Thunder
Pioggia.
Clic
Tuono.
Clic
Fulmine.
Clic
Ricordo…
Il ragazzino dai capelli biondi sembrava
indifferente alla pioggia. Se ne stava a naso in su, a guardare il cielo, e
tutto l’azzurro sembrava essersi riversato nei suoi occhi. Non era solo
pioggia, no, era una tempesta. E lui se ne stava là a inzupparsi come un
pulcino. Ma cosa gli prendeva?
Quando si avvicinò,
notò che aveva qualcosa in mano. In un primo momento non se n’era
accorto. Era una macchina fotografica.
Come al solito, il ragazzino
si accorse della sua presenza prima ancora che lui potesse parlare. Si voltò
a guardarlo. Non sorrise, non disse niente. Il giovane gli si fece più
vicino e indicò la macchina.
«La pioggia scrosciante
ti sembra uno spettacolo irripetibile?»
Il ragazzino si voltò e
guardò di nuovo il cielo. Gocce di pioggia gli imperlavano il viso di
bambino cresciuto troppo in fretta. Sembravano lacrime.
«Sto aspettando.»
«Che cosa?»
Non gli rispose. A volte lo
faceva; a volte non sapeva spiegarsi con le parole. Erano quelle le volte che
lo sentiva più vicino a sé.
Il giovane lo guardava,
rispettando il suo silenzio, chiedendosi per quanto tempo ancora avrebbe avuto
il diritto di guardare dentro quegli occhi azzurri.
Un tuono lontano. Se lo
sentì nella cassa toracica, là dove avrebbe dovuto esserci un
insulso battito, quello che faceva la differenza.
A quel rumore, il ragazzino
sorrise.
«Sai perché il
lampo viene sempre prima del tuono?»
Lui annuì.
«La luce è
più veloce del suono.»
Il ragazzino chiuse gli occhi.
«Ci sono così
tante cose che non capiremo mai. Possiamo arrivare a possedere il mondo intero,
e ancora non capirlo.» Sollevò la macchina fotografica. Lui si accorse
che la stringeva forte: le nocche gli erano sbiancate. «Quelle poche cose
che abbiamo davvero non sono altro che fulmini. Improvvisi. Veloci. Però
forti.»
Non capiva cosa volesse dire. Tacque.
«Non ti viene mai voglia
di fermare tutto?»
Quella domanda inaspettata lo
fece sorridere. Un sorriso storto, come la pioggia.
«Praticamente sempre.»
Poi ci fu il fulmine.
Il ragazzino ebbe un movimento
improvviso.
Clic.
Non aveva nemmeno aperto gli
occhi.
Due secondi dopo, ci fu il
tuono.
Il ragazzino tolse l’istantanea
dalla macchina e gliela porse, tornando a guardarlo in viso.
«Purtroppo, non capita
più di una volta nella vita, di fermare un fulmine.»
Il giovane prese la foto. La guardò.
Vide una lunga linea di luce seghettata in un cielo nero di nubi e acqua sporca
in un mondo ancora più nero e sporco.
Capì, e la comprensione
gli provocò un flusso di tristezza e rabbia e frustrazione.
Accanto a lui, il ragazzino
sospirò e sollevò di nuovo lo sguardo.
«Mi mancherai, Axel.»
Forse erano davvero
lacrime quelle sul suo viso.
Clic
Ultimo
scatto.
Clic
Ultimo
attimo passato.
Si
ferma. Guarda le immagini, ma sa già che non ci è riuscito.
Non
capita più di una volta nella vita, di fermare un fulmine.
Provare
e riprovare non serve a niente. La tua possibilità l’hai
già avuta. Ed è passata.
Non
sono solo gocce di pioggia quelle che cadono sulle fotografie.
Due
secondi dopo, arriva il tuono.
Se
lo sente là, nella cassa toracica, là dove il vuoto si è
fatto ancora più vuoto.
Anche tu mi manchi, Roxas.
Clic.
Non
so perché l’ho scritta. Non so come
l’ho scritta. Immagino che la depressione faccia di questi effetti.
Oggi
qui c’è stato un temporale pazzesco. Non ho mai avuto paura dei
tuoni in vita mia, eppure oggi – oggi che ho assistito ad un temporale
dalla macchina, quindi da un vetro sul mondo, invece che al sicuro in casa –
ho provato una strana inquietudine, che è andata a sommarsi a mille
altri pensieri che avevo per la testa ultimamente – in breve, sto
passando un periodo lievemente emo. La tristezza che ho dentro da quando ho
scoperto Kingdom Hearts 358/2 days,
poi, ha fatto il resto.
Cosa
stavo cercando di dire? Ah, sì. Non siate troppo duri. So che è
una shot molto confusa, ma è scritta davvero col cuore. Forse più
col cuore che col cervello, dopotutto.