Tension
Jon
Ritirò la mano
lentamente: il
drago sembrava infastidito dall’idea di essere accarezzato. Rhaegal, pensò Jon
sorridendo. Il suo nome è Rhaegal.
Il drago ringhiò e Jon si voltò di scatto.
Si era quasi dimenticato di Daenerys e dei suoi soldati e si maledisse
per aver
lasciato cadere la spada. Lanciò un’occhiata a Lungo Artiglio, ma era
troppo
lontana perché Jon potesse sperare di afferrarla prima di essere
fermato. La
sua unica speranza era rimanere vicino al drago.
Daenerys aveva fatto
cenno alle
guardie di allontanarsi e stava fissando Jon negli occhi. Sembrava
sbigottita e
irritata allo stesso tempo. “Rhaegal” disse con voce decisa,
“allontanati. SŌvegon!” Jon non comprese
l’ultima parola, ma intuì che Daenerys aveva appena
ordinato al drago di volare.
Resta, pensò Jon
indietreggiando. Rhaegal non si mosse e la sua coda fendette l’aria
come la più
tagliente delle fruste. Jon vide i guerrieri della regina fare un passo
indietro e perfino Tyrion sembrava turbato.
“Va tutto bene” disse
Daenerys
rivolta al drago, “calmati ora…” Avanzò di un altro passo e Rhaegal
emise un
gorgoglio sordo. Daenerys fece appena in tempo a spostarsi che il drago
eruttò
fuoco verso di lei. Non era una gran fiammata e probabilmente non
avrebbe
coperto neanche la metà della distanza che lo separava dalla regina, ma
Jon
vide che Daenerys era sconvolta.
“Rhaegal!” esclamò
lei
esterrefatta e con la voce che le tremava “Che ti succede? Che ti hanno
fatto?”
Si voltò minacciosa verso Jon. “Sei stato tu?” sibilò senza fiato “Che
hai
fatto al mio drago?”
“Niente! E’ venuto da
solo. Sulla
nave…”
“QUALE NAVE?!”
Jon ammutolì di
colpo. Rhaegal
ringhiò di nuovo e Jon si voltò verso di lui. “Grazie” sussurrò
ignorando la
regina, “ma ora puoi andare…” Il drago ammiccò, le scaglie verdi che
brillavano
come giada, e si levò con un potente battito d’ali, sollevando una
ventata che
investì Jon facendolo rabbrividire.
“Qualcuno mi vuole
spiegare
cosa…?” iniziò Daenerys, ma Tyrion le mise una mano sul braccio. “Ora
basta”
disse con voce grave, “ti sei spinta troppo oltre: Jon non è tuo
nemico.” Jon
fu grato dell’intervento di Tyrion, ma ai suoi occhi non esisteva modo
in cui Daenerys
potesse scagionarsi.
“Grazie, Tyrion” gli
disse Jon con
affetto sincero, “ma non ho intenzione di restare su quest’isola un
secondo di
più. Non ci sarà alcuna alleanza fra il Nord ed il Sud e se vorrete le
nostre
terre dovrete venire a prendervele.” Daenerys stava aprendo bocca per
ribattere, ma Tyrion l’anticipò.
“Non essere
precipitoso, Jon” lo
supplicò il nano, “credo ci siano stati degli equivoci.”
A Jon venne quasi
voglia di ridere. “A me pare che la regina sia stata fin troppo chiara”
ribatté
freddamente, “nello spiegare in cosa esattamente
consistono le sue ritorsioni.”
Tyrion si morse il
labbro, evidentemente in
difficoltà.
“E’ fiato al vento”
lo interruppe
subito Jon con amarezza, “non cambierò idea. I miei uomini non
moriranno
affinché l’ennesima regina possa coronare le sue sciocche ambizioni.”
Si chinò
a raccogliere Lungo Artiglio.
“Aspetta!” esclamò a
sorpresa
Daenerys. Jon si girò a fissarla, stupito dall’udire la sua voce
suonare così
incrinata.
“Hai ragione”
proseguì Daenerys,
ora con più grinta, “è tutta colpa mia: non mi sono proposta nel modo
giusto.
Ti chiedo scusa.”
Jon strinse le
labbra. “Non devi
scusarti” rispose scuotendo la testa, “se pensi davvero quello che hai
detto…”
“No!” si affrettò ad
esclamare
Daenerys “Voglio dire… Capisco di aver esagerato un po’…” Jon sollevò
un
sopracciglio. Daenerys sbatté le palpebre nervosa. “Un po’
troppo” ammise abbassando lo sguardo, “ma non avevo
intenzione davvero di…”
“Davvero?!” chiese
Jon incredulo
“Hai minacciato la mia gente, e io non posso stringere alleanze con…”
“ASCOLTAMI TI PREGO!”
Jon si zittì, stupito
dalla
reazione della regina. Daenerys era quasi in lacrime. “Io non volevo”
balbettò,
“ma tu ti rifiutavi di ascoltarmi, non volevi neanche sentire le mie
proposte.”
Jon rimase in silenzio, suo malgrado colpito da quelle parole, parole
sincere
finalmente.
“Io non ho bisogno
del Nord per
sconfiggere Cersei” proseguì Daenerys, “ho già abbastanza uomini... Ma
vorrei
evitare una guerra lunga e sanguinosa per il bene del mio popolo.
Voglio un
regno unito e forte: piccoli regni indipendenti non potranno
fronteggiare mai
alcuna minaccia.”
Jon la stava fissando
negli occhi
e, per la prima volta da quando aveva messo piede alla Roccia del
Drago, si
scoprì d'accordo. Non è ciò che
volevo io? si costrinse a pensare Un
Nord unito in grado di combattere gli Estranei? E non ho forse usato
anch’io
minacce per convincere i bruti a seguirmi? Per
il loro bene.
Daenerys stava
riacquisendo
coraggio. “Mi concedi una seconda opportunità?” chiese quasi
timidamente. Jon
sollevò lo sguardo ed annuì lentamente.
“Bene!” si intromise
Tyrion
battendo gioviale le mani “Meglio entrare dentro però: si ragiona
meglio
davanti ad una caraffa di vino.”
Jon raccolse la spada
e seguì regina e Primo
Cavaliere nuovamente all’interno. Questa volta entrarono in un
confortevole
salotto, arredato con semplicità e ben illuminato. Tyrion si sedette
sulla
sedia di legno accanto al camino e Daenerys sui soffici cuscini sotto
all’unica
finestra presente. A Jon non restò altra scelta che accomodarsi sulla
panca
davanti alla sovraccarica libreria.
Per qualche secondo
si limitarono
a scambiarsi occhiate tra il curioso e il nervoso, poi Tyrion si alzò
e,
accennando alla parola “vino”, si allontanò fischiettando. Rimasto solo
con
Daenerys, Jon non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Perché le sto dando
un’altra possibilità? si chiese d’un tratto incerto.
Trascorsero altri
secondi
d’imbarazzo. “Jon” disse poi Daenerys. Era la prima volta che lo
chiamava per
nome e Jon ne rimase piacevolmente sorpreso. “Il nostro incontro non è
iniziato
nel migliore dei modi” proseguì la Madre dei Draghi, “e me ne
rammarico, ma
voglio che tu sappia che non ho mai avuto alcuna intenzione di far del
male a
te, a Davos e Brienne, o ai tuoi uomini. Non sono stata capace di
dosare bene
le parole…”
Jon strinse le
labbra, indeciso
sul da farsi. Alla fine optò per un passo indietro. “E io non avevo
intenzione
di mancarti di rispetto” disse con calma, “o di mostrarmi egoista.”
Nonostante
dovresti essere tu a scusarti con me per aver pensato di poter
scavalcare tutto e tutti.
Daenerys non dovette
indovinare i
suoi pensieri, perché sembrò rilassarsi. “Bene” disse con un sorriso
visibilmente forzato, “direi di ricominciare d’accapo. Adesso io ti
proporrò i
termini della nostra alleanza e dopo potrai spiegare quali sono i punti
che non
condividi e perché. Va bene?” Jon annuì di nuovo.
