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Autore: Teo5Astor    13/04/2018    15 recensioni
Se l'Inferno del mondo di Dragon Ball fosse strutturato come quello descritto da Dante nella Divina Commedia, quale personaggio mandereste nel III Cerchio insieme ai Golosi?
Storia partecipante al contest “Il Diavolo e l’acqua Santa” indetto da Ssjd e Vegeta_Sutcliffe sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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III Cerchio: Golosi
 
 
Un’esplosione.
La mia esplosione.
Tutto ciò che ricordo è quella luce abbagliante.
Dolce energia purissima.
Dio, se era buona.
Kacha.
Ne avrei ingerita ancora, se solo avessi potuto.
Ancora.
E ancora di più.
Quell’energia ammaliante, attraente. Da godere fino allo sfinimento.
Un’ebbrezza dei sensi.
Quella luce così intensa…uhm…
Pura energia ottica, quella che ho sempre bramato con tutto me stesso fin dalla mia nascita sul Pianeta delle Tenebre.
Quella luce sfolgorante, incantevole. Magnetica.
Kacha.
Bella da stare male, ma soprattutto bene.
Non una bellezza che luccica, piuttosto una bellezza che brucia.
Che brucia forte, egoista e ruvida.
Che brucia finché non ti consuma.
 
Se solo non ci fosse stato quel boato. Un terremoto in un campo minato.
Se solo non avessi esagerato…
Se solo la mia ingordigia non mi avesse sopraffatto in quel momento…
Però, quanto era buona quell’energia!
Sento ancora il suo sapore dentro di me.
Il suo calore attraversarmi fino a scuotermi l’anima.
Uno shock elettrico che dalle mie papille gustative si diffondeva alla velocità della luce all’interno del mio corpo.
Le vene e le arterie che pompavano ovunque spinte dal mio cuore quell’inebriante sapore.
Fino ad ottenebrare il mio cervello.
La ragione sopraffatta dall’istinto.
Un orgasmo infinito.
Non potevo fermarmi, non volevo rinunciare a quel dolce sapore.
Avrei voluto che quel travolgente orgasmo non finisse mai.
Che quel Saiyan continuasse a sprigionare più energia cosicché io potessi proseguire il mio banchetto.
Il mio folle godimento, quel ballo sfrenato dei sensi guidati dal gusto.
Non avevo la lucidità di capire che quel ballo, in realtà, non era altro che una danza macabra.
Il preludio della mia autodistruzione. Del mio Requiem.
Non capivo che nel giro di un attimo quella luce abbagliante mi avrebbe fatto sprofondare nelle tenebre eterne.
È questione di un istante.
Dalla luce alle tenebre.
Dalla vita alla morte.
Dalla libertà alla dannazione.
Kacha.
 
Sono esploso avvolto nel piacere dei sensi.
Il corpo traboccante di quella squisita luminosità.
Sì, Saiyan, dammene ancora un po’.
Solo un altro po’.
Kacha.
Talmente preso a divorare quel pasto delizioso da non provare alcun dolore.
Sì, è stata una morte dolce, la mia.
Come una mosca che affoga nel miele.
 
E adesso?
Dove mi trovo adesso?
Osservo le mie mani. Grandi, verdi. Forti. Gli artigli neri e lucidi.
Anche la lunga e mortale falce pronta ad erompere dal mio avambraccio è al suo posto.
Mi tocco le spalle. Sì, sento anche gli spuntoni che fuoriescono dalle mie scapole.
La mia testa, incassata.
Riesco a intravedere la “M” marchiata al centro del mio petto.
“M” come Majin.
“M” come mangiare.
“M” come morire.
Tocco con gli artigli i denti affilati all’interno della mia larga bocca.
Sì, sento anche la bava che mi cola.
Ho fame.
Dio, quanto vorrei mangiare ancora un po’ di quella luce.
Risucchiare un po’ di quell’energia ottica.
Straripare di godimento.
Kacha.
 
