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Autore: FrozenOpera    13/05/2018    3 recensioni
C'era solo una cosa più difficile nella Galassia che essere la Mano Destra dell'Imperatore Palpatine, e Darth Vader lo stava scoprendo.
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Per un disguido si era dimenticato della sua famiglia per vent'anni, e guarda cos'era successo. Due figli nella Ribellione, che avevano attivamente contribuito a smontare l'Impero da lui così fedelmente servito, facendo nel frattempo migliaia di morti e trilioni di crediti di danni.
L'ira si accompagnava ovviamente all'orgoglio per gli eroi che erano diventati, ma ora lui era tornato, e le cose sarebbero cambiate. Non si poteva continuare così, con quell'anarchia proprio nella sua famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anakin Skywalker/Darth Vader, Principessa Leia Organa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storiella senza pretese dedicata alla mia amica Atlantislux, che voleva sapere cosa sarebbe successo se Lord Vader fosse venuto a conoscenza dell'impresa della figlia nella mia altra storia “Sotto copertura”. E, io, che ho un debole per Dad!Vader, non potevo esimermi.
Mi rammarico solo che mi sia venuta più seria di quello che avrei voluto, ma non sono tanto brava con le commedie.
Questa storia può essere goduta senza leggere l'altra prima, tanto Leia confessa subito quello che ha combinato ;)
Oh, nessun Ewok è stato maltrattato per questa fanfiction... purtroppo!



Daddy's little Princess

 

La guerra era finita.
Il massacro che lui, Darth Vader, aveva contribuito a avviare, era finalmente terminato.
Ed era stato suo figlio a far finire tutto. Suo figlio.

A pensare a Luke, indomito davanti a Darth Sidious, l’animo del ritrovato Anakin Skywalker si riempiva di orgoglio.
Senza osare tramare direttamente, ma soffrendo e odiando se stesso e Palpatine nell'ombra della sua maschera, per molto tempo si era chiesto se avesse dovuto sfidare l'Imperatore, tenendo fede alla tradizione Sith. Era stato il vedere Luke minacciato, a dargli finalmente la forza di affrontare e sconfiggere il suo Maestro. Darth Sidious ora era morto, non avrebbe mai più avuto suo figlio.
Con Palpatine scomparso, e nonostante fosse ferito ed esausto, Vader... no, Anakin Skywalker, si era dovuto affrettare ad assicurarsi la dedizione della macchina militare imperiale.
A parte pochi ufficiali legati al vecchio Imperatore, non c'erano state molte resistenze.
Gli equipaggi delle navi del suo Squadrone della Morte, guidate da ufficiali a lui fedeli, gli avevano immediatamente giurato lealtà, così come gli assaltatori della 501esima Legione, selezionati da lui personalmente.
L'avevano acclamato Imperatore, e non era esattamente quello che Anakin voleva, ma ci sarebbe stato tempo per sistemare i dettagli.
In segno di buona volontà, come primo atto da reggente aveva dichiarato una tregua unilaterale con l’Alleanza Ribelle, e disposto, dopo aver fatto evacuare il personale, la distruzione della Morte Nera.
Era un gesto estremamente magnanimo, eppure ciò non era bastato a placare l'ira della ragazza che aveva davanti, che da mezz'ora buona lo stava accusando delle peggiori nefandezze capitatele.
La Principessa Leia Organa di Alderaan. Sua figlia.

Se la scoperta che Luke era suo figlio l'aveva riempito di orgoglio e fierezza, la notizia che esisteva anche una gemella gli aveva fatto provare un'emozione dolcissima, indescrivibile, alla quale ancora non riusciva a dare un nome.
Leia, l'indomita ragazza che non aveva mai smesso di combattere, nonostante la distruzione di Alderaan. La vedeva di fronte a sé e la sua immagine si sovrapponeva a quella della sua amata Padmé. Leia. La sua adorata figlia. La sua dolce bambina.