“Le nostre famiglie
si odiano”
iniziò Daenerys alzandosi lentamente, “ma non possiamo permetterci di
lasciare
che questo rancore ci consumi. I Sette Regni stanno soffrendo, la
guerra è
durata troppo e sul Trono di Spade siede una regina spietata. Tyrion e
Varys mi
hanno raccontato tutto: di tua sorella, della guerra di tuo fratello
e…”
Daenerys esitò appena un secondo. “Dell’esecuzione di tuo padre” disse
in un
soffio e Jon rabbrividì.
“Non posso permettere
che eventi
del genere accadano ancora” continuò Daenerys, “ed ho intenzione di
fermarli
con o senza il tuo aiuto. Ma Cersei sta reclutando mercenari, non
abbiamo idea
di quanti, e il mio esercito potrebbe trovare grandi difficoltà a
sconfiggere
i Lannister.”
Daenerys si voltò
verso la finestra, lo sguardo perso nel vuoto.
Jon cambiò
posizione sulla scomoda panca.
“No” rispose Daenerys
girandosi
nuovamente verso di lui, “offrirò perdono e clemenza a tutti coloro che
getteranno le armi.”
“E Cersei?” chiese
Jon “E lo
Sterminatore di Re? Li condannerai a morte?”
“Jaime Lannister ha
ucciso mio
padre…”
“Tuo padre era un
folle.”
“Jaime Lannister ha
causato la
distruzione della mia famiglia!”
“Tuo fratello Rhaegar
ha causato la
distruzione dei Targaryen quando rapì mia zia Lyanna. Te le hanno
raccontate
queste storie?”
“Mio fratello era…”
In quel momento si
udì qualcuno
fischiettare. Tyrion entrò disinvolto nella stanza con un calice in una
mano ed
una caraffa di vino nell’altra. “Mi sono perso qualcosa?” chiese
sedendosi “Ahh, che delizia. Oh mi dispiace non avervene portato un
po’, ma avevo le mani
abbastanza occupate.” Jon rise e anche Daenerys si permise un sorriso.
“Allora” disse Tyrion
tra un
sorso e l’altro, “di che parlavate?” Jon e Daenerys si scambiarono
un’occhiata.
“Del mio piano per
conquistare
Approdo del Re” rispose la regina e Jon annuì soddisfatto: portare
avanti la
discussione sulle famiglie sarebbe stato inutile.
“Meraviglioso”
assentì Tyrion,
“spero sia migliore di quello che prevedeva di radere al suolo le città
degli
schiavisti.” Jon strinse le labbra e Daenerys arrossì lievemente. “Lo
è”
assicurò per poi voltarsi verso Jon. “Se accetterai di aiutarmi”
continuò
guardandolo negli occhi, “il Nord verrà ricompensato.”
“Come?” chiese senza
giri di
parole Jon. Daenerys parve colta di sprovvista e cercò il sostegno di
Tyrion.
Il nano, che si stava
felicemente ubriacando, quasi si strozzò nel tentativo di
parlare.
“I nostri nemici”
disse serio
Jon, “sono gli Estranei, e finché non accetterete il fatto che esistono
non
potrò aiutarvi.”
Daenerys restò in
silenzio.
“Io ho visto gli
Estranei”
proseguì Jon, “li ho combattuti, ne ho anche ucciso uno e credetemi,
loro
vogliono distruggere tutto questo.” Jon aveva allargato le braccia,
alludendo
all’intero Continente Occidentale. Ci furono attimi di quiete.
“Come sono fatti?”
chiese alla
fine Daenerys.
“Sono creature
spietate” raccontò
Jon ora più tranquillo, “fatte di ghiaccio e con gli occhi azzurri.
Hanno delle
lame che frantumano ogni tipo di spada, eccetto quelle di acciaio di
Valyria.
Sono immuni al fuoco e possono essere uccisi solo dall’acciaio di
Valyria o dal
Vetro di Drago.”
Jon fissò Daenerys
intensamente.
Daenerys sembrava
turbata.
“Non importa” la
interruppe Jon temendo di arrabbiarsi nuovamente.
“Cosa sono i
non-morti?” si
intromise Tyrion.
Jon sospirò. “Sono
cadaveri
umani” disse, “resuscitati dal potere degli Estranei e diventati per
questo
loro schiavi. Non basta colpirli e ferirli: solo il fuoco può
distruggerli.”
Jon fece una pausa. “I tuoi draghi sarebbero di grande aiuto quando la
guerra
inizierà” continuò senza staccare gli occhi da quelli di Daenerys, “e
questi
sono i termini dell’alleanza. Il mio esercito supporterà il tuo nella
guerra
per il Trono di Spade, ma in cambio voi vi unirete a noi contro gli
Estranei.”
Daenerys appariva pensierosa.
“Mi sembra un’ottima
idea” disse
Tyrion gettando il calice su un tavolino, “e un’alleanza equa.”
“Sei disposto” chiese
la
Distruttrice di Catene, “a rinunciare alla tua corona e a giurarmi
fedeltà?”
Jon si morse a sangue
il labbro. Dovrei lasciare il Nord
in balìa di una regina straniera? pensò Rinunciare a
tutto ciò che io e Sansa abbiamo riconquistato?
“No” rispose con
decisione, “non
sono disposto a deporre la mia corona e non mi inginocchierò a te.”
“Questo potrebbe
essere un
problema” osservò Daenerys, “per la nostra alleanza…”
“E’ vero” ammise Jon,
“ma il Nord
si fida di me. I lord mi hanno fatto loro re, cosa direbbero se ora
consegnassi
le nostre terre ad un’altra regina?”
“Direbbero che sei
stato saggio”
disse Daenerys, “e che li hai salvati.”
Jon scoppiò a ridere.
“Tuo fratello è morto” osservò con calma la regina.
Jon si alzò
nuovamente.
Come è
già successo.
“Ehi ehi ehi”
intervenne Tyrion,
“non c’è bisogno di arrivare a misure così drastiche. E Jon, qui
nessuno vuole
che tu muoia.”
“Non posso concedere
l’indipendenza al Nord” spiegò Daenerys, “è metà del regno, cerca di
capire…”
“Capisco” ribatté
Jon, “ma questo
non cambia le cose. Non mi inginocchierò e non ti riconoscerò come mia
regina.”
Daenerys abbassò il capo.
“Daenerys” la chiamò
Jon ora con
più gentilezza, “i tuoi antenati non sono mai riusciti a domare il
Nord, non
sono mai riusciti a controllarlo completamente. La mia gente ti
vedrebbe come
un’usurpatrice ed alla prima occasione ti volterebbe le spalle, e
quando
accadrà neanch’io potrò fermarli. Lasciaci liberi e te ne saremo
eternamente
grati: combatteremo per te se ce lo chiederai.”
Daenerys appariva
combattuta. “Ci
penserò” disse alla fine e Jon sentì le sue membra rilassarsi.
“Bene” disse
sorridendo, “adesso,
se non ci sono altre questioni, vorrei avere il permesso di vedere
Davos e
Brienne.” Jon fu certo di aver intravisto un lampo di terrore negli
occhi della
regina.
“Ora non è possibile”
disse
Tyrion alzandosi, “meglio se ti accompagno nelle tue stanze.”
Jon adesso tremava di
rabbia. “Sentite”
disse tentando di contenersi, “ora sapete che Davos e Brienne sono
innocenti:
pretendo che siano liberati.”
“Jon, ti prego, non
insistere”
quasi lo supplicò Daenerys, “saranno rilasciati dopo che ci saremo
accertati di
alcune cose…”
Jon indietreggiò d’un
tratto inorridito.
Daenerys era
sconvolta. “Niente!”
urlò sbalordita “E’ solo che… Brienne è fuggita e noi non…”
“COSA?!” gridò Jon
“Mi stai
dicendo che non sai dove sia Brienne?”
“Jon, calmati” disse
Tyrion, “gli
uomini della regina la stanno cercando…”
“E perché dovrei
credervi?” chiese Jon
“Mi avete mentito. A quest’ora Brienne potrebbe essere già morta ed è
tutta
colpa vostra!”
Jon si mise a
camminare in cerchio, cercando di placare l’ira.
