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Autore: HikariRin    07/06/2018    1 recensioni
I sentimenti del suo migliore amico per lui erano come una di quelle piccole isole, ma ancora non poteva saperlo.
Per Sora sarebbe cambiato tutto nel giro di una sera, e per quell'isolotto da poco scoperto entrambi avrebbero dovuto trovare un nuovo nome; solo, non avrebbe mai potuto scordare il dolceamaro frutto di paopu che, intorno a loro, rifletteva l'oceano.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Riku, Sora
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts II
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A raft on the sand ~



Quella sera, il tramonto era molto bello; se non avesse precedentemente trascorso tutta la sua esistenza su quell'isola e non ne avesse visti di innumerevoli, avrebbe quasi pensato che gli paresse in qualche modo familiare. Il sole era caldo, rifletteva il suo stato d’animo; caldo, puro e dolce, lindo di sentimenti negativi. Alcuni dei suoi amici per questo motivo lo ammiravano molto.

Aveva passato tutto il pomeriggio seduto sul tronco della sua infanzia, lo sguardo alle onde. Era tornato da poco tempo, e dopo un poco di tempo ancora sarebbe ripartito. Il pensiero di tutte quelle persone legate a lui in qualche modo lo rattristava, ma lo rallegrava allo stesso tempo, sebbene non avesse compreso appieno ciò che il re aveva voluto dire; per mettere ordine nei suoi sentimenti, probabilmente non sarebbe risultata sufficiente una giornata intera. Mentre vi rifletteva, si sentì chiamare a gran voce; si volse indietro verso la spiaggia, e vide il volto felice della ragazza cui voleva bene. Li aveva cercati a lungo, lei e il suo migliore amico, e dopo tanto vagare si erano finalmente ritrovati. Più consapevoli, ora con nuovi sentimenti, ma si rendeva conto che non sarebbero mai stati abbastanza; aveva imparato che l’amore doveva essere coltivato perché crescesse. Quindi attendeva il momento in cui avrebbe potuto avere un confronto con lei. Gli disse che non sarebbe potuto essere neanche quella sera. Sarebbe rientrata a casa prima di loro.

Nemmeno si avvicinò per farlo; preferì fargli arrivare l’eco della sua voce da una certa distanza. Con una punta di amarezza ed un gesto della mano la salutò, e mentre il suo sorriso si spegneva e la vedeva imbarcarsi remando quasi a fatica, una visione quasi buffamente dolce, vide il suo migliore amico avvicinarsi a lui. Insieme avevano attraversato luce e oscurità, quella più brillante e quella più profonda. Aveva rischiato di perderlo, e poiché lo sapeva avrebbe fatto di tutto per salvarlo in futuro. Infine, come tutte le altre volte, era stato invece da lui salvato. Sorrise di nuovo, questa volta in modo più sincero. Riku arrivò accanto a lui e notò immediatamente che qualcosa non andava. Si adagiò sul tronco con le spalle e incrociò le braccia; per un momento, gli sembrò di rivederlo qualche anno prima, quando diceva che avrebbe voluto visitare i mondi al di là del mare.

Ora che li aveva visitati, ora che aveva visto cosa c’era là fuori, avrebbe voluto avere un confronto anche con lui. Ma, nel profondo del suo cuore, credeva già di sapere ciò che gli avrebbe detto. La barca di Kairi aveva ormai raggiunto il largo, e ancora una volta la ragazza salutò entrambi. Lui sospirò, e Riku si volse al suono della sua afflizione. Intorno a loro ormai solo le onde e il vento.

“Qualcosa non va?”

“Mi chiedevo se lo abbia scordato. Il paopu.”

“Paopu?”

“Quello che ho disegnato.”

Rimembrando quel volto informe effigiato sulla pietra, con il frutto a forma di stella tra le mani, Riku rise; la sua risata lo fece sentire inerme e debole. I suoi sentimenti erano sempre stati sinceri.

“Sono certo che lo ricorda.”

“Dici che non le è piaciuto?”

“Non penso si tratti di questo.”

Pareva avere un'idea differente da quella di lei; la tensione accumulata si distese in un lungo sospiro.

“Tu cosa pensi?

  Insomma, siamo tornati da giorni. Credevo avremmo trovato occasione per parlare.

