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Autore: TheSlavicShadow    10/05/2018    1 recensioni
Giugno 2001.
Il loro primo incontro.
I loro mesi felici.
I had all and then most of you
Some and now none of you
Take me back to the night we met
I don't know what I'm supposed to do
Haunted by the ghost of you
Take me back to the night we met
{The Night We Met - Lord Huron}
{Earth 3490; Steve/Natasha; prequel}
{{Visto che sono vecchia e mi piacciono le tabelle di prompt, prendo in prestito questa tabella https://mezza-tabella.livejournal.com/profile }}
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too Much to Ask'
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Giugno 2001

 

Sin da quando era un bambino, Steve Rogers aveva sempre mal sopportato le ingiustizie. Questo lo aveva fin troppo spesso portato ad essere coinvolto in risse che fin troppo di frequente non poteva vincere. Era stato un ragazzino mingherlino e malaticcio, e nessuno lo prendeva mai sul serio. Neppure il suo migliore amico che arrivava sempre al momento più opportuno per salvargli il fondoschiena.

E questa era solo l’ennesima rissa che poteva risparmiarsi. Doveva essere una serata tranquilla con i suoi amici nel loro pub preferito, fatta di birra, patatine fritte e risate. Molte delle quali rivolte contro di lui che era appena stato piantato dalla ragazza che frequentava da qualche tempo. Non era mai stato molto fortunato con le donne. Prima per il suo aspetto, poi perché non sapeva mai come parlare e rapportarsi con loro. Era stata una serata come molte altre. Avevano riso. Si erano insultati tra di loro per poi ridere di nuovo. Stavano progettando una breve gita da fare nel weekend a seguire.

Era un sabato sera come molti altri prima di quello. Ed era convinto che tale sarebbe rimasto fino alla fine.

Solo che quando aveva visto un tizio mettere le mani sul fondoschiena di una ragazza e questa aveva cercato di allontanarlo senza riuscirci, qualcosa in lui era scattato.

Il tipo era più alto e robusto di lui. Probabilmente anche più vecchio di lui. Mentre quella ragazza era minuta. E sembrava tremendamente giovane.

Non si era quasi accorto quando il suo pugno aveva incontrato il naso dell’altro.

“Ehi! Ma che cazzo fai?” Si era voltato verso la ragazza che lo guardava con labbra rosse imbronciate ed era sicuro di averla già vista da qualche parte, ma non era riuscito a pensare oltre perché un pugno lo aveva raggiunto allo stomaco facendolo piegare in due. Quello che ne era susseguito non gli era stato molto chiaro. La ragazza aveva urlato. Aveva sentito urlare i propri amici e anche quelli della ragazza. Erano volati altri pugni e l’unica cosa a cui aveva pensato era stata controllare che la ragazza si fosse allontanata. L’aveva vista parlare col barista, che aveva già la cornetta del telefono in mano e stava sicuramente per chiamare la polizia. Dalla sua posizione la vedeva sorridere affabilmente all’uomo e questi sembrava pendere dalle sue labbra.

“Rogers, Barnes! Tornate al vostro tavolo sennò chiamo davvero la polizia!” L’uomo aveva urlato da dietro il bancone e tutti si erano fermati. Nessuno voleva essere portato dentro dalla polizia per una banale rissa.

“Siete due idioti.” Natasha Romanoff era entrata nel suo campo visivo, prendendo per un orecchio James Barnes e lo aveva trascinato verso il tavolo su cui avevano passato la serata fino a quel momento. E mentre anche lui stava per seguire la coppia, la ragazza gli era passata accanto per tornare da quello che probabilmente era il suo ragazzo. E gli aveva sorriso. Lo aveva guardato e gli aveva sorriso.

“Steve, quel pugno è stato fantastico! Così perfetto ed inaspettato! Bum! Ed era a terra!” Clint Barton aveva colpito il suo braccio, sorridendo come se fosse il giorno di Natale e lui avesse ricevuto il miglior regalo di sempre.

“Clint! Non fargli i complimenti!”

“Nat, dai! Era una serata noiosa prima di questa mini rissa. Se fosse durata un attimo in più mi sarei più che volentieri unito a loro.”

Steve li aveva guardati. Natasha osservava Clint come se potesse staccargli la testa solo con il potere della mente, Clint continuava a parlare e Bucky era diventato più silenzioso di una formica, nascondendo il viso ferito come meglio poteva. Poteva vedere il suo zigomo già arrossato e temeva di essere nelle stesse condizioni. Nat non gliel’avrebbe fatta passare liscia stavolta. Solo la settimana scorsa Steve si era ritrovato coinvolto in una rissa perché dei bulli se la prendevano con un ragazzino. Nat gli aveva fatto una predica lunghissima mentre gli sbatteva in faccia un sacchetto di piselli surgelati ed era sicuro che avesse fatto più danni lei che la rissa.