Anakin sorrise, ammirandola.
La ragazza alzò la voce di un'ottava.
“... mi sono anche dovuta travestire da ballerina per un Hutt per salvare un compagno...”
Anakin si rabbuiò sotto la maschera. Gli Hutt. Indegni lumaconi. Per l'affronto che avevano inflitto alla sua bambina avrebbe obliterato il loro pianeta e posto fine alla loro razza degenere, anche se aveva giurato a Luke che non avrebbe mai più preso una vita direttamente.
“... per non parlare di quando mi sono dovuta scopare uno dei tuoi agenti per riuscire a scoprire dove fosse Luke!”
Perso nell'adorazione di sua figlia, e ancora impegnato a pensare a come avrebbe potuto fare a vaporizzare Nal Hutta -forse aveva distrutto la Morte Nera troppo presto-, quasi la frase gli sfuggì.
“Cosa?” sibilò.
Interrotta bruscamente, Leia incespicò quasi a rispondere. “Cosa, chi? Ti stavo dicendo che quella delinquente di Aphra...”
“Non mi importa nulla di lei” declamò Anakin, levandosi maestosamente in piedi nonostante le ferite.
Si sarebbe occupato anche di quella sciocca di Aphra, ma ora era imperativo sapere chi aveva osato mettere le mani addosso alla sua bambina. Il pensiero che ci avesse anche fatto altro era inconcepibile; non riusciva nemmeno a prenderlo in considerazione.
“Chi?”
Leia arrossì furiosamente, distogliendo lo sguardo da lui. “Non ti interessa, e comunque sarà morto.“
“Il nome” le ordinò, la voce pericolosamente bassa, la stessa che faceva piegare le ginocchia ai suoi ufficiali.
Lei scosse le spalle. “Se ci tieni… Kreel, squadra SCAR. Su Nar Shaddaa. Non sapevo chi fosse, ho scoperto solo dopo che era un tuo agente. E comunque non mi ha riconosciuta, ero travestita da Twi'lek.” Con un movimento quasi lascivo Leia si accarezzò i capelli. “Avevo anche i lekku.”
Anakin ritornò a sedersi, le dita bioniche che si conficcavano nei braccioli della poltroncina.

“Adesso esci, ma rimani fuori dalla porta. Non abbiamo finito.”
Lo sguardo che Leia gli diede avrebbe gelato i deserti di Tatooine. “Che significa? Ho del lavoro da fare, non ho tempo...”
“Trovalo.”
La ragazza si mise le mani sui fianchi, sporgendosi verso di lui. “Chi ti credi di essere? Non hai nessuna autorità su di me. E, se il pensiero ti infastidisce, sappi che non sarebbe successo nulla se tu non ci avessi braccati come animali per tutta la Galassia.”
Aveva capito bene? Quella sciocchina gli stava rinfacciando che quello che lei aveva combinato era colpa sua?
Anakin si erse di nuovo in piedi, in tutta la sua considerevole altezza, indicando imperiosamente la porta. “Sono tuo padre” ruggì, forzando il vocalizzatore ad emettere il tono più alto e furente possibile. “Adesso aspetta fuori.”
I pugni contratti di Leia erano piuttosto indicativi del fatto che la ragazza stesse sopprimendo una risposta piccata. Ma non aggiunse altro.
Si girò, invece, ed impeccabile come la regina che era stata destinata a diventare marciò fuori dalla stanza.
Anakin la guardò uscire, e scosse la testa. Meno male che era stata cresciuta dai nobili Organa, perché sembrava invece una teppista di strada. Ma ora c'era lui; si sarebbe personalmente occupato della sua educazione.
Al momento, però, aveva una faccenda più importante da risolvere.
Ritornò a sedersi, ed aprì un canale di comunicazione con il ponte della Executor.
“Ammiraglio Piett, mi trovi il sergente Kreel. Con la massima urgenza.”
 

