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Autore: Ode To Joy    28/04/2018    1 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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XV
Tentazione




Lotor aveva vissuto sulla Nave Madre gran parte della sua vita e non aveva mai saputo dell’esistenza di una lavanderia.

“Te l’ho detto, Rurgr mi ha spiegato dove trovare l’occorrente per pulire ed Erud mi ha fatto avere le lenzuola pulite,” spiegò Lance, finendo d’infilare le lenzuola dentro quella che insisteva a chiamare lavatrice. “Insieme mi hanno dato le indicazioni per arrivare qui.”

Con il gomito appoggiato su una delle macchine, Lotor lo guardò con le sopracciglia inarcate. “Chi?”

“Oh! Ma non mi ascolti?” Lance sbuffò. “Sono le due guardie che hai lasciato fuori dalla porta della nostra camera. Quello più alto e snello è Erud, quello un po’ più largo è Rurgr.” Storse il naso. “Certo che i nomi Galra non sono proprio musicali.”

“Non esistono più i nomi Galra, a meno che tu non cerchi tra gli uomini più vicini a mio padre,” disse il Principe.

Lance sbatté le palpebre un paio di volte. “Che vuoi dire?”

Lotor scrollò le spalle. “Mi hai raccontato che esistono diverse lingue sul tuo pianeta, che i Terrestri stessi possono avere difficoltà di comunicazione in un luogo diverso da quello in cui sono nati.”

“Sì, l’ho detto.”

“Mi hai anche detto qualcosa riguardo al fatto che i tuoi nonni non apprezzano particolarmente il tuo nome.”

Lance sorrise. “Allora mi ascolti,” disse. “Sì, dicono sia troppo moderno, che è un modo carino per dire troppo americano... Tuttavia, l’America ha ben poco a che fare con l’origine del mio nome.”

“Lo vedi?”

“Vedo cosa?”

“Influenze,” rispose Lotor con un sorrisetto soddisfatto. “Se esistono influenze linguistiche su di un singolo pianeta, immagina in un Impero della portata di quello dei Galra.”

Ancora inginocchiato sul pavimento, Lance giocherellò con l’orlo del lenzuolo distrattamente. “Sono un soldato dell’esercito imperiale, finisco di stanza in un pianeta che non ho mai visto prima e mi ritrovo a dover collaborare con una curatrice del luogo di nome… Uhm… Shay. Vent’anni dopo, ho una bella bambina e penso ad uno nome originale che mi è rimasto impresso per tanto tempo!”

Lotor alzò gli occhi al cielo. “Influenze. Bastava una parola e tu ci hai ricamato sopra una storia.”

“Tu sei uno stronzo noioso ed io sono un fantastico estroverso!” Sbottò Lance, chiudendo l’oblò di quella lavatrice aliena con un po’ troppa forza. “È la prima volta che vedo una macchina che è simile al suo equivalente sulla terra sia per l’uso che per l’aspetto,” aggiunse, osservando il display con interesse.

Dopo un lungo minuto d’immobilità, a Lotor venne il dubbio che si trovasse in difficoltà. “Che cosa c’è?” Domandò pazientemente.

Imbronciato ed orgoglioso, Lance non lo guardò negli occhi. “Non so come si accende,” ammise a voce bassissima, come se si vergognasse.

Lotor sollevò l’angolo della bocca in un ghignetto divertito. Allungò la mano e premette il palmo sul display sopra l’oblò.

L’interno della macchina s’illuminò di una luce viola e Lance, spaventato, fece un saltello all’indietro. Non appena udì il rumore familiare di una lavatrice che girava, rilassò le spalle.

“Oh…” Mormorò. “Il Principe sa usare la lavatrice. Sei da sposare!”

Lotor aggrottò la fronte. “Perchè me lo dici con astio?”

Lance allargò le braccia con fare esasperato. “C’è qualcosa che non sai fare?” Domandò. “Ci sarà pure un modo per farti apparire completamente ridicolo!”

“Ho solo fatto partire una macchina.”

“Oh, caro mio!” Lance sollevò l’indice con fare minaccioso. “Questa non è solo una macchina. Sul mio pianeta, questa è la ragione per cui i matrimoni saltano, è ciò che rende anche il meno appetibile degli uomini uno sposo coi fiocchi!”

