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Autore: Shainareth    12/04/2018    7 recensioni
«Giochiamo con le bambole!»
La sua babysitter sbiancò e le corse dietro anche per timore che potesse capitombolare giù durante l’arrampicata. «Manon, non puoi pretendere che Adrien…!»
«Ma lui può muovere Chat Noir!»
Adrien che impersonava Chat Noir? Che idea balorda, pensò Marinette, scuotendo il capo con disappunto, mentre già la bambina prendeva possesso dei pupazzi di stoffa e andava a sparpagliarli tutti sul tappeto al centro della stanza. «Non credo che questo basterebbe a fargli accettare di giocare con le bambole», tentò di dissuaderla l’altra.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Manon, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BAMBOLE




«Avrei bisogno degli appunti di chimica, accidenti…» borbottò Adrien alla fine dell’ora, dopo l’annuncio, da parte di madame Mendeleiev, che di lì a due giorni ci sarebbe stato un compito in classe. Il giovane era stato assente per un brutto raffreddore e aveva finito per perdere alcune lezioni, pertanto aveva rivolto uno sguardo a Nino in cerca di aiuto. «Posso passare da te, più tardi? Giusto il tempo di copiarli.»
   Prima ancora che l’altro potesse rispondere, Alya si fece avanti con prepotenza, avviticchiandosi al suo braccio. «Io e Nino abbiamo un impegno, dopo la scuola», annunciò, spiazzando anzitutto il suo stesso innamorato, dal momento che quella era una novità anche per lui. Poiché Nino non era un idiota, capì immediatamente che la ragazza doveva essersi inventata quella storia per un motivo preciso, e credette di aver già intuito quale. Senza contraddirla, si limitò quindi a sorridere in attesa che lei continuasse a parlare. Cosa che, difatti, avvenne un attimo dopo. «Però puoi chiederli a Marinette.» Per l’appunto. «Abita anche a due passi da scuola, quindi risparmierai parecchio tempo e avrai il resto del pomeriggio per studiare.»
   «Hai ragione, non ci avevo pensato», convenne Adrien, che neanche per un secondo aveva dubitato dell’onestà delle parole della compagna di classe. «Vado a chiederglielo», disse allora, lieto di quella trovata. Si avviò verso l’amica, intenta a scambiare due chiacchiere con Rose, e attese che le due si accorgessero di lui prima di avanzare la sua richiesta.
   Quando lo notarono, Marinette ammutolì e l’altra si esibì in uno squittio ed un’espressione talmente estasiata che Adrien ne rimase stranito. «Vi lascio soli!» cinguettò Rose, saltellando via tutta contenta.
   Davanti a quell’insolito comportamento, il giovane aggrottò un sopracciglio. «C-Ciao, Adrien…» farfugliò l’altra ragazza, rimasta immobile al suo posto.
   Lui tornò a guardarla, rivolgendole un sorriso di scuse. «Non volevo interrompervi.»
   «Non era nulla di importante, tranquillo», ridacchiò Marinette, iniziando a torturarsi uno dei codini fra le mani. «Cosa posso fare per te?» s’interessò di sapere, sperando di non incespicare nelle proprie parole, come accadeva troppo spesso.
   «Avrei bisogno di un favore», iniziò Adrien, vagamente in imbarazzo. «Sai, la settimana scorsa ho saltato un paio di giorni di scuola e mi servirebbero gli appunti di chimica per il prossimo compito in classe.»
   Mossa come sempre dal suo buon cuore, lei riprese coraggio e smise di giocherellare nervosamente con i capelli. «Posso prestarti i miei», disse con un sorriso, anticipando la sua esplicita richiesta. «Puoi passare da me alla fine delle lezioni, se vuoi.»
   «Te ne sarei davvero grato», rispose l’altro, sentendosi rincuorato davanti alla solita, meravigliosa generosità della ragazza.
   Mademoiselle Bustier entrò in classe in quel momento e loro furono costretti a tornare ai loro posti senza avere il tempo di dirsi altro. Marinette, però, aprì la borsetta che portava con sé e, cercando di passare inosservata anzitutto ad Alya che le sedeva accanto, scambiò uno sguardo d’intesa con Tikki, ben nascosta nella piccola tracolla. Senza esser visto, il kwami volò via trapassando indisturbato i muri della scuola. Direzione: camera di Marinette. Obiettivo: far sparire ogni foto di Adrien dalle pareti e dalle superfici.