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Salendo con un turbo ascensore dai recessi della Executor, Kreel si rese conto di non aver avuto molti momenti felici nella sua vita. Anzi, erano talmente pochi che li poteva contare sulle dita di una mano, pochi però erano stati davvero brutti come quelle ultime ore.
Il disastro era cominciato con l’ordine di mobilitazione della 501esima su una luna boscosa e buia, dove erano dovuti sbarcare con un equipaggiamento non adatto, solo perché il comandante della guarnigione a terra aveva paura di un attacco ribelle.
La giornata era continuata con un effettivo attacco di quei pezzenti, supportati da un tribù di creature locali che Kreel aveva inizialmente liquidato come orsetti inoffensivi, fino a quando non se ne era trovato uno attaccato al braccio sinistro, quello che aveva perso sull’Harbringer e sostituito con una protesi cibernetica. I denti della creatura avevano attraversato armatura e pelle sintetica, e si erano conficcati nell’endoscheletro sottostante di duracciaio. Disgustato, più che intimorito, Kreel aveva dovuto tagliargli la testa per toglierselo di dosso.
Per finire in gloria la giornata, stavano pure per perdere quando la voce dell’ammiraglio Piett era risuonata nel comunicatore integrato nel suo elmetto, e in quelli di tutti gli altri assaltatori e scout presenti sul campo.
La vocetta da burocrate di Piett li aveva informati che Darth Vader aveva sconfitto l’Imperatore in un equo duello, e che quindi l’Oscuro Signore dei Sith era legittimamente asceso al trono come successore di Palpatine.
Kreel non aveva nemmeno fatto in tempo a meditare su come “equo duello” e “legittimamente asceso” potessero stare nella stessa frase, che subito la baritonale voce di Vader in persona era rimbombata attraverso il comunicatore. Il novello Imperatore dichiarava che era stata raggiunta una tregua con i ribelli, e ordinava a tutti i soldati di deporre le armi e rientrare sulle rispettive navi.
Oltre a combattere, erano poche le nozioni che in Accademia insegnavano agli assaltatori: l'ambizione era proibita, il conformismo, la disciplina e l'obbedienza erano tutto.
Kreel aveva sempre avuto problemi ad adeguarsi a tutte e quattro le cose ma, sulla luna di Endor, non aveva esitato ad eseguire gli ordini di Vader. Aveva deluso il Signore dei Sith più volte, ma non l'avrebbe fatto ora che, chiaramente, Darth Vader sconfiggendo l'Imperatore aveva dimostrato di essere l'essere più potente della Galassia, e successore di Palpatine. Legittimo o meno.

Salendo verso la sala dove era stato convocato per un incontro proprio con il nuovo Imperatore, Kreel non riusciva tuttavia a non chiedersi se avesse fatto la scelta giusta.
Non si era aspettato, una volta arrivato a bordo dell'Executor, che il comandante della sua compagnia lo informasse delle voci che giravano: Darth Vader aveva due figli; una era Leia Organa in persona, e l'altro nientemeno che Luke Skywalker, il pilota ribelle che aveva distrutto la prima Morte Nera. Il ragazzo che Kreel aveva cercato più volte di catturare per conto di Vader.
Il peggior nemico della Ribellione aveva due figli a capo della stessa. Il sergente avrebbe riso all’ironia della cosa se non fosse stato così confuso.
Piegando le labbra in una smorfia infastidita, Kreel si slacciò il colletto della tuta nera che tutti gli assaltatori vestivano a bordo delle navi quando non in armatura. Era pressoché identica a quella dei piloti TIE, ma non la odiava solo per quello. Con quella addosso non aveva modo di nascondere il suo viso deturpato da anni di combattimenti nelle arene del suo pianeta natale. Detestava gli sguardi curiosi della gente.
E detestava anche di più essere chiamato a rapporto senza conoscerne la ragione.
Cioè... saputo di chi Skywalker era figlio, la convocazione non è che fosse arrivata del tutto inaspettata. Ma, d'altronde, Kreel rifletté che aveva solo obbedito agli ordini di Vader. Forse aveva esagerato a picchiare il ragazzo? A duellare con lui con una spada laser? Non è che Skywalker ne fosse uscito con danni permanenti, no? Anzi. Durante il loro ultimo incontro, per poco non era morto lui.
Le porte si aprirono, e il sergente Kreel esitò un attimo prima di varcarle.
Era stata proprio una giornata da dimenticare. Con un'unica nota positiva: l'espressione sconcertata che aveva in faccia quella stronza raccomandata di Iden Versio, quando Vader aveva ordinato la tregua. Qualche secondo dopo lei e gli altri componenti della squadra Inferno si erano dileguati nei boschi. Non ci voleva un genio per capire che avevano disertato. E insieme a lei chissà quanti altri.
Il pensiero fece sorridere Kreel. Se fosse sopravvissuto a quel colloquio, avrebbe chiesto di essere assegnato all'unità incaricata di rintracciare quei figli di bantha.