Lotor sbattè le palpebre un paio di volte, passò lo sguardo dalla lavatrice al viso del Paladino. “Il mio popolo si massacra pubblicamente in un’arena per provare la propria virilità.”

Lance sgranò gli occhi, poi scoppiò a ridere.

“Sono serio,” disse il Galra, offeso.

“Oh, sì,” Lance rideva ancora. “Lo so! Lo so!” S’iginocchiò a terra una seconda volta per guardare la lavatrice ruotare. “Nella mia casa a Cuba c’era un piccolo angolo lavanderia,” raccontò. “Era sul retro della cucina e c’era questo enorme lavandino, simile ad una tinozza. Quando tornavamo dalla spiaggia, rientravamo dalla porta sul retro e mamma cercava di braccarci, prima che corressimo per tutta casa riempiendola di sabbia. I miei fratelli le sfuggivano sempre, io no. Ero piccolo, riusciva a prendermi al volo e ad infilarmi in quel grande lavandino per lavarmi da capo a piedi. Mia madre m’insaponava i capelli ed io, aggrappato al bordo, guardavo la lavatrice girare e girare… Tutti i colori dei vestiti miei e dei miei fratelli che si confondevano. Non abbiamo mai avuto abiti firmati, io ed i miei fratelli, ma erano sempre colorati. Mi piacciono i colori.”

Lance sbatté le palpebre un paio di volte, come se si fosse appena svegliato da un sogno ad occhi aperti. Sollevò il viso e vide che Lotor era ancora lì e lo ascoltava.

“Non so perchè ti ho raccontato una cosa del genere,” ammise il Paladino Blu.

“Lo fai spesso,” replicò il Principe, guardandolo dall’alto verso il basso.

“Faccio cosa?”

“Parlare liberamente della prima cosa che ti salta in mente in una determinata situazione.”

Lance sorrise nervosamente e scrollò le spalle. “Chiacchiero, non posso farne a meno.”

“Ma non sei abituato ad essere ascoltato,” concluse Lotor.

L’espressione del giovane Terrestre cambiò drasticamente: la luce nostalgica nei suoi occhi blu venne sostituita da qualcosa di più cupo. Non era la prima volta che Lotor scorgeva quell’oscurità sul viso del più giovane. Era già accaduto dopo l’incontro con suo padre e la strega, quando Lance aveva perso la testa ed aveva cercato di andarsene da solo.

“Ho detto qualcosa che ti ha ferito,” disse il Principe.

Lance scosse la testa. “Non è niente.” Poi qualcosa gli tornò alla mente. “Non mi hai ancora parlato di quello che hai visto nel mio sogno.”

Lotor s’irrigidì. “Non c’è molto da dire.”

Il Paladino lo guardò perplesso. “Prima, in camera da letto, sembrava questione di vita o di morte.”

“Se fosse stata davvero questione di vita o di morte, te ne saresti accorto.”

“Allora?” Insistette Lance, incrociando le gambe sul pavimento per stare più comodo. “C’è qualcosa nel mio interrogatorio che il Principe dei Galra ha trovato interessante?”

Lotor appoggiò il mento al pugno chiuso e pensò alle parole giuste da dire. Non ce ne erano. “Siamo stati a letto insieme.”

Il modo in cui Lance inarcò il sopracciglio destro fu esilarante. “Sono stato cieco per un po’ ma sono completamente certo che… No, non è mai successo.”

Lotor alzò gli occhi al cielo. “Sii serio.”

“Sono serio!” Esclamò Lance, le guance rosse. “Non siamo mai andati a letto insieme, io e te. Non ci siamo mai nemmeno baciati. Sì, lo abbiamo quasi fatto, prima che qualcuno si tirasse indietro.”

“Sei ridicolo, lo sai?”

“Quando la strega mi ha interrogato e mi ha chiesto di te, ho avuto un sogno erotico. Sì, lo confesso! A questo punto della storia è chiaro che siamo attratti l’uno dall’altro ma che tu sei troppo stupido per affrontare la situazione.”

