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Autore: Mother of Dragons    26/05/2018    0 recensioni
Ambientata diversi anni dopo l’avvenimento di Pokémon Bianco 2/Nero 2. Hilda ha circa 20 anni.
“Poco sapeva l’ingenua Hilda di coloro che, nel bene o nel male, avevano cambiato la regione ove viveva,se non da fugaci parole scambiate con Hilbert, il fratello gemello riconosciuto ormai come eroe e salvatore.
Ma nessuno come lei aveva provato a verificare, con l’occhio e con il cuore, che si potesse ben oltre andare agli archetipici ruoli di buono e cattivo, risonanti di favole oramai riflettenti una società svanita.
Ciò che l’apparentemente intrepido Hilbert non aveva mai avuto il coraggio di fare.”
Sono una dilettante che scrive per mero piacere,dunque potrei non risultare all’altezza di molti di voi,ma spero ugualmente vi possa essere gradita.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ghecis, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Il leggero scricchiolio derivato dall’attrito fra il pietroso terreno e le ruote della bicicletta che sfrecciava sopra di esso stava ormai fungendo da sottofondo ai pensieri di Hilda da lungo tempo.

Non sembrava esserne disturbata. Il suo corpo ed il suo cervello alternavano una pesante sensazione di fatica, dovuta alle lunghe e incessanti pedalate, al continuo arrovellamento che la decisione da lei intrapresa non faceva altro che provocarle.

Sarebbe stato sicuro, per una così inesperta Allenatrice mossa quasi da puerile curiosità, ancora neofita in quello che le si prospettava come il mondo degli adulti, andare a incontrare di persona coloro che un tempo riuscirono a terrorizzare Unima nella sua interezza? 

“Ma Hilbert l’ha fatto a quindici anni. Sì, l’ha fatto” tentava, quasi ironicamente, di ripetersi fra sé, essendo pienamente consapevole che la sua profondità compensava una cospicua carenza di coraggio di cui il fratello, invece, disponeva abbondantemente. 

Come si sarebbe potuto immaginare, il suo usuale ottimismo faceva talvolta capolino tra le insicurezze di cui in quell’istante era colma; in cuor suo, a momenti, pareva intuire che l’esito di un incontro così avvincente quanto rischioso sarebbe stato positivo, e, perché no, forse inaspettato. E sul viso di Hilda, ogni volta, spuntava un accennato sorriso di speranza, che riusciva per qualche minuto a distrarla dalla stanchezza provocatale dalla ciclica pressione dei suoi arti inferiori contro i pedali, solitamente smorzandosi però in un nuovo incerto tormento.

 

...Era giunto l’imbrunire. Le gambe sfinite di Hilda si muovevano ormai per inerzia mentre il suo respiro si faceva sempre più cadenzato e pesante; l’aria già tipicamente fresca che soffiava ai piedi del Monte Vite si irrigidì quasi bruscamente, intensificando nella mente della ragazza la volontà di smettere di pedalare per quel giorno, con lo scopo di rannicchiarsi poi in qualcosa che le potesse fornire il tepore necessario per trascorrere la notte all’aperto.

Ricordandosi di aver portato con sé un modesto sacco a pelo che probabilmente sarebbe bastato per proteggerla da eventuali intemperie, la ragazza decise, senza pensarci su un’altra volta, di frenare il veicolo. D’impulso, il suo piede destro scivolò repentino dalla staffa del pedale verso lo scosceso suolo,sbalzando il peso del corpo sulla ruota anteriore mentre lei, denti stretti e occhi sbarrati, tentava di appigliarsi ai freni per evitare una caduta che probabilmente, alla meno peggio,le avrebbe abraso un ginocchio- il quale, per giunta, non era coperto da alcunché, vista la scarsa lunghezza dei pantaloncini che indossava.

Fortunatamente, la bicicletta riuscì, seppure in modo alquanto violento, a bilanciarsi nuovamente e fermarsi senza che l’incauta ciclista cadesse per terra. Ancora con gli occhi quasi fuori dalle orbite, Hilda tirò un veemente sospiro di sollievo, tergendosi nel frattempo una gocciolina di sudore che scendeva fredda lungo la sua fronte. Era salva.