“Semplice” disse una
voce alle
sue spalle, “l’ho liberata io.”
Jon si voltò e vide
con suo
grande stupore che Davos era entrato nella stanza. Dietro di lui
trotterellava
un eccitatissimo Gendry.
“Non chiederti come
abbia fatto
ad uscire, vostra grazia” disse Davos freddamente rivolto a Daenerys,
“perché la
risposta potrebbe non piacerti.”
“Come stai?” gli
chiese Jon
sollevato dal vedere almeno l’amico sano e salvo.
“Non male, non c’è
che dire”
rispose il Cavaliere delle Cipolle per poi voltarsi nuovamente verso la
Madre
dei Draghi e Tyrion che erano rimasti paralizzati ai loro posti,
“abbiamo molto
di cui parlare.”
Arya
Vestire i panni di
Myun era più
facile di quanto si fosse aspettata. Ogni mattina si svegliava di
buon’ora
nella sua stanza alla locanda ed indossava i vestiti da servetta. Poi,
facendo
molta attenzione, applicava il volto della ragazzina preso a Braavos,
accertandosi che esso aderisse bene e che celasse a dovere
il suo vero aspetto. Si recava quindi a Grande Inverno per essere
introdotta a lady Sansa.
La prima volta che
l’aveva vista
aveva dovuto lottare contro tutta sé stessa per reprimere l’impulso di
abbracciarla. Sansa era diventata se possibile ancora più bella del
giorno in
cui Arya aveva lasciato Approdo del Re. Avevano litigato ed Arya aveva
maledetto Sansa ed i suoi stupidi sogni. “Il principe Joffrey è un
mostro” diceva
sempre all’epoca, ma nessuno le aveva mai creduto finchè non era stato
troppo
tardi. E così era fuggita dalla capitale, con le immagini della lama
che calava
sulla testa di suo padre e Sansa svenuta ai suoi piedi impresse nella
mente.
Non si era mai voltata.
E ora i capelli di
fiamma di
Sansa erano nuovamente intrecciati secondo la tradizione del Nord, il
suo viso
pallido brillava splendido senza un filo di trucco ed i suoi vestiti
erano
tornati quelli semplici di sempre. Negli occhi azzurri della sorella
Arya aveva
potuto leggere un dolore senza fine, ma anche un forte desiderio di
rivincita e
riscatto. I suoi movimenti erano aggraziati, ma sicuri e decisi, ed il
suo
sguardo non era più romantico e fantasioso, bensì freddo e calcolatore.
Arya aveva subito
capito che
Sansa aveva elaborato il lutto in modo completamente diverso da lei. Se
Arya
aveva lasciato che la rabbia prendesse il posto delle lacrime ed
alimentasse la
sua sete di vendetta, Sansa aveva nascosto le proprie pene, divenendo
sospettosa ed attenta. Ne era rimasta davvero colpita.
Come Myun, Arya aveva
potuto
studiare tranquillamente molti atteggiamenti della sorella, riuscendo
perfino a
carpirne le emozioni. Si era commossa quando Sansa si era messa a
scrivere la
lettera per Jon dicendo di sentire la mancanza di un fratello che, per
quanto
Arya ricordava, si era sempre rifiutata di considerare come qualcosa
più del
bastardo che aveva disonorato la loro madre. E’ cambiata, aveva pensato Arya
tranquillizandosi.
Eccetto in parte per
l’aspetto
infatti Arya non trovava nella sorella nulla della Sansa di un tempo.
Per
fortuna.
Così ogni giorno Myun
raggiungeva lady Stark nelle sue
stanze e l’aiutava a vestirsi. Poi Sansa si sedeva davanti allo
specchio ed
Arya le intrecciava i capelli. La prima volta era stata un’impresa
impossibile,
Arya non sapeva nemmeno da dove cominciare, ma poi le erano tornati
alla mente
i movimenti calmi con cui Catelyn Stark acconciava la chioma delle sue
figlie.
Di solito in quelle situazioni Arya era solita mettersi ad urlare e
tentare di
scappare e il ricordo le fece inumidire appena gli occhi.
“Stai piangendo?” le
aveva
chiesto Sansa con una sfumatura di preoccupazione nella voce.
Arya si era
affrettata ad asciugarsi gli occhi.
Gli occhi di Sansa
erano diventati
enormi.
Aveva avuto necessità
di tutto il suo
autocontrollo per non cantare quella così nota filastrocca della buona
notte.
“Dormi, tesoro mio” diceva sempre Catelyn dandole un bacio sulla
guancia anche
se Arya si seppelliva sotto il cuscino, “domani tu e Sansa farete pace,
vedrai…” E invece la maggior parte delle volte avevano finito per
litigare lo
stesso. Ma non succederà più,
aveva pensato Arya mentre finiva di intrecciare
i capelli della sorella. Il risultato non era neanche così tragico e
Sansa
l’aveva ringraziata.
Da quel giorno
l’aveva voluta
sempre vicina ed Arya non avrebbe potuto sperare di meglio. Aveva modo
di
assistere alle riunioni e di perlustrare il castello senza destare
sospetti. Le
altre donne di servizio si erano abituate a lei e spesso le lasciavano
anche il
pranzo pronto nelle cucine.
Tara, un’allegra
cuoca dalle gote perennemente
arrossate, le passava di nascosto dei pani bianchi facendole
l’occhiolino.
Così Arya poteva
trascorrere
l’intera giornata a Grande Inverno, senza preoccuparsi di dover tornare
alla
locanda all’ora dei pasti. Di solito, quando non era impegnata con
Sansa,
pedinava Ditocorto. Lo seguiva in tutti i suoi spostamenti, origliando
anche i
suoi incontri, e cercando una prova di un possibile complotto. Fino ad
allora
tuttavia era sempre rimasta delusa, perché Baelish non aveva compiuto
azioni
compromettenti.
Il quinto giorno dopo
l’arrivo di
Arya al castello i rappresentanti della Fratellanza senza Vessilli
furono ricevuti
da Sansa nella Sala Grande. La lady di Grande Inverno sedeva al tavolo
di legno,
l’enorme bruto che Arya aveva imparato chiamarsi Tormund al suo fianco.
Arya,
dal suo angolino, aveva un’ottima panoramica della situazione.
Thoros e Beric
sembravano a
disagio. “Mia signora” iniziò Beric tentennante ma indubbiamante
educato, “è un
onore fare la tua conoscenza. Sono Beric Dondarrion e lui è Thoros di
Myr:
veniamo da lontano con il nostro gruppo a mettere le nostre spade al
servizio
del Re del Nord.” Sansa fece cenno di avanzare ed Arya dovette
ammettere che si
era calata alla perfezione nel suo ruolo.
“Il piacere è mio”
rispose Sansa,
“ma ditemi, perchè volete giurare fedeltà a mio fratello?”
Thoros fece una
smorfia.
“E perché?” chiese
infatti Sansa
“Come mai non siete dalla parte di Cersei Lannister o Daenerys
Targaryen?”
“Io conoscevo tuo
padre, mia
signora” spiegò Beric, “e fu lui a concedermi l’autorità di formare un
gruppo
di guerrieri. L’intenzione originale era quella di catturare Gregor
Clegane, ma
abbiamo fallito. Dopo la salita al Trono di Joffrey siamo diventati dei
fuorilegge e abbiamo tentato di vendicare i contadini ed i poveri che
subivano
ingiustizie.”
“Abbiamo anche ucciso
qualche
Frey” aggiunse Thoros, “per quello che hanno fatto alle Nozze Rosse.”
Arya
ripensò a quella terribile notte e al cadavere di Robb con la testa di
Vento
Grigio al posto della propria. Le venne da vomitare.
Anche Sansa appariva
scossa.
Alla fine
stavano per uscire dalla Sala, quando Thoros si voltò indietro. Fissò
Sansa
dritta negli occhi.
Sansa rimase a bocca
aperta, mentre Tormund il bruto si protendeva
sulla sedia.
“Sì, amico mio”
rispose
stancamente Thoros, “purtroppo sappiamo che sono veri…”
Detto questo, i due
si
allontanarono e Sansa sospirò profondamente.