  Invece ultimamente torna a casa prima di noi. Comincio a pensare che mi stia evitando.”

Riku piegò le braccia dietro la testa, spingendosi fino al confine del piccolo isolotto; pareva essere in qualche modo di malumore, ma poiché la comunicazione non era mai stata fiorente tra loro non poteva comprenderlo. Certo, non avrebbe immaginato che sarebbe arrivato prima il momento del confronto con lui. Ce n’era stato uno anche qualche giorno prima. Aveva detto di invidiarlo, che aveva sempre voluto essere come lui, e si era quasi rammaricato di essere una persona diversa.

“Credo di essere io il terzo incomodo, e che lei stia cercando un momento per averti senza di me.”

Ancora una volta, lo aveva spiazzato. Una volta lo avrebbe preso in giro. Era davvero cambiato. Che prendesse consapevolezza del fatto che non fosse affatto simpatico sarebbe stato un bene, ma non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe compreso i suoi sentimenti. Si chiese in che modo avesse potuto farlo, perché intendere a fondo un’altra persona significa avere esperienza.

“Sei mai stato innamorato?”

“Forse.”

“Che vuol dire?”

Rise di nuovo. Era davvero curioso. Riku si volse verso di lui; il suo sorriso intendeva sfidarlo.

“Forse continuo a rimanere qui con voi apposta, per non lasciarvi soli.”

“Sarebbe davvero crudele.”

Scese dal tronco dandosi uno slancio con le braccia, andandogli accanto; il suo volto aveva un non so che di nostalgico. I suoi lunghi capelli argentei si alzavano al passaggio del vento, e i suoi occhi del colore del mare non volevano spostarsi dalle forme che le onde disegnavano sulla superficie.

“Ne ho fatte tante di cose simili, anche allora.”

Aveva qualcosa di presuntuoso, ma insieme di coscienzioso. Uguale e dissimile da quello che era. Si mosse ancora per avvicinarsi quanto più possibile al sole. Per un momento aveva pensato di poterlo afferrare, di poterlo recuperare. E invece no; Riku sarebbe sempre stato un passo avanti a lui.

“Nessuno di noi tre ha dimenticato…”

Si perse con lo sguardo su quel disco luminoso; d’un tratto percepì quello di lui addosso, e un attimo dopo si accorse delle lacrime che gli lambivano le guance, come un riflesso incondizionato. Ultimamente, lo colpivano spesso. Non ebbe la forza di fermarle, e lasciò che scorressero copiose.

Il suo migliore amico si mosse immediatamente per asciugarle, raccogliendole tra le dita; erano trasparenti e sottili, ad ogni nuova discesa parevano portargli via del colore dagli occhi. Lo scrutò attentamente come a voler scorgere le sue intenzioni, ma non capiva perché non lo rimproverasse o spronasse come al solito. I suoi occhi color del ghiaccio erano insolitamente inespressivi.

Certamente non lo aveva mai visto così, e forse il suo migliore amico avrebbe pensato che il lungo viaggio che aveva affrontato non lo avesse reso affatto più adulto; non appena abbassò nuovamente lo sguardo sentendosi mortificato, quando i capelli argentei dell’altro erano ormai fuori dal suo campo visivo,non s’accorse che Riku si era chinato su di lui e stava bramando di consolarlo come mai prima. Se ne avvide solo quando le sue labbra furono catturate e avidamente strette fra quelle di lui. Spalancò gli occhi,mentre le lacrime cessavano di segnargli il viso; il suo corpo rimaneva immobile. Oltremisura demoralizzato dalle stesse parole che aveva pronunciato poco prima, non aveva la forza di poggiare le sue mani sulle spalle di lui per spingerlo via e chiedergli spiegazioni, né per liberarsi tirandosi indietro. Riku continuava ad assaporare tutto di lui, ma la cosa non lo turbava affatto. Nell’incontro avvolgente cui scelse di abbandonarsi quando si sentì circondare dalle sue braccia possenti gli pareva quasi di conoscerlo da sempre, e che fin dall’inizio fosse precisamente ciò che aveva perso, ciò che aveva cercato a lungo e che voleva ritrovare.

