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Autore: LostRequiem    01/06/2018    2 recensioni
Un uomo distrutto dal suo passato.
Un abito intriso di vecchi ricordi.
Ed un'unica, sconcertante verità.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hershel Layton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memory

 

 

 

Nero.

Il suo vestito è interamente, atrocemente e solo nero.

È un abito di buona fattura, realizzato dai migliori tessitori di Parigi, e si nota, nonostante sia vecchio di diversi anni- almeno una decina.

Tuttavia il suo proprietario lo tiene sempre pulito, ed infatti lo lava tutte le settimane, di venerdì, perché di sabato lavora-dice- e le domeniche non può portarlo in lavanderia.

Sono chiuse. 

 

È lungo, di stoffa, le tasche sono ornate da perfetti motivi geometrici lungo i bordi, i bottoni tondi sono lucidi.

Lo cura così tanto che è morbido al tatto- nonostante sia vecchio di almeno una decina ventina d’anni- è una cura troppo metodica, perfino per lui.

Se qualcuno lo sfiorasse con le dita giurerebbe che sia nuovo.

 

O forse no. Ha l’odore di uno di quegli oggetti che ne hanno passate tante.

Che hanno visto tante di quelle cose che rimarrebbero ore a raccontarle, con passione, o con stanchezza, o con tristezza, o con un velo di malinconia, se solo potessero.

Ma è un buon odore, come se almeno fossero dolci, tutti i suoi racconti.

 

Solo che nessuno può vederlo, semplicemente perché chi lo possiede non lo mette mai.

Lo guarda, lo tocca, ne sente il profumo, lo ascolta.

 

Ma indossarlo... quello no. Il colore diverrebbe sbiadito, la stoffa si consumerebbe, acquisterebbe altri ricordi, e lui, il proprietario, udirebbe la sua voce ogni singolo, infinito secondo.

 

 

Tuttavia qualcosa di storto- che non va- ce l’ha, quell’abito.

 Sotto il polsino sinistro, un occhio attento noterebbe quella piccola, enorme scucitura- somigliante ad una cicatrice- che spezza una perfezione che in realtà non è mai esistita.


Un ragazzino un giorno chiese all’uomo per quale motivo non l’avesse mai fatta ricucire, visto la diligente cura che aveva dell’abito.

L’uomo gli rispose che era un ricordo.

Che prima o poi si sarebbe convinto e l’avrebbe fatto.

 

 

Era un abito formale, di un nero che gli calzava a pennello: sembrava essere stato cucito apposta per essere indossato da lui, e di fatto si abbinava con la bella tuba e con le lucide scarpe che gli erano state regalate dalla stessa persona per il suo compleanno.

Quella volta cadeva di venerdì.

 

 

 

 

Era un abito bello.

Lui, a volte, trascorreva ore a fissarlo, e poi chiudeva gli occhi stanchi. Ricordandosi una familiare melodia che sentì per la prima volta molti anni prima. Almeno una ventina trentina.

 

 

Una volta, quello stesso ragazzino gli chiese perché non lo indossasse mai.

Non riuscì a trovare una risposta sensata, ma non riuscì nemmeno a mentire, non lo sapeva fare. Forse perché un vero gentiluomo non mente mai.

Ed allora, dentro di sé, decise di dire la verità.

 

 

‘Certe... cicatrici, non posso rimarginarsi Luke.

Neanche se lotti tutta la vita affinché ciò accada.’

 

La stanza immersa nella quiete, il vestito nero sull’appendiabiti.

 

Il sorriso di una ragazza solare che gli prendeva la mano, rincuorandolo sul fatto che gli calzasse a pennello. Morbide labbra che si posavano calde sulle sue, profumo di rose.

 

 

 

 

 

 

Silenzio.

 

 

 

 

 

Il ragazzino non fece altre domande.

   
 
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