“Sono i primi ad
essere già al
corrente dell’esistenza degli Estranei” fece notare il bruto, “almeno
hanno
dimostrato di essere dalla nostra parte.”
“Hai ragione” ammise
Sansa, “ma
io non credo sia saggio concedere loro troppo potere, almeno per ora…”
“Sansa!” esclamò una
ragazza
correndo nella Sala, i capelli biondo-miele che le ondeggiavano intorno
al
viso.
“Cosa succede, Alys?”
chiese Sansa
alzandosi. Arya, grazie ad un incredibile sforzo di memoria, capì che
quella
doveva essere Alys Karstark.
“C’è un uomo
all’ingresso” spiegò
Alys concitatamente. “Un uomo strano, anche abbastanza brutto, e vuole
parlare
con te.”
“Adesso non posso”
rispose Sansa,
“tra poco è l’ora della riunione del Concilio Ristretto…”
“E’ molto impaziente”
insistette
Alys, “dice che non se ne andrà finchè non l’avrai ricevuto. Anzi, per
usare le
sue parole, non abbandonerà questo cazzo
di castello.”
Tormund scoppiò a
ridere mentre Sansa si diresse verso la
porta.
Lungo il tragitto
Sansa camminava
a passo spedito ed Arya notò che Alys faceva fatica a starle dietro.
Quando
giunsero al portone che dava sulla stradicciola ricoperta da neve
sporca, Sansa
si fermò bruscamente evidentemente vittima di una forte emozione. Arya
seguì il
suo sguardo e mise a fuoco la persona che si ergeva nella foschia
mattutina.
“Ciao, uccelletto”
disse il
Mastino rivolto a Sansa ed Arya provò l’irrepellente bisogno di
prenderlo a
pugni.
Che cosa
è venuto a fare?
Sansa era rimasta a
bocca aperta,
mentre Alys, chiaramente estranea alla situazione, si muoveva a
disagio. “Tu...
tu…” iniziò Sansa avvicinandosi di un passo “Cosa ci fai qui?”
Il Mastino ghignò.
“Volevo fare
un salutino” rispose con la sua caratteristica voce rauca.
Sansa scosse la
testa. “Dove sei
stato tutto questo tempo?” chiese ancora tormentandosi le mani
guantate.
“In giro” rispose
vago Sandor
Clegane, “a uccidere gente, pestare altra gente, cose così…”
“Sei disgustoso”
disse Sansa
senza sembrare affatto disgustata. Poi sospirò.
“Nah” disse il
Mastino, “non mi
faccio uccidere dalle femminucce.”
“Sai qualcosa di mia
sorella
Arya?” chiese all’improvviso Sansa ed Arya sussultò sentendosi chiamata
in
causa “Eri con lei quando hai combattuto con Brienne, sai dov’è
andata?” Arya
strinse le labbra: si era raccomandata con ogni singolo membro della
Fratellanza di non fare mai per nessuna ragione il suo nome, ma il
Mastino non
era certo rinomato per la sua affidabilità.
“Che cazzo vuoi che
ne sappia
io?!” esclamò a sorpresa Sandor “Quel piccolo demonio sarà arrivato
dall’altra
parte del mondo a quest’ora, sempre che non sia già morta.” Sansa si
lasciò
scappare un singhiozzo ed Arya la fissò stupita.
“Va tutto bene” disse
Sansa ad
Alys che le si era avvicinata per confortarla, “solo un momento di
stanchezza.”
“Sono sicura che sia
viva” la
consolò Alys, “me la ricordo bene, è sempre stata una combattente.”
Arya si
concesse di sentirsi onorata del complimento.
“Mi ha parlato di te,
sai,
uccelletto” continuò il Mastino e sia Sansa che Arya sollevarono il
viso nella
sua direzione. “Mi ha detto che le mancavi e che le era dispiaciuto
lasciarti
ad Approdo del Re. Voleva uccidere quel figlio di puttana di Joffrey
per te.”
Stavolta fu Arya a rimanere esterrefatta. Io non ho mai detto nulla! pensò
cercando un contatto visivo con il Mastino che però aveva occhi solo
per Sansa.
La lady di Grande
Inverno del
canto suo era profondamente commossa. Per una manciata di secondi
neanche il
più fievole suono fendette l’aria. “Grazie” mormorò alla fine Sansa,
“per tutto
quello che hai fatto per me e per mia sorella.”
Il Mastino
addirittura sorrise.
“Di niente, uccelletto” rispose, “ma ora vorrei chiedere ospitalità: è
difficile
vivere nelle locande senza incorrere in qualche rissa e vorrei un po’
di tranquillità.”
Sansa si ricompose
all’istante.
Arya annuì
compostamente e fece
cenno all’ignaro Mastino di seguirla. Lo condusse attraverso i corridoi
che
conosceva come le sue tasche fino alla stanza indicata da Sansa. Poi
entrò con
lui e sbarrò la porta. Sandor la stava fissando con sguardo ironico.
“Cosa vuoi fare,
ragazzina?”
chiese sarcastico “Tenermi compagnia?”
Arya non rispose,
limitandosi a
sfilare il volto della servetta. L’espressione del Mastino cambiò da
divertita
ad incredula fino a quasi spaventata. Poi evidentemente la riconobbe.
“Arya!” esclamò
visibilmente
impressionato “Cosa cazzo hai fatto?”
“Ho cambiato volto”
rispose Arya
tranquilla sedendosi su una sedia, “te l’avevo detto che ne sono
capace.”
“E cosa pensi di
fare?”
insistette Sandor “Andare in giro a fare la sguattera?”
Arya scoppiò a
ridere.
“Ma perché?” chiese
il Mastino
“L’hai vista come è preoccupata per te, vai ad asciugare le sue lacrime
come
fanno le brave sorelline.”
Arya gli lanciò una
scarpa.
Sandor sbuffò
rumorosamente.
“Sto aspettando” lo
incalzò Arya.
“Ho paura per Sansa,
va bene?”
sbottò il Mastino cedendo all’improvviso “Credo che non sia al sicuro
con
Baelish intorno e adesso che posso voglio darle una mano.”
Arya annuì.
“Nessun problema, mio
signore”
stava dicendo qualcuno oltre la spessa porta di legno, “questa camera è
vuota…”
Prima che Arya se ne
rendesse
conto il Mastino l’aveva afferrata tappandole la bocca con una mano e
portandola nella stanzetta da bagno adiacente. “Zitta” mormorò
chiudendo la
porta e Arya accostò l’orecchio per sentire meglio.
“Sei sicuro che
nessuno viene qui,
Royce?” stava chiedendo in tono contenuto un uomo.
“Certamente, lord
Baelish” rispose
quello che doveva essere Royce ed Arya sentì il sangue ribollirle nelle
vene al
nome di Ditocorto e anche Sandor al suo fianco si era irrigidito.
“Qual è il piano?”
chiese Royce
abbassando ulteriormente la voce.
“Lord Robin Arryn non
apprezza
l’evolversi della faccenda nel Nord” spiegò Baelish probabilmente
camminando
avanti e indietro nella camera, “e non ha intenzione di appoggiare un
sovrano
illegittimo al posto di sua cugina.”
“Naturale, mio
signore” disse in
tono servile Royce. “Cosa ne pensa lady Sansa di tutto ciò?”
“Lady Sansa è
confusa” disse
Baelish, “non sa quello che vuole, ma sono sicuro che ci ringrazierà
quando la
metteremo davanti al fatto compiuto…” Arya sentì la mano pruderle dalla
voglia
di prendere Ago e farla finita, ma il Mastino le bloccò il polso per
evitare di
farle fare sciocchezze.
“Quindi” stava
sussurrando Royce,
“intendi organizzare una congiura?”
“Niente spargimenti
di sangue non
necessari, è ovvio” lo tranquillizzò Ditocorto, “ma dobbiamo mettere
fine a
questo regno il più presto possibile. Jon Snow è una minaccia non solo
per il
Nord ma anche per la Valle, con quel suo esercito di bruti e le
favolette sugli
Estranei. Dobbiamo agire. Contatta tutti gli alfieri di Robin e dì loro
di
essere pronti: il Nord è debole e non potrà resistere ai nostri
Cavalieri della
Valle.”