Prima ancora che potesse accorgersene, le sue stesse mani lo avevano circondato insinuandosi ai lati della maglia di lui, i suoi occhi avevano cercato ancora quelli più limpidi dell’altro e si era leggermente sollevato sulle punte per portarsi all’altezza del suo viso. Le sue gote si erano colorate lievemente, e un’ondata di calore lo aveva avvolto. In un’istante, mentre Riku ancora gli guardava dentro con gli occhi semichiusi, realizzò di essersi ritrovato. L’accettazione da parte del suo migliore amico rappresentava quel rapporto che in fondo aveva sempre inseguito e desiderato, semplicemente dalla persona sbagliata. Si abbassò nuovamente, perdendosi per un momento con lo sguardo sui vestiti, liberandosi dalla sua presa; non gli interessava conoscere cosa fosse accaduto fra loro, nella sua mente considerò positivo il fatto di non essere ancora riuscito a chiarire con lei, e prima ancora che Riku potesse volersi allontanare sfiorò delicatamente una delle sue mani con la punta delle dita, fino a stringerla forte; Riku la strinse a sua volta, e se anche avrebbe voluto dire qualcosa, qualunque cosa, che portasse a un chiarimento o a dubbi ulteriori, non disse nulla.

Nemmeno quando gli diede le spalle, voltandosi verso le onde che si infrangevano prepotentemente sul bagnasciuga. Nemmeno quando volle trascinarlo con sé. Scelse la baracca sulla spiaggia, lasciando che la porta in legno si chiudesse dietro di loro con un lieve cigolio, e lui non disse una parola nemmeno quando lo spinse con forza sulle travi poco distanti, avvinghiandolo nuovamente in una morsa e cercando ancora le sue labbra, con più ardore.

Quando la porta si aprì nuovamente dietro di loro al passaggio del vento, Riku mosse gli occhi in direzione di essa. Pensò avesse una sorta di sesto senso nel comprendere quando vacillava. Le sue labbra si dischiusero in un lieve sorriso consapevole, mentre Riku lo svincolava di un poco. Si mosse a piccoli passi per serrare la porta, accalorato a causa dello sguardo dell’altro su di sé, mentre rifletteva sul fatto che probabilmente nessuno si sarebbe mai avventurato a indagare cosa stesse accadendo là dentro, nemmeno quando avessero sentito le loro voci sciogliersi insieme. Tanto meno lei, che si sarebbe stupita del loro comportamento, o stizzita a causa di quel dipinto voluto e ormai tradito, che giaceva solitario e abbandonato nel Luogo Segreto. Il frutto di paopu.

Deglutì mentre sistemava la trave che avrebbe dovuto proteggerli da ogni tempesta letterale ed emotiva, mentre sentiva i passi di Riku che premendo sulla sabbia giungeva fino a lui e lo stringeva passando le braccia attorno alla sua vita, aderendo a lui con un’usuale voglia di rivalsa e lasciandogli piccoli morsi sul collo che avrebbero dovuto convincerlo di qualcosa in cui realmente era già pienamente riuscito. Liberò il collo piegando il capo, ed emise un lieve gemito d’intesa quando Riku sfiorò quel lembo di pelle che risultò un poco più sensibile al suo passaggio. Avrebbe voluto continuasse, che gli regalasse qualche momento ancora di tacita complicità, ma Riku gli prese il viso con forza per assaporarlo nuovamente. Era un gioco silenzioso di incontri quello tra loro, siffatto di prevaricazioni e sospiri, un confondersi del corpo e dello spirito. Le sue natiche lo premevano con forza sul legno di fronte a lui, e capì che Riku aveva raggiunto l’apice di un desiderio che lui non aveva mai conosciuto, o che stava ancora esplorando; se ne avvide quando l’altro gli strinse una mano sui pantaloni. Il suo corpo pareva ormai senza forze, abile soltanto a rispondere prontamente alle sollecitazioni di lui, che tuttavia ancora gli aveva lasciato indosso tutto ciò che aveva, incluso il desiderio di sentirlo suo senza che alcun altro strato li separasse.

In quel pomeriggio dai colori sfumati, mentre il sole lasciava posto ad una sensazione di leggera frescura sulla pelle, aveva rimembrato che in fondo ad asciugargli le lacrime era sempre stato lui. Grazie al suo cuore erano tornati alla luce, ma forse c’era qualcosa d’altro che non aveva sondato. Il frutto di paopu, uno dei tanti disegni incisi sulle rocce, pareva in un attimo così distante, assente.