“Lance…”

“Quel sogno, però, era buio. Eravamo tutti e due bagnati, forse di pioggia… E, sì, doveva essere coinvolto un letto, perchè sentivo le lenzuola intrecciate alle gambe, ma…”

“Lance, mi hai dato tu il permesso di vedere quell’interrogatorio,” gli ricordò Lotor. “Abbiamo deciso insieme che ci avrebbe reso le cose più facili.”

Lance si mordicchiò il labbro inferiore nervosamente. “Che cosa hai visto?” Domandò timidamente.

“Non mi aspettavo di vedere qualcosa,” disse Lotor. “Il tuo sogno era buio. Credevo che avrei avvertito delle sensazioni, come era accaduto a te.”

“Non è stato così?” Domandò Lance, le guance sempre più rosse.

“Non era buio,” rispose Lotor, si costrinse a non abbassare lo sguardo. “Non era affatto buio.”

Il giovane Terrestre aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “E che cosa… Che cosa hai visto?”

“Eravamo in una piccola camera,” raccontò Lotor, sebbene non ricordasse di essersi guardato molto intorno con il Lance del sogno nudo e disponibile sotto di lui. “C’era il mare fuori dalle finestre.”

Lance sgranò gli occhi. “La mia camera!” Esclamò. “Quella della casa a Cuba, intendo. È la camera della mia infanzia!”

Lotor evitò di fargli notare che esistevano milioni di camere da letto con le finestre che davano sul mare e non solo sul pianeta Terra.

Lance si grattò la nuca. “Ho sognato di fare l’amore nella cameretta della mia infanzia? Non è inquietante?”

“Non lo so, Lance.”

“E che cosa abbiamo fatto?” Domandò il Paladino Blu con curiosità.

Lotor gli lanciò un’occhiata molto eloquente. “Lance…”

“Io non ho visto nulla!” Obiettò l’altro. “Ero sotto l’effetto della quintessenza e quello che sentivo era confuso,” si bloccò, “bellissimo, sì… Ma confuso!”

Lotor si massaggiò la fronte. “È il tuo sogno, sai cosa accade dopo…”

Lance prese a torcersi le dita con nervosismo. “Non è stato confuso per te?”

“Neanche un po’.”

“E come funziona?” Lance sembrava sul punto di esplodere. “Hai avuto una reazione fisica? Anche nel mondo reale, intendo. Oppure…”

Le labbra di Lotor si piegarono in un nuovo ghignetto divertito. “Vuoi sapere se mi sono eccitato?”

Lance rimase senza parole, inchiodato sul pavimento dallo sguardo color indaco del Principe dei Galra.

Il silenzio fu di breve durata. “Certo che ti ho eccitato!” Disse il giovane Terrestre con fare altezzoso. “Sai cosa dicono sul mio pianeta delle bellezze di Cuba?”

“No,” rispose Lotor, secco.

“Beh, dovresti!” Fu l’inutile obiezioni di Lance. Cosa poteva pretendere da qualcuno che conosceva la Terra solo attraverso le sue parole? Niente, ma questo non gli impediva di fare il capriccioso. Si alzò in piedi e si allontanò dalla lavatrice in funzione.

Lotor lo osservò in silenzio, lasciandolo vagare per tutto lo spazio che la grande lavanderia della Nave Madre gli concedeva. Borbottava a bassa voce, Lance ma il Principe non riusciva ad udire una singola parola.

Alla fine, il giovane Paladino nascose il viso tra le mani e prese un respiro profondo, esasperato.

Non disse nulla, ma Lotor non ne aveva bisogno. “Sei arrabbiato.”

“Sì!” Sbottò Lance, sollevando gli occhi blu verso di lui. “Sono arrabbiato!”

“Con me?” Indagò il Principe dei Galra, sebbene la risposta fosse scontata.

Lance avrebbe voluto rispondere sì. Avrebbe voluto urlarlo, insieme ad una lunga serie di frasi poco lusinghiere. Tuttavia, era stato lui a dare il permesso a Lotor di visionare il suo interrogatorio ed era il solo da biasimare per l’orrenda sensazione che gli chiudeva la bocca dello stomaco. Sì, lui e nessun altro.

“Hai fatto l’amore con me,” disse Lance, le braccia incrociate contro il petto e gli occhi lucidi per le lacrime.