   La ragazza ebbe tutto il tempo per metabolizzare la cosa: Adrien sarebbe venuto da lei di lì a poco e con tutta probabilità si sarebbero fermati a chiacchierare per un po’. O almeno questa era la sua speranza. Avrebbe potuto offrirgli qualcuno dei dolci di suo padre – Adrien ne andava ghiotto, dopotutto – e magari avrebbe potuto chiedergli se gli andava di sfidarla di nuovo ai videogiochi… sì, poteva essere un buon piano per trascorrere del tempo insieme, tanto più che i suoi sarebbero stati un bel po’ indaffarati al negozio.
   Ci aveva creduto così tanto, in quelle due ore scarse che la separavano da quel magico momento, che quando condusse il giovane in casa, rimase del tutto impreparata a ciò che li accolse quando aprì la porta d’ingresso. «Marinette!» esclamò gioiosa Manon, saltando giù dal divano per correre ad abbracciarla.
   Presa del tutto in contropiede, la ragazza alzò due occhi interrogativi in direzione di sua madre, che sembrò tirare un grosso sospiro di sollievo. «Meno male che sei tornata presto…» le disse infatti. «Madame Chamack ha avuto un’emergenza al lavoro e ha chiesto di poter lasciare la bambina qui, perché nessun altro poteva aiutarla.»
   «Ma… mamma… Proprio oggi?» protestò Marinette, mentre Manon già era scappata a salutare Adrien, col quale aveva condiviso degli scatti al parco diverso tempo prima.
   Fu allora che Sabine si accorse della presenza del giovane e si portò una mano davanti alla bocca con aria stupita. «Non avevo idea che avessi ospiti…» sussurrò alla figlia in tono dispiaciuto. «È solo che oggi io e tuo padre abbiamo così tanto da fare, giù al negozio…»
   «Nessun problema», intervenne Adrien, un sorriso ad illuminargli il volto allegro. «Prendo gli appunti e vado via.»
   Marinette vide ogni speranza crollare e sentì nitidamente il cuore fare crack. Questo almeno fino a che Manon non afferrò il giovane per una mano e prese a trascinarlo verso l’interno dell’appartamento. «Non andartene! Gioca con noi!»
   «Manon, non essere invadente», cercò di farla ragionare la ragazza, temendo che Adrien potesse infastidirsi per la cosa. «Sicuramente avrà da fare…»
   «Mi farebbe piacere, invece», la smentì inaspettatamente lui, che in realtà aveva un debole per i bambini e si divertiva in loro compagnia. «Posso rimanere?»
   Quella richiesta così spontanea ed educata mandò in tilt Marinette e sciolse il cuore di Sabine, che subito annuì con convinzione. «Te ne sarei grata», disse  al posto della figlia, ormai incapace di spiccicare parola. «Più tardi vi porterò qualcosa per fare merenda», promise, affrettandosi a scendere di sotto quando udì Tom chiamarla a gran voce per sollecitarla a dargli una mano. «Buon divertimento!»
   La donna quasi non fece in tempo a scendere di sotto, che già Manon saltellava allegra verso le scale che l’avrebbero condotta in camera di Marinette. «Giochiamo con le bambole!»
   La sua babysitter sbiancò e le corse dietro anche per timore che potesse capitombolare giù durante l’arrampicata. «Manon, non puoi pretendere che Adrien…!»
   «Ma lui può muovere Chat Noir!»
   Adrien che impersonava Chat Noir? Che idea balorda, pensò Marinette, scuotendo il capo con disappunto, mentre già la bambina prendeva possesso dei pupazzi di stoffa e andava a sparpagliarli tutti sul tappeto al centro della stanza. «Non credo che questo basterebbe a fargli accettare di giocare con le bambole», tentò di dissuaderla l’altra.
   «Potrebbe essere divertente, invece», la contraddisse lo stesso giovane, che le aveva seguite fin lì e già guardava con fare interessato le bambole. Dopotutto, quando la piccola Manon era stata akumizzata, tempo prima, era rimasto affascinato da quelle miniature piuttosto fedeli agli originali. «Le hai fatte tu?» chiese a Marinette, che lo stava guardando con aria decisamente meravigliata per via della sua ultima affermazione.
   Lei arrossì appena e abbozzò un sorriso a mezza bocca. «Sì, beh… per far giocare Manon quando viene qui…» spiegò in visibile imbarazzo. Quest’ultimo passò quando la ragazza parve ricordarsi di qualcosa. «Quasi dimenticavo», annunciò difatti, frugando in giro per la stanza e mostrando poco dopo un’altra bambolina. «Guarda, Manon, ne ho fatta una nuova.»