Il corridoio era vuoto, ma davanti alla porta degli alloggi di Vader una ragazza sulla ventina, con una divisa bianca, stazionava appoggiata al muro, in faccia l'aria più scocciata della Galassia. Kreel la riconobbe al volo: era la famosa Leia Organa.
Lei gli diede solo una veloce occhiata, per poi tornare a fissare il pavimento, imperturbabile. Il sergente non riuscì a non sbuffare infastidito. Quanto odiava non avere in testa il suo elmetto.
Meno male le porte dell'alloggio di Vader si aprirono subito, risparmiandogli qualche domanda idiota sul suo aspetto che sicuramente sarebbe arrivata.

Peccato che, quando entrò nella sala, Kreel realizzò che, forse, rimanere fuori in compagnia della scostante principessina sarebbe stato meglio.

 

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Com'è che gli diceva sempre Yoda? Qualcosa del tipo l'ira conduce all'odio, e l'odio è la via per il Lato Oscuro.
'Ma quale ira???' ululò Anakin senza emettere un suono, in quel momento sentendosi ancora molto Darth Vader. Per questo si impose di calmarsi, facendo un bel respiro ed incrociando le braccia al petto.
Lui non era affatto arrabbiato... no, era furibondo!
Per un disguido si era dimenticato della sua famiglia per vent'anni, e guarda cos'era successo. Due figli nella Ribellione, che avevano attivamente contribuito a smontare l'Impero da lui così fedelmente servito, facendo nel frattempo migliaia di morti e trilioni di crediti di danni. L'ira si accompagnava ovviamente all'orgoglio per gli eroi che erano diventati, ma ora lui era tornato, e le cose sarebbero cambiate. Non si poteva continuare così, con quell'anarchia proprio nella sua famiglia!
Con suo figlio avrebbe fatto i conti dopo, ma con Leia doveva mettere le cose in chiaro subito. Era evidente che gli Organa non le avessero dato l'educazione che lei, figlia di una regina, si sarebbe meritata. Altrimenti alla sua bambina non sarebbe mai venuto in mente di fare quello che aveva fatto.
Anakin provò una momentanea soddisfazione al pensiero che quella coppia di farabutti fosse finita vaporizzata con il loro insulso pianeta. A Leia ora avrebbe pensato lui.
Sentì la porta aprirsi dietro di lui, e dei passi risuonare sul lucido pavimento.
“Mio Signore” il sergente Kreel lo salutò, con una voce vagamente annoiata che non mostrava la minima traccia di deferenza.

Darth Vader non tollerava i fallimenti, e la squadra SCAR ne aveva inanellati parecchi, ma lui li aveva sempre perdonati.
Nonostante non fosse riuscito a portargli suo figlio, Kreel gli piaceva. Gli ricordava un po' se stesso. Il sergente era nato schiavo come lui, ma era stato in grado di farsi valere sul campo, e di ottenere il comando di una delle squadre di ricognizione avanzata più letali dell’Impero. Sicuramente avrebbe fatto carriera, se non si fosse fatto ammazzare prima, vista la noncuranza con cui si lanciava nelle missioni più pericolose.
Vader avvertiva che l'assaltatore aveva rispetto per lui, ma anche che Kreel non provava il minimo timore nei suoi confronti, a differenza dei pavidi ufficiali di Marina con cui doveva sempre avere a che fare. La cosa era... rilassante, ma forse aveva offuscato il suo giudizio.

