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Autore: JEH1929    30/04/2018    0 recensioni
"Perché, per quanto si cerchi di fuggire dal passato, di lasciarselo alle spalle, quello è sempre lì dietro l’angolo, pronto a richiamarti indietro alla minima deviazione.
Non posso sfuggire all’attrazione fatale di Neptune."
Fanfiction ambientata 5 anni dopo la fine della terza stagione, senza tenere conto del film e dei libri.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Echolls, Un po' tutti, Veronica Mars
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Soltanto dopo che siamo saliti in macchina e ho messo in moto, mi decido a parlare. Non so se sia la mossa giusta, ma sono completamente bloccata. Mi sembra di non aver fatto alcun passo avanti da quando sono qui e il tempo scorre così veloce che le prime udienze di Logan si stanno avvicinando minacciose. E, in fondo, mi sono sempre rivolta a mio padre quando mi trovavo in difficoltà con qualche caso. So che Logan continua a non andargli a genio e che vuole proteggermi, ma, se può fare qualcosa per una persona innocente, sono certa che la farà, che questa persona gli stia simpatica oppure no.
- Papà, ho bisogno di un consiglio. – inizio, prudente.
- Dimmi, Veronica.
Stringe tra le mani il biglietto aereo comprato un’ora fa, dopo che siamo riusciti a rintracciare l’uomo di Aaron Echolls. Abbiamo salutato Duncan e Clarence Wiedman e siamo partiti verso l’aeroporto. Dopo dovrò andare con Duncan da Lizzie Manning e questo compito non mi rende affatto felice. Sospiro, prima di continuare.
- Si tratta del caso di Logan…
Mi incoraggia con un cenno a continuare.
- Sono bloccata, ad un punto morto.
Mi interrompo di nuovo.
- Racconta.
Gli parlo delle persone con cui abbiamo parlato, della testimonianza di Casey (tacendo ovviamente della relazione di Logan con la sua fidanzata, cosa che non farebbe che aumentare la cattiva opinione di mio padre nei suoi confronti), di Sean, del video in cui si vede chiaramente l’auto di Logan uccidere Lara e di tutte le prove contro di lui. Infine gli parlo del codice del garage, che nessuno, ad esclusione di Logan, Dick e Ann, sembra conoscere.
- Sei sicura di questa Ann? – chiede.
Annuisco.
- Non credo che abbia alcun motivo di far del male a Logan. È innamorata di lui.
- A volte l’amore può far fare delle cose strane. – risponde, con una strana occhiata, che non riesco a interpretare.
- Sono sicura che non sia stata lei, me lo sento.
- Ok, delle tue sensazioni mi fido sempre.
Sorrido, come farei senza mio padre?
- Quindi nessun’altro conosce questo codice? Neanche tu? – domanda di nuovo.
Gli lancio un’occhiata in tralice.
- Non mi starai mica accusando di essere un’assassina? – chiedo con un sorriso.
Scoppia a ridere, poi ritorna serio.
- Quindi tu lo conosci?
Annuisco.
- Me lo ha detto Logan. – dico.
- E questo codice ha un significato particolare per Logan?
Involontariamente mi ritrovo ad arrossire e, prima che possa rispondere, mio padre riprende la parola.
- Quindi ce l’ha. Ed ha a che fare con te.
Alla fine annuisco, contro voglia.
- Ti ricordi quando ti ho insegnato che i codici delle casseforti, le password e tutti i dispositivi di sicurezza devono essere numeri o parole che non significano niente?
Annuisco, sorridendo. Ricordo chiaramente quando me lo ha insegnato, nell’anno dopo la morte di Lilly, quando mi ha resa la detective che sono adesso.
- Non sono mai riuscito a seguire il mio stesso consiglio. – dice, con un sorriso storto, - Non riesco mai a ricordare i codici che non significano niente.
Scoppio a ridere.