I vestiti stavano divenendo fonte di frustrazione; era lì con lui, e ancora era come che lo cercasse.
Anche la sua voce era mutata in qualcosa di lamentoso, e Riku dovette avvedersene quando lo costrinse a voltarsi per degustare il momento in cui lo avrebbe avuto tutto per sé, lasciando scorrere fulmineamente la fibbia della sua cintura per poi lasciargli scivolare la giacca dalle spalle.
Era inusuale, non lo aveva chiesto né voluto. Era semplicemente accaduto. Eppure quel fortuito patto di consolazione lo aveva portato ad un livello di consapevolezza molto più alto, diverso, intriso di sensazioni nuove ed esaltanti che sentiva non avrebbero potuto trovare altra liberazione.
Finalmente Riku tolse anche i suoi vestiti, attardandosi volutamente nel lasciar scorrere la cerniera della sua maglia; si mosse verso di lui impaziente, quasi a voler accelerare il percorso, trascinando i vestiti lungo le sue spalle e le braccia dei cui muscoli assaporò la forma sinuosa sfiorandolo con i polpastrelli, lasciando infine che si mischiassero alla sabbia ammucchiata in un unico strato piano.

Riku si gettò sulla sabbia facendogli cenno di raggiungerlo, e repentinamente si abbandonò su di lui; la sua collana scivolò sulle labbra dell’altro, che la catturò e la strinse per attrarlo a sé fino a che non poté assaggiarlo di nuovo. Sorrisero entrambi in quel connubio avventato, le mani di lui a circondarlo e inondarlo di tenerezza. I suoi occhi erano diversi, ridenti; il loro colore pareva quasi essersi ravvivato. Attraversò i muscoli del suo corpo ormai liberi fino a sfiorare il bordo dei suoi pantaloni ancora stretti intorno alla vita, e allora lui si sollevò con forza portandolo con sé, fino a mettersi seduto. Lo strinse congiungendo le braccia intorno al suo collo, mentre lui lo sosteneva premendogli le mani sui fianchi. Ormai completamente arresosi a ciò che sarebbe accaduto, sentiva solo il rumore delle onde, il respiro di lui, la sua stessa voce reagire al tocco delle sue mani che lo carezzavano dolcemente, il fruscio dei vestiti dai quali non pareva intenzionato a scioglierlo.

Pareva così audace, in qualche modo così avvezzo a farlo sentire speciale, da far sì che somigliasse a tutte le altre volte. Lo aveva adagiato sulla sabbia morbida e soffice, si era abbassato su di lui ove la cintura risultava allentata ma non completamente scivolata via dai passanti, e lo aveva sfiorato con delicatezza come fosse prezioso. Il cotone al di sotto dei pantaloni sfregava sulla pelle accompagnando i suoi movimenti, ed avvertiva un leggero dolore; sentiva le proprie inflessioni perdersi tra le travi delle pareti di legno e farsi sempre più acute, e ne provava imbarazzo.

Portò una mano a mutarle, quando Riku gli si appressò alacremente anche con le labbra; il cotone, ora umido, aveva trasformato il dolore in un soffice sfioramento che attutiva l’incontro con i leggeri morsi di lui. Non avrebbe mai creduto che gli si sarebbe mostrato a quel modo. Non poteva pensare che stesse accadendo. Aveva ancora due strati indosso, ma di fronte a lui sarebbe sempre stato il primo a spogliarsene. Mentre formulava questi pensieri Riku lo raggiunse finalmente sotto i vestiti, e la sua voce salì al soffitto ancora più alta, perdendosi tra le rocce di quel disegno sbiadito.

Lo sentì muoversi velocemente per sfilare i pantaloni ed allontanarli da loro, e si sollevò nuovamente tornando all’altezza del suo viso, prendendogli la mano che aveva posto a protezione della sua impudenza e adagiandola sulla sabbia, intrappolata in una delle sue. Nell’aderire nuovamente al suo corpo premendo sul suo gonfiore col cavallo dei suoi pantaloni, si avvicinò alle sue labbra fino a toccarle con le proprie e rimase per qualche secondo immobile, ad osservarle mentre dischiuse gli scagliavano contro sospiri spezzati dall’avvicendarsi delle rotture del petto.