Forzando una calma che non provava, Anakin si girò verso il sergente.
Notò solo di sfuggita il colletto slacciato e le maniche della divisa arrotolate fino ai gomiti. Disciplina questa sconosciuta, ma Kreel era uno noto per seguire le regole solo quando gli conveniva.
Anakin lo fissò negli occhi celesti, dalla consueta aria guardinga. Come gli era venuto in mente di mettere le mani addosso alla sua bambina?
Ma non l'aveva vista, così piccola e fragile? Con quei dolci occhi scuri che invogliavano solo a proteggerla e, al massimo, a coccolarla. Come aveva potuto pensare quell'idiota di...
Anakin bloccò qualunque pensiero in quella direzione, altrimenti avrebbe ammazzato Kreel sul posto. Non era il caso. Il sergente doveva soffrire un bel po' per quello che aveva combinato.
“Sergente,” Anakin cominciò senza preamboli, “ti ricordi i tuoi ordini per quella missione su Nar Shaddaa, vero?”
Se Kreel era rimasto sorpreso dalla domanda, non lo diede a vedere. “Certo” rispose sicuro. “Spiare l'Hutt Grakkus e le sue scoperte a proposito dei Jedi, fino a quando qualcosa di grosso non fosse caduto nella rete del criminale.”
“Esatto. Visto il tuo passato, eri l'unico dei miei uomini che poteva infiltrarsi come schiavo combattente nell’arena dell’Hutt. L'unico che poteva risultare credibile come braccio destro di Grakkus. Ora, ti ricordi anche i vincoli che ti erano stati dati?”
Anakin osservò Kreel aggrottare le sopracciglia. “Mai contattare il comando se non in caso di estremo bisogno. Mai compromettere la copertura...”
“Avevo avuto notizie che la tua condotta sul campo fosse stata... irreprensibile” Anakin lo interruppe.
“E lo è stata.”
Sotto la maschera, l’ex Oscuro Signore dei Sith strinse pericolosamente gli occhi. Sapeva che il sergente detestava la schiavitù in tutte le sue forme; anche per quello era stato il candidato ideale per quella missione. Non c'era pericolo che si intrattenesse con qualche schiava ballerina alle repellenti feste degli Hutt, e finisse per danneggiare la missione. Eppure...
“Quindi mi vuoi dire che non ti sei mai accompagnato con una prostituta mentre eri in missione?”
La risposta fu immediata. “Certo che no. Non voglio dire di non avere mai avuto donne, ma nessuna di loro era pagamento. Non avrei mai accettato.”
“Menti.”
“Con tutto il rispetto, mio Signore, ma cosa c'entrano le donne con la mia missione? Finita anni fa, tra l'altro.”