- Se è qualcosa di importante nel passato di Logan, chiunque potrebbe averlo facilmente scoperto.
- Non è una cosa così importante. Ad occhi esterni. – mi sento in dovere di aggiungere, tornando involontariamente ad arrossire.
Mio padre rimane in silenzio per qualche minuto.
- Da quanto mi hai detto, ti sei concentrata, nel trovare il colpevole, su qualcuno che potrebbe detestare Logan, in particolar modo negli ultimi cinque anni in cui è diventato famoso e in cui non vi siete visti?
Annuisco.
- E questo non ha portato a niente?
- No.
Mi fermo davanti all’aeroporto, lui apre la portiera e scende, poi prende le valigie dal bagagliaio. Poi aggira la macchina, si abbassa davanti al mio finestrino, deponendomi un bacio sulla testa, come quando ero piccola.
- Forse devi solo cambiare prospettiva. Fa’ attenzione, Veronica.
 
 
Duncan mi aspetta nell’auto che ha noleggiato. Fortunatamente ha preso una macchina normale e semplice e stavolta non si è vestito in maniera troppo evidente: indossa una camicia blu scuro, un paio di jeans e degli occhiali scuri.
Mi siedo sul sedile del passeggero e sospiro.
- Mi dispiace di averti costretta a venire. – dice Duncan, in tono dolente.
Gli sorrido.
- Non preoccuparti, più che altro ho paura che Lizzie si rifiuti di aprire bocca non appena mi vedrà.
Duncan scoppia a ridere.
- Non mi stupirei affatto se succedesse. – aggiungo.
- Non preoccuparti, non credo che Lizzie ti detesti così tanto come pensi.
Aggrotto le sopracciglia, poco convinta. Sono sicura che Lizzie preferirebbe vedermi appesa per il collo sulla piazza pubblica, piuttosto che aiutarmi. Per fortuna è Duncan che deve aiutare e non me.
Duncan continua a guidare in silenzio per qualche minuto. Mi trovo bene in sua compagnia e per la prima volta, da quando l’ho rincontrato, non mi sento imbarazzata, quasi come se fossimo tornati ai vecchi tempi.
- Sei sicuro che Lizzie non ti denuncerà? – gli chiedo.
Scuote la testa.
- Lizzie detesta i suoi genitori tanto quanto li detestava Meg. Ha sempre pensato che Lilly stesse meglio con me che con loro. Non mi denuncerà.
- Lo spero. – dico a voce bassa, ma Duncan mi sente.
- Non lo farà.
Dopo qualche minuto arriviamo davanti ad una palazzina di appartamenti.
- Lizzie non vive più con i suoi genitori?
Duncan scuote la testa.
- Sono anni che Clarence segue discretamente i movimenti della famiglia. Non appena ne ha avuto la possibilità se ne è andata di casa e ha tagliato ogni rapporto con la famiglia e con il gruppo religioso di cui facevano parte.
- E Grace? – non posso fare a meno di chiedere.
Duncan stringe le labbra e il suo gesto mi stringe a sua volta lo stomaco. Ricordo altrettanto chiaramente di lui quella bambina bionda chiusa nello stanzino dietro l’armadio, il suo terrore quando l’avevamo tirata fuori di lì, paura di essere punita, di subire l’ira dei suoi genitori se non l’avessero ritrovata dove l’avevano lasciata, paura del buio, della solitudine. Noi l’avevamo abbandonata, Lilly e la fuga di Duncan era diventata la nostra priorità e ci eravamo dimenticati di lei. E adesso anche sua sorella l’aveva abbandonata.
Suoniamo il campanello corrispondente all’appartamento di Lizzie.
- Chi è? – chiede il citofono.
- Lizzie, sono Duncan Kane, ti ricordi di me?
Il silenzio dall’altra parte del citofono si prolunga per qualche secondo di troppo e quasi mi convinco che Lizzie non ci aprirà, ma poi si sente il suono del portone che si apre.