Ma che posto è, questo?
Cosa diceva poco fa quella specie di gigante all’ingresso dell’Aldilà?
Mi pare si chiamasse Re Enma.
In realtà non mi interessa più di tanto il suo nome.
Io voglio solo divorare altra luce.
Godere.
Farmi sopraffare dal piacere.
Avere un altro orgasmo di energia ottica.
Kacha.
 
Una pioggia incessante, mista a neve e grandine, mi risveglia dal mio famelico sogno ad occhi aperti.
Una pioggia costante, scura. Lurida.
Nell’aria si espande un odore nauseabondo.
Un odore acre. Di morte e di escrementi.
Fa freddo. Tanto freddo.
Un ringhio, un latrato, un ululato.
Sei puntini rossi come il fuoco pugnalano quell’oscurità malsana.
Sei occhi, che si guardano attorno in modo frenetico.
Delle urla strazianti. Grida umane. Strilli di dolore e di panico.
Cerco di osservare meglio quell’ambiente.
E lo vedo.
Un gigantesco mostro a tre teste dalle sembianze di un cane feroce.
Zanne affilate, artigli letali.
Peluria intorno alle fauci unta di bava e fango.
Guardo con orrore alcune anime dannate provare a scappare da quell’essere immondo, stringersi le une alle altre.
Ma è tutto inutile.
Quella belva le raggiunge facilmente.
Le squarta, le dilania, le divora.
Sembra avere una fame senza fine, la frenesia dei suoi movimenti è pari solo alla sua famelicità.
 
Ho paura.
Il panico inizia a montare dentro di me.
Quella luce deliziosa è ormai solo un lontano ricordo.
Vorrei vomitare, altro che mangiare.
Scappare. Devo scappare. Non voglio farmi divorare!
Sento un movimento sotto i miei piedi, come se la terra iniziasse a muoversi.
Vedo distintamente un corpo umano ricomporsi sotto di me dalla melma, pezzo dopo pezzo.
Come fossero i pezzi di un puzzle espulsi dal corpo di quel mostro a tre teste dopo averli digeriti.
Sono costretto a indietreggiare, mentre l’anima dannata cerca di sfuggire alla brama della belva.
Affondo i piedi nel fango.
Sprofondo, spinto dalla gelida pioggia incessante.
Non riesco a muovermi, non posso scappare.
Il tremendo odore di quel luogo avvolge i miei sensi.
Solo il panico mi fa restare in piedi.
Ma non basta stare in piedi, devo fuggire.
La bestia a tre teste ha posato su di me i suoi sei occhi famelici.
Quello sguardo fiammeggiante fa bruciare di paura il mio corpo infreddolito.
Urlo tutta la mia disperazione, tento follemente la fuga.
Ma è tutto inutile.
Le mie, sono grida che nessuno sente.
 
Vengo squartato da quegli artigli, dilaniato da quelle fauci.
Ridotto a brandelli.
Divorato. Ingerito.
Espulso.
Senza potermene quasi rendere conto.
Sommerso da un dolore atroce.
Martoriato da una sofferenza immane.
 
Mi ritrovo nella melma immonda, a cercare di ricomporre il mio corpo. Lentamente ma inesorabilmente.
Le lacrime amare che sgorgano dai miei occhi si mischiano alla pioggia lurida, mentre il mio volto riprende forma e riemerge dal fango.
Ora so dove sono finito.
Solo adesso riesco a ricordare le parole di Re Enma:
«Nella tua vita hai commesso tanti peccati, ma è stata una brama insaziabile e immotivata a farti finire qui! La tua vera colpa è l’incapacità di contenerti. Infatti, come la tua infinita fame di potere ti ha spinto ad abbracciare la folle causa del mago Babidy, così la tua insaziabile gola ti ha fatto mangiare fino a scoppiare. Fino a morire.
Ti sei macchiato di un peccato di gola!
Ti condanno ad essere flagellato da una gelida pioggia eterna e ad essere straziato da Cerbero!
Ho deciso: finirai all’Inferno, nel III Cerchio!
Sconterai la tua pena insieme agli altri golosi.
Porta i miei saluti a Cerbero. È un bravo cagnone, a modo suo.
Sono sicuro che gli piacerai.
Addio, Yakon».
   
 
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