Questa volta, il tono di Kreel non era riuscito a celare una palese irritazione. In poche falcate Anakin lo raggiunse e si fermò davanti a lui.
Il sergente era alto, ma i suoi due metri e passa consentivano ad Anakin di sovrastarlo. Non che Kreel sembrasse chissà che impressionato. Non aveva dato il minino segnale di sconforto.
“E devi essere contento che si sia conclusa con un successo, visto quanto sei stato incauto” gli sibilò. “Ti sei intrattenuto con una femmina Twi'lek. Era una spia ribelle, nel caso non te ne fossi accorto.”
Per la prima volta, un’ombra di allarme emerse negli occhi chiari di Kreel. L'assaltatore abbassò leggermente la testa, sembrando confuso.
Davanti al suo silenzio, Vader fece un ulteriore passo verso di lui. “Adesso mi vuoi dire che nemmeno te la ricordi?”
Come era possibile che si fosse scordato un fiore come Leia? Anakin riconsiderò il suo proposito di non ammazzarlo subito.
Ma Kreel scosse la testa, sopprimendo un sorrisetto. “Certo che mi ricordo la Twi'lek albina, è difficile scordarla.”
La mano di Anakin si mosse prima che lui quasi se ne rendesse conto. Calò sulla spalla sinistra del sergente e, se non fosse stata in parte cibernetica, gliel'avrebbe come minimo lussata.
"In che senso?” sibilò.
Adesso Kreel sembrava di minuto in minuto sempre più disorientato. “Era bellissima. E chiaramente non era una prostituta” l'uomo ammise. “Volevo mandarla via ma... lei fu molto convincente. Continuava a chiedere del prigioniero, era abbastanza palese che fosse lì per lui. Ma le dissi solo il necessario.”
Se c’era una cosa che Darth Vader apprezzava di Kreel, era l’assoluta trasparenza dell’assaltatore. Non cercava mai di mentirgli, o di addossare le sue colpe ad altri, come troppi ufficiali tentavano sempre di fare.
Convincente? Kreel, ne sei proprio sicuro?” gli chiese, stringendo leggermente la presa sulla spalla dell’uomo.
Gli stava sicuramente facendo male, ma il sergente non batté ciglio. Si limitò ad annuire.
“Non avrei dovuto, me ne rendo conto, ma… lei… era irresistibile.”
Avrebbe dovuto usare la Forza per capire cosa stesse passando nella testa dell’uomo, ma Anakin si chiese se fosse davvero il caso. Improvvisamente si stava sentendo molto, molto stupido.
Leia gli aveva forse detto che era stata costretta? Dal tono sembrava quasi compiaciuta di quello che aveva fatto.

Per lunghi, estenuanti minuti, Anakin continuò a fissare il sergente poi, lentamente, l’ex Sith lasciò cadere la mano. “Dimmi, Kreel, l'hai trattata bene?”
L’uomo scosse le spalle. “Ricordo che se ne è andata soddisfatta. Mi piace uccidere ribelli, non seviziare le donne. Comprese quelle della ribellione.”
Anakin esalò un silenzioso sospiro. Certo. Sua figlia appagata. E Kreel pure, da quello che poteva intuire dallo sguardo vacuo dell’uomo, perso in chissà che ricordi. Dopo un incontro avvenuto senza che si fossero mai visti prima, e senza che nessuno dei due avesse la minima idea di chi fosse l’altro. Esisteva qualcosa di più lontano dalla sua idea di amore?
Da quello che Anakin ricordava, nonostante i lineamenti deturpati e lo sguardo indurito lo facessero sembrare più vecchio, Kreel non doveva avere comunque più di trent’anni, e Leia aveva da poco passato la ventina.
“I giovani d’oggi, senza alcuna morale…” bofonchiò dando le spalle al sergente. Poi si spostò verso la vetrata, sentendo il bisogno impellente di chiudersi dentro la sua camera di meditazione.

“Prendi la tua squadra” ordinò. “Mi risulta che siano tutti sopravvissuti e che non ci siano defezioni. La vostra prossima missione è il sistema Hoth. L’avamposto laggiù ha già giurato fedeltà, ma alcuni elementi si sono distaccati e hanno fatto perdere le proprie tracce sul pianeta. Trovateli ed eliminateli.”
Kreel rispose dopo interminabili secondi di silenzio, suonando teso come mai lo era stato durante tutto il colloquio. “Mio Signore, Hoth è un mondo periferico, senza nessuna utilità per l’Impero. Perché ci devono preoccupare pochi disertori che saranno comunque morti di freddo prima che noi arriviamo sul posto?”
“Osi contraddire i miei ordini?”
“No, ma…”
“Non farlo. Sergente Kreel, hai i tuoi ordini, mi aspetto che li porti a termine con la consueta efficienza.”
L’assaltatore non protestò oltre. “Come vuole lei. Le porteremo le teste di quei traditori.”
"Farai meglio a farlo. Non tollererò altri fallimenti. Ora vattene, hai già perso troppo tempo. E dì a mia figlia di entrare.”
Sotto la maschera, Anakin soppresse una smorfia insoddisfatta. Essere padre era molto più difficile che essere la mano destra dell'Imperatore Palpatine…
 