Saliamo le scale in un silenzio carico di tensione.
Lizzie ci aspetta di fronte alla sua porta aperta. Indossa una tuta, in un abbigliamento tipicamente da casa. Per la prima volta la vedo senza trucco. Sembra più giovane della sua età, quasi una ragazzina.
- E lei che ci fa qui? – chiede, vedendomi.
Ecco, ci siamo. Duncan mi mette una mano su un braccio.
- Veronica mi sta aiutando. – dice, semplicemente, col suo miglior sorriso rassicurante, che, evidentemente, funziona, visto che Lizzie si scosta dalla soglia, permettendoci di entrare.
Ci fa strada nella casa. Mentre Duncan e Lizzie si scambiano le loro formalità, mi guardo intorno: un soggiorno minuscolo, ma pulito e ordinato. Non sembra affatto nello stile della Lizzie di sei anni fa. Probabilmente è molto cambiata dalla ragazza che conoscevo allora. Tutti noi siamo cambiati. Una fotografia su un mobiletto attrae la mia attenzione: raffigura Meg, Lizzie e Grace, sorridenti e abbracciate. Sono tutte e tre così belle, così rilassate, Meg che circonda con le braccia le due sorelle più piccole, con fare protettivo. Un filo di senso di colpa mi attraversa lo stomaco: davvero non è stata colpa mia la morte di Meg? Cosa sarebbe successo se Duncan non avesse lasciato Meg? E se io non mi fossi rimessa con lui? Probabilmente Meg avrebbe acconsentito a salire in limousine con gli altri e non sarebbe morta per le conseguenze dell’incidente dell’autobus. Probabilmente la vita di Lizzie e Grace sarebbe stata diversa. Potevo capire benissimo il motivo per cui Lizzie mi odiava tanto.
- Veronica? – sento Duncan che mi chiama.
Mi volto e vedo che Lizzie è sparita.
- È andata a prendere qualcosa da bere. – spiega, - Va tutto bene?
Annuisco, guardando un’ultima volta la foto, per poi avvicinarmi e sedermi sul divano al suo fianco. Per qualche istante anche lui fissa la foto e un’ombra gli attraversa gli occhi, ma poi Lizzie ritorna.
- Come sta la bambina? – chiede Lizzie.
Sul volto di Duncan si apre un sorriso enorme e leggo la gioia pure nei suoi occhi.
- Lilly è meravigliosa. Una bambina intelligente, buona. Somiglia molto a mia sorella, ma somiglia molto anche a Meg.
- Ha lo stesso sorriso di Meg. – mi intrometto.
Lizzie non presta molta attenzione a quello che ho detto, ma volta lo sguardo verso la foto.
- Come sta Grace? – non riesco a trattenermi dal chiedere.
Lizzie sussulta e prende a tormentarsi le mani, evitando lo sguardo di Duncan e facendo finta che io non esista.
- Cosa volete? – chiede alla fine.
- Lizzie, ho bisogno del tuo aiuto. Lilly ha bisogno del tuo aiuto. – dice Duncan.
Lei continua a torcersi le mani, ma alza lo sguardo.
- Cosa posso fare? – chiede in tono quasi disperato.
- Puoi denunciare i tuoi genitori…
Lizzie sussulta, come se le avessero sparato.
- Lo sai che io non sono un rapitore di bambini. Vuoi davvero che Lilly continui a crescere in fuga dal suo luogo di nascita, senza poter mai conoscere i suoi veri parenti, senza mai poter visitare la tomba di sua madre oppure che viva come ha vissuto finora Grace?
Lizzie si morde il labbro ed esita. Il silenzio si protrae per un tempo lunghissimo ed io mi sento totalmente fuori luogo. Perché ho accettato di venire? Non voglio vedere il dolore di questa ragazza, non quando potrebbe essere anche colpa mia…
Alla fine, in maniera quasi impercettibile, Lizzie scuote la testa.
