Tha gràdh agam dhut
Le ha piantate apposta, perché Sòlasta una volta
gli aveva detto di trovare bellissimi quei rametti carichi di piccole campanule
bianche. Aveva detto che gli sarebbe piaciuto averle anche a casa, ma il suo
cuore era troppo gelido perché potessero sopravvivere – e allora ha creato
una piccola alcova nel suo giardino, riparata dal sole e dagli sguardi, solo
per lui.
-…posso aprire gli occhi adesso?-
-Assolutamente no, Sòlasta.- ridacchia, accompagnandolo con una mano sulla schiena
mentre con l’altra gli stringe la destra per non farlo cadere. –Ancora un po’
di pazienza.-
-Se cado e ti trascino con me, e
sai che ne sono perfettamente capace, poi non lamentarti.-
lo sente borbottare a mezza voce, ma gli stringe comunque la mano nella propria
per reggersi meglio quando sente lo stivale sinistro scivolare sul terreno.
Quando lo lascia andare fa un paio
di passi avanti e gli bacia la fronte, dolcemente, come era solito vederlo fare
con il fratello. –Ora puoi guardare.-
Le palpebre si schiudono lentamente
rivelando quelle pozze scure come il suo cielo, su al nord, quando è notte e
c’è l’aurora, e poi i suoi occhi si sgranano sorpresi.
-Le hai piantate davvero.-
è un sussurro estatico, il suo, mentre osserva i cespugli di fiori bianchi che
ondeggiano stancamente al vento come il mare tranquillo delle sue baie.
-Te l’avevo promesso, giusto?- gli prende dolcemente la mano e se la porta al viso
baciandone il palmo. Ha sempre le mani così gelide… -Solo per te, mo chridhe.-
Sòlasta gli dona uno
dei suoi rari sorrisi e gli getta le braccia intorno al collo – e lui lo tiene
stretto a sé mentre cade sulla schiena in mezzo ai fiori, contento di essere
riuscito a farlo sorridere.
-Mi ripeti il nome di questi fiori,
Sòlasta?- sussurra dopo qualche secondo, in cui si è crogiolato
nell’abbraccio di Sòlasta.
–Calluna,
ma è più conosciuta come erica volgare.- Sòlasta si
solleva sui gomiti senza smettere di sorridere. –Come hai fatto a chiedere i
semi se non sapevi il suo nome?-
Gli sorride, accarezzandogli la
guancia. –Ho conservato un rametto seccato che ho trovato in uno dei tuoi libri.-
-L’hai fatto davvero per me.- non è una domanda, ma comunque non ci sarebbe bisogno
di rispondergli: è più che evidente.
Le aveva piantate apposta, così
potrà osservarlo leggere assorto trai cespugli carichi di piccole campanule
bianche, e per un po’ di tempo potrà fantasticare che Sòlasta sia solo suo, che la
prossima volta tornerà per restare.
*
Lukas inarca un sopracciglio chiaro,
osservando la scatola arrivata da Copenaghen nemmeno un’ora prima e poi il
ragazzino seduto sulla sua poltrona a gambe incociate. –Spero per te che tu non
abbia riempito di briciole la poltrona, Ìs. Perché altrimenti te le faccio togliere con le pinzette.-
Islanda solleva le spalle,
raccogliendo le briciole che si erano fermate sulla maglia e buttandole dentro
la scatola vuota. –Tranquillo, Nore: non verrai invaso dalle formiche.-
Norvegia decide di ignorarlo,
preferendo osservare i dettagli di quella fatina intagliata nel legno. –Erano
buoni, almeno?-
Islanda soppesa un attimo la
risposta, poi: -Questa volta Dan ha
un po’ esagerato con il burro.-
-Però te li sei comunque mangiati tutti.- lui è riuscito a mangiarne appena la metà di uno
rotto, prima che Eirik prendesse il possesso
dell’intera scatola.
-Ho detto che ha esagerato, non che
erano immangiabili.- si giustifica la piccola Nazione,
incrociando le gambe sulla poltrona e accedendo la televisione.
Sta per ribattere che quella è solo
una scusa per esserseli mangiati tutti, quando il campanello inizia a suonare
al ritmo di London calling:
nemmeno guarda dallo spioncino di chi si tratta, perché solo una persona può
suonare il campanello al ritmo di London calling.
-Ehy!- esclama Inghilterra,
allargando le braccia. –Buon compleanno, Lukie!-
-Sei indipendente da centotredici anni!- Romania spunta alle spalle dell’inglese prima di
lanciarsi nel suo appartamento, forse alla ricerca dei biscotti di Danimarca,
mentre Arthur lo abbraccia così forte da fargli male.
-Bloody Hell, sembra ieri che ti finanziavo per
tirarti su e invece sono già passi più di cento anni! E guardati adesso!- Inghilterra si scosta e lo tiene per le spalle.
–Sei cresciuto così in fretta!-
Gli viene quasi da ridere. –Guarda
che sono più vecchio di te, Arthie.-
-Non importa, lasciami fare!- esclama ancora, superandolo per entrare nel suo
appartamento. –Allora, sembra che gli altri mi abbiano scambiato per un
fattorino: ho un po’ di regali da consegnarti. Anche se noto che qualcuno è già
arrivato.-
Romania, rannicchiato in un
angolino del divano, tiene tra le mani la scatola vuota di biscotti, mormorando
che non aspettava alto che assaggiarli ma anche questa volta è arrivato tardi,
mentre Islanda e Mr Puffin
giocherellano distrattamene con la fatina di legno.
