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Autore: mughetto nella neve    30/04/2018    5 recensioni
"Per tutto il tragitto ha pensato a cosa dirgli.
Lo spazio è silenzioso, gli è venuto facile cadere nei suoi pensieri e ragionare su come sarebbe stato il loro incontro dopo tutto quello che era stato.
[...]"
[ Post!InfinityWar | SPOILER | Stony + Peter ]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: The Avengers
Personaggi: Peter Parker, Steve Rogers, Tony Stark; [minori] Nebula, Rocket Racoon, Thanos
Coppia: Steve/Tony
Generi: Introspettivo, Malinconico
Avvertimenti: angst, AU, Major Character Death, OOC, spoiler
Note: Questa storia contiene grossi ed importanti SPOILER sul film Infinity War. Se non avete visto il film, vi consiglio di uscire di casa, andare al cinema, piangere tutte le vostre lacrime, tornare qui e leggere questa shot frutto del mio animo distrutto!


 


 

A coloro che hanno ascoltato i miei rotti singhiozzi al cinema,
fidateve! Me sto lentamente a riprende’!



 


 


 


 


 

Per tutto il tragitto ha pensato a cosa dirgli.

Lo spazio è silenzioso, gli è venuto facile cadere nei suoi pensieri e ragionare su come sarebbe stato il loro incontro dopo tutto quello che era stato.

Seduto al suo posto, ha vagliato quanti più scenari possibili: chiedere scusa, non chiedergli scusa, chiedergli perché non era con loro in Wakanda, chiedergli perché è stato Bruce a chiamarlo e non lui, dirgli che Bucky non c’è più, che Sam non c’è più, che T’Challa e Wanda e Visione non ci sono più. Tony sa cosa hanno perso durante quello scontro? A Tony importa qualcosa di quello che hanno perso?

In tutte le situazioni immaginate, Tony lo rifiuta. Steve lo vede allontanarsi, ancora arrabbiato. Gli nega anche la benevolenza che solitamente va data a chi è stato sconfitto. Non ha pena o empatia. Tony, nei suoi pensieri, gli da le spalle e non gli parla. Se prova ad immaginare una loro eventuale conversazione, si scopre travolto dal veleno: Tony che lo schifa, che gli ordina di tornare a nascondersi, che ordina a Peter di non avvicinarsi a lui perché Steve ha già scelto con chi vuole stare.

Peter.

Quando è tornato alla Facility lo ha cercato. Non era nella sua stanza e, dal notiziario, pareva che Spiderman fosse presente durante l’attacco a New York. Era stata la signorina Potts a spiegargli.

La donna lo aveva accolto con iniziale freddezza, salvo poi lentamente sciogliersi e raccontargli della conversazione avuta con Tony prima che il segnale venisse meno. Peter era con l’altro uomo su quella navicella, sparito chissà dove nello spazio. Non c’era modo di contattarlo. La signorina Potts aveva provato, ma neanche F.R.I.D.A.Y. aveva potuto fare qualcosa.

« So che sei preoccupato per Peter » gli aveva detto con voce leggermente più dolce, nel vano tentativo di rassicurarlo. « È comprensibile, Capitano; ma Tony è con lui. Non permetterebbe mai che gli succeda qualcosa »

 

*

 

Steve guarda oltre il vetro dell’astronave e osserva l’oscurità che si estende a perdita d’occhio.

Lo spazio è buio e sembra incredibilmente freddo. Ricorda di una sera in cui, assieme a Peter e Tony, ha osservato le stelle. Il bambino non faceva che parlare, raccontando di sistemi solari scoperti recentemente e ridendo delle battute dell’altro uomo.

« Fa freddo nello spazio? » aveva chiesto Steve, cercando goffamente di inserirsi nella conversazione tra i due. Quando li sentiva parlare di scienza, si sentiva sempre tragicamente tagliato fuori e quasi invidiava Tony per essere un autentico pozzo di scienza.

Il bambino aveva subito detto di sì, allontanando l’occhio dal telescopio che la dottoressa Foster gli aveva regalato per il compleanno: « È più freddo del Polo Nord! »

Tony, accanto a lui, continuava a sorridere. Teneva un bicchiere mezzo pieno nella mano destra, ma Steve era decisamente di buon umore e non aveva voglia di rimproverarlo per bere davanti al figlio.

« Fa talmente freddo che ti ghiacci tutto. Però, papà, tu sicuro sopravvivresti! » aveva continuato Peter con fare saputo.

Gli era venuto da ridere, implicitamente grato per la fiducia che il figlio riponeva nelle sue capacità. A sentire quel bambino, lui avrebbe potuto fare qualsiasi cosa: « Tu mi sopravvaluti, Peter »

« Beh, si potrebbero fare dei test! » si era intromesso Tony, rivolgendo un’occhiata divertita prima a Peter e poi a lui. Aveva appoggiato il bicchiere sul tavolino in legno davanti a sé ed aveva poi battuto il palmo della mano sulla coscia. « La prossima domenica, Cap, io e Peter ti spediamo nello spazio con un razzo per vedere se è– »

Peter, però, si era agitato: « Non puoi! Non puoi! »

Si era poi alzato in fretta e furia ed era corso da Steve, cercando disperatamente di stringerlo in un abbraccio; l’uomo lo aveva tirato a sé, appoggiandolo contro il suo petto, sperando che questo potesse calmarlo. Aveva, poi, guardato stordito Tony che, accanto a lui, aveva serrato la mascella, preso in contropiede da simile reazione.

