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Autore: Miryel    27/05/2018    15 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenicaSperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 2340
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain

•••




 

Capitolo I.
 

L'Alfa 45 bolliva come un forno, in quella giornata estiva e umida; era quasi impossibili da credere potesse essere solo giugno. Per fortuna, in certi posti di mare, le prime settimane d’estate erano sempre più facili da sopportare, soprattutto la sera. Il vento per lo più, col calare del sole, si rinfrescava. Quando Peter uscì dall’auto – dopo che lo zio ebbe parcheggiato sotto al gazebo adibito a posto macchina – si chiese se il suo corpo avrebbe resistito nel tragitto dal giardino alla cucina. Zia May prese le chiavi dalla borsetta di vimini, non prima di aver tirato gli occhiali da sole sui capelli e rivelando l'abbronzatura rossa sulle guance, che la rendeva ancora più carina. Era paradossale come i suoi zii fossero già scuri per via del sole che amavano prendere sul terrazzo di casa – quella a Forest Hills – e lui, come sempre, era ancora bianco come un lenzuolo.

«Peter, metti la crema solare, appena ti sarai infilato il costume. Non vorrai bruciarti e passare una gran brutta nottata, spero!» lo redarguì scherzosamente la zia, mentre entravano in casa, valige alla mano.

«Non ho intenzione di nuotare o di prendere il sole, oggi. Devo… finire una cosa per l’esame d'ammissione», rispose, grattandosi la testa in imbarazzo, non tanto contento di dover rinunciare al primo giorno in piscina della villa al mare.

«Non esagerare. Prenditi un po’ di tempo per te», gli rispose zio Ben e gli arruffó i capelli, mentre si dirigeva verso il contatore per accendere le luci e poi aprire l’acqua dal pomello in cucina. Peter ne fu felice. Aveva troppa sete per continuare a chiacchierare senza risentirne.

 

 

♦♦♦

 

 

 

La villa era un vecchio casolare rimesso a nuovo da zio Ben. Amava i lavori di bricolage molto più di quanto amasse zia May; o almeno questo era quello che Peter gli ripeteva ogni volta che lo vedeva impegnato ad aggiustare qualche vecchio mobile trovato nei cassonetti. Era giovane, lo zio, ma aveva questa insana passione per l’antico, e sinceramente Peter non era della stessa idea. A lui piaceva la scienza, ed era per il progresso, ma adorava confrontarsi con lui. Era un uomo intelligente, che spesso aveva avuto buone parole riguardo alle sue scelte, come quella di iniziare un’università che fosse adatta a lui perché, gli aveva sempre confidato che le sue scelte erano state sempre divise a metà. Amava la fotografia tanto quanto amava la scienza, e questo spesso lo aveva messo in crisi, ma alla fine aveva scelto di dedicarsi alla seconda. La fotografia avrebbe potuto studiarla da solo o con un corso privato.

Ed era proprio in uno dei momenti dedicati a quell’arte, affacciato alla vecchia finestra della sua camera, che lo vide. Fu la prima impressione peggiore che avesse mai avuto, ma avrebbe dovuto conviverci per un mese: il loro coinquilino. Zio Ben non stava male economicamente, ma zia May non lavorava e lui stava studiando. Risparmiare soldi era sempre stato una sorta di principio per lui. Cosa che Peter aveva assorbito nella sua personalità e apprezzava il fatto che, data l'enormità della casa al mare, potessero prendere un affitto che li aiutasse a pagare almeno le bollette di quel mese e la spesa per mangiare. In più, erano spesso capitate persone piacevoli con cui passare il tempo, a volte intellettualmente interessanti.

Poggiò la fotocamera sul davanzale e incrociò le braccia sullo stesso, posandovi sopra il mento. Il vento leggermente fresco di quel sabato pomeriggio tardo lo inondó, e chiuse gli occhi per qualche secondo, prima di riaprirli e scoprire che, quello appena arrivato, era un uomo di mezza età, probabilmente sulla quarantina passata, occhiali da sole scuri, capelli striati di grigio, pettinati a modo e corti. Un’elegante – ma sportiva – polo grigia e un paio di pantaloncini a metà ginocchio color salmone. Zio Ben e zia May si avvicinarono subito all’uomo e quello, con un affascinante – ma odioso – sorriso, strinse la mano ad entrambi. Zio Ben prese le sue valige ed entrarono.

«Peter!» lo chiamò zia May, quando furono dentro e lui, che era a petto nudo perché sentiva caldo, si infilò una maglietta a caso e un paio di ciabatte infradito. Scese di corsa le scale e si rese conto non solo che era un volto piuttosto conosciuto – almeno per lui – ma anche che l'uomo aveva già conquistato il cuore dei due. Specie quello di zia May, adorante e con le labbra arricciate per non dare a vedere che stava sorridendo troppo. Le mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloncini, come una ragazzina delle medie. Peter scosse la testa, ridacchiando e quando entró nel salone illuminato solo dalla luce del sole che filtrava dalla finestra, zio Ben alzò le sopracciglia.