- No, non voglio. – dice dopo un po’.
- Vuoi che Grace continui a vivere in quel modo?
- No.
- Allora dobbiamo denunciarli.
Adesso delle lacrime solcano il viso di Lizzie, vorrei alzarmi ed abbracciarla, ma non sono sicura che gradirebbe le mie attenzioni.
- Abbiamo bisogno di prove. – intervengo.
Per la prima volta da quando siamo entrati in casa, Lizzie mi guarda.
- Hai conservato qualcosa delle cose di Meg o qualche quaderno di Grace? – chiedo.
Lizzie si asciuga le lacrime con il dorso della mano e annuisce. Poi si alza.
Trascorriamo la seguente ora ad analizzare tutto quello che Lizzie è in grado di produrre, oltre alla sua testimonianza. In un momento in cui Duncan è in bagno, Lizzie mi rivolge inaspettatamente la parola.
- Sai, Meg ti voleva veramente bene e ti considerava un’amica.
Mi preparo all’attacco diretto delle sue accuse, in fondo non posso ribattere niente.
- So che prima di morire ti ha chiesto di prenderti cura della bambina e di fare in modo che i nostri genitori non l’avessero e tu l’hai fatto. So che anche tu le volevi molto bene.
Alzo lo sguardo, stupita.
- Non sono mai riuscita a perdonarti del tutto per essere sopravvissuta al posto di Meg, ma razionalmente so che non era colpa tua. Né era colpa tua l’amore che Duncan ti porta. So che lui ha amato anche mia sorella, ma che non potrà mai amare nessuno come ama te. E anche Meg lo sapeva.
Si interrompe. Io non riesco a dire niente. Mi accorgo di stringere convulsamente il bracciolo della sedia.
- Sono sicura che Meg sarebbe felice di vedere che state ancora insieme e che insieme continuate a lottare per il benessere della sua bambina. Meg ti sarebbe grata di tutto questo. – conclude, con un sorriso.
Mi ritrovo a ricambiare il sorriso.
- Grazie. – le dico.
Non ho il coraggio di dirle che io e Duncan non stiamo più insieme e che non ci siamo più incontrati né sentiti negli ultimi sei anni.
 
 
Cambiare prospettiva, cosa poteva significare cambiare prospettiva? Non riesco a capire cosa intenda dire mio padre. Però è sicuramente meglio lambiccarsi il cervello in questo modo, piuttosto che riflettere sulle parole di Lizzie. Mi hanno fatto bene e male allo stesso tempo e non mi sento certo in vena di capire cosa questo significhi di preciso.
- Veronica, tutto bene? Stai fissando lo stesso punto nel vuoto da tipo quindici minuti…
Mac, distolto lo sguardo dallo schermo del mio computer per qualche secondo, mi sta scrutando. Le ho chiesto di controllare il computer e il telefono. Come al solito non ha fatto domande quando le ho detto che qualcuno poteva controllarmi tramite quegli aggeggi, però ha fatto un’espressione strana. Io non le ho spiegato nulla, non mi sento ancora pronta per dirle dello stalker, però devo assolutamente scoprire come fa a sorvegliarmi in questa maniera e Mac è l’unica che può aiutarmi in questo. D’altra parte non posso neanche parlarle di Duncan, già troppe persone sanno della sua presenza qui a Neptune e non è assolutamente il caso che qualcun altro lo venga a sapere. Non che non mi fidi di Mac, so che lei è un’amica leale e fidata, ma Duncan e mio padre non ne sarebbero felici e ho promesso loro che non ne avrei fatto parola con nessuno. L’unica cosa di cui posso parlarle è il caso di Logan.
- Secondo te che significa cambiare prospettiva?
- Riguardo a cosa? – chiede, senza staccare gli occhi dallo schermo.
- Logan.
Adesso mi guarda.
- Cosa intendi? – fa, con un tono strano.
