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Autore: Hana_Weasley    23/04/2018    3 recensioni
"Jungkook non si era stupito quando il cappello parlante lo aveva smistato in Serpeverde. Anzi, a dirla tutta era rimasto abbastanza sorpreso dall’indecisione che l’oggetto animato aveva avuto nei suoi confronti. Gli aveva detto che il suo animo sembrava incarnare alla perfezione i valori e le qualità di tutte e quattro le casate di Hogwarts ma forse, forse tra i Serpeverde sarebbe stato meglio.
A Jungkook sembrava solo una scusa dovuta all’origine della sua famiglia."
Jungkook è appena entrato ad Hogwarts ma si ritrova completamente isolato a causa della sua timidezza. Un giorno però, un Grifondoro gli si avvicina e grazie a lui ed il suo gruppo d'amici, Jungkook può finalmente sconfiggere le insicurezze.
Genere: Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'BTS meet HARRY POTTER'
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Voi non avete idea da quanti anni avessi in mente questo progetto! Ma solo adesso sono riuscita a renderlo concreto...
Beh, meglio tardi che mai!
Questa fanfiction in realtà sarà solo la prima di una raccolta di altre che blubblicherò nei prossimi mesi a tema BTS x Harry Potter. In ognuna di esse cercherò di presentare un po' tutti i personaggi e le loro storie nell'universo di Hogwarts.

Piccole note su questa raccolta:
- La storia è ambientata dopo la Guerra Magica, quindi a scuola non ci saranno i personaggi di Harry Potter
- Ci saranno alcune ship che si svilupperanno nel corso del tempo, alcune saranno esplicitate, altre le lascerò scovare a voi.
- Per il momento ho in mente altre cinque OS, ma con il tempo potrebbero aumentare, chissà
Have fun!



You Make Me Begin


Jungkook non si era stupito quando il cappello parlante lo aveva smistato in Serpeverde. Anzi, a dirla tutta era rimasto abbastanza sorpreso dall’indecisione che l’oggetto animato aveva avuto nei suoi confronti. Gli aveva detto che il suo animo sembrava incarnare alla perfezione i valori e le qualità di tutte e quattro le casate di Hogwarts ma forse, forse tra i Serpeverde sarebbe stato meglio.
A Jungkook sembrava solo una scusa dovuta all’origine della sua famiglia.
 
La famiglia Jeon, infatti, era una delle le casate più antiche tra i Serpeverde ed una delle poche che, dopo la grande guerra, era sopravvissuta. Jungkook era cresciuto a cavallo tra due grandi ere, era nato un anno prima della guerra quindi ricordava davvero poco dell’accaduto, tutto ciò che sapeva lo aveva imparato da quello che aveva letto nei libri o da quello che gli era stato raccontato da terzi.
Sapeva che un mago cattivo aveva tentato di conquistare il mondo magico. Voldemort, così si faceva chiamare e il ragazzino, solo a sentire quel nome si sentiva il corpo percosso da brividi.
Sapeva che un altro coraggioso mago, insieme a tanti altri, avevano lottato per la libertà della comunità magica.
 
Tuttavia, ogni volta che Jungkook chiedeva qualcosa ai suoi genitori, quelli gli rispondevano che Voldemort non era così malvagio come sembrava, che erano i mezzosangue a farlo apparire in quel modo, non che Jungkook avesse idea di cosa volesse dire la parola “mezzosangue”.
Crescendo aveva però imparato che i suoi genitori erano stati dalla parte di Voldemort, lo aveva capito dai commenti sprezzanti che facevano quando parlavano dei babbani, lo aveva capito quando una sera aveva sentito sua madre dire al padre “Si stava così bene quando c’era il Signore Oscuro.”
 
L’undicenne si avviò verso la lunga tavolata di Serpeverde e venne accolto da delle pacche sulla spalla e delle urla di gioia da parte di quelli che, di lì a sette anni, sarebbero stati i suoi compagni.
Essendo cresciuto in una famiglia di maghi, per Jungkook entrare ad Hogwarts e imparare a fare magie non era una così grande novità, non era qualcosa per cui entusiasmarsi. Fin da quando era piccolo era stato a contatto con creature magiche, bacchette e strani intrugli. Naturalmente era elettrizzato all’idea di poter imparare finalmente a gestire i suoi poteri, ma nel giro di qualche mese, tutto l’entusiasmo iniziale cominciò a svanire.
 