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Come in trance, il sergente Kreel uscì dall’alloggio di Vader. Senza nemmeno guardare la ragazza che attendeva nel corridoio, le indicò con la mano la porta che dietro di lui si stava chiudendo.
“Entra, tuo padre ti cerca” le disse sbrigativo.
Sovrappensiero, si fermò davanti alle porte del turboascensore.
Non riusciva a trovare una ragione per quel colloquio surreale. Che motivo avesse avuto Vader di chiedergli di quella vecchia storia era incomprensibile. Non aveva neppure menzionato suo figlio, sembrando più che altro interessato a quella Twi'lek. Come se avesse un motivo personale per interessarsi della sorte della ragazza. Un motivo molto personale, per come il Sith come l’aveva interrogato…
La porta dell’ascensore si aprì davanti a lui ma, assalito da un dubbio atroce, il sergente non la varcò. Lentamente, si girò invece verso l’alloggio di Vader.
La Principessa Leia Organa era ancora là fuori, e lo fissava. La ragazza aveva in volto un sorriso altezzoso. Gli ricordava qualcosa. E i suoi occhi scuri? Non l’avevano già guardato con la stessa espressione sfrontata, e vagamente austera, una manciata di anni prima? Come aveva detto a Vader, aveva capito subito che una con quello sguardo non poteva davvero essere una prostituta.
Precisamente...
Kreel sentì un brivido freddo lungo la schiena, mentre il sorriso di lei si allargava.
“Vedi qualcosa che non ti piace?”
La Principessa non disse altro. Distolse l'attenzione da lui e varcò la soglia dell'alloggio di Lord Vader. L'Oscuro Signore dei Sith. Suo Padre.

Il sergente Kreel non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno, ma non perse tempo una volta entrato nel turboascensore.
Controllò sul datapad che aveva agganciato al polso sinistro la posizione sulla nave di tutti i componenti della squadra SCAR, e li convocò con effetto immediato.
Non aveva idea di come potesse essere ancora vivo, dopo essersi fatto la figlia del capo, ma una cosa era certa: doveva andarsene dalla Executor prima che Lord Vader cambiasse idea.
 