« Tutto solo, al buio, senza di noi che gli vogliamo bene … papà non potrebbe mai! » aveva continuato Peter, stringendo poi al collo del genitore – come se qualcuno stesse per venire a strapparglielo via. « Sarebbe troppo triste! Sarebbe crudele! »

Era caduto il silenzio. Lo stesso Tony era rimasto confuso da simili parole. Aveva alzato entrambe le sopracciglia, passando lo sguardo dal bambino all’altro adulto – come in cerca di spiegazioni che però non gli arrivarono mai. Steve sentiva il respiro caldo di Peter contro il suo collo e, senza pensare, aveva preso ad accarezzargli i capelli per rassicurarlo. Gli dispiaceva vederlo così turbato.

« Mi sa che Peter ha ragione, Cap » La voce di Tony lo aveva riscosso dai suoi pensieri. L’uomo gli aveva rivolto un sorriso furbo, come se improvvisamente avesse compreso le parole del bambino tra le sue braccia. « Senza di noi, non potresti mai vivere nello spazio! Non sopravvivresti un giorno! »

Peter era stato zitto per qualche secondo, per poi annuire convinto. Aveva appoggiato entrambe le mani sulle sue guance ed aveva cercato il suo sguardo: « Non farti mai mandare nello spazio senza di noi, papà: moriresti di dolore! »

A pensarci adesso, aveva un che di profetico.

Steve tocca il vetro dell’astronave e lo trova gelido. Fa così freddo anche sul pianeta dove sono diretti? Tony e Peter stanno bene? Sono feriti? E se un minuto di ritardo facesse la differenza e li trovassero morti congelati? Cerca di ricordare le parole dell’alieno che li ha contattati – una donna, a giudicare dalla sua voce – ma si scopre povero di informazioni. Bruce gli aveva detto di aver sentito la voce di Tony, però, e che questi gli era sembrato stesse bene.

Ed è a queste parole che Steve vuole credere.

Tony sta bene, Tony è vivo.

Peter è vivo e sta bene perché è con Tony.

 

*

 

Il pianeta su cui sono atterrati ha una gravità “tutta sua”, volendo citare la creatura spaziale che li ha condotti fin lì. Anche lui sta cercando qualcuno. I suoi compagni, ha detto Thor. Non hanno parlato molto durante il viaggio: l’uomo è perso tra i suoi pensieri, ha provato a contattare una certa Valchiria ma non sa se simile tentativo è andato a buon fine.

Steve, comunque, non ha tempo per pensare a questo. Deve trovare Tony. Deve trovare Peter. Fatto questo può fare qualsiasi cosa: può sconfiggere Thanos, può strappargli le Gemme dell’Infinito dal Guanto una ad una, può trovare un modo per riportare tutti indietro. Può fare qualsiasi cosa, ma prima deve trovarli.

Si muove in mezzo a quel paesaggio deserto e silenzioso e quasi trattiene il fiato quando scorre una figura femminile sulla destra. Questa ricorda un androide nelle fattezze, il suo corpo è blu ed ha un’espressione arcigna e piegata dal dolore.

La vede girarsi e cercare qualcuno alle sue spalle. Tony è presto dietro di lei, fa fatica a muoversi fra le macerie; ma ha un passo abbastanza fermo da non necessitare di aiuto.

Steve aumenta il passo, quasi corre.

L’aliena si allontana quando lo vede più vicino. Li lascia abbracciare mentre lei si ricongiunge con l’altro alieno.

Steve respira contro il collo di Tony. Stringe la presa e quasi piange nel sentirlo vivo tra le sue braccia. Chiude gli occhi e passa una mano dietro la sua testa, accarezzandogli i capelli. Chiama il suo nome un paio di volte, vinto da un’improvviso sollievo che gli ha preso l’animo.

È vivo, sta bene, è qui con me – questo si ripete mentre incastra il suo volto tra il collo e la spalla.

Tony, inizialmente, non ricambia il suo abbraccio: è rigido e tremante. Forse vuole scacciarlo, ma non ha la forza. Steve lo stringe a sé con ancora più forza, ripetendo con voce sempre più commossa il suo nome. Le voci dei due alieni gli arrivano distanti, non sa nemmeno se stanno effettivamente parlando o semplicemente urlandosi contro.

Lentamente, le braccia dell’altro lo circondano. Tony ricambia il suo abbraccio: le sue mani sono sulla sua schiena e la fronte contro la sua spalla. Lo sente tremare ancora più forte, tanto che pensa stia piangendo.