Jungkook non si trovava male ad Hogwarts, tutto sommato le lezioni erano interessanti (tutte tranne Storia della Magia, nella quale Jungkook non si vergognava di ammettere di essere tremendo), il cibo era ottimo e il castello aveva molte aree tranquille nelle quali poter rintanarsi per studiare o per rilassarsi.
Tuttavia, il ragazzino soffriva di solitudine. Non era mai stato una persona troppo socievole, a dire il vero, ma da quando era ad Hogwarts non gli era rimasto più nessuno, neppure i suoi genitori. Aveva solo un gatto grigio striato a fargli compagnia, ma un animale era una cosa completamente diversa da un amico.
 
Jungkook non sapeva neppure dire perché fosse così timido, forse erano gli sguardi degli altri bambini che gli mettevano soggezione in passato, forse era l’atteggiamento delle madri che allontanavano i propri figli quando scoprivano qual’era la sua famiglia. Forse era semplicemente Jungkook ad essere sbagliato.
 
Così il ragazzino nel tempo libero vagava per i corridoi di Hogwarts, alla ricerca di un angolo inesplorato e solitario dove poter rimanere solo con i propri pensieri, dove non sentirsi oppresso o ancora più solo nel vedere gli altri ragazzi parlare e ridere tra di loro. Leggeva molti libri che trovava in biblioteca, soprattutto fiabe, si esercitava negli incantesimi che aveva imparato a lezione, chiudeva gli occhi e si perdeva nei suoi stessi pensieri.
In cuor suo Jungkook aveva sperato di aprirsi un po’ arrivando ad Hogwarts ma si era reso conto che non era così semplice come sembrava, non quando si aveva sempre paura di venire giudicati o di dire la cosa sbagliata. Non quando ti sentivi inferiore a tutti. Ma Jungkook decise di tenere duro, per se stesso e per il suo futuro.
 
I problemi cominciarono ad arrivare quando gli altri ragazzi cominciarono ad evitarlo proprio a causa della sua timidezza.
All’inizio Jungkook non se ne era accorto, abituato a stare sempre solo. Aveva cominciato a rendersi conto che qualcosa stesse cambiando quando gli altri ragazzi, soprattutto i suoi compagni serpeverde che erano più a contatto con lui, cominciarono ad evitarlo, lasciandolo nel banco da solo durante le lezioni, guardandolo di sottecchi sussurrandosi a vicenda qualcosa.
E Jungkook cercò di non pensarci, cercò di non guardarli, di concentrarsi su se stesso, ma era un bambino di undici anni e tutta quella solitudine lo stava lentamente distruggendo.
“Cos’ho che non va?” chiese al suo gattino, una sera, trovandosi solo nel dormitorio. Il gatto gli si avvicinò e si accoccolò al suo fianco, lasciandosi accarezzare la testolina dal suo padrone e facendogli le fusa e Jungkook sorrise tristemente, sperando di poter essere anche lui amato e apprezzato con il suo micio.
 
Un pomeriggio, stava girando indisturbato per uno dei corridoi esterni del castello, i libri sotto braccio e la testa bassa, quando si sentì spingere da qualcosa, o meglio qualcuno.
Jungkook, preso alla sprovvista, cadde a terra ed i suoi libri si sparpagliarono per tutto il pavimento. Pensando si fosse trattato di un incidente, il ragazzino cominciò a raccattare in silenzio le sue cose e lentamente si rialzò da terra, lisciandosi il mantello sgualcito.
Di fronte a sé si parò un ragazzo, sicuramente di qualche anno più grande, che troneggiava di fronte a lui, il petto all’infuori che metteva in bella vista lo stemma di Grifondoro stampato sul gilet e sul volto una smorfia. Jungkook deglutì spaventato e rimase immobile, non avendo idea di cosa l’altro ragazzo volesse da lui.
 