Lotor sospirò. “Era sesso e non era reale.”

“Non era solo sesso,” obiettò Lance. “Il sogno è mio, conosco il suo significato.” Gli occhi blu si accesero d’ira. “Perchè lo hai assecondato?”

A Lotor non piacque quel tono di accusa. “Prego?”

“Io non ero lucido durante l’interrogatorio, ma tu ti sei infilato in quel sogno come… Come se fossi in un’altra realtà, no?”

“Non parlare della realtà come se fosse una materia malleabile, Lance,” disse Lotor. “In particolare quando non sai quello che dici. Potresti toccare tasti pericolosi.”

“Lotor!” Lo mise a tacere Lance, arrivandogli di fronte. “Eri lucido, vero? Non subivi passivamente il mio sogno. Tu eri lì.”

Il Galra non comprendeva perchè ci teneva tanto a sentirselo dire. “Sì, Lance,” annuì. “Sì, ero lì. Il tuo sogno mi ha portato in una direzione ed io l’ho assecondato. Opponendomi, avrei potuto danneggiare il materiale dell’interrogatorio e la mia coscienza avrebbe inquinato i frammenti della tua.”

Nonostante la rabbia, Lance lo ascoltava. Lotor lo capiva dal modo attento in cui lo guardava ed annuiva sommessamente alle sue parole, ma i suoi occhi erano ancora pieni di lacrime.

“Hai fatto l’amore con me,” concluse Lance. Abbassò gli occhi e tirò su col naso. “Voglio tornare in camera. Se la lasciamo da sola, questa lavatrice aliena rischia di esplodere, oppure…?”

“Ci penseranno le guardie, glielo ordinerò io,” disse Lotor. “Ti accompagno in camera,” allungò un braccio per toccarlo, ma il Paladino si fece indietro.

Il Principe lo fissò, Lance fece tutto per evitare il suo sguardo.

“Andiamo…” Lotor fu il primo ad uscire dalla stanza ed il Paladino Blu lo seguì.

 
***


”Che cosa sei per lui?”



Effettivamente c’era il mare fuori da quelle finestre.

La prima volta che era stato in quel sogno, Lotor lo aveva solo sentivo ma ora lo vedeva. Era grigio ed in tempesta. Non corrispondeva affatto alla sua idea di bellezza, eppure a Lance piaceva così.

Pioveva ma le persiane erano socchiuse. La brezza fresca gli accarezzò la pelle umida e Lotor rabbrividì, ma non fu una sensazione spiacevole.

“Ehi…” Il Lance del sogno si distese sopra di lui.

Pelle umida contro pelle umida.

Lotor non lo degnò di uno sguardo: si era già perso in lui una volta ed ora voleva guardarsi intorno, studiare i dettagli di quell’illusione onirica.

“A che cosa stai pensando?” Domandò Lance contro la sua gola. Seguì una scia di baci a fior di labbra.

Lotor sapeva che cosa voleva, era la natura stessa del sogno a spingere entrambi in quella direzione. Non era reale. Era solo un’illusione, dal rumore del mare al calore del corpo di Lance.

“Che cosa sono per te?” Domandò il Principe dei Galra ad alta voce.

Era stata quella domanda a spingere la mente del Paladino Blu a creare quell’immagine onirica. Haggar aveva indagato sulla natura della loro relazione e la mente di Lance, priva di qualsiasi inibizione, aveva risposto con una situazione intima, mai avvenuta nel mondo reale.

La creatura stesa su di lui sollevò la testa e Lotor allontanò lo sguardo dal mare in tempesta.

Aveva i capelli bagnati, l’illusione di Lance. Anche i suoi lo erano.

La pioggia li aveva sorpresi mentre erano sulla spiaggia? Erano corsi in casa ed erano passati dal disfarsi dei vestiti bagnati a fare l’amore?

Lotor poteva solo immaginare le risposte a quelle domande. Gli sarebbe piaciuto sapere di più del contesto di quella fantasia. Lance – il vero Lance – gli aveva confidato che quella era la camera della sua infanzia. Quella che Lotor poteva vedere fuori dalla finestra doveva essere la spiaggia di cui gli aveva parlato fino allo sfinimento, quella su cui aveva mosso i suoi primi passi ed aveva imparato a correre.

