurrarono i quattro all’unisono.
-Carla chiudi il caffè, rimanda tutto. – si affrettò ad esortare Mikasa, per poi aggiungere, all’espressione interrogativa della donna – sono loro, sono quei due. – e tanto bastò. Gli occhi di Carla si sbarrarono e si affrettò a liberare il locale e a chiamare il marito e il nonno del ragazzo biondo. Nel mentre i quattro non si erano ancora mossi di un passo, troppo sconvolti.
Poi Eren, che era sempre stato un tipo d’azione, si slanciò verso Levi, gridando il suo nome e travolgendolo in un abbraccio che fece rovinare entrambi a terra. Non che importasse loro qualcosa. Il più giovane seppellì il viso nel petto del capitano e cominciò a singhiozzare. Levi lo strinse forte a se, nascondendo il viso nei capelli perennemente scompigliati del ragazzo e scoppiando in un pianto liberatorio a sua volta.
 Quella scena bastò ad Armin, che svegliatosi dal suo stupore, caricò su Erwin balzandogli in braccio, avvolgendo le braccia al collo e le gambe alla vita. Erwin sostenne il ragazzo, che ora piangeva disperato nell’incavo del suo collo, e lo strinse forte a se, respirando profondamente il suo odore. La prima cosa che Armin riuscì a dire fu – Hai entrambe le braccia. – e poi scoppiò di nuovo a piangere, seguito dall’amato.

E questa fu la scena che accolse i due uomini, che erano arrivati di corsa, dopo il messaggio pieno di urgenza di Carla. – Carla, non dirmi che… - ma la vista del nipote che piangeva disperato, avvinghiato come una piovra al corpo di uomo che non conoscevano era una risposta più che esaustiva. – Avevo capito che erano più grandi, ma non così tanto. Avranno sulla trentina, Eren e Armin ne hanno diciannove. – Grisha era esterrefatto. Non che pensasse di dividerli per questo, ma la differenza era notevole. Ma gli bastò vedere il modo disperato in cui il figlio stava stringendo l’uomo su cui era disteso per capire che non c’era nulla da fare. Carla annuì, ma anche lei aveva gli occhi pieni di lacrime, come gli amici dei quattro. Pur non essendoci stata nella loro precedente vita, a differenza dei più giovani, poteva capire benissimo quanto enorme fosse l’amore che le due coppie provavano.

All’improvviso Eren, come scossosi dal pianto, cominciò a tempestare il petto di Levi di pugni. Pugni che l’ex soldato accettò di buona grazia. – Stupido idiota senza cervello. Come hai potuto. Dovevi proteggere te stesso, non me. Io ero un dannato gigante alto diciassette metri, dannazione. Tu dovevi proteggerti e invece che cosa hai fatto? TI SEI FATTO AMMAZZARE! Un attimo prima era lì, poi mi sono girato per uccidere un bastardo di dodici metri e quando mi sono girato di nuovo eri, eri… ERI DIVISO IN DUE PARTI! – e detto questo nuove lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Armin ancora non dava segni di voler smettere di piangere.