Quello gli si avvicinò minacciosamente e gli puntò un dito sul petto, pressando e facendo fare una piccola smorfia di dolore a Jungkook.
“Smettila di sentirti importante e di ignorare le persone, non sei letteralmente nessuno. Non ci importa chi siano i tuoi genitori, tu non sei nessuno.” Gli disse il Grifondoro che poi se ne andò come se nulla fosse, come se le sue parole non avessero profondamente turbato l’animo di Jungkook, mentre il gruppetto di ragazzi che si era riunito ad osservare la scena ridacchiava discretamente.
 
Il ragazzino rimase immobile, al centro del corridoio, incapace di potersi muovere, mentre intorno a lui la folla aveva ripreso a passare indisturbata. Ma Jungkook non riusciva a sentirla, non riusciva a sentire i migliaia di passi dei ragazzi, il vociferare, le urla, le risate.
Jungkook aveva la testa completamente vuota e un rumore sordo gli rimbombava nelle orecchie insieme alla frase del Grifondoro ripetuta all’infinito, come un mantra.
Era davvero quella l’impressione che Jungkook dava di sé? Le persone pensavano davvero che Jungkook si sentisse più importante di loro a causa della sua famiglia? Al punto da ignorarli di proposito? Jungkook davvero non riusciva a capacitarsene, soprattutto perché lui mai, mai in quei mesi aveva pensato qualcosa di simile. Era per quello, quindi, che i compagni avevano cominciato ad escluderlo ancora di più?
 
Aria.
Jungkook aveva bisogno di aria, sentiva la gola bruciare per l’impellente bisogno di piangere, sentiva incredibilmente caldo e soprattutto non riusciva a respirare come si deve. A mala pena riusciva a reggersi sulle proprie gambe che tremavano in modo incontrollato.
Cercò di allontanarsi dalla folla il più in fretta possibile ed entrò nel primo bagno disponibile.
Jungkook incrociò il suo stesso sguardo allo specchio sopra il lavello e si osservò. I capelli neri gli ricadevano sugli occhioni grossi e spauriti, il volto era più pallido del solito e la sua camicia era sgualcita per la caduta di poco fa.
Quella persona che vedeva allo specchio davvero era stata inconsapevolmente cattiva con i suoi compagni? Davvero aveva dato loro l’impressione di essere una persona snob?
Il pensiero di aver arrecato a loro dolore e di essere una persona malvagia colpì in pieno il piccolo Jungkook che scoppiò a piangere e si lasciò cadere a terra, poggiando la schiena contro la porta di uno dei bagni.
 
Jungkook si coprì il viso con le mani e si lasciò andare, piangendo tutto quello che aveva trattenuto dentro nei precedenti due mesi. La solitudine, la paura, la malinconia e infine l’odio dei suoi compagni. Non si trattenne e tirò fuori tutto, piangendo disperato e singhiozzando rumorosamente.
Non si accorse della figura ignara della situazione che uscì da uno dei bagni, non si accorse dello sguardo allarmato che questi gli riservò né sentì i suoi passi avvicinarsi.
Jungkook si rese conto dell’effettiva presenza di qualcun altro nel bagno solo quando sentì una delicata mano posarsi sulla sua spalla.
 
Il ragazzino trasalì sorpreso e spalancando i suoi occhi scambiò uno sguardo con il ragazzo poco più grande di lui che lo osservava con apprensione. Con orrore di Jungkook, si rese conto che egli era un Grifondoro e pensando allo spiacevole incontro avvenuto poco prima, si allontanò strisciando e piagnucolando.
Il ragazzo però non parve capire l’antifona perché si abbassò per raggiungere la sua stessa altezza, mentre lo sguardo diveniva sempre più preoccupato sul volto, cosa che Jungkook proprio non riusciva a spiegarsi.
“Ehi, che è successo?” chiese e Jungkook spalancò gli occhi. La sua era la voce di un angelo, delicata, confortevole, melodica. E Jungkook non seppe perché, ma un’altra ondata di lacrime lo colpì ed il ragazzino non potette fare a meno di lasciarle sfogare.
Il Grifondoro poggiò una mano sulla sua schiena e prese a muoverla dall’alto in basso, in un tentativo di poter confortare il ragazzino.
 