- Niente di quello che la tua testolina malata sta pensando. – rispondo, sorridendo.
Lei mi fa l’occhiolino, ammiccante, ed io alzo gli occhi al cielo.
- Intendo riguardo al caso. È quello che mi ha detto mio padre stamattina quando gli ho detto che sono bloccata sul caso. – dico, tornando seria.
- Non so, forse intende che ti stai focalizzando troppo su Logan. – risponde, tornando al computer.
- Ma non riguarda altri che lui…
- Mah… in realtà riguarda anche Lara Crane, anzi direi che lei è la diretta interessata.
Certo, potrebbe essere che mi sia davvero troppo focalizzata su Logan? Pensando che qualcuno volesse incastrare lui, non ho pensato che magari Lara non era solo la vittima perfetta del caso, ma che fosse magari proprio il centro dell’indagine, il fulcro di tutta la storia. E che magari Logan è stato soltanto il capro espiatorio di tutta la storia, la “vittima” perfetta da incolpare.
Che cosa conosco di Lara Crane? Soltanto che era ossessionata da Logan, che lo seguiva dappertutto, che lui c’è andato a letto qualche volta, prima che lei diventasse troppo invadente, che c’era un ordine restrittivo nei suoi confronti, che lei non rispettava granché, e che probabilmente era andata a letto anche con altri membri del Club di Logan e Dick. Non ne sapevo molto di più.
- Mac sei un genio! – esclamo.
- Puoi ben dirlo. – risponde, - ho trovato qualcosa.
Mi avvicino al computer.
- C’è qualcosa nel tuo cellulare, anche se è una cosa che non avevo mai visto prima. Avrei bisogno dell’aiuto di qualcuno per riuscire a capire di che si tratta di preciso. Non posso farcela da sola.
Spalanco gli occhi: è raro che Mac non sia in grado di risolvere qualcosa di digitale.
- Non fare quella faccia. – dice, - Non sono infallibile.
- Forse so chi potrebbe aiutarti. – rispondo.
Mentre compongo il numero di Travis, mi chiedo se acconsentirà ad aiutarmi o se mi manderà al diavolo, visto la mia scomparsa improvvisa da San Diego e le mie ferie che si stanno prolungando un po’ troppo. Travis risponde al terzo squillo.
- Ciao, Veronica, è tanto che non ci sentiamo.
Sembra amichevole come al solito.
- Ehi, Travis, tutto bene?
- Sì, qui è tutto un po’ fiacco, non ci sono molti casi.
Tiro un sospiro di sollievo, forse è per questo che Frank non mi ha ancora licenziata.
- Senti Travis…
- Quando inizi così, so già che mi chiederai un favore. – dice e mi sembra di vedermelo davanti, con l’angolo destro della bocca all’insù, nella sua solita espressione ironica.
- Hai indovinato. – ammetto.
- Dimmi tutto.
- Potresti fare un salto qui a Neptune?
Rimane in silenzio. Immagino che stia controllando i suoi impegni.
- D’accordo, posso essere da te dopodomani pomeriggio, va bene?
- Perfetto. Grazie, Travis.
- Puoi anticiparmi qualcosa?
- Mmmmh, sai che la tecnologia non è il mio forte. Però posso dirti che ti presenterò Mac, la mia migliore amica.
Mac mi lancia un’occhiata in tralice a queste parole. Le ho parlato molte volte di Travis, adesso potrà conoscerlo.
- Ah, la famosa Mac!
- Già.
- Perfetto, allora ci vediamo.
- A presto. E grazie ancora.
 
 
Decido di chiamare Logan, lui è la fonte più diretta di informazioni su Lara che adesso ho a disposizione. Non lo sento né lo vedo da quando mi ha accompagnata a casa dall’aeroporto. Ricordandomi la nostra ultima conversazione mi sento leggermente a disagio. Gli ho chiaramente detto che Ann Carley è ancora innamorata di lui e lui non ha battuto ciglio più di tanto. Non riesco proprio a capire.