Inghilterra posa sul tavolino la
borsa che si portava sulla spalla, iniziando a rovistarci dentro. Ne tira fuori
un barattolo di caffè. –Questo è da Spain. Ha chiesto a Jamaica
di preparare una miscela di caffè speciale. Questo,- e tira fuori un sacchetto
di carta chiuso con un nastrino blu. –è di France.
Sono madeleine, ha anche detto che Italy ha aggiunto di mangiarle tutte perché all’ultimo
meeting gli sei sembrato sciupato.-
Norvegia e Islanda si scambiano uno
sguardo più che eloquente – da quando
Inghilterra ha ancora contatti personali con Francia e Spagna? – ma Romania
nega con la testa, segno che è meglio lasciar perdere.
-Oh, Wales e Ireland
ti mandano gli auguri.- si interrompe un attimo, prima
di tornare a rovistare alla ricerca di qualcosa.
-Te ne manca uno, di fratello.- Islanda nemmeno smette di guardare la
televisione.
Inghilterra raddrizza la schiena. –Scotland può anche andare a impiccarsi
con il suo kilt, e poi non si fa vedere da quasi una settimana. Sarà andato a
vivere nelle Higlands come il barbaro che è, ne sono
certo.- poi si schiarisce la voce, mettendogli tra le braccia un orso polare di
peluche. –Questo è da parte di Mattie. Alfie come al solito se ne è
dimenticato, a forza di seguire Donald ovunque. E questo… - estrae dalla tasca
interna della giaccia di tweed verde una busta da lettere, tenendola di fonte a
sé. –…è da pare mia e di Vlad.-
Lukas si illumina come il Sole. –È
quello che credo io?-
-Dipende… - Romania cerca di fare
il vago, ma non riesce a trattenere la risata quando Lukas strappa
letteralmente la busta dalle mani di Inghilterra e la apre in un baleno.
-Un biglietto per il concerto di
Roger Waters alla Telenor Arena!- di solito, Norvegia non si scompone mai, ma adesso
sembra pronto a mettersi a saltare dalla gioia. –Ma come avete fatto? Erano esauriti!-
Arthur gonfia il petto. –Siamo o
non siamo i migliori amici del mondo?-
Eccome se lo sono. Vorrebbe
abbracciarli, ma ancora una vola è il campanello a interrompere – questa volta,
non suona a ritmo di London calling. È un
fattorino con un sorriso gentile che gli porge un piccolo pacco e la cartellina
per firmare il ritiro, poi saluta e se ne va.
-Un altro regalo?-
chiede Romania curioso. –Chi manca ancora all’appello?-
-Quello di Dan è arrivato, e anche quello di Sve… - Islanda inizia a elencare
sulle dita, mentre Norvegia prende un coltello dalla cucina e rompe lo spago
marroncino che chiude il pacco e poi strappa la carta. Le mani si fermano,
strette intorno a un vecchissimo libro di poesie che credeva di avere perso –
quando solleva la copertina rigida e rovinata, è sicuro che il suo cuore abbia
saltato un paio di battiti: proprio dietro la copertina, tenuto fermo alla
pagina ingiallita con un pezzetto di nastro adesivo, vi è un rametto di erica
volgare seccato ad arte. Norvegia sfiora i piccoli fiori bianchi con la punta
delle dita, prima di farle scivolare lungo le poche parole scribacchiate vicino
allo stelo con quella scrittura elegante ma decisa che non vedeva da troppo
tempo:
Ho
pensato ti avrebbe fatto piacere riaverlo.
Tha gràdh agam dhut, non dimenticarlo mai.
Non si rende conto di stare
sorridendo fino a quando non sente male alle guance.
-Idiota.-
mormora, scuotendo la testa senza però smettere di sorridere. –Sei il solito idiota.-
Perché, in fondo, anche lui aveva
sempre sperato che un giorno sarebbe andato lì per restare.
*
-Non ti facevo così romantico.-
Scozia alza le spalle, rimanendo
disteso sul prato. –Che ti posso dire? Sono o non sono una canaglia romantica?-
-No, sei una canaglia e basta.- sbuffa Inghilterra, incrociando le braccia e
sedendosi sul piccolo dondolo vicino al fratello.
Allistor
apre appena un occhio, guardandolo divertito. –Sei solo geloso della mia fortuna
in amore, fratellino.-
Arthur sbuffa una risata, dandogli un
leggero calcio nel fianco. Anche se non ha mai davvero capito cosa lega il suo
migliore amico al maggiore dei suoi fratelli – era troppo piccolo per
ricordarselo e, beh, non ha il coraggio di chiederlo a nessuno dei due – sa che
è qualcosa di profondo, che non può essere spezzato.
-Ha sorriso, Brathair.- sa anche lui quanto siano rari i sorrisi di Norvegia. –Dopo
che ha aperto il tuo regalo non ha smesso di sorridere.-
Anche Allistor,
ora, sorride. –Beh, ho raggiunto il mio scopo.-
D.P.P.: Deliri Post Partum
L’edera
volgare è il fiore nazionale norvegese e il secondo fiore nazionale(??) della
Scozia. Non ho resistito, scusate. Il titolo significa semplicemente credo
“ti amo” in gaelico scozzese.
…wow, ho
seriamente rischiato di non farcela.
Non c’è
molto da dire, a essere sinceri, oltre che un Auguri Conviventeh! Questa è solo per te –
te l’avevo promesso che sarei tornata a scrivere ScotNor,
prima o poi, non devi mai perdere le speranze con me. E buon compleanno anche a
Lukie, che oggi è festa nazionale su in quel di
Norvegia.
Nessuno mi
toglierà più dalla testa Arthur che suona il campanello a ritmo di London calling dei Clash, rido tantissimo.
Buon qualcosa
a tutti voi, io torno a studiare
Maki