“Ssh, non piangere, stai tranquillo, va tutto bene.” Continuava a sussurrargli all’orecchio, fino a quando Jungkook non si calmò completamente e chiuse gli occhi, respirando profondamente, tentando di ritornare tranquillo.
“Vuoi raccontarmi quello che ti è successo?” chiese nuovamente il ragazzo e solo in quel momento Jungkook si permise di osservarlo come si deve. Era chiaramente più grande di lui, il viso sembrava amichevole e lievemente paffutello, gli occhi erano sottili. Si poteva dire che il suo era il tipico volto del bambino della porta accanto.
Jungkook decise di fidarsi di lui, perché semplicemente non ce la faceva più a tenersi tutto dentro e aveva bisogno di parlare con qualcuno.
 
“I-io… sono timido e per questo non ho ancora amici qui. Ma hanno frainteso e pensano che io sia così silenzioso perché credo di essere migliore di loro…” cominciò a spiegare il ragazzino.
“Chi ha frainteso?”
“I miei compagni… e prima un G-grifondoro mi ha fatto cadere e mi ha detto di non atteggiarmi.” Continuò, mentre tentava di trattenere le lacrime che premevano per uscire nuovamente.
Il Grifondoro sembrò indignato sentendo ciò che gli era stato raccontato. “Come si permettono! Devi assolutamente dirmi chi è stato, gli darò una bella lezione, così la prossima volta ci penserà due volte prima di prendersela con chi non c’entra!”
Jungkook spalancò la bocca, affascinato dalle parole del ragazzo. “Non hai paura?”
“Perché dovrei averne? Si tratta di difendere una persona innocente, non potrei mai avere paura di questo.” Spiegò, donandogli un sorriso dolcissimo.
 
Si alzò poi, lisciandosi i pantaloni ed aiutando Jungkook a rialzarsi a sua volta.
“Piacere, Park Jimin, sono al terzo anno.” Si presentò.
Jungkook rimase qualche istante in silenzio, dubbioso, e poi si chinò lievemente. “Jeon Jungkook, primo anno.”
Park Jimin allora scoppiò a ridere, e wow, anche la sua risata era melodiosa! “Che carino!” esclamò il Grifondoro.
Jungkook arrossì completamente impreparato a quel complimento e Jimin ridacchiò ancora di più scombinando poi i suoi capelli corvini.
“Bene Jungkook, sei invitato a pranzo dal sottoscritto!”
“M-ma io pensavo che bisognasse sedersi al tavolo della propria casata.” Mormorò in imbarazzo.
Jimin gli sorrise nuovamente. “Nha, è un’usanza ormai superata, non c’è più quest’obbligo da qualche anno. Quindi, oggi a pranzo puoi unirti a me, mi troverai al tavolo dei Tassorosso. Ci conto, eh!” gli disse, per poi uscire dal bagno, lasciando il piccolo Jungkook da solo.
Che fosse l’inizio di un’amicizia?
 
Finita l’infernale lezione di Storia della Magia, Jungkook corse di tutta fretta nel seminterrato, là dove si trovava la sala comune di Serpeverde, per posare velocemente i suoi libri e raggiungere la sala da pranzo.
In realtà era ancora insicuro sul da farsi; magari Jimin era stato solo gentile con lui, o magari se ne era pentito, rendendosi conto di quanto fosse solo un piagnone. Jungkook in realtà aveva paura. Aveva paura di conoscere meglio Jimin e poi di deluderlo, aveva paura di essere lasciato di nuovo solo.
Per questo, il tragitto tra la sala comune e quella da pranzo lo fece il più lentamente possibile, pronto a fuggire in qualsiasi momento.
 