Mikasa pensò che fosse arrivato il momento di mettere gli adulti a conoscenza della storia e raccontò. Raccontò tutto. Raccontò di come Eren e Levi si fossero conosciuti, di come si fossero trovati e di come si fossero innamorati. Raccontò quel sentimento che all’epoca aveva fatto un po’ invidia a tutti. Raccontò di quanto i due uomini si fossero amati fino al giorno della loro morte. Raccontò la morte di Levi e di come Eren fosse andato fuori di testa dal dolore. Come, ad ogni amico caduto che vedeva in campo, il suo controllo si faceva sempre più sottile. Raccontò di essere stata l’ultima a morire quel giorno e del dolore che provò nel pensare di lasciare Eren da solo. Disse loro che, una volta riavuti i ricordi, Eren le aveva raccontato di essersi tolto la vita da solo, ormai allo stremo delle forze, pur di non finire nelle mani nemiche. E poi raccontò di Armin. Raccontò della missione di salvataggio dove il comandante era rimasto mutilato e di come Armin fosse stato appuntato come suo assistente. Raccontò la complicità tra i due, di come si fosse accresciuta di giorno in giorno. Di come in breve Armin fosse diventato indispensabile per Erwin e di quanto felice fosse stato quando il comandante lo aveva baciato per la prima volta. Raccontò le infinite riunioni dove Armin e Erwin sembravano condividere lo stesso cervello e di come erano capaci di capirsi con un’occhiata. Poi raccontò loro della morte: di come Erwin avesse cercato di proteggere Armin fino all’ultimo respiro e di come Armin avesse scelto di lasciarsi alle spalle quel mondo fatto di dolore e perdita. Di come il suo gracile amico avesse incalzato il classe diciassette che aveva scaraventato Erwin da una parte all’altra del campo e di come fosse strisciato, con le ultime forze rimaste, con la schiena rotta, nell’abbraccio ormai quasi privo di forza del comandate. Disse loro di come fossero morti così, in pace e con un sorriso, stretti.
Grisha sosteneva la moglie che a stento riusciva a stare in piedi. Il loro bambino aveva sofferto così tanto, aveva portato dentro di se tutto quel dolore. Aveva visto tutte le persone che gli erano rimaste morire. Aveva visto il suo grande amore morire. Aveva convissuto col pensiero che l’uomo che amava era morto per lui. Il nonno di Armin invece, pover’uomo, non sapeva cosa fare, cosa dire e quindi si risolse a crollare su una sedia, piangendo. Il suo piccolo angelo aveva sofferto così tanto. Però era felice di qualcosa: in tutto quel dolore Armin aveva amato. Aveva amato ed era stato amato, sopra ogni cosa. Aveva amato tanto da decidere di non voler vivere in un mondo senza quell’uomo dal quale sembrava non riuscire a staccarsi. Non importa quanti anni in più avesse. Quello era l’unico uomo che potesse stare accanto al suo piccolo. Anche Grisha si sentì un coglione. L’età, sul quale si era soffermato primamente, non era che un piccolo numero, un’inezia in confronto a quell’amore travolgente. Ora capiva perché i due ragazzi non ne avevano mai voluto parlare. Quel dolore era insopportabile da ascoltare da terzi, era un miracolo che fossero riusciti a conviverci per tutto quel tempo. I tre adulti guardarono le due coppie che piano piano riprendevano coscienza dei loro corpi e del luogo in cui si trovavano. Li guardarono con occhi nuovi, con ammirazione.

Lentamente i piedi di Armin toccarono terra e il ragazzo allentò la presa di ferro dal collo del comandante. I due ora si guardavano negli occhi, i petti che si sfioravano. Erwin sollevò lentamente la mano e la posò sulla parte destra del viso d’angelo dell’ex cadetto. Armin si rilassò a quel tocco e socchiuse gli occhi. Era così tanto che non sentiva sulla pelle quel tocco che un tempo era stato così familiare. Anche Eren e Levi si erano alzati dal pavimento. Eren, nonostante fosse più alto, si accoccolò tra le braccia del maggiore. Poi Levi sollevò lo sguardo e incontrò quello dei genitori di Eren. Delicatamente spostò il ragazzo da se e con un paio di passi fu davanti alla coppia.
- Levi Ackerman, è un piacere conoscervi finalmente. Ho sentito tante cose su di voi. – disse con tono gentile, tendendo la mano verso la coppia. Eren gli era andato acconto e guardava i genitori. Carla sorrise e, invece di stringere la mano, lo avvolse in un abbraccio – Sono così felice di conoscerti. Grazie per esserti preso cura del mio bambino, grazie per tutto quello che hai fatto per lui. Non saprò mai esprimerti quanto ti sia riconoscente. –
Dire che Levi era in imbarazzo era minimizzare. L’unica persona che lui riusciva ad abbracciare senza sembrare un pezzo di legno era Eren, quindi quando tentativamente circondò le spalle della donna, si sentì davvero molto stupido per il modo imbranato con cui lo stava facendo. Eren aveva preso tutto da sua madre. Oltre ad essere praticamente uguale a lei nell’aspetto, aveva la stessa dolcezza e irruenza. Entrambi non avevano paura di mostrare le loro emozioni ed era entrambi molto espansivi. – Non mi deve ingraziare. Non esiste cosa che non avrei fatto e che non farei per Eren. È stato lui a compiere il miracolo. – disse con sincerità. La donna si staccò e regalò al capitano un caldo sorriso. Levi si sentì subito in famiglia. Grisha gli tese la mano, e Levi prontamente la strinse. – Mamma, papà forse dovrei raccontarvi come sono andate le cose, oltre la storia che ci viene fatta studiare… - i due genitori stavano per dire che già sapevano, ma la voce di Levi li precedette. – Non gli hai detto nulla? Eren! - - Faceva troppo male dirlo ad alta voce e ho sempre posticipato. – si difese il ragazzo. Levi sbuffò e scompigliandogli i capelli borbottò – Moccioso. –
Carla e Grisha sorrisero a quella scenetta: nonostante il suo fare burbero, l’amore per Eren trapelava ad ogni gesto. Carla venne loro incontro – Mentre eravate impegnati a stare sdraiati in terra, Mikasa ci ha raccontato tutto. Questo non vuol dire che non ti torchierò fino a che non mi avrai raccontato ogni minimo particolare, signorino. – Eren arrossì a quelle parole, e con lui Levi, ma annuì e sorrise.
Nel frattempo Armin e Erwin si erano avvicinati all’anziano che li guardava sorridenti – Erwin Smith, è un piacere conoscerla signor Arlert. – l’uomo si alzò e strinse la mano del comandante. – Nonno… - cominciò Armin ma fu subito interrotto – No, tranquillo. Mikasa mi ha detto tutto. Non devi scusarti, non so immaginare cosa stessi provando per tutti questi anni. Sono orgoglioso di te. – disse con amore e poi si rivolse al comandante – E quanto a te ragazzone, benvenuto in famiglia. Grazie per esserti preso cura del mio angelo. – Erwin annuì solennemente e disse – E ho intenzione di continuare a farlo fino al mio ultimo giorno. E spero che arriverà un po’ più tardi dell’ultima volta. – provò a scherzare, ma la battuta gli valse solo una manata nello stomaco da Armin – Troppo presto Erwin, troppo presto. – e il maggiore si scusò. Il nonno rise. Quei due erano proprio perfetti l’uno per l’altro.