Fu lui stesso a sollevarsi per averlo ancora quando il respiro si fu normalizzato di un poco, mentre lasciava che Riku si adagiasse nell’apertura tra le sue gambe, che sollevò perché si incontrassero. Riku se ne avvide e lo sollevò dalle natiche, ottenendo da lui qualche altro gemito impaziente che attendeva che anche lui si liberasse dell’ultimo strato ingombrante tra i loro corpi. Si strinse a lui aggrappandosi alla sua schiena, e Riku seguitava a posare le labbra a più riprese sulla sua pelle, dischiudendole in segni evidenti che avrebbero dovuto denotare possesso. Il contrasto tra il metallo freddo della collana, la pelle calda di Riku e le punte dei suoi capelli che lo punzecchiavano leggermente gli provocavano brividi intensi, tanto che lui avrebbe potuto sentirlo tremare.

Lo adagiò nuovamente sulla sabbia, e si fermò un momento per togliersi gli ultimi vestiti rimasti, con i quali creò sotto di loro una piccola area protetta, calda delle loro effusioni, sulle quali lo trascinò. Rise, e il suo migliore amico tornò sopra di lui. Ormai poteva sentirlo chiaramente, in tutto il suo vigore. Gli morse dolcemente un lato del collo, poi tornò sul suo viso e scese ancora verso un orecchio, prima di sussurrare il suo nome con voce profonda, straripante di trepidazione.

“Sora…”

Lo attraversò un brivido penetrante, mentre osservava il soffitto come paralizzato; si strinse ancora a lui, e sul suo viso comparve un’espressione di amara consapevolezza. Era come se si fosse risvegliato dopo un lungo sonno, e fosse tornato alla realtà dell’isola e delle tre barche sul pontile.

Riku tornò su di lui, e si rese conto che questa volta non avrebbe potuto chiedergli di consolarlo. Sarebbe dovuta essere una sua decisione, tornare a qualche attimo prima o andare fino in fondo.

Si aggrappò nuovamente a lui fino a trascinarlo più in basso, di modo che non vedesse le ombre dalle quali difendeva tutto ciò che gli aveva offerto, affondando le unghie nella sua schiena. Riku rimaneva immobile, come se avesse saputo fin dall’inizio che avrebbe dovuto attendere risposta.

“Fai in fretta.”

Gli rispose, chiudendo ancora gli occhi di fronte alla realtà di quanto aveva visto un paio di giorni prima, quando una volta tornato aveva versato qualche lacrima che andava oltre alla nostalgia per il suo disegno; decise che avrebbe procrastinato ancora per un po’, allontanato i ricordi, e avrebbe goduto di tutto ciò che lui dovesse ancora dargli, prima di svegliarsi completamente.

Riku non volle attendere che lui aprisse nuovamente gli occhi, e si sollevò per liberare entrambi dell’ultimo strato che impediva loro di unirsi; gli lasciò indosso la maglia, che pure sollevò per morderlo sul costato mentre si abbassava di nuovo su di lui e lo afferrava saldamente, ancora.

Fu in quel momento che aprì di nuovo gli occhi, quando sentì il calore delle sue labbra unirsi al suo. Sentì un certo sollievo, ma anche una certa tensione, che si faceva sempre più pressante mentre avvertiva che il sentimento che gli stava mostrando andava ben oltre la semplice ammirazione. Riku gli si appressò ancora, e poté avvertire un leggero dolore quando tentò di insinuarsi in lui; quel leggero punzecchiamento veniva lenito dalla benevolenza che l’altro gli stava offrendo, e quando aumentò fino ad occultarla quasi completamente portò un braccio a coprirsi il viso.

Non voleva pensare a niente, se non al fatto che in breve tempo sarebbe tutto finito; non che non volesse, ma non avrebbe voluto che altri udissero della negoziazione che stava avvenendo tra loro. Quasi avesse compreso che se avesse voluto soddisfare i propri desideri non avrebbe dovuto dargli possibilità di cambiare la sua scelta, Riku non si fermò una sola volta a chiedersi se lui stesse soffrendo.