“Giuro su Dio che non vi faccio più uscire di casa. Nessuno dei tre.”

“Ma quella ragazza aveva bisogno di aiuto, Nat!” Questa volta era stato Steve stesso a protestare, zittendosi subito dopo perché la rossa lo aveva guardato male.

“Sì, avevo proprio bisogno di aiuto.”

Steve si era voltato di scatto, trovandosi di fronte la ragazza di poco prima. Gli sorrideva ancora e ora gli sembrava ancora più giovane di quello che gli era sembrata in un primo momento. Teneva in mano due boccali di birra e dietro di lei c’era un cameriere con altri tre boccali, che aveva subito appoggiato sul tavolo di fronte ai suoi amici. Mentre la ragazza era in piedi accanto a lui e sorrideva. Solo ora notava com’era fatta davvero. I capelli scuri legati in una coda alta. I jeans strappati e una maglietta di un gruppo hard rock che conosceva solo perché lo ascoltava anche Bucky.

Si era alzato di scatto e lei lo aveva solo seguito con lo sguardo, senza togliere gli occhi dai suoi.

“Scusami se mi sono intromesso poco fa, ma mi sembravi in difficoltà e non sono riuscito ad ignorare la situazione. Spero che non ci siano problemi con il tuo...ragazzo?”

“Ex ragazzo da una decina di minuti. Se si poteva definire ragazzo. In ogni caso un vero pezzo di merda, quindi grazie per avermi aiutato a liberarmene.” Gli aveva porto il boccale di birra. “Questa è per ringraziarti. Anche il tuo amico la dietro.” L’aveva vista sporgersi un po’ e sorridere anche a Bucky.

“Oh, cazzo.” Steve aveva solo sentito Bucky aprire bocca, ma non si era voltato a guardarlo. Lo conosceva così bene che poteva immaginarsi la sua faccia. Era quella che faceva quando aveva un’epifania. “Ma tu sei Natasha Stark!”

Solo allora Steve si era voltato. I suoi amici fissavano la ragazza con occhi spalancati. Clint aveva alzato un braccio, indicandola con un dito come se avesse visto un fantasma.

“Sì, purtroppo quello è proprio il mio nome. Ma così mi chiamano solo i miei genitori quando sono incazzati.” La ragazza, Natasha aveva dovuto ripetersi, aveva fatto una smorfia guardando oltre Steve per poter sicuramente guardare Bucky. Lui non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Non poteva crederci che quella era Natasha Stark, l’unica figlia del multimiliardario Howard Stark che si era appena laureata al MIT in ingegneria meccanica con il massimo dei voti. Natasha Stark aveva appena 17 anni, cosa diavolo ci faceva in un pub e perché le avevano venduto degli alcolici?

“Allora Tasha, perché non ti siedi con noi?” Clint le aveva sorriso e la ragazza non se lo era fatto ripetere due volte. Aveva preso posto subito, sedendosi accanto a Clint e Steve l’aveva solo osservata. Aveva appena salvato la malfamata Natasha Stark e questa gli offriva da bere. “Steve, siediti anche tu. Mica vorrai restare in piedi tutto il tempo ora?”

Si era seduto, come ridestatosi da un momento di trance. L’aveva guardata di nuovo mentre le sedeva accanto. Era diversa rispetto a come gli era sembrata in TV o sui giornali. Quando l’aveva vista in televisione aveva creduto che fosse una spocchiosa ragazzina viziata che non si mescolava mai con la gente comune. Invece eccola in un pub di Brooklyn, un pub normale per gente normale. E si sedeva con lui e i suoi amici senza fare complimenti.

Bucky la stava ancora guardando. Teneva il boccale di birra a mezz’aria e sembrava volesse dire qualcosa ma in realtà non emetteva alcun suono. Erano tutti stupiti dalla nuova aggiunta al loro tavolo. E lei sembrava incurante dei loro sguardi. Probabilmente doveva essere abituata ad avere sempre tutta l’attenzione su di sé.

“Ho una domanda da farti.” Bucky aveva appoggiato il boccale sul tavolo e si era sporto tutto verso di lei. “Come hai fatto ad entrare e soprattutto a comprare alcolici?”

“Con i soldi e il mio bel faccino.” La ragazza gli aveva sorriso, bevendo subito dopo un sorso di birra. Bucky aveva sorriso a sua volta e Clint aveva ridacchiato. Nat aveva solo scosso la testa, ma era sicuro di aver scorto l’ombra di un sorriso.