- EREEENNNN! – una voce urlò e sul volto del ragazzo si disegnò un sorriso. – Capo squadra!!!- e i due si abbracciarono. – Il mio piccolo gigante preferito. -  disse e Eren scoppiò a ridere. Gli era mancata anche lei, che, nonostante la lieve follia, considerava come una figura materna. Poi vide la squadra Levi e scoppiò a piangere, prontamente seppellito dagli abbracci dei quattro. Hange invece era andata a stringere Armin che rideva e la abbracciava a sua volta.
 
Tutti stavano raccontando cosa erano le loro vite ora, senza più mostri alti metri a minacciare la loro tranquillità. Eren stava dietro Levi, che fingeva di esserne disturbato, con il mento appoggiato sulla sua spalla. Erwin invece stringeva Armin da dietro. – Io e Eren abbiamo da poco iniziato l’università, abbiamo preso Legge. Mikasa invece è entrata alla scuola di polizia insieme a Jean. Connie e Sasha fanno una scuola di cucina. Marco, voi non lo conoscete, studia per fare il maestro d’asilo, insieme a Historia. Ymir invece studia economia. – stava appunto dicendo il ragazzo dai capelli biondi. Ad Erwin scappava da ridere – Legge? Perché avete scelto entrambi legge? – chiese. Armin si fece pensieroso un secondo per poi rispondere – Beh, la mia capacità maggiore è sempre stata l’oratoria. Dopo essere riuscito a convincere l’esercito a non far uccidere Eren dopo che era uscito dal corpo di un gigante di diciassette metri, senza neanche sapere bene cosa stesse succedendo, posso tirare fuori chiunque dal carcere. Eren invece ha sempre avuto il pallino della giustizia e punire che sbagliava, che nuoceva gli altri. Era indeciso tra legge o seguire Mikasa in polizia, ma non voleva avere nulla a che fare con il combattere. Non in questa vita. Perché me lo chiedi? –
Erwin e Levi si guardarono divertiti. Quei due erano sempre gli stessi, non erano cambiati di una virgola. – Io e Levi abbiamo uno studio legale in centro. In realtà è uno dei più famosi in città. E le nostre motivazioni, quando ci iscrivemmo alla scuola di legge, erano identiche alle vostre. Io sono sempre stato bravo con le parole e giurisprudenza mi era sempre sembrata la scelta più ovvia, mentre Levi non voleva più fare giustizia con la violenza e optò per legge anche lui. Anche i ragazzi della squadra sono avvocati, sono tirocinanti da noi. -  Armin e Eren si guardarono per lunghi attimi – Ma, ma. Ma noi abbiamo ricercato tutti gli studi legali della città, il vostro non è mai venuto fuori. E sicuramente, se siete professionisti, avrei dovuto trovare qualcosa su internet, quando vi cercavamo. – Armin era interdetto. Loro avevano spulciato ogni angolo del web, senza nessun risultato. Levi li guardava stupito. - Ma noi abbiamo un nostro sito web. Come potete non averlo trovato? –
Armin ci pensò su un po’ – Probabilmente dovevamo rincontrarci solo di persona. Non poteva essere coinvolto altro che il contatto fisico. È l’unica spiegazione che mi viene in mente. – gli altri tre risolsero che probabilmente era così e comunque, a quel punto, poco importava. Si erano ritrovati, erano di nuovo insieme. Cioè dello stare insieme non avevano ancora parlato, ma sembrava ovvio.