Dopo poco non ebbe più bisogno che Riku si concentrasse ove s’accumulava la sua voglia di lui; quando se ne avvide lo sentì sollevarsi nuovamente, e un attimo dopo la luce che filtrava dallo spazio tra le travi della baracca in legno tornò a colpire i suoi occhi. Pareva che non sopportasse tutto ciò che volesse impedirgli di vederlo; forse era ciò per cui era accorso a salvarlo, in passato.

Sora sollevò nuovamente le gambe, lui lo agganciò ancora una volta, e solo uno scambio fugace tra il timore di lui e la sicurezza dell’altro li separo dall’incontro che li avrebbe finalmente uniti; nel mentre che lo sfregamento di lui contro il suo ventre produceva un intenso calore, il suo corpo scivolava tra i vestiti che Riku aveva posto a protezione della loro intimità. Il rumore delle onde divenne pervasivo, si faceva sempre più forte, come le inflessioni della sua voce che parevano raggiungerle, e Riku lo teneva saldamente per i fianchi e lo sosteneva, sospirando solamente.

Qualcosa dentro di lui tremava, qualcosa pulsava, qualcosa saliva sempre più in superficie; qualcosa che sarebbe divenuto sempre più prorompente, se lui non gli avesse lasciato respiro. Pareva essersi dimenticato di quanto gli voleva bene, e in un ossimoro bruciante glielo ripeteva. Furono istanti in cui si sentì pieno, pervaso da una sensazione di benessere e rilassamento, vittima degli eventi quale aveva scelto di essere, e smise di pensare a ciò che si celava lì ove si trovava la serratura di quel piccolo mondo; solo si chiese se Riku avrebbe ancora voluto lasciarlo, un giorno.

Aveva avuto modo di conoscere ogni lato di lui che gli mancava, durante quella sera: il tocco gentile delle sue dita, e insieme il loro affondo imperioso; le sue labbra più dolciastre e la loro dedizione impellente. La scarica di voluttà che elicitava ogni suo sprofondare cadenzato e severo. Quando non poté più sostenerlo, lo adagiò nuovamente sui vestiti tornando su di lui. Nell’atto di mordergli le labbra per convincerlo a non lasciarlo mai più andare lontano portò una mano a smuovere i suoi capelli lunghi, e il sole ormai calante sulla linea dell’orizzonte illuminò i suoi occhi sedotti e conquistati. Il ghiaccio in essi era scomparso, resisteva soltanto la limpidezza dell’attrazione; rimase incantato ad osservarli per un tempo interminabile, e fu in quell’istante in cui realizzò che avrebbe potuto specchiarsi in essi da sempre che qualcosa di ben più irragionevole e urgente si impose alla sua percezione. Lo chiamò come se ne fosse intimorito, come fosse reticente a valicare un confine, e Riku rispose a quella che gli parve una richiesta di consolazione stringendo la sua mano resa umida dal contatto con il tessuto del guanto che aveva ancora indosso, mentre lo accarezzava fra i capelli con quella rimasta libera. Si sentì coccolato e amato quando le labbra di lui tornarono sulle proprie per un breve istante, e mentre ancora lo sfioravano senza più alcuna prepotenza, cercando solamente rinnovata complicità, lo avvolsero dolcemente.

“Insieme.”

Le sue labbra si dischiusero in un lieve sorriso; andare oltre la comune concezione di amicizia non li avrebbe portati alla deriva come la zattera di fortuna che avevano costruito al tempo, insieme.

Mentre per entrambi il tempo scorreva incessante, ma lentamente, lasciando il ritmo all’incedere delle onde che parevano infrangersi contro le pareti della loro minuta zona sicura, l’estasi li colse. Nel mondo che l'associarsi delle loro voci aveva costruito, ci sarebbe stato posto solo per due.

Mentre ancora tentava di riprendere fiato Riku si adagiò su di lui, e vi rimase per qualche istante. Lo interpretò come se avesse voluto restare, e seguì la linea dei suoi capelli con le dita per un po’.

“Da domani tornerò io a casa prima di voi.”

“Perché?”

Spalancò gli occhi, quando ormai avvezzo al clima di assoluta fiducia che si era creato tra loro Riku si sollevò; la sua espressione era indecifrabile, tra la noncuranza e l’immagine di un’emozione.

