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26
prompts challenge : 4/26: PRIGIONIA: 1. Stato di
segregazione forzata in luogo angusto, con privazione della
libertà di
movimenti; reclusione.Condizione di isolamento dalla vita sociale della
comunità.
Parole:
615
Saiyan
prigionieri
La
luce delle due lune illuminava le sbarre dello spiazzo
sopra il terreno rossastro e sabbioso, dove due lerci e bucherellati
stracci
erano gettati a terra come giacigli.
Una
ciotola colma di acqua salmastra rifletteva la
luce dei due astri, che spiccavano nel cielo blu-notte.
Vegeta
senior passò una lercia pezza bagnata sulle
spalle del migliore amico, sorrise e strofinò più
forte. La pezza si sporcò di
sangue e il più grande piegò il capo, i capelli
neri gli brillarono di riflessi
rossastri. Sul mento aguzzo aveva una leggera peluria.
“Vedrai…”
sussurrò quest’ultimo, avvicinatogli le
labbra all’orecchio.
Bardack
si strofinò un’altra pezza sulla ferita che
aveva sulla guancia. Tentò di lavare entrambe le pezze nella
ciotola, sporcando
l’acqua nerastra di sangue.
“Che
mi resterà una cicatrice!” disse Bardack ad
alta voce.
La
guardia dai capelli blu, che stava passando di
ronda dall’altra parte delle sbarre, ridacchiò, si
voltò e si allontanò. Ad
ogni sbatta era collegato un fascio di luce laser.
“…
presto saranno tutti pronti. Ci ribelleremo
agli tsfuru oppressori, finalmente i saiyan saranno liberi”
bisbigliò Vegeta. Il
suo collo massiccio era stretto e ferito da un pesante collare, gemello
a
quello dell’altro saiyan.
Bardack
annuì. Controllò che la guardia fosse ancora
lontana.
Quest’ultima stava camminando sotto delle torce agganciate a
un alto muro di metallo.
Tutti gli edifici erano fatti dello stesso materiale e si alzavano
alti, con
innumerevoli finestre illuminati. Da essi si alzavano dei fumi nerastri.
“Sì,
mio futuro re. E la seguiremo fino alla
morte” sussurrò con voce inudibile Bardack,
stringendo con forza la catena
collegata ai pesanti bracciali di ferro che aveva ai polsi e alle
caviglie. Il
suo unico indumento fatto di pelle marrone era sporco, esattamente come
il
perizoma indossato del maggiore.
I
loro piedi erano anneriti e le innumerevoli ferite
sui loro corpi pulsavano.
“La
nostra gente non ha conosciuto mai altro che
schiavitù. Sono stati usati come animali da coloro che
dovevano essere loro
fratelli” sussurrò Vegeta. Dimenò la
coda dalla massiccia peluria castana.
Quella
di Bardack era stretta intorno alla vita di
quest’ultimo.
“Anche
noi siamo sempre stati in prigionia, sin da
bambini” gli ricordò.
<
Non assomiglia per niente al bambino codardo che
ho conosciuto. Questo è un uomo per cui sarei disposto a
morire, per cui
continuerei a combattere anche da spirito > pensò.
“Una
prigionia solo fisica, che mai deve diventare
mentale. I nostri corpi sono utilizzati per combattere, brutalizzati in
combattimenti tra noi. Ci obbligano ad esseri animali, ci forzano in
luoghi
angusti. Questa segregazione, questa continua reclusione, gli serve per
isolarci
e impedirci di far parte della loro agiata società.
Ci hanno
impedito di vivere in società, di fondarne una nostra.
Ci
privano anche della libertà di movimento” disse Re
Vegeta.
“Però
non ci piegheranno mai mentalmente” disse
Bardack.
Re
Vegeta annuì.
Entrambi
si zittirono vedendo la guardia tornare
indietro.
<
Ci chiudono in queste arene dove ci obbligano a
combattere o ad accoppiarci. Ci deridono pubblicamente, ma non ci
sottometteremo mai spiritualmente. Non imprigioneranno anche le nostre
aspirazioni > pensò Bardack.
<
Domani guiderò la mia gente. Dei polpi, fate che
la sua forza e la mia astuzia siano all’altezza del compito
> pregò Re
Vegeta.
Bardack
gli appoggiò la testa sulla spalla e gli
accarezzò la schiena.
“Stai
tranquillo. Hai me al tuo fianco, amico” cercò
di tranquillizzarlo, addolcendo il tono. La sua voce era cavernosa e il
taglio
dei suoi occhi intenso.
Vegeta
gli prese la mano nella propria.
“Lo
so, grazie di esserci, amico mio” disse. Socchiuse
gli occhi e gli fece uno stentato sorriso sincero.
La
guardia fece una smorfia.
<
Dannati animali in calore. O combattono o si
fottono > pensò, con disgusto.