“Ed i lord che hanno
giurato
fedeltà a Jon Snow?” chiese Royce poco convinto.
“Ci appoggeranno”
spiegò deciso
Baelish, “quando capiranno che l’unica cosa che vogliamo è vedere sul
loro
trono la vera erede di Eddard Stark. Nel frattempo li lasceremo
ovviamente
all’oscuro di tutto.”
“E Jon Snow?” chiese
ancora Royce
ed Arya strinse la mano intorno all’impugnatura di Ago così forte da
ritrovarsi
dei dolorosi segni rossi sul palmo.
“Jon Snow è lontano”
disse
Baelish con sufficienza, “e non potrà intervenire. Cacceremo i suoi
bruti
nuovamente oltre la Barriera dove è il loro posto e semmai Daenerys
Targaryen
dovesse farlo ritornare a Nord vivo organizzeremo un piccolo incidente.
Mi sono
spiegato?”
“Certo, mio signore”
rispose
pronto Royce.
“Bene” disse Baelish
battendo le
mani, “e ora andiamo al Concilio: non dobbiamo destare sospetti.”
I loro passi
si persero lontani e la porta della stanza sbattè nuovamente. Solo dopo
qualche
secondo Arya trovò la lucidità per sollevare il viso e incontrare lo
sguardo
dI Sandor.
“Credo che abbiamo un
problema.”
Davos
A Davos era quasi
dispiaciuto
dover interrompere quell’amabile riunione, ma la questione si era
spinta troppo
oltre. A un suo cenno Gendry aveva annuito e insieme avevano fatto
irruzione
nella stanza provocando le esclamazioni di sorpresa di Daenerys e
Tyrion. Jon
si era voltato incredulo e Davos aveva potuto scorgere il sollievo nei
suoi
occhi.
Quando qualche minuto
prima
qualcuno aveva bussato alla porta della sua prigione, Davos non avrebbe
mai
creduto di vedere una faccia diversa da quella di Verme Grigio, il
fedelissimo
e incorruttibile Immacolato di Daenerys. E invece si era ritrovato
davanti
l’ultima persona al mondo che si sarebbe aspettato di rivedere. Perfino
scorgere nel fumo il fantasma di Stannis gli sarebbe sembrato più
verosimile.
Ci aveva messo qualche secondo per convincersi che il ragazzo che gli
stava di
fronte fosse davvero Gendry.
“Ser Davos?” lo aveva
chiamato il
giovane “Mi riconosci?” Davos avrebbe voluto ridere fino a farsi
mancare il
fiato e invece aveva annuito.
“Gendry” lo aveva
salutato, “cosa
diamine ci fai qui?”
Il ragazzo aveva
scrollato
leggermente le spalle. “Sono con Jon Snow” aveva risposto indicando la
porta,
“sono il suo scudiero.”
Davos aveva sgranato
gli occhi
dalla sorpresa. “E da quando?” aveva chiesto stupito “Dove sei stato
tutto
questo tempo?”
“A Porto Bianco”
aveva spiegato
Gendry con gli occhi che brillavano, “ma ora ci sono altre cose a cui
pensare:
devo farti uscire di qui.”
“Piuttosto, come hai
fatto ad
entrare?” aveva osservato divertito il Cavaliere delle Cipolle.
“Dicendo che mi
mandava la regina” aveva tagliato corto Gendry. “Stranamente mi hanno
creduto. Ma temo dovremo ricorrere a maniere
drastiche per uscire.” E aveva estratto una mazza di legno. Davos
l’aveva osservata
a lungo.
“Va bene” aveva
assentito, “ma
non troppo forte.”
Un minuto dopo
stavano correndo
sulle scale del palazzo dopo aver tramortito Verme Grigio e le altre
due
guardie. Davos aveva osservato Gendry assestare un paio di ottimi
colpi,
abbastanza potenti da indurre uno svenimento, ma non abbastanza forti
da
provocare seri danni.
“Dov’è Jon?” aveva
urlato Davos
mentre correvano.
“Con la regina penso”
aveva
spiegato il ragazzo, “lord Tyrion mi ha detto di aspettare mentre
portava Jon
al cospetto di Daenerys.”
“Chi è con lui?”
“Nessuno” aveva
proseguito
Gendry, “è un storia abbastanza complicata, ma diciamo che tutti gli
uomini
della scorta sono morti…”
“Cosa?!”
aveva eslcamato Davos fermandosi di colpo con il fiatone
“Mi stai dicendo che è da solo con quell’arpia?” Gendry aveva annuito,
probabilmente senza rendersi conto delle implicazioni di tutto ciò e
Davos
aveva ripreso a correre alla cieca.
Merda.
Per fortuna i
corridoi erano
scombri da scomode sentinelle e i due avevano raggiunto in fretta la
sala dove
stava avvenendo la riunione. “Siamo stati fortunati” aveva bisbigliato
Davos
indicando la porta socchiusa, “ci sono almeno dieci sale come questa,
eppure
abbiamo trovato quella giusta al primo colpo.”
Si erano quindi messi
ad
origliare e a ogni parola carpita Davos aggrottava la fronte mentre
Gendry
spalancava a dismisura gli occhi azzurri. Dopo il grido di Jon che era
giunto
nitido alle orecchie delle due spie, Davos si era convinto ad
intervenire.
Trascorsero alcuni
attimi di puro e tangibile stupore. Poi Davos adocchiò il
cipiglio nervoso e confuso della regina.
“Non chiederti come
abbia fatto
ad uscire, vostra grazia” l’avvertì sarcastico, “perché la risposta
potrebbe non
piacerti.”
Jon lo stava fissando
sorridendo.
“Non male non c’è che
dire”
rispose Davos molleggiando la testa. Poi tornò a fissare con odio
Daenerys e
Tyrion che restavano ancora immobili. “Abbiamo molto di cui parlare”
concluse
chiudendo la porta alle sue spalle.
Daenerys sembrava
incapace di
articolare verbo, mentre Tyrion stava visibilmente tentando di dare
forma ad un
qualche discorso in grado di riportare l’equilibrio. “Perfetto” disse
infatti
il nano, “ora che ci siamo tutti possiamo procedere. Davos e… Gendry,
vero? Vi
invito a sedervi.” Davos prese posto sulla panca vicino a Jon mentre
Gendry sprofondò
nei cuscini del divano.
“Come vi avevo già
detto” iniziò
Jon, “Davos e Brienne sono venuti alla Roccia del Drago solo e
unicamente per
recuperare il Vetro di Drago, quindi non potete incomparli.” Davos
dovette
dedurre che Jon avesse già accennato al problema degli Estranei e si
chiese
come la Madre dei Draghi l’avesse recepito. Non bene presumo, si ritrovò a
pensare.
“Credo che su questo
ormai siamo
d’accordo” intervenne Daenerys, “il problema ora è trovare Brienne.
Magari se
ser Davos fosse così gentile da dirci come ha fatto a farla fuggire…”
Jon aveva
stretto la mano a pugno e Davos riusciva a percepire la sua
frustazione. Decise
di rendersi utile.
“L’isola è stata
battuta” osservò
Tyrion, “e di Brienne non vi sono tracce. Quindi deve essersi
allontanata in
qualche modo, ma di sicuro non con una barchetta: non ne manca nessuna
all’appello…” Davos si lasciò sfuggire una mezza esclamazione di
sorpresa.
“E allora dov’è?”
chiese Jon
impaziente.
“Quello stesso giorno
sono
salpate molte navi” spiegò Daenerys, “può essere salita di nascosto su
una di
queste.”
“Dove erano dirette?”
chiese
Davos a bruciapelo.
Daenerys lo fissò a
lungo negli
occhi. “Sono informazioni riservate” disse infine.
Davos aveva voglia di
battere il pugno da qualche parte, ma sfortunatamente davanti a lui non
c’era
alcun tavolino.
“Davos, calmati”
disse Jon posandogli
una mano sul braccio, “sono certo che Daenerys e Tyrion si
dimostreranno
collaborativi…” Daenerys ed il Folletto si guardarono per qualche
istante, poi
Tyrion annuì.
