Yoongi era esausto. Distrutto. Letteralmente stanco di tutto. Gli eventi e le opportunità che gli si presentavano nella vita non lo toccavano minimamente. Felicità, rabbia, tristezza, solitudine, voglia di fare; non provo più queste cose, così diceva agli altri e così si ripeteva per giustificarsi. Non sono più una persona, così pensava. Tutto mi scivola addosso e mi passa avanti, non riesco a tenere il passo, continuo a rimanere indietro. La realtà era un’altra. Min Yoongi era semplicemente malato. Era malato ma non voleva riconoscerlo, o meglio, se ne rendeva perfettamente conto ma non si è mai scomodato nel chiedere aiuto – forse un pò per stare solo con la propria sofferenza e un pò perchè sentiva di crogiolarsi nell’autocommiserazione ogni qualvolta parlasse del suo stato d’animo con una persona esterna; per lui il vittimismo era sicuramente in cima alla classifica dei peggiori comportamenti attuati dagli esseri umani (dopo l’ipocrisia, s’intende). Mi trovo ora a raccontarvi la storia di un debole, stronzo, misantropo, freddo manipolatore, depresso del cazzo. O almeno così lui si è autodescritto nel suo quadernino marrone che teneva sull’unico piano di legno presente nella sua camera, prima di quel giorno.