Quando si ritrovò di fronte alla sala da pranzo prese un grosso respiro e vi entrò, determinato a mostrare la miglior parte di se stesso al Grifondoro.
Si stava guardando smarrito intorno quando qualcuno parve urlare il suo nome. Jungkook seguì la voce e individuò Park Jimin che sbracciandosi dal tavolo dei Tassorosso gli faceva segno di avvicinarsi.
E così il Serpeverde fece.
Cominciò a camminare fino a quando non raggiunse Jimin, ma spalancò gli occhi sorpreso quando si rese conto che il ragazzo non era solo.
Naturalmente, non poteva essere solo. Jimin non era come lui, aveva sicuramente tantissimi amici.
Ma Jungkook non era bravo in queste cose e aveva seriamente paura di poter rovinare tutto.
“Ragazzi, questo è Jungkook! Ho pensato potesse unirsi a noi.” Disse Jimin ai suoi amici che sorrisero amichevolmente al nuovo arrivato.
“È sicuro di stare bene?” chiese uno di loro, un Corvonero.
Jimin posò subito lo sguardo su Jungkook e gli sorrise incoraggiante, posandogli poi una mano dietro la schiena.
“Sì, Namjoon hyung, è solo molto molto timido. Quindi mi raccomando, andateci piano.” Avvertì il giovane Grifondoro.
Jungkook si sedette, ancora in dubbio se fosse la scelta giusta, accanto a Jimin e cominciò a mangiare mentre osservava con discrezione i ragazzi che aveva di fronte.
Erano tutti più grandi di lui e provenivano tutti da diverse casate. Vi era un altro Grifondoro oltre a Jimin, due Tassorosso, il Corvonero che aveva parlato prima e- oh! c’era anche un altro Serpeverde.
“Allora Jungkook-ssi, ti piace il Quidditch?” chiese uno dei Tassorosso, se Jungkook ricordava bene, Taehyung.
 
 
Da quel giorno, per Jungkook, cambiò tutto.
Senza neppure accorgersene il ragazzino aveva cominciato a passare sempre meno tempo da solo, ritrovandosi a passare gran parte delle sue giornate in compagnia di Jimin ed i suoi amici.
Tutti erano molto premurosi con lui, si prendevano cura del ragazzo e non mancavano mai di abbracciarlo affettuosamente e scompigliargli i capelli.
Per Jungkook era davvero una novità, qualcosa che mai nella sua vita avrebbe immaginato. Eppure davanti a lui vi erano sei ragazzi che sembravano apprezzarlo per quello che era come mai nessuno aveva fatto prima.
Erano rumorosi, battibeccavano anche per le cose più futili, erano combina guai e pasticcioni, ma erano preziosi per il ragazzo e, in tutta sincerità, Jungkook si trovava davvero bene con loro.
 
Taehyung e Hoseok, i due Tassorosso, ogni volta che potevano gli portavano dalle cucine qualche dolcetto, ridacchiando della loro innocua malefatta. Si intrufolavano nella biblioteca, raggiungendo Jungkook che tentava di studiare, e poi tiravano fuori i dolci, condividendoli e chiacchierando del più e del meno, per “addolcirgli la giornata”, così dicevano. Jungkook aveva chiesto loro come facessero a non farsi beccare con del cibo in biblioteca ma i due Tassorosso semplicemente si scambiavano uno sguardo d’intesa e alzando le spalle dicevano: “la bibliotecaria ha un debole per noi.”
 
Seokjin era stato quello a stupire di più Jungkook.
Naturalmente il ragazzino aveva già sentito parlare del Principe Grifondoro, tutti impazzivano per lui, ragazzi e ragazze. Tutti elogiavano la sua bontà d’animo e la sua bellezza regale e i fan club a lui dedicati spuntavano come funghi. Certo Jungkook non si aspettava di poter diventare suo amico né tantomeno che Seokjin potesse essere così tanto gentile e premuroso con lui. Eppure il ragazzo si prendeva più di tutti cura di Jungkook (ad esclusione forse di Jimin) – complice probabilmente la grossa differenza d’età che vi era tra i due. Si preoccupava sempre che avesse mangiato e che riposasse abbastanza ore ma soprattutto era colui che lo portava sul campo da Quidditch ad allenarsi. Jungkook essendo al primo anno non sarebbe potuto ancora entrare a far parte della squadra ma il ragazzino aveva talento da vendere e grazie ai consigli di Seokjin non faceva che migliorare, tanto da attirare l’attenzione del capitano della squadra di Serpeverde che da allora non faceva che pregare Lumacorno di permettere a Jungkook di fare il provino in anticipo.
 