Dovrebbe scusarsi. Dovrebbe dire che gli dispiace. Per tutto. Per Bucky, per gli Accordi, per essere stato arrabbiato con lui, per aver lasciato Peter da solo e per non aver realmente provato a sistemare le cose.

Ed, invece, una sola frase attraversa il suo cervello in quel momento.

« Peter dov’è? »

Tony diventa un’autentica statua di sale tra le sue braccia. Il respiro gli si spezza come se un’improvviso macigno gli sia caduto addosso. La stessa presa alla sua schiena si fa disperata, quasi graffiante. Gli si stringe come se fosse l’ultimo aggrappo che lo separa dall’Inferno.

« Tony » Gli costa più del dovuto separarsi dall’altro uomo, è come se si stesse tagliando via un braccio; e, tuttavia, sente l’urgente bisogno di guardarlo in viso. « Peter è con te, vero? »

Tony è sporco di terra e di sangue, più lo guarda e più gli sembra sia sul punto di scoppiare in rotti singhiozzi. Forse si è procurato simili ferite semplicemente atterrando su quel pianeta, forse è così sconvolto perché già sa di aver perso molti dei suoi amici. Steve cerca di aggrapparsi a scuse via via più improbabili, aspettando disperatamente una risposta alla sua domanda.

L’altro uomo continua a rifiutare il suo sguardo. Sembra incapace di mettere a fuoco l’ambiente circostante. Scuote poi il capo come a scacciare via quella domanda.

Forse Peter è rimasto indietro, forse Peter si è perso, forse Peter è stato portato via.

« La Signorina Potts ha detto che era con te, Tony! » si scopre ad urlare Steve, ribadendo l’ovvio. Gli afferra le spalle, cercando di scuoterlo dallo stato di shock dentro cui versa. È crudele e sbagliato, ma non riesce a fermarsi dal farlo. « È rimasto ferito? Sta male? »

Tony cerca di allontanarsi. Il suo viso è una maschera di dolore. Nemmeno in Siberia era stato così sconvolto; sembra riuscire a stento a stare in piedi. Si porta una mano davanti alla bocca, quasi a voler fermare eventuali parole che potrebbero sfuggirgli da lì in poco.

« Lui è– Io non ho potuto– non potevo– »

Non riesce ad articolare una frase. Steve pende letteralmente dalla sua bocca e quando i singhiozzi si fanno troppo forti per essere ignorati la verità gli piove addosso d’improvviso.

Non c’è più.

Peter non c’è più.

La sua presa si fa improvvisamente più debole. Tony gli sfugge e Steve si scopre a far correre le braccia lungo il corpo. Guarda l’uomo davanti a sé e non ha idea di quale sia la sua espressione facciale. È improvvisamente senza forze. Fa fatica persino a respirare.

« È morto »

È un sussurro quello che rompe il silenzio. Non sa se sia stato lui o Tony a parlare. Non è importante. Non ha forze. Non riesce neanche a pensare.

Si porta una mano sul viso. Non piangere, vorrebbe gridarsi in preda alla rabbia, dovevi badare a lui! Dov’eri tu? Sei suo padre: dovevi proteggerlo!; ma le parole gli muoiono dentro ancor prima che possa concretizzarle in un rimprovero verso se stesso. Sente un groppo alla gola.

Tony si piega su di lui.

È in ginocchio e non sa nemmeno quando le sue gambe abbiano cedute. Si sente debole. Non respira. Peter è morto, suo figlio è morto. Tony lo stringe a sé con una forza dettata più dalla disperazione che da altro. Steve singhiozza. Chiama il nome dell’uomo, gli chiede perché, gli chiede come. Non ha forze. Si scopre ad abbracciarlo, sempre più stretto, sempre più disperato.

Suo figlio è morto, suo figlio non c’è più.


 


 


 

~Il Mughetto dice~

Infinity War mi ha distrutto l’anima MAAAAAAAA♫ ha distrutto anche il mio blocco dello scrittore. Erano quattro mesi che non scrivevo assolutamente nulla, un po’ perché stavo scrivendo la tesi e un po’ perché cercavo un fandom nuovo in cui inserirmi. ‘Sto film ha confermato il fatto che la Marvel mi ha ancora in pugno e che, si, è possibile piangere quando vedi un aracnide svanire in coriandoli.

Volendo dare un contesto a questa storia, è una AU in cui la Stony è canon e i due hanno avuto Peter come figlio – a vostra indiscrezione la scelta del genitore biologico. In seguito agli eventi di Civil War, Tony si è tenuto Peter e ne sono seguiti gli eventi presenti in Homecoming; mentre Steve ha dovuto nascondersi e non ha avuto modo di rivedere il figlio per tutto quel tempo.

L’avvertimento OOC è presente perché scrivere di uomini che piangono mi piace, ma so che la Marvel è per la mascolinità tossica quindi dubito che i personaggi si lascerebbero andare a sinceri singhiozzi.

Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui! Lasciate una recensione se potete e consigliatemi qualche gruppo d’ascolto da frequentare in attesa della Parte II!

  
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