   «Rena Rouge!» esclamò ammirato Adrien, mentre già la bambina balzellava entusiasta per quel nuovo giocattolo. Vide Marinette fissarlo con nuovo stupore e si lasciò andare ad una risatina nervosa. «Sì, beh… ho sentito parlare di questa nuova eroina… non che io l’abbia vista, ma dal momento che indossa quel costume… ho pensato che non potesse essere altri che lei. A meno che non sia Volpina, certo…»
   «È Rena Rouge», confermò la ragazza, che al nome di Volpina aveva storto il naso.
   «Chi è?» domandò Manon, che si stava rigirando il pupazzo fra le manine paffute. «Non l’ho mai vista.»
   «Ma come?» la stuzzicò Marinette, con fare tronfio. «Non hai mai sentito parlare della collega di Ladybug e Chat Noir?»
   «Anche lei sconfigge i cattivi?» volle sapere la bambina, rivolgendole due occhioni curiosi.
   «Mi sembra ovvio», confermò l’altra.
   «E cosa fa?»
   Si sedette a terra, così da iniziare il loro gioco senza ulteriori indugi. Dopotutto, come si poteva resistere al faccino di Manon? «Beh, neanch’io l’ho mai vista, ma mi hanno raccontato che Rena Rouge è capace di suonare un flauto magico che crea tutte le illusioni che lei vuole», prese a raccontare, accompagnando le parole con i movimenti delle mani per enfatizzare il tutto.
   «Cos’è un’illusione
   «Quella che mi ero creata io prima di tornare a casa…» le sfuggì di bocca in un sospiro, prima di rendersi conto che l’oggetto della propria, romantica illusione era a meno di due metri da lei. Ridacchiò e riprese il controllo di sé, mentre il giovane lasciava da parte la borsa con i libri e si accomodava accanto a loro, prendendo le bambole fra le dita per guardarle più da vicino. «Un’illusione, Manon», riprese Marinette, cercando di mantenere il controllo delle proprie emozioni – e ciò le riusciva difficilissimo, dal momento che il profumo della pelle di Adrien le arrivava dritto al cervello, «è una sorta di… ehm…»
   «Miraggio?» le suggerì lui, dimostrando di stare ascoltando ogni cosa.
   «Come quello che si vede nei cartoni animati?» domandò ancora la bambina, che stava divorando con gli occhi la nuova eroina che adesso Marinette stava muovendo sotto al suo nasino. «Quando uno è nel deserto e pensa di vedere l’acqua invece non c’è niente?»
   «Proprio così», confermò la ragazza. «Rena Rouge può far apparire delle cose che in realtà non esistono, anche se noi le vediamo lo stesso.»
   «Anche gli unicorni?»
   «Anche i draghi.»
   A quella rivelazione, Manon trattenne il fiato così rumorosamente che gli altri due scoppiarono a ridere. «Voglio essere io, Rena Rouge!» esclamò allora, allungando di nuovo le braccia verso la bambola.
   «Ma come?» la prese affettuosamente in giro Marinette. «Tu non volevi essere sempre Ladybug?»
   «Sì, ma Ladybug non può far comparire i draghi!»
   «Eh… no, quello no, in effetti…» dovette riconoscere, mentre Manon le metteva con prepotenza fra le mani Lady Wifi, affibbiandole così il ruolo di cattiva, e dava, come promesso, il pupazzo di Chat Noir ad Adrien.
   Questi aggrottò un sopracciglio. «Senza Ladybug, però, non possiamo purificare l’akuma.» Marinette lo fissò in tralice e lui precisò con un certo orgoglio: «Ho fatto i compiti sul Ladyblog
   «A proposito di compiti!» saltò su la ragazza. «Devo darti gli appunti!»
   Fece per alzarsi, ma il giovane la fermò per un polso, tirandola gentilmente giù. «Ci penseremo dopo. Ora credo che qualcuno, qui, stia fremendo dalla voglia di sguinzagliarti contro un’orda di draghi.»
   «Yu-uh!» fu il commento poco entusiasta di Marinette, osservando Manon che già faceva volteggiare Rena Rouge a mezz’aria, fantasticando chissà cosa nella sua adorabile testolina. «Sul serio non ti pesa…?» volle sincerarsi un’ultima volta la ragazza, sussurrando quelle parole in direzione del compagno di classe.
   Lui sorrise con allegria. «Dimentichi che per molti anni ho avuto solo Chloé come amica», rispose, stringendosi nelle spalle. Ciò significava quindi che Adrien aveva già giocato con le bambole, da piccolo? Quella notizia sorprese Marinette, ma solo fino ad un certo punto: visto il carattere prepotente di Chloé, non era da escludere che avesse costretto il suo amico ad assecondarla riguardo a certe questioni.