- Ehi, Veronica! – dice, non appena risponde.
Se non altro sembra contento di sentirmi.
- Ho bisogno di informazioni. – vado dritta al punto.
- Ovviamente. – il tono di Logan sembra divertito, come se fosse abituato al mio tono inquisitorio. Probabilmente lo è.
- Dimmi tutto quello che sai sulla vita di Lara Crane, al di fuori del fatto che ti perseguitava.
- Mmh, ok. – sembra pensarci su per qualche secondo.
- Era una studentessa dell’Hearst. Non so cosa studiasse di preciso.
Fa una pausa, continuando a riflettere.
- I suoi sono separati, suo padre, John Crane, fa l’avvocato a San Francisco, mentre sua madre, Camille Brady, vive ancora a Neptune.
- Aveva un ex-fidanzato? Qualche amica stretta?
- Non ne ho idea. Non me ne ha parlato. – risponde.
- No, infatti, sono sicura che non avessi mai troppe conversazioni con lei. – dico, un po’ più acida del necessario.
- No, infatti. – Logan sembra di nuovo divertito.
- Penso che sia il caso di parlare con sua madre. Abbiamo indagato troppo poco su di lei.
- D’accordo. Quando ci vediamo?
Sospiro, sapevo che sarebbe voluto venire.
- No, Logan, non hai capito… tu non vieni.
- Veronica…
- Andiamo, vuoi davvero portare dalla madre l’assassino di sua figlia?
- Ma io non ho ucciso nessuno.
- Certo, lo so, ma non sarà facile convincere di questo la signora Brady. Pensa a come reagiresti tu al suo posto. Ti vorrei ricordare che la tua auto è stata ripresa mentre investiva sua figlia e che il suo DNA era sulla suddetta auto, tornata magicamente nel tuo garage.
- Non ricordarmelo. – dice Logan, in un lamento.
- Quindi non mi sembra proprio il caso che tu venga.
- In questo caso non penso che accoglierà molto volentieri neanche te.
- Invece sì, se non le dico chi sono.
 
 
La madre di Lara abita in una bella casa vicino alla costa. Il giardino è piccolo, ma ordinato e la casa sembra verniciata di fresco. Tuttavia riesco a percepire l’aria di morte che vi aleggia tutto intorno. Ho conosciuto troppe famiglie segnate da lutti per non saperne riconoscere una.
Ad aprirmi la porta è Camille Brady in persona. La riconosco immediatamente, perché somiglia molto alla figlia. I lunghi capelli biondi che le scendono lungo le spalle. Doveva essere stata una bella donna da giovane, o forse lo era stata fino al giorno in cui le avevano detto che la sua unica figlia era stata brutalmente assassinata. Adesso le occhiaie scure, intorno agli occhi arrossati, le labbra gonfie, le unghie morse a sangue, oltre ai vestiti trasandati, le danno l’aria di avere molto più della sua età.
- Posso aiutarla? – chiede.
Sorrido, inghiottendo il groppo che mi è salito in gola.
- Sì, faccio parte del giornale dell’Hearst College, vorremmo dedicare un articolo commemorativo a Lara. Mi chiedevo se le farebbe piacere parlare con me.
- Ma Lara aveva lasciato l’Hearst negli ultimi mesi…
- Ah.
Per qualche istante non riesco a nascondere la sorpresa, ma mi riprendo rapidamente.
- Vorremmo comunque ricordare la sua vita.
- D’accordo.
È stato incredibilmente facile. Forse questa donna ha davvero bisogno di qualcuno con cui parlare. Si fa da parte e mi fa entrare. La casa è ordinata e pulita, proprio come il giardino, ma vi avverto la stessa aria di desolazione, come se fosse abbandonato, la stessa aria di morte.
- Si sieda pure. Posso offrirle qualcosa da bere?