Namjoon si era invece mostrato un prezioso aiuto per la poca – quanto meglio inesistente – voglia di Jungkook di studiare Storia della Magia. Il ragazzo infatti era estremamente intelligente e si era offerto di aiutare il più piccolo a studiare.
Molto spesso però finivano per fare tutt’altro che ripetere sui libri. Namjoon gli raccontava spesso aneddoti sul loro gruppo di amici per poi rendersi conto troppo tardi che avevano sprecato due ore del loro prezioso tempo a spettegolare invece che a studiare.
Ma a Jungkook andava bene così, gli piaceva Namjoon e lo ammirava davvero tanto, quindi, parlare con lui non era noioso o una perdita di tempo.
 
Vi era poi Yoongi, anche lui Serpeverde.
Yoongi era forse colui ad essere più simile caratterialmente a Jungkook. Entrambi erano tranquilli e di poche parole.
Avevano preso l’abitudine di sedersi insieme nella loro sala comune, facendosi compagnia a vicenda, senza il bisogno di dover obbligatoriamente parlare. Spesso Jungkook si allenava con i nuovi incantesimi imparati mentre Yoongi leggeva un libro. A volte Yoongi gli faceva ascoltare della musica babbana e gli chiedeva poi un parere a riguardo.
Il maggiore inoltre, per quanto all’apparenza apparisse come una persona apatica e fredda, era il primo a scattare ogni volta che qualcuno osava rivolgere una parola sprezzante a Jungkook, molto spesso maledicendoli con un incantesimo non verbale, nei quali Yoongi era incredibilmente capace.
 
Ed infine c’era Jimin.
Jimin che si prendeva cura di Jungkook in ogni modo inimmaginabile.
Jimin che dopo aver capito chi avesse fatto piangere Jungkook, urlò contro al ragazzo attirando l’attenzione di tutto il castello e facendolo scusare di fronte al ragazzino.
Jimin gli riservava sempre i sorrisi più luminosi, gli abbracci più calorosi, le parole più dolci.
E Jungkook non lo sapeva cosa fosse quello strano calore che sentiva al petto, ma era qualcosa di piacevole, qualcosa che gli stringeva il cuore in una dolce morsa ogni volta che posava lo sguardo sulla figura del Grifondoro.
E diamine, Jimin era completamente l’opposto di come i suoi genitori avevano sempre descritto i Grifondoro e non gli importava cosa loro avrebbero pensato se fossero venuti a conoscenza dell’amicizia che legava i due ragazzi, Jungkook era sicuro che per Jimin avrebbe lottato, così come il maggiore non ci aveva pensato due volte prima di aiutarlo quel giorno al bagno.
 
Mesi dopo, Jungkook camminava per il corridoio del castello con un grosso sorriso stampato in faccia.
L’estate era praticamente arrivata, gli esami erano quasi terminati e lui aveva un appuntamento.
A passo sicuro arrivò all’esterno del castello, là dove si affacciava il Lago Nero e continuò a camminare, ormai abituato a percorrere quella strada.
Quando vide il grosso e ormai familiare albero, Jungkook non poté frenarsi dal sorridere ancora più ampiamente, cominciando poi a correre per raggiungere i suoi amici che vennero travolti dal peso del giovane Serpeverde, buttatosi scherzosamente su di loro.
Scoppiarono a ridere allegramente, rimettendosi seduti composti sotto l’albero e salutando calorosamente Jungkook che si perse per qualche istante ad osservare la gioia sul volto dei suoi amici, con la stessa meraviglia con la quale si osserva un quadro di Van Gogh.
In cuor suo, Jungkook era incredibilmente grato a quei sei ragazzi che gli avevano permesso di cominciare a vivere davvero.
Un giorno glielo avrebbe detto.
  
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