«Ah, Peter!»

«Ehi!» rispose lui, mentre si creava la tipica situazione di imbarazzo di ogni primo incontro. L’uomo lo guardò con una finta aria intenerita, che a Peter non sfuggì e ci mise tutto se stesso per non dare a vedere che era infastidito dalla cosa. Aveva compiuto diciott'anni da qualche giorno; non era un adulto ma non si reputava nemmeno un bambino.

«Il nostro coinquilino estivo. Il signor Stark», lo presentó zia May, e l'uomo gli tese la mano, allargando il suo sorriso.

«Solo Tony va bene», disse quello, e lui gli strinse una mano, cercando di fingere che quella cosa non lo stesse mettendo a disagio.

«Peter», rispose semplicemente e quello si voltò a guardare i suoi zii.

«Noto una somiglianza. Specie alla mamma», constató, ed era una di quelle cose che lo facevano sempre ridere, perché ormai quasi prevedibile. La gente, a volte, non si rendeva conto di quel che diceva, lo faceva e basta, dando per scontato cose che non lo erano. Zio Ben abbracciò Zia May, accarezzandole la spalla con la mano e, con un sorriso di circostanza, scosse la testa in un diniego.

«Peter non è nostro figlio. È nostro nipote», informò, semplicemente e quello sembrò aprire bocca per dire una cosa come: «Ah, nipote in vacanza per stare lontano dai genitori», come succedeva ogni volta e Peter gli risparmió quella figuraccia.

«Sono orfano, loro sono i miei tutorial legali», disse, con una calma ormai familiare, sebbene la notizia non fosse esattamente la più felice da dare.

«Fino a quattro giorni fa, almeno. Peter ha compiuto diciotto anni e, legalmente, non è più sotto la nostra ala protettiva», continuò zia May, e lo disse con un certo sollievo. Come se quel fatto potesse muovere l'argomento dal suo essere orfano al suo essere maggiorenne, alleggerendo così l'atmosfera.

«Oh, diciotto anni, eh? Gli anni migliori, no?» chiese il signor Stark, e lui annuì lentamente, confuso dallo sguardo che gli stava lanciando, come se volesse chiudere lì il discorso; difatti aggiunse, rivolgendosi ancora verso zio Ben: «La mia camera, Signor Parker? Vorrei posare le mie cose».

«Oh, sì», sussultò zio Ben e gli prese la valigia e gli indicò le scale, «Da questa parte». Peter seguì i due salire e continuare a chiacchierare, il signor Stark sempre più simile ad un uomo bisognoso di stare solo e in silenzio, ma che non voleva darlo a vedere.

«Sembra una brava persona», disse zia May, e lui non si voltò, mentre quella frase sembrava avere un peso più grande di quel che avrebbe dovuto avere, perché Peter sapeva e conosceva molte più cose di quel che potesse credere, su quell'uomo.

«Sembra, già», rispose, poi si voltò verso la donna e sorrise. «Ti aiuto con il pranzo.»

 


 

♦♦♦
 



 

La prima impressione, secondo l'esperienza personale di Peter, non era mai quella che contava, ed era felice di pensarla così, ma Tony Stark sembrava metterci tutto se stesso per non farsi piacere. Sapeva ovviamente della sua fama, conosceva il suo ruolo di imprenditore ricco e straricco, incapace di vedere oltre il proprio naso; e Peter, in qualche modo, sapeva di star fingendo fin troppo bene che la cosa non lo infastidisse. Aveva provato, durante la cena di quella sera – la prima passata insieme, a parlare con lui di nanotecnologie, di fisica quantistica e di aerodinamica ma l'uomo si era sempre mostrato ostico e piuttosto disinteressato nel parlarne con lui. Aveva preferito immergersi nell’accurata spiegazione di come era stato preparato il famoso polpettone May. Fu un solo motivo, infine, che trasformò lo sguardo superiore dell’uomo, in uno ricco di interesse. Peter non lo aveva creduto possibile, ed era successo quando zia May era andata letto, lasciando lui e gli altri due uomini soli a tavola, nel momento in cui aveva rinunciato a dire qualunque cosa, pur di non sentirsi mortificato.

Zio Ben aveva il diabete. Quello alimentare. Un'immensa rottura di scatole, secondo l’uomo; per zia May meglio quello che la morte e, per Peter, solo un altro motivo per prenderlo in giro.

«Diabete, signor Parker?» chiese Tony, mentre addentava con un certo languore un altro pezzo di crostata, guardandolo mentre misurava il livello di insulina.

Zio Ben sorrise. «Alimentare. Ormai sono quasi sei anni», rispose, poi la macchinetta per la misurazione fece un bip e poco dopo si infilò un ago attaccato ad un tubo sul dorso della mano, e il liquido iniziò ad uscire dalla stessa macchinetta, fermandosi poi con un secondo bip e il signor Stark parve sorpreso, per la prima volta da quando Peter lo aveva conosciuto.

