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Autore: Maggylina    03/07/2009    1 recensioni
Questo racconto è stato scritto per una persona speciale. Non importa chi sia, ma si rispecchiò nel personaggio, il quale riflette parecchie persone.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei

Lei, una ragazza semplice, dolce quanto l’uva.

Stava buttandosi giù dalla collina, tra mille risate, insieme a una strana ragazza dal cappotto viola e il sorriso pensieroso.

I capelli le si scaraventavano intorno, come se stessero fluttuando sott’acqua. Si aprivano, si gonfiavano… intorno al suo sorriso.

 

La guardavo da lontano su una panchina, lì, solo a curare la mia sorellina. Per certi versi erano simili, lei e quella ragazza: un’espressione innocente e ingenua albeggiava sul viso di entrambe.

Non riuscivo a staccare lo sguardo da lei, che correva su e giù per la collina. Sotto il sole primaverile, sopra l’erbe verde… L’unica cosa di cui ero cosciente osservandola era che speravo non finisse mai di ridere, di essere felice, di non accorgersi di me.

Perché, lo sapevo, tutta la magia sarebbe svanita. Io sarei entrato in quel mondo fatato, e tutto sarebbe crollato. Non sono un ragazzo che può entrare in un racconto. Sono banale, nulla di speciale. Ma guardare quella ragazza. Probabilmente appena più piccola di me, mi faceva straniare dal mio universo.

“Maria, attenta! Non bagnarti!”. I giochi di mia sorella spesso avevano conseguenze disastrose, più per me –al ritorno a casa- che per lei. Però lei, coi suoi cinque anni, era una delle pochissime ragazze che mi sapessero far felice, distrarre.

Guardare l’immagine di quella ragazza mi faceva sentire bene, in pace con me stesso. Che strano.

A quel punto se ne andò.

Mi lasciò lì, solo con i miei inutili problemi.

La rabbia crebbe in me. Ma, insieme, una nuova determinazione, incredibilmente sconosciuta.

“Signora, scusi, può controllare due minuti mia sorella? E’ quella col fiocco rosso, vede? Maria, arrivo subito, tesoro!” e scappai.

Ma che stavo facendo? Correvo, sempre più in fretta. Dovevo raggiungerla. E poi? Che avrei fatto?

“Ehi! Sì, scusa! Aspetta… “ ansimai mentre le mi paravo davanti. L’avevo forse spaventata? Aveva una faccia interdetta. Guardò l’amica, che prima le sorrise, poi mi chiese, curiosa:”Ciao…Bisogno di qualcosa?”

“Sì, ho bisogno di te.” Dissi, diretto, alla ragazza con i capelli lunghi, a quella che rideva, a lei che mi aveva stregato.

“Io… Ti ho vista prima. Non so cosa mi sia successo.. Ma mi hai incantato. Ho seriamente bisogno di conoscerti. Ok, lo so che stai pensando che sono un maniaco pazzoide… Ma, ti prego, puoi dirmi almeno il tuo nome? Solo quello… Voglio poterti chiamare per nome almeno in sogno…”. E questo? Da dove mi era uscito? No, non era da me, decisamente. Queste cose le dicono i ragazzi innamorati e poetici, non un normalissimo ragazzo col Carharrt grigio.

“Io mi chiamo Sara… Ma…”. Era timida, e confusa. Comprensibilissimo, ero esattamente così pure io. Almeno fino ad allora.

“Ok Sara, grazie… Ti ho probabilmente scandalizzata,” aggiunsi con un sorrisetto “ma eri incantevole… grazie, Sara, Sara, Sara..”. Oddio, ero posseduto! Avevo chiuso gli occhi e avevo iniziato a mormorare il suo nome, con la sua immagine in mente. Stop. Avevo rovinato qualsiasi cosa potesse ancora succedere. Addio a tutto.

“Tu come ti chiami, invece?”

  
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