“Hai continuato a pensare al frutto di paopu per tutto il tempo, non è vero?”

Pensò che non era vero. O forse sì, solo per la prima parte; dopo era stato preso da tutto il resto.

“Va bene così.”

Continuò, lasciando intendere che non avrebbero avuto un altro confronto identico a quello. Un attimo dopo, aveva sul volto il medesimo sorriso che aveva su quell’altra spiaggia, e lo sorprese.

“Capisci ora cosa intendevo quando ti dissi di essere fortunato ad essere me?”

“Cosa?”

Portò lo sguardo su di lui, che nel frattempo si sollevava, e con un gesto abbassò la sua maglietta per evitare che sentisse freddo; pensò che il distacco era stato traumatico, ma non così tanto.

“Ho potuto vedere te così.”

“Smettila!”

Avvampò, afferrò la sua giacca che si era divincolata dagli altri vestiti e gliela lanciò per colpirlo. Riku rise, prese la giacca e la distese con uno di quei gesti di riguardo che aveva sempre per lui.

“Il frutto di paopu, avresti dovuto disegnarlo a metà.

  E quando lo avesse trovato, lei avrebbe potuto disegnare l’altra metà.”

Posò nuovamente la giacca sulla sabbia, tenendola saldamente sotto la sua mano.

“Per questo non ha funzionato.”

Cominciò a raccattare i propri vestiti sollevandosi e indossandoli uno alla volta, meno che la giacca. Nella sua mente si figurò il nuovo disegno, e comprese che il suo migliore amico aveva ragione.

“Già.”

Fu l’unica cosa che riuscì a rispondere, mentre Riku liberava la porta dalla trave e la apriva di fronte a sé; con una lieve tempesta avevano perso un’opportunità, e un nome comune da darle. Si fermò ad osservare il mare, ormai colorato del rossiccio del tramonto, poggiandosi allo stipite.

“Torno a casa. Vieni con me?”

Lo disse senza voltarsi, come se avesse voluto donargli solo un assaggio di ciò che avrebbe potuto comprendere appieno se gli avesse dato una seconda possibilità, in seguito al confronto con lei.

“Resto ancora un po’.”

Rispose, spostando lo sguardo sui cumuli di sabbia che erano stati per loro come una tavola in mezzo al mare, all’interno di un’area dalla corrente più calma, mentre c’era un intero mondo fuori. Riku si allontanò dallo stipite, sorrise ricco di una comprensione che pensò non gli appartenesse e lo salutò sollevando una mano, mentre la sua figura si allontanava fra i sottili spazi tra le travi. Nessuno dei suoi amici era accorso a soccorrerli per riportarli a riva, quindi immaginò fossero soli. Ciò che fece per prima cosa fu insabbiare le tracce della loro unione, poi recuperò la sua giacca e la strinse fra le mani, aprendo finalmente quella porta che lo separava dall’oceano. E fin lì si mosse.

Il vento era cessato, le onde erano tranquille e distese, l’aria calda e serena, e la sua barca era oramai l’unica legata al pontile; lanciò un’occhiata fugace all’entrata di quel luogo oscuro, poi all’entrata della baracca che dietro a lui si era già chiusa con quel ridondante, lieve cigolio.

Decise di togliersi ancora una volta i vestiti, e per prima cosa gettò sulla sabbia la giacca; poi tolse la maglia che Riku gli aveva lasciato indosso, e la gettò ai suoi piedi. Con il resto agì molto lentamente, come se più che del peso volesse liberarsi di una condizione, e quando entrò nell'acqua la prima cosa su cui i suoi occhi si posarono fu l’albero del frutto di paopu.

Era ormai da un po’ di tempo che il suo cuore gli risultava insolitamente pesante; per questo aveva lasciato la collana al collo, come un fardello che credeva l’acqua avrebbe reso più leggero. Si sentiva riempito dei sentimenti delle altre persone, e pensava di non poterne più contenere. Ciò che era accaduto con Riku, non avrebbe saputo dire se fosse o meno intriso di sentimento. Però sapeva di non poter cancellare in alcun modo ciò che aveva disegnato sulla roccia, né l’emozione che lo aveva accompagnato, o quella di quando una volta tornato aveva notato la risposta di lei. Il sole sarebbe presto calato, insieme a quella giornata. L’indomani avrebbero potuto ricominciare.

