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Autore: emmebelloc    09/06/2018    1 recensioni
Al supermercato come in ospedale, si sa quando si entra ma non quando si esce.
Colto d'afasia fulminante un uomo lotta con tutte le sue forze per la libertà.
Non diverte, non coinvolge, non stupisce, non fa riflettere, non è scritto correttamente e non insegna niente. Se avete del tempo, spendetelo meglio leggendo dell'altro.
(Turi Juri - Selezione del Reader's Digest)
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blackout cerebrale. Paralizzato nel reparto ortofrutta di un supermercato, tra zucche e patate. Non a causa del prezzo del Cavolo Nero o per avere letto l’etichetta degli insensati limoni biologici che arrivano dal Sudafrica. Senza apparente motivo il cervello non risponde, ha fatto click e si è spento. Non so di cosa ho voglia, non so perchè sono li, quanti soldi ho in tasca, perchè sono al mondo. Quale mondo? La realtà si è dissolta. Colpa dei neon, del denso brusio della folla, del che sono a stomaco vuoto? Chissà. Non ho mai provato niente di simile. Forse è così che si preambola un attacco di panico imminente. Con la testa imbottita come se mi avessero insufflato da un orecchio della schiuma espansa, attendo e mi guardo, come fossi un altro. Focalizzando la mia attenzione dentro e sbirciando fuori di tanto in tanto, come il comandante kirk a bordo dell’enterprise, sotto la lampada modernariato del teletrasporto, mi accorgo di stare per materializzarmi agli occhi della gente. Non voglio che gli ortofruttariani mi vedano. Allora cerco di afferrare un pensiero, uno qualsiasi che rifaccia partire l’elica, un pensiero qualunque da tirare come fosse la corda di un motore di una piccola imbarcazione che mi porti via di li a tutta velocità. Comprerò due zucchine. Dopo cinque minuti per scollare l’apertura del sacchetto e un altro minuto di zuffa per infilare il guanto senza riuscirci, rinuncio all’amplesso e li riporto rispettivamente ai loro posti mandando a quel paese le zucchine che neanche volevo. La salvezza forse è oltre le casse. Con passo sicuro, con lo stesso cipiglio di uno che ha un altissima probabilità di precipitare in un tombino lasciato aperto, abbandono le verdure, mi addentro con sbuffi di vapore nel freddo siberiano del reparto latticini e la vedo. Inbar. Inbar Lavi. Di spalle, rivolta verso l’armadio della mozzarella, vedo il suo viso riflesso nel vetro e sussurro I n b a r. Lei, prelibata pietanza tra le pietanze, è rimasta li e io come Paperinik, per non insospettirla, mi dileguo saltando con gli stivaletti a molla di materasso nascondendomi tra gli scaffali del pane. Mi trascino strusciando lo sguardo su cannoncini, bignè, torte, snobbando alla destra i croissant e i muffin, beandomi della mia abilità mimetica. Dopo meno di un minuto mi dò un tono, mi ricompongo, l’ho già persa. Scandaglio ogni superficie, scansiono ogni meandro, frugo in una confezione di korn flakes. Non c’è più. E’ lei che mi sorprende, apparendomi in attesa al banco del pesce. Il mio sguardo le colpisce la nuca con la stessa potenza di un amplificatore girato al massimo quando gli si infila lo spinotto del lettore mp3, anch’esso al massimo volume, alle due di notte. La randellata a capocollo la fa girare di scatto. La raggiungo con passo ambiguo molleggiofelpato. Non temo di essere scambiato per un maniaco, in quanto l’approccio avviene nell’affollato banco del pesce, non nel buio oltre la siepe in fondo all’angolo del reparto cornici e vernici. “ Ciao, scusa ma te lo devo proprio dire. Sei l’identica copia della protagonista di Imposters, una serie tv. Forse te l’hanno già detto? Ah no, strano. Sei identica. L’attrice è israeliana, risaputamente le donne più belle del mondo. Interpreteresti il ruolo di una donna che stende uomini e donne, li fa innamorare perdutamente, li sposa, gli ruba tutto e poi scappa. Successivamente si ritrova vittima dei suoi complici truffatori avidi e assassini. Non ha un buco al posto del cuore, neanche un blocco di granito ma neppure un saltamartino, difatti sul finire della serie si innamora del “pollo” che in realtà è un agente dell’FBI sulle sue tracce, un bel trappolone pelato e palestrato.” “Potresti farmi un autografo? Se mi concedi anche un selfie poi fotomonto le due cose e posso farmi fortunato con gli amici.” Mi ha concesso l’autografo, il selfie e in più il numero di telefono, di un certo Luigi, di Cantù.
   
 
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