“Vecchia Città”
rispose Daenerys
con voce atona, “e Porto Bianco.”
Jon aveva fatto un
movimento brusco con la
mano della spada.
“No” rispose
tranquilla Daenerys,
“in realtà ho inviato i miei uomini a proteggere Porto Bianco da un
possibile
attacco di Euron Greyjoy.”
Jon non sembrava
convinto.
“Non lo metto in
dubbio” replicò
la regina, “ma contro Euron non basteranno: come ti ho già detto sta
assoldando
dei mercenari.”
“L’abbiamo notato” si
lasciò
sfuggire Gendry prima che Jon potesse fulminarlo con lo sguardo.
Tyrion aveva
voltato la testa, come improvvisamente interessato alla polvere
accumulatasi
sugli scaffali, mentre Daenerys inarcava le folte sopracciglia.
Jon sospirò.
“E come ne siete
usciti vivi?”
chiese Daenerys sbigottita.
“Grazie a Rhaegal”
rispose Jon
semplicemente, “come ti avevo già detto.”
Rhaegal? si chiese Davos Chi è
Rhaegal?
Ma la Madre dei
Draghi aveva
compreso perfettamente. “Il mio drago?” chiese con una punta di rabbia
nella
voce. Jon annuì stancamente e Davos fischiò.
“E’ venuto lui”
spiegò Jon, “e
ha incendiato la nave nemica. Non credo ci siano superstiti…”
“C-come è possibile?”
balbettò
Daenerys “I miei draghi rispondono solo a me…” Davos non poté reprimere
un
sorrisetto compiaciuto al ricordo delle parole arroganti che Daenerys
gli aveva
rivolto durante il loro primo incontro. E così credevi davvero di poterli
controllare? pensò, soddisfatto da questa evoluzione inaspettata
dei fatti.
“Non ho idea del
perché sia
venuto” stava dicendo in quel momento Jon, “però ci ha salvato la
vita.”
Daenerys si passò una mano sul viso.
“Non fa niente” si
intromise
Tyrion, “l’importante è che almeno voi siate vivi.”
Davos era convinto
che la
regina la pensasse in maniera molto diversa, tuttavia non volle
infierire.
Jon annuì di nuovo.
“Sì, Davos”
affermò girandosi poi verso la regina ed il Primo Cavaliere, “siamo
giunti ad
un accordo che credo sia abbastanza equo. Noi supporteremo Daenerys
nella sua
conquista e lei ci aiuterà contro gli Estranei. Cosa ne dici?”
Dico che
non dovremmo fidarci, che dovremmo contare sulle nostre sole
forze. “Mi sembra un’ottima idea” disse invece, “l’importante è
essere
pronti, perché non si sa con esattezza quando e come attaccheranno.”
“Quindi ora che si
farà?” chiese
Gendry impaziente.
“Resteremo qui per un
po’” disse
Jon voltandosi verso Daenerys in cerca di approvazione, “per
determinare con
esattezza i termini dell’alleanza e recuperare il Vetro di Drago, poi
noi torneremo a Nord. Raduneremo un
esercito e marceremo sulla capitale dove verremo raggiunti dalle truppe
di
Daenerys.”
Davos vedeva troppe
falle in quel piano.
“Lasceremo una
consistente
guarnigione alla Barriera” precisò Jon, “e una più piccola a Grande
Inverno. Se
gli Estranei attaccheranno il nostro esercito tornerà subito a Nord.”
“Qui c’è un altro
problema”
osservò Tyrion, “i corvi. Se si perdono così facilmente nelle tormente
sarà
difficile tenersi in contatto con il Nord.”
“Questo è l’inverno”
fece notare
Jon, “ma da noi la gente è abituata: troveremo soluzioni migliori.”
“La spada!” esclamò a
un certo
punto Davos “Giuramento, la spada di Brienne… Dov’è?”
Daenerys parve essere
colta di
sorpresa. “Nel tesoro” rispose confusa, “ma è così importante?”
“E’ acciaio di
Valyria” spiegò
Davos alzando gli occhi al cielo, “può uccidere gli Estranei.”
“E’ vero” ammise
Daenerys, “non
ci avevo pensato. Vorrà dire che manderò qualcuno a prenderla.”
“E Brienne?” chiese
Davos
sollevando un sopracciglio, “Vi siete già dimenticati di lei?”
“Abbiamo già detto
che i miei
uomini la stanno cercando” replicò Daenerys alzando la voce, “scriverò
delle
lettere ai comandanti delle navi dicendo loro di perlustrare le
imbarcazioni.”
“E poi?” la provocò
Davos “La
costringerai a tornare sull’isola?”
Daenerys si morse il
labbro. “Sarà
libera di andare dove desidera” sussurrò infine, “o dove Jon deciderà
di
mandarla.” Davos accavallò le gambe accarezzandosi la barba inspida.
Trascorsero attimi in cui l’unico rumore nella stanza era provocato
dalle dita
annoiate di Gendry che tamburellavano sul legno.
Poi Daenerys si alzò.
Davos, tuttavia, ci
teneva a
dire una cosa.
Adesso era il
Folletto a guidare la fila,
nonostante si reggesse a stento in piedi.
Jon scosse la testa.
“Ha parlato
di uccidere migliaia di persone innocenti” osservò freddamente.
“Non intendeva
davvero questo”
rispose Tyrion, “lei usa spesso le minacce per ottenere ciò che vuole.
Minacce
che mai metterebbe in atto.”
“E allora come posso
fidarmi di lei?”
chiese Jon mentre iniziavano a scendere le scale “Come posso capire
quando dice
sul serio o quando invece minaccia a vuoto?”
“Non puoi” rispose a
sorpresa
Tyrion, “ma non preoccuparti, io sono qui per questo.”
Grandioso, pensò Davos irritato, il nostro unico alleato è un nano ubriaco.
Jon tuttavia sembrava
combattuto.
“Ti fidi di me?”
chiese il
Folletto a bruciapelo voltandosi verso il Re del Nord.
“Sì” rispose Jon
abbassando la
testa.
Tyrion annuì. “Bene”
disse riprendendo a camminare, “allora saprai che
non ho mai desiderato la distruzione della tua famiglia o del Nord.”
Ma quella
di Stannis sì.
“Sarò presente a
tutte le
riunioni” continuò Tyrion, “e vi aiuterò ad ottenere un’alleanza
normale. O
almeno a far cambiare idea alla regina se le venisse in mente di farvi
arrostire dai suoi draghi. Ah, eccoci arrivati…”
Si fermarono davanti
ad una porta
di legno chiaro con un pomello d’ottone. Tyrion l’aprì e si ritrovarono
in un
corridoio nel quale Davos, in tutti i suoi anni trascorsi alla Roccia
del Drago,
non era mai entrato. Lungo le pareti scarsamente illuminate si aprivano
numerose porte.
“Davos e Gendry, voi
starete qui”
spiegò Tyrion. “Jon, tu avrai una stanza allo stesso piano di quelle
mie e della regina.”
“Con tutto il
rispetto per la generosità
della regina” intervenne Jon, “preferisco alloggiare qui anch’io.”
Tyrion, che
sicuramente se l’aspettava, sorrise.
Jon e Davos si
fissarono.
“Gendry” chiamò Jon, “scegliti una camera e va’ a riposarti: è stata
una
giornata estenuante.” Gendry fece spallucce, accennò un saluto ed entrò
nella
prima stanza di destra.
Davos allacciò le
mani dietro la schiena.
“Come puoi fidarti
del Folletto?”
chiese Davos guardando Jon negli occhi “Alla Battaglia delle Acque Nere
è stato
lui ad ideare il trucco dell’Altofuoco.” Davos ricordò Mathos venire
buttato in
mare dalla potenza dell’esplosione e strinse i pugni.
“Difendeva la sua
città” osservò
Jon, “non è che avesse molta scelta. Adesso però dobbiamo fidarci di
lui,
almeno di lui, altrimenti non usciremo vivi da qui.”
“Daenerys è
pericolosa” disse
Davos con odio e Jon annuì.