“Ma sei...minorenne.”

“Ottima deduzione, Watson.” Natasha Stark lo aveva guardato e c’era qualcosa in quello sguardo che lo aveva fatto tremare. Non credeva nel colpo di fulmine. Credeva nell’amore che veniva coltivato, credeva nei corteggiamenti. Non credeva in qualcosa che non aveva alcun fondamento solido.

Ma il modo in cui lo aveva guardato gli aveva per un attimo mandato totalmente in tilt il cervello. Come se le sue sinapsi si fossero completamente bruciate. E non aveva fatto assolutamente nulla. Aveva alzato un sopracciglio e lo aveva guardato. E questo era bastato per mandarlo in corto circuito.

Lei si stava comportando con naturalezza, come se li conoscesse da sempre. E non da un quarto d’ora scarso. La cosa strana era che non gli dava fastidio. Di solito era lui quello più chiuso in sé stesso, quello che non permetteva agli altri di avvicinarsi, non seriamente. E poi arrivava dal nulla questa ragazza, che rideva di gusto alle battute cretine dei suoi amici e appoggiava una mano sul suo braccio.

Era tutto semplicemente strano.

“Devo andare.” Tasha si era alzata e Steve aveva notato tutti guardarla.

“Ma non è neanche mezzanotte ancora!” Clint aveva protestato. Ovviamente sarebbe stato lui quello che doveva dire qualcosa.

“Quando sono a casa dai miei sono come Cenerentola, Barton. E ora devo correre per cercare una zucca che mi riporti a casa.”

“Steve, perché non le dai tu un passaggio?” Ovviamente era stato Bucky a parlare. Si era voltato verso il proprio migliore amico e questi sorrideva. Sapeva perché lo avesse fatto. Bucky aveva fatto la propria missione di vita quella di trovargli una ragazza. E questa volta doveva essere Natasha Stark la prescelta.

Avrebbe voluto davvero mandarlo subito a quel paese, ma aveva incontrato gli occhi della ragazza ancora una volta ed era davvero perduto in quell’istante. Era una cosa così stupida e quella doveva essere una sciocchezza.

“Non serve. Prendo un taxi qui fuori, anche perché devo andare fino a Long Island.”

“Motivo in più per farti accompagnare.” Si era alzato anche lui. Aveva preso la giacca appoggiata alla sedia e aveva salutato i propri amici. Aveva sentito Tasha salutarli a sua volta e ridere ad una battuta fuori luogo da parte di Bucky. Bucky non sarebbe stato Bucky se non avesse fatto almeno una battuta a doppio senso, ma la ragazza non se n’era curata particolarmente. Aveva riso e gli aveva mandato un bacio prima di seguirlo fuori dal pub.

“E’ una Harley. Oddio, ma è un modello degli anni ‘70. Ed è tenuta benissimo. Wow.” Tasha si era accucciata accanto alla moto non appena si erano avvicinati. Guardava qualcosa che a lui era invisibile e sembrava meravigliata.

“L’abbiamo ereditata dal padre di Bucky e poi messa a posto.” Continuava a guardarla mentre metteva le mani ovunque e i suoi occhi saettavano da un punto all’altro.

“Se me la porti uno di questi giorni te la faccio diventare come nuova.” Aveva alzato gli occhi su di lui e aveva sorriso. “Prima che tu dica qualsiasi cosa, sono un meccanico.”

“Ingegnere meccanico, no? Laureata giusto un paio di settimane fa niente poco di meno che al MIT con il massimo dei voti.” Aveva notato il suo sorriso vacillare per un secondo e i suoi occhi tornare alla moto. E forse aveva detto qualcosa di sbagliato, ma lei non gli aveva dato il tempo di capirlo. Si era alzata e aveva sorriso ancora.

“Proprio così. Quindi mi aspetto che mi porti questi gioiellino nei prossimi giorni e io te la rimetto a nuovo. Non ho mai lavorato su una moto di questo tipo, ma è meravigliosa.”

“Metti il casco, meccanico.” Le aveva porto il casco di scorta e Tasha aveva sorriso infilandoselo subito. Aveva giusto aspettato che salisse prima lui sulla moto e poi era salita lei. Le sue mani avevano stretto la sua vita e non aveva potuto fare a meno di guardarle. Erano piccole e su diverse dita c’erano delle piccole ferite. Erano molto diverse da quello che aveva sempre immagino per una delle ragazze più ricche del mondo.

E per un istante aveva pensato che avrebbe voluto disegnarle quelle mani.

 
   
 
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