Sì, doveva essere la spiaggia su cui Lance si era steso ogni notte per guardare le stelle e sognare il giorno in cui le avrebbe toccate.

L’illusione gli sorrise dolcemente, ma si fece indietro e s’inginocchiò tra le lenzuola in disordine. “Perchè mi fai questa domanda?”

Lotor fece vagare gli occhi sulla pelle ambrata e si distrasse. Quello che vedeva era bello e gli sarebbe piaciuto toccarlo, affondando le dita dove la carne era più morbida ed invitante.

Avere Lance in quel modo risvegliava in lui un istinto da predatore che solo il campo di battaglia aveva saputo accendere fino ad allora. Pensare che quello era solo un sogno lo spaventava: il vero Lance che potere avrebbe avuto su di lui?

“Lotor…” L’illusione lo sottrasse ai suoi pensieri.

“Voglio saperlo.” Fu la semplice risposta del Principe dei Galra.

Lance sorrise. “Questo momento non è una risposta sufficiente?”

“Il sesso non è un sentimento,” disse Lotor. “Nemmeno l’attrazione o il piacere lo sono. Sono sensazione superficiali: crescono, raggiungono il culmine e poi spariscono via, senza lasciarsi nulla alle spalle. Un istante ti dominano e quello successivo non le ricordi nemmeno.”

Lance ridacchiò. “Se pensi questo del sesso, devi aver avuto solo amanti mediocri,” disse. “O sei forse tu quello ad essere un amante mediocre?”

Era il genere di tono piccato che Lance avrebbe usato con lui.

“Tu pensi che io sia un amante mediocre?” Domandò il Principe. La situazione in cui si trovavano era una risposta sufficiente. Anche l’illusione lo sapeva e per questo non rispose, si limitò a gonfiare un poco le guance e ad abbassare lo sguardo.

Era arrossito.

Bastò un istante, però, perchè quel frammento della coscienza di Lance passasse al contrattacco. “Anche io sono una sensazione superficiale?” Domandò. “Anche io raggiungerò il mio culmine e passerò, Lotor?”

Il Principe dei Galra non seppe come rispondere. Se ne rimase lì, inchiodato da quegli occhi blu troppo vivi per essere parte di un sogno.

Prima che potesse provare a spezzare il silenzio in suo favore, Lance si sporse verso di lui. “Mi hai già avuto in questa illusione, Lotor,” disse. “Perchè sei tornato?”





Perchè sei tornato?




Lotor si tolse dalla testa il dispositivo d’interfaccia neurale come se scottasse.

Haggar era di fronte a lui e lo fissava con gli occhi brillanti e l’espressione di un morto. “Perchè sei tornato?” Domandò di nuovo.

Lotor strinse i pugni ma fu bravo a mantenere la calma. “Questa è la seconda volta che m’interrompi, strega.”

“Non hai bisogno che ti ricordi ancora una volta la tua posizione, Principe,” disse Haggar. “Non sei costretto in una cella insieme al tuo alleato, ma questo non ti rende libero di agire come meglio credi. Per tanto… Perchè sei tornato qui?”

“Mi sto assicurando che tu ti sia limitata ad interrogarlo e non abbia giocato con la sua mente nel processo,” rispose Lotor.

“Se ne avessi veramente il dubbio, il Paladino non sarebbe ancora vivo,” replicò Haggar. “Questo lo sappiamo bene entrambi.”

C’era un’accusa celata in quelle parole. Lotor si alzò in piedi, lasciando il dispositivo d’interfaccia neurale accanto all’ampolla che conteneva i frammenti della coscienza di Lance sotto forma di quintessenza liquida. “Non c’è niente di utile in questo interrogatorio,” disse Lotor. “Non vi sono informazioni che riguardano Voltron e non c’è nulla che possa provare a mio padre che sto agendo contro di lui. Sono solo i desideri e le paure di un giovane Terrestre.”

Haggar fece un paio di passi in avanti. “Solo desideri e paure. Solo, dici.” Allungò una mano verso l’ampolla piena di liquido dorato.

Lotor fu più veloce e l’afferrò prima che lei ci riuscisse.

