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Autore: Leila 95    10/04/2018    5 recensioni
Han Solo è tornato, dopo aver trascorso gli ultimi mesi imprigionato in un blocco di grafite e aver decorato con il suo corpo il palazzo di Jabba. (Missing Moment da "Il Ritorno dello Jedi")
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Dal diario di bordo del Capitano Solo'
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IL RITORNO DI HAN SOLO
 
Non avrei mai immaginato che la vita potesse essere così meravigliosa.
È proprio vero che ci si accorge dell’importanza e della bellezza delle cose solo quando ce le portano via: dubito che avrei mai potuto elaborare un pensiero tanto ottimista se non avessi trascorso gli ultimi sei mesi imprigionato in un blocco di grafite. Non che ricordi granché di ciò che è successo – anzi, in realtà non ricordo proprio niente, aldilà del momento in cui mi hanno buttato in quella specie di fornace piena di gas carbonio. L’ultimo ricordo che ho sono gli sguardi angosciati di Chewie e di Leia mentre silenziosamente mi dicono addio, convinti che sia per sempre. E invece il destino aveva in mente un altro piano per me, mi ha dato una possibilità per ricominciare a vivere e per essere una persona migliore di quella che ero prima.
È grazie ai miei amici che sono qui, grazie al loro rocambolesco piano – a quanto pare opera del neo-cavaliere Jedi Luke Skywalker, e ciò spiega alcune pesanti falle nella sua organizzazione – che sono ritornato tutto intero a bordo della mia amata astronave e che ora stringo a me la dolce principessina che ha posto fine alla mia prigionia.
“Posso?” le chiedo.
La sento annuire debolmente, mentre si affida al tocco delle mie mani. Con un po’ di difficoltà riesco a sganciare il collare di metallo che le stringe la gola e lo scaglio via, lontano da noi. Oltre a non riuscire a vedere null’altro che ombre, le mie dita sono come intorpidite dall’ibernazione e non sono in grado di muoverle tanto bene, tuttavia voglio essere io a liberarla da queste catene, da questo completino tanto succinto quanto volgare che invece di valorizzare il suo corpo perfetto lo svilisce e lo priva di qualsiasi importanza.
Ho le mani che tremano mentre l’accarezzo, finalmente nuda, e riprendo confidenza con le sue curve. È più magra dell’ultima volta in cui ho avuto il piacere di toccarla: gli ultimi mesi devono essere stati pesanti da tollerare e devono aver inciso in modo devastante sulla sua salute fisica e mentale.
Tutto per colpa mia, continuo a ripetermi con rabbia. Tutto per permettermi di tornare.
Una parte di me vorrebbe che lei non mi avesse mai conosciuto: se non si fosse innamorata di un delinquente come me, tutto questo non sarebbe successo. E invece Leia Amidala Organa, ultima principessa di Alderaan, ha mandato al diavolo tutto ciò che aveva a cuore per venirmi a cercare, per salvarmi. Non so se si rende conto del valore che ha per me questo suo gesto, che lei sembra aver compiuto in modo istintivo, senza averci pensato troppo su.
È rigida nel mio abbraccio, sento che non si sta lasciando andare. “Ti dà fastidio se ti tocco?”
“No. No, affatto. È solo che…dopo essere stata toccata da quei vermi schifosi…” Sospira, come a volersi trattenere dal dire di più. “Mi sento…sporca, ecco tutto. Sarà meglio cha vada a farmi una doccia.”
Volevo chiederle se quei bastardi le avessero fatto del male, se l’avessero violentata, ma le sue parole taglienti mi hanno già risposto: non l’hanno forse violata spogliandola dei suoi vestiti, mettendola a nudo ed esponendo il suo corpo allo sguardo di tutti? So bene qual è il triste destino delle ballerine dei gangster, perché ho vissuto anche io in quegli ambienti malsani e per troppo tempo: le donne, di qualsiasi specie, non sono altro che oggetti per il piacere di mani e occhi pervertiti e malati. Leia non è rimasta con Jabba troppo a lungo per subire la violenza carnale, ma quella psicologica sì.
“Scusami, piccola” mormoro a denti stretti.
“E perché ti scusi? Non sei stato tu a mettermi in questo stato.”
“No, ma è solo per colpa mia che tu…”
“Non iniziare, Han” mi interrompe. “Sono stata io a volerlo fare, a scegliere di andare nel covo di quei porci e di piegarmi a questo. Lo rifarei senza pensarci troppo per salvarti…farei qualsiasi cosa per te.”
Non so che dire. Non ho parole per esprimere la mia gratitudine nei confronti di questa donna.
“E poi c’è sempre stato Lando, ad evitare che mi accadesse qualcosa di male” continua. “Sapevo che era lì ad impedire il peggio, eravamo d’accordo.”
Lando. Sia lei che Chewie mi hanno assicurato che si è dato davvero da fare per questo mio salvataggio e che si è pentito di avermi tradito e consegnato a Boba Fett, ma io non riesco ancora a fidarmi di lui, non dopo quello che ha fatto – in fondo, se sono finito ibernato nella grafite al palazzo di Jabba e sono ancora praticamente cieco (spero solo temporaneamente), è solo per colpa sua.
Si svincola dal mio abbraccio e la sento raccogliere qualcosa da terra. “Lasciami andare ora. Torno subito, promesso.” Mi dà un bacio a fior di labbra e mi lascia solo.
A tentoni cerco il letto e mi stendo, non prima di essermi spogliato completamente dei vestiti ancora pieni di sabbia e di polvere del deserto. Sono terribilmente stanco e ciò è assurdo visto che ho passato gli ultimi sei mesi praticamente a dormire, tuttavia non riesco quasi a tenere gli occhi aperti tale è la pesantezza che sento – per non parlare del fatto che ho tutte le membra indolenzite e ogni muscolo del corpo che geme di dolore.
Non appena mi stendo sono avvolto dall’inconfondibile profumo della principessa. Le lenzuola, il cuscino odorano di lei: immagino che in questi mesi frenetici lei abbia continuato a dormire nella mia cabina, sul letto che ha visto nascere il nostro dolcissimo amore nel viaggio verso Bespin compiuto una manciata di mesi fa, anche se io non c’ero – forse per sentire meno la mia mancanza. Sapere di rappresentare così tanto per una persona forte ed indipendente come la guerriera che ho imparato a conoscere negli ultimi tre anni, di essere importante per qualcuno come lei, mi stringe il cuore in gola.
 