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Anakin sospirò. Adesso era meno arrabbiato, ma risoluto.
Aveva un impero da riorganizzare, ma prima si sarebbe occupato della sua famiglia. L'educazione di Leia e Luke doveva avere la precedenza su qualunque altra cosa. Luke era un Jedi, ma acerbo e quasi autodidatta. Ci avrebbe pensato lui a completare il suo addestramento, mentre Leia si era dimostrata una stratega capace, ma il suo cuore sanguinava a saperla sul campo di battaglia. Quindi...
“Non l'hai ammazzato, dopotutto.”
La voce di lei, carica di derisione, interruppe i suoi pensieri.
Anakin si girò verso la ragazza. In mezzo alla sala a braccia conserte e in faccia un'espressione combattiva, sembrava pronta a scatenargli contro l'inferno. Ma lui si intenerì lo stesso. Anche se aveva fatto un cumulo di sciocchezze, rimaneva sempre la sua dolce bambina.
“No, fa un po' troppo di testa sua, ma è un ottimo elemento. Non è comunque adatto a te, quindi non farti strane idee.”
La vide aggrottare le sopracciglia. Non che davvero pensasse che Leia potesse essersi presa una sbandata per Kreel, ma meglio prevenire. La sua bambina meritava di meglio.
“Sei stata senatrice, ma dubito che tu abbia mai avuto un'educazione formale di alto livello” riprese. “Prenderò contatti con l'Accademia di Politica Galattica di Naboo. I suoi corsi sono i migliori della Galassia, e voglio che tu li frequenti. Il Senato verrà rifondato, e tu rappresenterai Naboo. Ti dirò dopo il perché.”
L'espressione di Leia si fece ancora più buia, ma lui non vi badò.
“Nel frattempo vivrai con me a Coruscant, e comincerai a frequentare l'alta società della capitale. Questi ribelli non sono una compagnia adeguata per te, meglio che smetti di averci a che fare. Ci sono un paio di giovani e promettenti ufficiali che devi conoscere, due ragazzi più o meno della tua età di ottima famiglia...”
La bocca della Principessa si piegò in una smorfia sconcertata e molto poco signorile. Per le lune! Avrebbero anche dovuto insegnarle le buone maniere.
“Cosa?”
Anakin continuò come se lei non avesse parlato.
“Dicevo, anche se arrivano da famiglie nobili...”
“Ma che dici?”
“... non sono come i soliti buffoni che pullulano nei ranghi dell'Esercito e della Marina Imperiale per cui credo che...”
“Aspetta un attimo!”
“... ti piaceranno. Quanto al resto, ti proibisco di uscire con assaltatori. Direi che Kreel può bastare per tutti...”
“Tu... mi ascolti? Vuoi smetterla?”
“... e vedi di tenere alla larga gli operatori di di AT-AT, a quelli piace solo far saltare in aria le cose...”
“Vader, piantala!”
“... e stai lontana anche dai piloti TIE, come tutti i piloti sono...”
“Hey... coso!”
“… matti senza possibilità di redenzione...”
“PADRE!”
Anakin si bloccò. La sua bambina l'aveva appena chiamato papà? Si intenerì all'instante, anche se Leia non sembrava molto felice.
La ragazza aveva appoggiato le mani sui fianchi, e lo guardava come se avesse voluto farlo a pezzi.
L'uomo avvertì una curiosa sensazione di formicolio alla gola che gli fece immediatamente riconsiderare i suoi programmi per la figlia. Perché aveva pensato che lei non fosse dotata nell'uso della Forza? Prima che potesse aprire bocca, però, Leia lo anticipò.
“Si chiama Han. Padre.”
Gli ci volle qualche secondo per realizzare. “Han, chi?” Sibilò.
 

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Le ultime ore era state frenetiche, e avevano cambiato completamente la sua vita. L'ammiraglio Piett, il comandante della Executor, osservava dal ponte della sua nave i detriti della seconda Morte Nera che brillavano colpiti dai raggi del sole del sistema di Endor, e si andavano a raccogliere attorno all'equatore del pianeta. Avrebbero creato un delizioso anello luccicante.
Accanto a lui, la rappresentante dell'Alleanza Ribelle Mon Mothma osservava lo spettacolo, in attesa di essere ricevuta dal nuovo imperatore.
Solo poche ore prima Piett non si sarebbe mai sognato che una ribelle potesse camminare libera sulla sua nave ma, ferocemente leale a Lord Vader, aveva piena fiducia che il suo Signore avesse fatto la scelta migliore per tutta la Galassia.
L'attesa si stava prolungando. Stava per invitare l'ospite a bere qualcosa quando, sotto di lui, la Executor distintamente tremò.
Gli ufficiali in plancia si scambiarono degli sguardi allarmati, lo stesso che Mon Mothma porse a Piett.
“Ammiraglio, avete problemi ai motori?”
Lui, imperturbabile, scosse le spalle. “No. Ma probabilmente l'attesa per incontrare Lord Vader si prolungherà. E, mi creda, è meglio così. Venga, le offro qualcosa da bere nell'attesa.”

Nella mezz'ora che seguì, la nave tremò tante di quelle volte che a Piett sembrò di stare sopra un frullatore.
Tornando in plancia, con affetto l'uomo accarezzò una paratia, sperando che fosse la prima e l'ultima volta che Lord Vader riceveva a bordo sua figlia.
Perché l'ammiraglio ne era certo: la sua bella nave non avrebbe resistito ad un altro litigio in famiglia.

  
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