   Di lì a poco, comunque, il gioco cominciò davvero e, come c’era da aspettarsi, Manon iniziò a far apparire draghi, sirene, unicorni e finanche un essere dal nome irripetibile e dall’aspetto ben poco chiaro ai due adolescenti, che tuttavia si guardarono bene dal protestare e assecondarono le fantasie della piccola. Almeno fino a che lei non dichiarò di aver sconfitto Lady Wifi. «Il bene trionfa sempre!» esclamò pimpante, salterellando a destra e a manca.
   «Mia valorosa collega», la richiamò sull’attenti Adrien, che per tutto il tempo si era divertito molto più di quanto Marinette si fosse aspettata. «Non siamo ancora fuori pericolo!» Manon tornò a guardarlo, questa volta con stupore. «Ricordi? Abbiamo bisogno di purificare l’akuma
   Nel dirlo, il giovane prese la bambola dell’eroina a pois, che era rimasta inutilizzata fino a quel momento, e la passò alla compagna di classe, che accennò un sorriso. «Questo è un compito per Ladybug!» si annunciò allora, affiancando il proprio alter ego in miniatura a quello di Chat Noir.
   Come un riflesso incondizionato, Adrien non poté fare a meno di calarsi nella parte: fece sì che il suo pupazzo si avvicinasse di più a quello di Ladybug e le prendesse il braccino. «Mi sei mancata, my lady», commentò soltanto, mimando, già che c’era, persino un baciamano. Marinette lo fissò con tanto d’occhi, troppo stupita per spiccicare parola: Adrien lo aveva fatto davvero? «Ladybug?» si sentì chiamare poi, tornando così con i piedi per terra. «Che ne dici di festeggiare con un bacio?»
   «Ah… ehm…» balbettò, sentendosi vagamente confusa. Vide il sorriso sulle labbra di Manon e capì che almeno lei stava continuando a divertirsi, perciò… perché non fare altrettanto? «Stai al tuo posto, chaton», affermò allora, spingendo via la bambola di Chat Noir da quella di Ladybug. «Non abbiamo tempo per questo genere di cose. L’akuma ha la priorità!»
   «Almeno non ha detto di no…» constatò l’eroe mascherato, mentre Adrien se la rideva sotto ai baffi con aria soddisfatta e Marinette, di nuovo presa in contropiede, stavolta si lasciava andare ad una risatina divertita.
   «Mamma dice che Ladybug e Chat Noir sono fidanzati», commentò a cuor leggero Manon, trafiggendoli con i suoi occhioni castani.
   «No che non lo sono!» scattò subito sulla difensiva la ragazza, stanca del fatto che, nonostante tutte le smentite, madame Chamack continuasse a pensarla diversamente.
   «Beh… potremmo sempre lasciar loro il beneficio del dubbio…» azzardò Adrien, che sotto sotto sperava sempre che Ladybug cambiasse idea in proposito.
   Marinette si voltò a fissarlo con espressione oltraggiata, quasi come se lui avesse appena bestemmiato davanti alla bambina. «Hanno detto e ripetuto di no!»
   «Lo ha detto Ladybug», precisò l’altro, non capendo perché lei ci tenesse tanto a negare la cosa. «Chat Noir mi è sembrato molto più ben disposto a…»
   «Per forza!» sbottò la ragazza, mordendosi la lingua un attimo dopo. Non poteva rivelare di essere a conoscenza dei sentimenti di Chat Noir, quella era una confidenza che lui le aveva fatto e che, con tutta probabilità, sarebbe dovuta rimanere fra loro. Sospirò, preferendo lasciar cadere lì la polemica e metterla sul gioco. «Purifichiamo l’akuma e riportiamo tutto alla normalità!» esclamò, fingendo di fare ciò che aveva appena detto.
   «Ben fatto!» affermò allora Adrien, porgendo il pugno di Chat Noir a Ladybug, che subito ricambiò il gesto. Si ritrovò intrappolata di nuovo fra le dita dell’amico, che mimò un secondo baciamano, facendo entusiasmare Manon. «E ora…»
   «E ora te ne torni di nuovo al tuo posto, micetto», ripeté la ragazza, liberandosi dalla presa.
   «Cavoli, Marinette…» si lagnò il giovane, pur ridendo della propria sfortuna. «Che devo fare per avere un tuo bacio?» Solo quando la vide diventare rossa come un peperone si rese conto di quanto fosse dannatamente fraintendibile ciò che aveva detto e subito s’affrettò a correggere il tiro, arrossendo a sua volta. «C-Cioè! Intendevo dire… per avere un bacio di Ladybug, ecco!»