Davos osservò Jon
attentamente,
scoprendolo pallido ma deciso. Il Cavaliere delle Cipolle invece stava
riscoprendo
un’emozione che credeva di aver abbandonato sulla nave che era
affondata nella
baia delle Acque Nere: la paura.
Yara
Secondo un’antica
leggenda su una
nave in mare aperto non esistono differenze fra uomini e donne, tutti
devono
saper combattere come ricucire le vele. Yara era cresciuta credendoci
fermamente
e aveva sempre come minimo morso chiunque affermasse il contrario. Il
mare era
stato la sua culla, il seno a cui attaccarsi, l’abbraccio in cui
perdersi e
Yara non avrebbe mai potuto concepire una vita lontana dal suo
elemento.
L’aveva detto a Theon
quando
aveva preso Grande Inverno, l’aveva supplicato di ritornare alle Isole
di
Ferro, ma lui non le aveva dato retta. Ed ora suo fratello era più
morto che
vivo.
Durante tutta la sua
vita era
sempre stata gelosa della sua Vento Nero ed
aveva scelto l’equipaggio con attenzione per evitare spiacevoli
ammutinamenti:
la sua ciurma l’avrebbe seguita fino in capo al mondo. Adesso la sua
nave era
carica di gente straniera.
Yara sospettava che i
dorniani
non avessero mai visto una flotta prima di allora e le loro continue
domande
curiose la irritavano non poco. Non poteva neppure contare sul supporto
di
Theon che come suo solito trascorreva le giornate chiuso in cabina. Uno di
questi giorni, pensò una mattina irata dopo l’ennesimo tentativo
fallito di far
uscire suo fratello dalla tana, sfonderò
quella cazzo di porta con la mia
ascia e gliela pianterò in testa. Sapeva benissimo che non
l’avrebbe mai
fatto, ma anche solo pensarlo l’aiutava a calmarsi.
Quella mattina fu
raggiunta sul
ponte dalla Serpe che aveva deciso di seguire il suo esercito, ma di
cui Yara
aveva già dimenticato il nome. Aveva i capelli corvini tagliati corti e
indossava un abito non proprio adatto a un viaggio sul mare, uno di
quelli tutto
fronzoli e merletti.
La ragazza dovette
percepire la sua perplessità perché
scoppiò a ridere.
“Io sono Tyene” disse
la Serpe
anticipando qualunque domanda di Yara, “è normale che non ti ricordi il
mio
nome, non abbiamo mai parlato.”
“E allora come fai a
ricordare il
mio?” chiese Yara sollevando appena un sopracciglio.
Tyene ridacchiò, una
risata vagamente mascolina.
“Non avete navi a
Dorne?” chiese
Yara rifiutandosi di sforzare la mente per trovare una risposta che in
quel
momento le sfuggiva.
“La regina Nymeria le
incendiò
tutte” raccontò Tyene, “per evitare che il suo popolo si allontanasse
dalla
nostra terra.” Yara fece una smorfia. Non aveva mai sopportato l’idea
di popoli
che potessero vivere senza il ponte di una barca sotto i piedi e aveva
per
questo da sempre diffidato dei dorniani.
“Adesso però” stava
continuando
Tyene, “stiamo dimostrando di saper navigare. Magari col tempo
diventeremo
perfino più abili di voi.”
Questa volta fu Yara
a ridere.
“Buona fortuna” disse voltandosi per tornare sotto coperta.
“Aspetta” la richiamò
indietro
Tyene, “vorrei parlarti…” Yara strinse le labbra e si obbligò a
calmarsi per
evitare di perdere il controllo. “Voglio sapere solo una cosa” disse
Tyene
avvicinandosi, “qual è il piano?”
Yara la fissò negli
occhi.
“Abbiamo degli ordini” osservò, “dobbiamo raggiungere Porto Bianco
e...”
“Certo, certo” tagliò
corto la
Serpe, “so cosa ha detto Daenerys.”
“E allora non capisco
la tua
domanda” sbuffò Yara irritata.
“Mi chiedevo” disse
Tyene, “cosa
avessi intenzione di fare tu.”
Yara
corrugò la fronte.
“Un piano che fa
schifo” disse
senza giri di parole Tyene, “lo sappiamo entrambe che Euron non
attaccherà mai
Porto Bianco: la nostra presenza là sarebbe inutile.”
“Tu non conosci mio
zio” le fece
notare Yara mettendo le mani sui fianchi, “con lui non si può ragionare
come si
fa con i comuni mortali.”
“Può darsi” concesse
Tyene, “ma
Euron non potrà mai attaccare Daenerys o Porto Bianco se noi lo
fermeremo
prima…”
Yara ne aveva
abbastanza. “Stammi
bene a sentire” disse con decisione, “questa è la mia nave
e io prendo ordini solo dalla regina. Euron non è un
deficiente, si aspetta un attacco e non si farebbe trovare impreparato.
Se proprio
vuoi portare il tuo esercito in una
missione suicida vallo a dire al tuo comandante.”
“Benjameen è un
idiota” replicò
freddamente Tyene, “non mi ascolterebbe mai.”
“Allora forse non è
così idiota”
insinuò Yara con un sorrisetto. Tyene era rossa dalla rabbia. Aveva
portato la
mano al coltello che aveva alla cintura e Yara si vide costretta a
imbracciare
la sua ascia. Passarono secondi di tensione durante i quali nessuna
delle due
parlò od osò anche solo muoversi. Poi entrambe scoppiarono in una
fragorosa
risata.
“Pensavo facessi sul
serio”
ammise Tyene, “sarebbe stato un peccato ucciderti.”
Yara ripose l’arma e
si
riaggiustò il corpetto grigio scolorito.
“Che…”
“Ovvio” la interruppe
Yara con un
gesto della mano senza alzare lo sguardo, “il piano pazzo. Non credi
che
limitarci a fare quello che Daenerys ci ha detto di fare sia una buona
idea?”
“Non serviamo a
niente a Porto
Bianco” insistette Tyene, “la vera guerra è altrove. E se Euron
attaccasse la
Roccia del Drago mentre noi siamo in vacanza?”
Yara dovette
ammettere che in
parte aveva ragione.
In quel momento
sopraggiunse sua
madre, Ellaria Sand. Yara, fin dal primo monento che l’aveva vista,
aveva
sempre considerato Ellaria come una donna di una bellezza particolare e
selvaggia, propria di una personalità forte e indipendente. Quella
mattina
Ellaria indossava un abito blu-notte con una cinta d’oro in vita e
pendenti
della stessa tonalità. Portava trucco nero sugli occhi ed i capelli
ricci
lunghi fino alle spalle erano lasciati sciolti.
“Madre” la salutò
Tyene, “lei è
Yara, credo tu sappia chi sia.”
Ellaria annuì,
rivolgendo a Yara uno sguardo
calcolatore.
“Di cosa stavate
parlando?”
chiese Ellaria in tono indagatorio.
“Niente di
importante” intervenne
Tyene, “Yara mi raccontava del Nord.” Yara non poté far altro che
ammirare
l’abilità con cui Tyene aveva rapidamente cambiato argomento.
“Oh certo” disse
Ellaria, “e
dimmi Yara, voi a Nord avete i Giorni del Sole?” Yara scosse la testa.
“Sono delle giorante
in cui si
festeggia la fine dell’inverno” spiegò Tyene sorridendo, “a Dorne tutti
scendono per le strade e si danza, si canta e ci si ubriaca. La gente
spera che
il sole possa ridare alla pelle un colorito più scuro dopo che questa è
diventata pallida durante l’inverno.”
Yara sorrise. “Da noi
nemmeno si
riconosce la fine dell’inverno” raccontò, “l’acqua del mare è sempre
gelida, il
cielo è sempre grigio: che indizi possiamo avere dell’arrivo
dell’estate?”
“Magari le temperture
si alzano”
suggerì Ellaria.
“E’ vero” assentì
Yara, “ma non di
molto, altrimenti anche la Barriera si scioglierebbe.”
In quel momento
arrivò sul ponte
un giovane che Yara riconobbe come Benjameen Sand, il capitano
dell’esercito
dorniano. Il ragazzo, un bastardo di chissà quale importante signore di
Dorne,
doveva avere massimo venticinque anni e aveva la pelle ambrata e folti
capelli
castani spettinati. Nel complesso era carino, nonostante il suo
continuo
torcersi le dita.