Non appena esce dal bagno si stende accanto a me e sospira mentre si lascia stringere forte. La sua pelle ora è fresca, pulita, profumata, e i capelli che prima aveva raccolti in una castigata treccia adesso sono sciolti e le ricadono sulle spalle in morbide onde.  “Sei stupenda” sussurro al suo orecchio.
“Come fai a dirlo? Neanche riesci a vedermi!”
“Non ho bisogno di vederti, ti conosco a memoria.”
Fa una risatina poco convinta poi mi abbraccia a sua volta. “L’ho ammazzato” dice dopo qualche momento.
“Chi?”
“Jabba. L’ho ucciso con le mie mani.” Posso sentire la fierezza nel tono della sua voce mentre mi confessa quello che comunque è un crimine orrendo, uccidere un altro essere, specie per una leader pacifista come lei. “Ora non potrà più farti del male.”
“Non ti facevo così vendicativa, dolcezza.”
“Quel viscido lumacone ti teneva appeso alla parete come un quadro…non si meritava di vivere.”
Jabba non meritava di vivere, anche se non mi avesse tenuto prigioniero tutto questo tempo: era un essere immondo, spregevole, putrescente, bravo a sfruttare i contrabbandieri pazzi e disperati come me e a pretendere pagamenti degni di un usuraio. La sua organizzazione criminale, ora per fortuna andata a picco come il suo galeone, ha dettato legge nella galassia per troppo tempo…era ora che le cose cambiassero e che un po’ di quel marciume venisse eliminato.
 
“Mi sei mancato, Han” confessa a un tratto. “Non mi riuscivo a dare pace a saperti nelle grinfie di quel gangster, a non averti accanto a me, consapevole di non stare facendo abbastanza per salvarti…non hai idea di cosa ha significato per me vederti imprigionato nella grafite, su Bespin. Questi ultimi mesi sono stati davvero terribili…”
“Ehi, sono qui adesso.” La bacio più volte fra i capelli e sulle guance. “Sono qui, e intendo restarci.”
Mi prende il volto fra le mani, e io mi maledico per non poter ammirare i suoi meravigliosi occhi castani che mi hanno stregato dal primo momento in cui li ho visti. “Ti amo e non potrei sopportare di nuovo di restare lontana da te per tutto questo tempo. Non riesco ancora a capire come abbia fatto a non impazzire.”
Istintivamente le nostre labbra si cercano e si assaporano con frenesia. Quanto ho desiderato sentire il suo sapore in questi ultimi giorni di prigionia al palazzo di Jabba: avrei voluto baciarla già tempo fa, ma sapevo che questo momento di ricongiungimento necessitava di un’intimità che fino ad ora non abbiamo avuto. Anche se non la riesco a vedere, sento che sta piangendo silenziosamente, ansimando piano contro le mie labbra, e quasi con terrore mi rendo conto improvvisamente che le lacrime che inumidiscono le mie guance non sono di Leia, ma stanno scivolando via dai miei occhi. Non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho pianto, forse quando ero ragazzino. Non ho mai mostrato la mia debolezza, neanche davanti alle più atroci torture, neanche di fronte a Vader. Ma Leia ormai conosce tutto di me: ha tirato fuori il peggio di me nei nostri litigi ma anche il meglio, un meglio che mi era completamente sconosciuto e che non pensavo di possedere – quindi non mi vergogno di piangere davanti a lei, insieme a lei. Piango perché sono felice di essere ancora vivo e di stringere questa fantastica donna fra le mie braccia, che mi ama incondizionatamente: mi ha strappato da un sonno senza fine e mi ha riportato alla vita solo per amore, senza secondi fini e senza risparmiarsi. Vorrei dirle che anche io la amo, come non ho mai amato niente e nessuno in vita mia, e che non smetterò mai di esserle grato per ciò che ha fatto per me, ma sono un codardo e le parole non riescono a uscirmi dalla bocca.
Appoggia la testa sul mio petto nudo, premendo l’orecchio sul mio cuore che batte solo grazie a lei. Vuole sentire che sono vivo e che adesso sono con lei, finalmente. “Bentornato, Han.”
 
Il sonno ci coglie così, stretti l’uno all’altra, mentre il rassicurante rollio del Falcon ci culla dolcemente.

 
FINE
   
 
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