   Pur ancora in forte imbarazzo, Marinette tornò a respirare più o meno normalmente e agitò la bambolina di Ladybug davanti a quella di Chat Noir. «Non accadrà, chaton, mettiti il cuore in pace.»
   «Giammai!» volle chiarire lui, a scanso di equivoci, mentre Adrien mimava, tramite la miniatura, dei movimenti teatrali che divertirono le sue compagne di giochi.
   «E allora dovrai rassegnarti a ricevere altri rifiuti», lo mise in guardia l’altra.
   «Così mi spezzi le gambe!»
   «Che dovrei fare? Illuderti inutilmente? Sarebbe crudele.»
   «Ti conquisterò, invece.» E quando Adrien sentì Marinette lasciarsi andare ad un verso beffardo, s’impuntò peggio di prima. «Vedrai, sarai talmente affascinata da me che…»
   «Non succederà», ripeté lei, serafica, spingendo di nuovo via il pupazzo di Chat Noir che si era avvicinato pericolosamente al suo.
   «Potresti almeno darmi una possibilità!»
   «Non fai una bella figura, continuando ad implorare l’amore di una donna…»
   «Non sto implorando. Vorrei solo farti notare che sono tutto ciò che si possa desiderare in un uomo.» Marinette scoppiò a ridere e Adrien ci rimase male: aveva davvero così poca considerazione di Chat Noir? «Ehi, non è carino… Cos’ha che non va, questo povero gattino?»
   «Proprio niente», lo rassicurò lei, cercando di tornare seria. «È solo che… sei dannatamente bravo ad imitarlo», spiegò allora, facendolo irrigidire appena.
   Si era lasciato andare così tanto? Adrien cercò di porre rimedio alla cosa e rise con lei. «Te l’ho detto, ho fatto i compiti sul Ladyblog…»
   «Beh, li ho fatti anch’io», replicò la ragazza, tornando al gioco. «Perciò, mon chaton, le cose fra noi non cambieranno mai.»
   «Nemmeno se ti offrissi una cena a lume di candela?»
   «Nemmeno se mi offrissi un castello.»
   «Potrei permettermelo, sai?»
   «Adesso cerchi di corrompermi con il denaro?»
   «No, cercavo solo un luogo adatto alla tua regale bellezza.»
   «Che adulatore…»
   Presi com’erano dal gioco e dai loro botta e risposta perfettamente in linea con i loro ruoli, nessuno dei due si accorse dell’arrivo di Sabine, salita in camera per portare loro croissant e succo di frutta, come preannunciato. Vedendoli del tutto assorbiti da quella recita fatta di flirt e ammiccamenti, proprio come se fossero stati i veri Ladybug e Chat Noir, la donna spostò lo sguardo su Manon, che ora se ne stava accanto alla chaise-longue, intenta a giocare da sola con Rena Rouge e Rogercop. Fu lei ad accorgersi dell’arrivo della merenda e subito corse incontro a Sabine, che si accovacciò sui talloni e, dandole un croissant e una carezza, le domandò sottovoce: «Non dovresti giocare con loro?»
   La bimba fece spallucce. «È da un po’ che si sono dimenticati di me… ma va bene così: non sono per niente bravi come Ladybug e Chat Noir. Loro non si perderebbero mai in tutte quelle smancerie», borbottò, fissando i due ragazzi con un certo disappunto, del tutto inconsapevole che quella a cui stavano assistendo era nientemeno che la più insospettabile delle verità.












Shot dedicata a Raffy Chan, una delle mie pusher ufficiali di fanart sulla serie (e mia scovatrice di copertine), nonché mia compagna di scleri Adrinette e di imprecazioni contro il fandom che solleva inutili polveroni. XD È a lei che devo l'idea per questa storia, perciò mi sembra il minimo dedicargliela interamente (anche perché mi ha fatto persino da cavia, leggendola in anteprima e dandomi dei preziosi consigli per il finale). ♥
Colgo l'occasione per ringraziarla di tutto cuore anche per le chiacchierate e le risate, ma soprattutto per la sua innata gentilezza. ♥
Detto ciò, vi do appuntamento a lunedì mattina con l'ultimo capitolo di Lucky Charm (spero di rispondere al più presto alle vostre recensioni, perdonate il solito ritardo!).
Buona giornata! ♥
Shainareth





  
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