C’erano state delle nuove consapevolezze in ciò in cui Riku lo aveva guidato. Mentre ancora si trovava sotto il suo giogo si era inorgoglito anche del fatto di essere se stesso e questo lo aveva reso felice, come lo era in quel giorno in cui, dopo tanto errare, lo aveva infine ritrovato. L’acqua era fredda, ma ora era abituato ad oceani più freddi e profondi; iniziavano a vedersi le prime stelle. Si inorgoglì di tutti i mondi che aveva salvato, si sentiva felice di far parte di qualcosa di più grande. Si volse di nuovo, verso l’albero dei frutti che probabilmente avevano segnato le storie di tutti. Erano a forma di stella, la stessa forma dei mondi per come apparivano da lontano, e rifletté sul fatto che erano stati proprio loro a portare lì chiunque, in un futuro, sarebbe stato collegato.

Tornò a riva prendendosi tempo di concludere i suoi pensieri, prese la maglia e con essa si asciugò prima di recuperare tutto il resto. Si arrampicò sulla baracca, superò il ponte, salì sul tronco e con la sua chiave tagliò un frutto di paopu, che cadde colpendo la sabbia di cui ancora conservava il ricordo. Lo prese tra le mani, con lo sguardo rivolto a un tempo passato in cui Riku lo canzonava rimembrandogli della leggenda; pensò che forse chi teneva più a dividerne la metà era lui.

Esitò a lungo, prima di decidere cosa farne. Il cielo cominciava ad oscurarsi; era ora di avviarsi verso casa. Raggiunse la barca ormeggiata sul pontile, e vi lanciò dentro il frutto che aveva colto.

Ormai erano entrambi adulti. In qualunque modo, gli sarebbe stata richiesta una decisione. In alcun modo, però, avrebbe potuto recidere uno dei due legami; in alcun modo avrebbe potuto tagliare le catene del cuore. Osservò per lungo tempo la stella che giaceva di fronte a sé, mentre remava verso casa sospinto dalla corrente invisibile, e decise che avrebbe lasciato decidere loro. Oppure l’oceano, oppure quel piccolo mondo, o il destino di cui l’isola stessa portava il nome.

Lo avrebbe portato con sé; l’indomani mattina sarebbe giunto sull’isola prima di tutti gli altri, e ne avrebbe mangiato la metà. Poi avrebbe diviso le rimanenti e le avrebbe collocate ove tutto era iniziato; l’una sul cumulo di sabbia al centro della baracca sulla spiaggia, l’altra nella nicchia più profonda del Luogo Segreto. Avrebbe diviso il frutto con entrambi, e sarebbe rimasto a guardare.

Chiunque gli avesse riportato la propria metà indietro sarebbe stato il primo con cui avrebbe parlato. Anche se, in questo modo, avrebbe potuto arrischiarsi ancora in qualcosa di ignoto e potenzialmente eccitante. Solo alla fine di ogni cosa avrebbe chiesto al suo cuore di scegliere.

Fermò la barca nel limbo tra le isole, e si mise comodo per osservare il cielo; i mondi erano stupendi. Non sapeva cosa poter chiedere loro, se uno di essi fosse affondato nel frattempo. Sapeva solo che alla deriva del primo giorno delle sue avventure aveva preferito la deriva con lui, immerso nella sofficità accogliente, nel calore e nella luce abbagliante della zattera sulla sabbia.


 

Note dell’autrice:

Considero questa fic una richiesta, visto che mi sono sentita costretta (xD) a scriverla in seguito alle pressioni (buone!) di una persona che per convertirmi a questa ship mi ha inviato trilioni di immagini! Ed eccola qui, la mia prima (e unica?) RiSo. Cosa buona e giusta, mi dicevano.

Ho anche trilioni di idee, ma ci vorrà un po’ per realizzarle tutte. Questa serie mi sta svenando.
Prima o poi tornerò a scrivere anche di qualcos’altro. Di questa storia avevo in mente un seguito, ma non so se effettivamente lo avrà. Tanto sappiamo tutti come andrebbe a finire. O no?

In ogni caso, un ringraziamento enorme a chi l’ha letta e alla prossima ideona (?!) a tema KH!!!


 
   
 
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