Accetto, pensando di metterla più a suo agio. Qualche minuto dopo torna con una limonata, si siede e mi chiede cosa voglio sapere. Le chiedo di raccontarmi tutto quello che vuole di Lara.
Un’ora dopo conosco ogni minimo dettaglio dell’infanzia e dell’adolescenza di Lara, una vita del tutto pacifica e normale. Tutto assolutamente usuale, fino a cinque anni prima.
- Lara ha iniziato ad essere ossessionata da quel Logan Echolls. Anche a me piaceva, è un bravissimo attore, ma poi le cose sono cominciate a sfuggirle di mano. E il fatto che lui passasse così tanto tempo a Neptune non ha aiutato. Le avevo detto che non sarebbe venuto niente di buono da questa cosa. Ma lei non mi ha dato ascolto, non mi dava mai ascolto. Era così testarda…
A questo punto delle lacrime silenziose cominciano a scorrere lungo le guance incavate della donna e decido che devo trovare il vero colpevole non soltanto per lui, ma anche per questa madre distrutta.
- Mi dica, signora Brady, Lara aveva qualche ex-fidanzato o qualche amica stretta?
Lei sembra rifletterci qualche secondo. Data la condizione in cui si trova, la mia domanda non le sembra strana.
- Ha avuto qualche ragazzo al liceo, ma niente di serio. Niente di che, prima di conoscere Logan Echolls. Almeno niente di cui io fossi a conoscenza. Non ha mai avuto amiche particolarmente strette.
- Qualcuno aveva qualche motivo di rancore verso sua figlia?
- No, tutti la amavano. Era una ragazza così dolce, anche se era testarda. Prima che la sua diventasse un’ossessione tutti le volevano bene, ma dopo tutta la storia di Echolls, anche gli altri hanno cominciato a trovarla strana. Nonostante questo, non ha mai fatto del male a nessuno.
Continuo a parlare con lei per qualche altro minuto, ma non riesco a cavarle di bocca niente di utile. In un’ora con lei non sono riuscita a scoprire niente. O la vita di Lara, a parte l’ossessione per Logan, era estremamente povera e normale, oppure sua madre non ne sapeva assolutamente niente.
Saluto la signora Brady ed esco da quella casa soffocante. Prima che salga in macchina lei mi richiama.
- Mi ha chiesto se Lara aveva un fidanzato? Beh, la settimana prima che morisse l’ho vista con un uomo.
- Un uomo? Lo conosceva?
Lei scuote la testa.
- Non lo avevo mai visto.
- Non era Logan Echolls?
- No, ne sono sicura. Aveva i capelli scuri, più scuri di Echolls.
- Non lo ha visto in faccia? Lo saprebbe descrivere?
Scuote la testa di nuovo.
- Mi dispiace, non l’ho visto. Lara sembrava piuttosto a disagio in sua compagnia, non sembrava conoscerlo molto bene, ma, quando le ho chiesto chi era, lei mi ha detto che non era nessuno.
 
 
In auto continuo a riflettere sulle parole di mio padre e su quello che mi ha detto la signora Brady. Chi può essere l’uomo che ha parlato con Lara? Sarà davvero connesso al caso?
Mentre guido tranquilla verso casa non mi accorgo che un’altra auto non si è fermata ad uno stop, finché non mi colpisce. Sento il colpo ancora prima di rendermi conto di cosa stia succedendo. Mentre la mia auto si ribalta, chiudo gli occhi. E capisco.
Finalmente capisco. Cambiare prospettiva non significava necessariamente spostare tutta l’attenzione su Lara. C’è un’altra persona coinvolta, oltre Logan, oltre Lara. E quella persona sono io.
Poi tutto diventa buio.


Ciao! Ecco il nuovo capitolo! Scusate di nuovo per il ritardo.
Spero che vi piaccia! A presto!

Ringrazio come al solito L Ignis_46
   
 
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