Gli occhi vuoti della strega si sollevarono su quelli color indaco del Principe. “I tuoi desideri e le tue paure non ti hanno insegnato nulla?” Domandò. “Il mio è stato un errore di giudizio. Sei ancora troppo ingenuo, Lotor, per essere l’erede di tuo padre.”

Fu un colpo diretto in un punto ferito da tempo, ma con cui Lotor aveva imparato a convivere. “Sappiamo entrambi che mio padre non ha mai avuto bisogno di un erede.”

Zarkon non aveva creato l’Impero con l’intenzione di cederlo al sangue del proprio sangue, non aveva gettato le basi di una dinastia reale. Il suo progetto aveva riguardato lui e solo lui. Con Zarkon era cominciato il dominio dei Galra e se suo padre fosse caduto, sarebbe andato distrutto tutto quello che aveva costruito.

Non c’era mai stato spazio per un Principe nel disegno dell’Imperatore e della sua strega. Lotor aveva avuto un titolo vuoto e gli era stato chiesto di essere un’arma nelle mani di chi gli aveva dato la vita.

Ribellarsi era stato l’unico modo per dare una possibilità a se stesso.

“Prendilo,” disse Haggar, guardando l’ampolla piena di quintessenza. “Non sono informazioni utili a nessuno, lo hai detto anche tu. Se ne sei convinto, distruggilo tu stesso.”

Lotor guardò l’oggetto luminoso tra le sue dita. Non diede una risposta alla strega, la superò ed uscì dalla stanza.


 
***



Quando Lotor rientrò nelle sue stanze, Lance era disteso a pancia in giù sul letto con un tablet tra le mani.

Il Galra inarcò le sopracciglia. “E quello dove lo hai trovato?”

Lance non si degnò nemmeno di guardarlo. “Krug mi ha detto che tecnicamente, l’intero livello è di tua proprietà. Ho dato un’occhiata alle altre stanze e ho trovato un sacco di cose interessanti, tra cui questo.”

“E chi sarebbe Krug?”

“Una guardia.”

“Hai intenzione di fare la conoscenza di tutte le guardie della nave?” Domandò Lotor irritato.

Lance gli lanciò un’occhiata veloce, annoiata. “Sono persone molto gentili e ben educate, a differenza tua,” disse. “Dovrò raccontarlo ad Allura. Ho conosciuto più Galra cortesi di Terrestri… Poi c’è Keith, la disastrosa via di mezzo.”

Lotor attraversò l’arco che divideva il salotto dalla camera da letto. “Non credevo che sapessi leggere la mia lingua.”

Lance scrollò le spalle. “Capisco una parola ogni dieci. Ho spiato Pidge mentre cercava di diventare un’interprete provetta e ho buona memoria, tutto qui.”

“Non sembra una gran forma d’intrattenimento.”
“Come se avessi di meglio da fare,” borbottò Lance, poi sollevò lo sguardo. “Sto mettendo il naso nelle tue cose, non mi salti alla gola come un cane inferocito? Cos’hai tra le mani?”

Lotor sollevò l’ampolla piena di quintessenza dorata. “L’hai mai vista da vicino?”

Lance abbandonò il tablet sul letto e si alzò in piedi. “Ho visto un sacco di cose strane,” disse, allungando le mani per prendere il contenitore pieno di luce. Lotor glielo permise.

La curiosità negli occhi di Lance sfumò immediatamente. “Tutto quello per cui stiamo combattendo ha questo forma.”

Lotor approfittò di quell’attacco di malinconia per fare un passo in avanti ed assicurarsi che il Paladino avesse cessato ogni ostilità. “Questo non è il nemico,” disse, riprendendo l’ampolla dal contenuto dorato. “Questo è tutto. È vita stessa. Attraverso di essa, con le conoscenze giuste, si potrebbe curare ogni male dell’universo.”

Lance accennò un sorriso. “Non si può curare ogni male dell’universo. Significherebbe creare una dimensione perfetta.”

Lotor si accigliò. “Mia madre è morta per arrivare a quella conoscenza.”

Lance ricambiò il suo sguardo. “Esatto…” Rispose senza paura. “E guarda dell’universo cosa ne è stato.” Quelle parole gli aggiudicarono la vittoria.