Con aria disinteressata Armin si rivolse a Erwin – A parte il lavoro, tutto il resto va bene? Non so, sei fidanzato o sposa… - ma la risata dell’ex comandante non lo fece finire. – Armin, fin da quando ho riavuto i miei ricordi, a dieci anni, non ho fatto altro che cercarti, anche se ancora non eri nato. Amo solo te, ho sempre amato solo te. Sei solo tu che voglio. – gli disse con espressione intenerita, stringendolo a se. Armin sorrise compiaciuto, circondando le braccia intorno alla vita del maggiore. Anche Eren allora guardò Levi con fare interrogativo, fece per aprire bocca ma Levi lo anticipò – Moccioso, lo stesso vale per me. Già ho te, figuriamoci se vado a mettermi all’anima un altro accollo, mi basti e avanzi tu. – ma la carezza sui capelli con cui accompagnò quelle parole le rendeva davvero poco credibili. Eren, che ormai era abituato a leggere tra le righe con Levi, sospirò felice e quasi si mise a fare le fusa.
- Visto che il locale è chiuso al pubblico, che ne dite di mangiare qualcosa? – disse Carla e il suo suggerimento fu subito accolto con gioia.
- Levi devi assolutamente assaggiare la cucina di mamma, è la migliore del mondo. – Levi sorrise e annuì.