 

Scuritosi il cielo ormai del tutto, Hilda appoggiò piano i piedi sull’erbosa superficie che sarebbe divenuta il suo immediato giaciglio notturno, smontando dalla bici pieghevole da lei poi raccolta e riposta, ancora leggermente sporca di terriccio, nello zaino in cordura rosa e nera che usualmente teneva in spalla. Subito dopo, senza perdere un secondo, tirò fuori dallo stesso il sacco di soffice tessuto ceruleo nel quale aveva già pensato di poter appisolarsi. Con fare quasi infantilmente buffo, Hilda pareva lanciare alla galeotta fodera un’occhiata di stizza, come se fosse stato proprio l’oggetto a interrompere la sua concentrazione durante l’intensa pedalata; ma lei, tuttavia, perdonava tutti. Anche i sacchi a pelo. E così, cercando di dimenticare l’avventata esperienza che non poco le sarebbe costata se fosse finita peggio, riprese a sorridere dispiegandolo come se niente fosse accaduto.

 

“Forza, Minccino. Guarda quanto è bello il panorama” lo esortò l’Allenatrice gettando con delicatezza la sfera Poké che lo conteneva, di modo che il vispo roditore potesse farle godere della sua piacevole compagnia avendo l’occasione, nel frattempo, di poter finalmente posare le minute zampette sull’erba fresca di montagna. Il piccolo Pokémon pareva particolarmente contento del fatto di poter passare un po’ del suo tempo al fianco della sua bipede amica- dell’affetto della quale, probabilmente, avrebbe sentito una leggera mancanza, in quanto il tronfio e cinerino Unfezant, di livello significativamente più alto, era colui che rispetto agli altri membri della squadra palesemente trascorreva una maggior quantità di tempo con lei.

L’indice ed il pollice delle delicate mani di Hilda non esitarono dunque ad afferrare il cursore della cerniera lampo che serrava la tasca minore del suo zaino, tirandone fuori un paio di croccanti blocchetti di frutta secca assortita, leggermente addolciti dal miele raccolto da qualche Combee- l’effigie di tale Pokémon effettivamente figurava in bella mostra sulla loro sottile confezione di plastica.

Dopo aver scartato le barrette dall’involucro raffigurante l’insetto a foggia di favo, la ragazza si sedette sul folto prato e si apprestò a consumare il suo frugale ma sfizioso pasto, fornendone un piccolo avanzo anche al ghiotto Minccino. 

 

Mentre i denti dell’umana, come del gliride, stavano insomma compiendo il loro lavoro per placarne la fame, le iridi della prima rimanevano fermamente rivolte verso il discendente paesaggio collinare che davanti le si prospettava. Casa sua era parecchie ore distante,non vi era alcun centro Pokémon operativo nelle vicinanze di dove lei adesso era situata. 

“Hilbert sarà sicuramente stato qui anche lui” rimarcò la sua mente, pensando nuovamente al fratello. Non era molto restia ad ammettere, in effetti, che anche il solo pensiero del gemello le forniva coraggio. Nel fiore della sua adolescenza, lui si mostrava già volenteroso di avventurarsi dov’era più impervio, mentre lei, forse per una maggiore accortezza che spesso si sarebbe manifestata sotto forma di paura, si limitava ad allenare i suoi Pokémon nei dintorni della sua dimora, se non talvolta spingendosi fino alle città vicine per osservare se ce ne fossero di più interessanti. 

 

“Ma...ma lui...lui forse non ha mai voluto conoscere...loro.”

 

Un mezzo sorriso comparve sull’ancora perplesso volto della giovane donna, che nel frattempo già stava avvolgendosi nel morbido abbraccio di quel sacco incriminato, come volesse intenzionalmente abbandonarsi a quel destino mosso da una forte corrente che Hilbert cercava sempre, anche superficialmente, di contrastare a tutti i costi.

 

Le poche stelle che si potevano intravedere in quella scura volta sovrastante il paesaggio montano in qualche modo potevano rassicurare Hilda del fatto che il futuro, molto probabilmente, non le avrebbe potuto riservare qualcosa di spiacevole. 

 

“Lui non ha mai voluto conoscerli. E io...sì.”

   
 
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