Lotor strinse le dita sul contenitore con tanta forza che Lance si sorprese di non vederlo andare in mille pezzi.

“Che cosa devi fare con questa quintessenza?” Domandò il più giovane. No, le ostilità non erano affatto finite, si sforzava solo di comportarsi civilmente.

Lotor gli riservò lo stesso trattamento. “Ricerche,” mentì. “Una delle stanze che hai visto su questo piano è un laboratorio.”

“Immagino che sia quella in cui non sono riuscito ad entrare.”

“Esattamente.”

“Ero più interessato alla grande sala da bagno qui accanto, a dire il vero. Perchè hai un bagno minuscolo qui, quando disponi di un’oasi fantascientifica di là?” Lance scosse la testa, come a dire di lasciar perdere. “Vuoi metterti a fare esperimenti sotto il naso di tuo padre?” Indagò dubbioso. “Non è un po’ come condannarsi a morte?”

“Non lo è se gli esperimenti vanno a favore della sua causa,” tagliò corto Lotor. “Come se tu potessi capirne qualcosa.”

Gli occhi blu di Lance divennero grandi, come se le sue parole lo avessero offeso.

Lotor non aveva nè il tempo nè la voglia di preoccuparsene. “Non osare più uscire da questa stanza senza il mio permesso,” sibilò. Uscì dalla camera da letto con passo svelto.

 
***


Lotor non andò nel laboratorio in fondo al corridoio.

Scomparve dietro la porta dirimpetto a quella della sua camera, la stessa che nascondeva l’oasi fantascientifica di cui Lance aveva parlato. Per il Principe dei Galra non era altro che una sala da bagno con una grande vasca al centro.

Gli alti ufficiali di suo padre usavano quel genere di ambienti come cornici per le loro attività più perverse. Un bagno caldo, qualcosa di forte da bere ed almeno tre prostitute a testa con cui divertirsi.

Lotor non era così. Non lo era neanche suo padre.

Il Principe era arrivato alla conclusione che l’Imperatore tollerasse l’assenza di disciplina solo in due posti: le arene e le stanze private. Fin tanto che i suoi Comandanti gli portavano tutte le vittorie che ordinava, Zarkon non aveva ragione di preoccuparsi della loro condotta.

Lotor era stato un’eccezione anche in quello.

Era facile chiudere un occhio su di uno schiavo di alto rango bisognoso di sfogare i suoi istinti più bassi, ma non era altrettanto semplice evitare di notare come l’erede al trono fosse più interessato a conoscere gli altri popoli, piuttosto che soggiogarli.

Lotor era sempre stato troppo impegnato a sopravvivere per concedersi qualche tentazione.

Di conseguenza, non si era mai permesso di provare attrazione per qualcuno al punto da esserne soggiogato. Certo, aveva desiderato come ogni uomo sa desiderare ed aveva preso dove gli veniva concesso.

Una tentazione, però, non gli era mai capitata. Un pensiero fisso, costante, non lo aveva mai avuto.

E quello era il solo modo che conosceva per assecondarlo senza lasciarsi sopraffare.

Quando la vasca fu piena, si tolse i vestiti e poggiò il dispositivo per l’interfaccia neurale sul bordo, accanto all’ampolla dorata con dentro i frammenti della coscienza di Lance.

S’immerse nell’acqua calda lentamente e lasciò andare un sospiro stanco.

Gli occhi d’indaco del Principe dei Galra fissarono il vuoto per un lungo momento d’immobilità. Fu la sua ultima esitazione.

Prese il dispositivo tra le mani e modificò alcuna delle impostazioni manualmente. Lo poggiò sul capo e chiuse gli occhi.

Una risata cristallina ed una mano sul suo viso lo convinsero ad aprirli di nuovo.

Il giovane seduto sulle sue gambe era nudo, la pelle ambrata era umida ed il suo sorriso era vittorioso.

“Lo sapevo che saresti tornato,” disse Lance… Il solo Lance a cui Lotor poteva arrendersi senza preoccuparsi delle conseguenze, come in un sogno.

“Baciami,” ordinò il Principe dei Galra.

L’illusione obbedì.





 
   
 
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