Mentre nel caso di Erwin e Armin, era evidente a tutti come i due uomini potessero essere compatibili, Eren e Levi avevano sempre lasciato incredule le persone. Erano agli antipodi in tutto, quei due. Eren era una palletta di energia, entusiasmo e reazioni spropositate; rideva e andava d’accordo con tutti, e tutti lo adoravano. Non pensava alle conseguenze e si buttava a capo fitto nelle cose. Si faceva trasportare dalle emozioni e raramente usava il raziocinio. Levi invece era esattamente il contrario: sempre composto e con un’espressione illeggibile in volto, le uniche emozioni che mostrava agli altri erano l’indifferenza e la rabbia. Le persone cercavano di non stargli troppo tra i piedi. Aveva sempre un piano di azione in mente e non lasciava quasi mai che le sue emozioni offuscassero il suo giudizio. A vederli così sembravano due persone totalmente incompatibili, ma quando si trattava di Levi, Eren diventava accorto e serio. Giudizioso e pacato. Levi invece, solo con Eren riusciva a lasciarsi andare un po’e lasciava che il ragazzo vedesse quello che era precluso a tutti gli altri: il cuore e l’anima di Levi. Ed era questo a renderli perfetti l’uno per l’altro: due persone imperfette che però insieme riuscivano a modellarsi in modo tale da far incastrare i loro difetti alla perfezione. La cena trascorse allegramente. Grisha fu totalmente preso in ostaggio da Hange che lo tempestò con tutte le domande che avrebbe voluto fargli nell’altra vita; Levi, ammettendo che Eren aveva ragione, aveva ricoperto la suocera di complimenti. Quella era davvero la cucina migliore del mondo. Erwin, Armin e il nonno di Armin avevano parlato fitto fitto per tutto il tempo; l’anziano si era fatto raccontare delle loro vite precedenti e i due avevano acconsentito volentieri.
Era solo una, la cosa di cui nessuno dei quattro voleva parlare. Le loro morti. C’erano stati degli accenni, ma nessuno di loro ne aveva parlato apertamente, non avevano parlato di sentimenti, di quello che avevano provato. E soprattutto non aveva mai parlato della morte del loro compagno. Ognuno aveva accennato alla propria, ma mai a quella della persona amata. Fu in realtà Mikasa a rompere quel taboo che si era creato, chiedendo ad Armin perché si fosse gettato in combattimento con un gigante che sapeva che non avrebbe potuto sconfiggere in un combattimento normale, figuriamoci con l’ultimo paio di lame spezzate e smussate.  Erwin e Armin si irrigidirono visibilmente e il più giovane abbassò lo sguardo. – Mikasa non è il... – provò a dire Hange ma fu interrotta dalla flebile ma sicura voce di Armin – Erwin non sarebbe sopravvissuto. Non sono mai stato uno sciocco, avevo capito che non sarebbe tornato a casa, avevo capito l’entità delle sue ferite. So che sembra esagerato ma tu, vedendo Jean in quelle condizioni, non avresti fatto lo stesso? L’avrei affrontato anche a mani nude, non mi sarebbe importato. Ho sempre avuto paura di morire, e tu lo sai, ma in quel momento la mia paura più grande era sopravvivere, dover ricostruire la mia vita senza Erwin. Non volevo morire, non ho mai sopportato chi diceva “voglio morire” ma allo stesso tempo aveva paura di sopravvivere, perché sapevo che comunque non avrei potuto vivere. La mia vita sarebbe stata un’esistenza a metà. E questo mi spaventava più della morte. Sono morto in maniera pacifica, nonostante l’inferno che imperversava intorno a noi. Sono morto senza alcun rimpianto. Sono morto nello stesso modo in cui avrei vissuto tutta la mia vita, se ne avessi avuto la possibilità: accanto alla persona più importante per me. – Armin concluse il suo discorso, senza alzare gli occhi dalle mani che teneva in grembo. Nessuno fiatava, qualcuno piangeva silenziosamente, ma, a sorpresa, Erwin sorrise. Quello era il suo amore. Questo era quello che lo aveva fatto innamorare di Armin: la sua risolutezza e la sua assoluta lucidità. Levi aveva preso la mano di Eren tra le sue, come per assicurarsi che il ragazzo fosse realmente li. Mikasa annuì debolmente. Jean invece guardò Eren. – Dal momento che non ne volevi mai parlare, non te l’ho mai chiesto: cosa è successo dopo che siamo morti Eren? Voglio dire, lo abbiamo studiato ma tu eri lì, sei stato l’ultimo. Le nostre morti sono servite? – Eren lo guardò e sorrise tristemente – Si faccia di cavallo. Sono state fondamentali. Vedervi combattere come leoni, vedervi cadere da eroi. È stato quello a darmi forza. Ogni vostra morte, ha spezzato il mio cuore un po’ alla volta e mi ha dato la furia, la rabbia cieca per fare una strage. È vero che è bastata la mia morte per finire tutto ma vi giuro, sulle vostre morti, che prima di soccombere ho mandato all’altro mondo più bastardi possibile. E alla fine la beffa finale: non mi hanno avuto, la vostra memoria mi ha fatto trovare la forza di finire me stesso, prima che mi prendessero. E non solo non hanno riconquistato la coordinata, ma la mia morte li ha annientati. Quindi si, se la guerra è finita come è finita è perché ho fatto mio il vostro sacrificio. Non avrei mai lasciato che fosse vano. – quello era Eren. Mentre pronunciava quelle parole aveva assunto l’espressione che nella vita precedente lo aveva distinto. Quella che affettuosamente chiamavano la sua espressione “folle ammazza giganti”, un’espressione tanto intensa da spaventare i tre adulti. L’espressione che aveva inconsciamente fatto capitolare Levi già al loro primo incontro, quando aveva parlato per la pria volta con quello strano ragazzino in quella cella.

Tutto sarebbe stato normale, d’ora in poi. Erano tutti profondamente segnati, ma ora che si erano ritrovati, avrebbero passato la vita a cercare di aggiustarsi a vicenda. Erano di nuovo insieme, e tutto sarebbe andato bene. Stavolta avrebbero vissuto a pieno questa seconda opportunità.
 
Un ringraziamento speciale alla mia Consuocera Afaneia, che è sempre pronta a sentire i miei scleri!!!
  
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