«Che cos'è questa diavolerie?» chiese ridendo, prendono in mano l’oggetto quando zio Ben staccò l'ago dalla pelle e si pulì la piccola goccia di sangue che uscì dal buco. Il signor Stark la studiò. Peter si scambiò uno sguardo di intesa con lo zio, trattenendo un sorriso di soddisfazione, per poi tornare sul suo tomo di macro tecnologia.

«È un dispositivo che misura il diabete e calcola il bisogno di insulina. Appena finisce, spara il liquido endovena da questo ago e si ferma raggiunto il giusto dosaggio», spiegò zio Ben. Stark sembrò ancora sorpreso e, studiando l’oggetto – rigirandoselo tra le mani un paio di volte, parve senza parole per qualche secondo.

«Mai vista una cosa simile. Dove l’ha presa? Cina? Giappone? Magari Svezia? Olanda?» sbottó e zio Ben si esibì in una delle sue risate divertire e rumorose, «Come cavolo fa a calcolare e dosare?»

«È molecolare. Legge direttamente nel sangue quello che gli serve per dosare l'insulina. È un piccolo apparecchio, ma ha una struttura… complessa», rispose Peter, e quando l’attenzione si spostò su di lui, facendo mutare completamente lo sguardo sempre superficiale di Tony, lanciò un’occhiata a zio Ben e tornò a sottolineare alcune parti importanti del libro, senza farlo con la stessa attenzione che vi aveva dedicato prima.

«Lo ha costru– è… stato… lui?», balbettò l’uomo, e zio Ben rise di nuovo.

«E' opera sua, sì. Non ha idea di quanto questo aggeggio mi abbia facilitato la vita. Ovvio che ogni mese ho i miei controlli, ma i dottori hanno detto che questo coso,»  Peter vide zio Ben riprendere in mano l’oggetto come se ne fosse quasi geloso, «è affidabile».

«Davvero, Peter?» chiese Stark, e lui non poté fare a meno di alzare lo sguardo e annuire dopo averlo guardato un po’ spaesato.

«S-sí, io… ci ho messo qualche mese, naturalmente, ma l’ho progettato e assemblato io con pezzi di vecchi macchinari per diabetici e altre diavolerie simili. Ovviamente quella è solo ed esclusivamente per mio zio. È strutturata per lui, ma non è difficile poterne fare una per chiunque… basterebbe un piccolo prelievo del sangue, l'inserimento di alcuni dati nella scheda madre e il gioco è fatto», spiegò, rendendosi conto di aver parlato molto più in quel momento che nell’intero arco della serata e che Tony Stark lo stava guardando come se fosse un alieno sceso in giardino improvvisamente per vivisezionarlo; un enigmatico sopracciglio alzato che fu quasi buffo.

«C-come…» esordì, poi rise cercando di non farsi vedere troppo stupito, ma era chiara la sua incredulità, «Come fa a segnalarti anomalie o presenze strane nel sangue? Come fai a sapere che va sempre tutto bene?»

Peter si scambiò di nuovo un’occhiata con zio Ben, poi si alzò in piedi e prese di nuovo il dispositivo. Invitò lo zio a farsi bucare di nuovo e accese. Il bip tornò a riempire l’aria per un attimo, mentre il silenzio dovuto all’attesa imperversava e, infine, si accese un cerchio verde sul dispositivo.

«Questo… mi dice che sta bene», indicò la luce che ne aveva altre due vicine, «Quella verde è a posto, quella gialla è lieve pericolo, quella rossa super pericolo», spiegò e alzò gli occhi verso l’uomo, notando quanto i suoi fossero luminosi, ora. Sembrava un bambino di fronte ai regali di Natale ancora da scartare.

«Sono faccine di ragni?» chiese Stark, notando che le lucine avevano il disegno di piccoli ragnetti stilizzati.

«Ho una certa simpatia per quegli animali. Zio Ben non vuole che ne prenda uno con me, però», rise Peter, lasciandosi andare ad una risatina impacciata, sebbene avesse mostrato un pochino più di allegria ora che aveva attirato la sua attenzione. Si sentiva stupido, ma aveva comunque uno degli uomini più influenti e famosi nel campo scientifico, e averlo impressionato a quel modo fu una sorta di soddisfazione personale che difficilmente riusciva a concedersi.

«Perché non lo brevetti e lo mandi a qualcuno che possa finanziarti?» chiese ancora il signor Stark, alzando gli occhi sui suoi quando si era di nuovo seduto dalla parte opposta del tavolo, riprendendo in mano il suo libro.

«L’ho fatto. Mi è stato rifiutato», rispose, alzando le spalle e cercando di reprimere una certa voglia di ridere.

«Chi è il pazzo che ha rifiutato una cosa del genere?» domandò Tony, la fronte aggrottata dallo stupore; dall'indignazione e quegli occhi improvvisamente troppo interessati a chissà cosa.

Peter alzò le sopracciglia e rise, dopo mezzo minuto di silenzio. «Lei, signor Stark», rispose, e tornò a leggere, scuotendo la testa divertito. Sarebbe stata una vacanza interessante, a quanto pareva.

 

   
 
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