“Mia signora” disse
rivolto ad
Ellaria, “il nostromo mi dice che siamo in vista della meta.” Yara,
Ellaria e
Tyene d’istinto si voltarono verso l’orizzonte. Yara strinse gli occhi
e riuscì
a distinguere nella foschia la sagoma della riva frastagliata.
Benjameen Sand si
voltò sorpreso verso di lei.
Yara gli puntò gli
occhi in faccia.
Detto questo, Yara
lasciò i tre a rimurginare sulle
loro scarse abilità navigative ed andò sotto coperta. Aveva meno di
mezz’ora di
tempo per sfondare a colpi d’ascia la porta di suo fratello, anche se
sperava
non sarebbe stato necessario.
“Theon!” urlò mentre
bussava
insistentemente “Pensavo ti fosse passata la manìa di chiudere le porte
in
faccia; esci che siamo quasi arrivati.”
Non ottenendo
risposta, Yara impugnò
l’ascia.
“Uno…” Sollevò
l’arma.
“Due…” Ancora nulla.
“Tre!”
Proprio quando Yara
stava
assestando il primo fendente la porta si aprì. L’ascia rimase ferma
nell’aria,
a pochi centimetri dal viso di Theon. Yara stava ansimando.
“A-avresti p-potuto
uccidermi”
balbettò Theon visibilmente terrorizzato.
Yara ripose l’arma e
diede uno
schiaffo a suo fratello.
“No” rispose Theon
chinando il
capo, “è solo che non voglio vedere gli altri.”
Yara fece una
smorfia.
In quel momento il
cornò suonò e
la vedetta urlò: “PORTO BIANCO!” Yara corse sul ponte.
Benjameen la stava
aspettando sorridente.
Benjameen si rabbuiò.
“Non puoi
darmi ordini” sibilò stringendo i pugni.
E’
proprio un ragazzino.
“Non sto dando
ordini” spiegò Yara,
“sono solo consigli, perché non vorrei che i tuoi soldati rimannessero
sulla mia nave troppo a lungo. I miei
uomini potrebbero diventare
irrequieti…” Benjameen non rispose, limitandosi a fissarla. Yara si
sporse
oltre la balaustra.
Ormai Porto Bianco
appariva
vicinissima e perciò decise di iniziare ad impartire ordini per
l’ormeggio. In
capo ad un quarto d’ora la Vento Nero e
le altre navi della piccola flotta erano saldamente ancorate nel porto.
Yara
notò che sui pontili si era radunata una discreta folla e si stranì al
pensiero
di dover agire con diplomazia nei confronti degli uomini del Nord.
Theon
l’aveva raggiunta sul ponte e fissava il mare con gli occhi sgranati.
“E tu non fargliela
prendere”
rispose Yara buttando indietro i capelli. “Lascia parlare me e vedrai
che andrà
tutto bene.” Impartiti gli ultimi ordini ai propri soldati, Yara e
Theon
raggiunsero Ellaria, Tyene e Benjameen e scesero dalla nave. Furono
accolti da
sguardi freddi e facce ostili, ma Yara non se ne curò più di tanto.
Presto venne loro
incontro un
uomo basso e tarchiato, con il volto rosso e le sopracciglia
aggrottate. Era
accompagnato da una scorta di almeno trenta uomini e sembrava non avere
intenzioni pacifiche. Su di loro sventolava il tritone dei Manderly.
Durante
gli attimi di attesa che seguirono Yara strinse forte la propria ascia
nella
mano sudata, aspettando il minimo segnale che le avrebbe consentito di
attaccare.
“Sei lord Wyman
Manderly?” chiese
ad un certo punto Tyene.
L’uomo spostò lo
sguardo verso di lei. “Mio cugino è a Grande Inverno”
disse seccamente, “io sono Marlon Manderly, capitano della guarnigione
a Porto
Bianco.”
“Ti dispiacerebbe
congedare le
tue guardie?” si intromise Yara “Noi non abbiamo una scorta…”
Marlon la fissò
con disprezzo.
“Ringrazia che non
abbia la mia
spada a portata di mano” minacciò Marlon, “o ti saresti ritrovato senza
testa prima
ancora di aver messo piede a terra.”
“Piano con gli
insulti”
intervenne Benjameen che, Yara ne era certa, non sapeva davvero nulla
circa il
passato di Theon, “siamo venuti in pace.”
Marlon scoppiò a
ridere. “Uomini
di Ferro che vengono in pace?” chiese ironico “Insieme a quel traditore
poi?
Non siate ridicoli, i vostri pirati in questo stesso momento stanno
distruggendo interi villaggi.”
“Noi non c’entriamo”
disse Yara,
“è Euron ora che controlla la Flotta di Ferro.”
Marlon rimase in
silenzio,
probabilmente perché a conoscenza dell’esistenza del Re delle Isole di
Ferro.
“Non sbagli” disse
Tyene, “siamo
qui perchè inviati da Daenerys Targaryen.”
Marlon sgranò gli
occhi e Yara capì
che avevano fatto centro.
“Siamo partiti prima
del suo
arrivo” rispose Yara avvicinandosi, “Daenerys voleva proteggessimo
Porto Bianco
dagli attacchi di Euron.”
Marlon era sorpreso.
“Mi stai
dicendo” chiese roteando gli occhi, “che gli Uomini di Ferro potrebbero
attaccare
qui?”
“Sì” rispose Yara,
“anzi, è molto
probabile.”
“Ma non è possibile”
obbiettò
Marlon, “non si spingerebbero così oltre, non hanno mai avuto il
coraggio di
attaccare una città potente come Porto Bianco. Solo un folle ci
proverebbe…”
“Mio zio è un folle” disse Yara
con amarezza, “e se decidesse di attaccarvi non avreste gli uomini
sufficienti
per respingerlo. Daenerys si è privata di un terzo del suo esercito per
aiutarvi.”
“E perché dovrebbe
farlo?” chiese
Marlon sospettoso.
“Perché è quello che
farebbe una
regina” rispose prontamente Ellaria.
“Non mi fido di voi”
disse
Manderly scuotendo la testa, “e soprattutto non mi fido di quel piccolo
figlio
di puttana. Credo proprio lo farò giustiziare…”
Due guardie
avanzarono, ma Yara
estrasse l’ascia in difesa del fratello.
“Forse non lo sai,
mio lord” proseguì
poi, “ma è solo merito di Theon se lady Sansa è riuscita a sfuggire
dalla
grinfie di quel mostro. E tu dov’eri? Ah già, nel tuo castello caldo ed
accogliente, senza fare niente.”
Marlon
era visibilmente colpito da quelle parole, ma il suo stupore era niente
in
confronto a quello di Yara per le proprie inaspettate doti oratorie.
“NAVI AL’ORIZZONTE!”
gridava un
uomo dalla collina “SONO TANTISSIME!”
Yara corse sul molo
fino quasi a
cadere in acqua e scrutò angosciata la linea sfumata dell’orizzonte,
sperando
di non trovare conferma alle proprie paure. Un’imponente flotta si
stava
dirigendo verso di loro ed avanzava ad alta velocità. Nonostante la
distanza, il vessillo nero della piovra era perfettamente visibile.
Yara si morse il
labbro fino a
sentire il sapore metallico del sangue in bocca, mentre Theon la
raggiungeva.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo, dolorosamente
consapevoli della
loro situazione.
Poi Theon sollevò lo
sguardo.
"Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria."
Ma veniamo a noi... Ci tengo a precisare per l'ennesima volta che come tutti gli altri capitoli anche questo è stato scritto molto prima dell'uscita della settima stagione, quindi le somiglianze che potreste trovare qui e lì sono solo spiacevoli coincidenze (davvero, danno molto fastidio anche a me)... E' il caso soprattutto dell'ultimissima frase, quell'esclamazione "Euron" che segna l'inizio di una battaglia e che nella serie è ripresa uguale da Yara. Veramente, non ho copiato nessuno XD XD Spero troverete almeno tutto il resto originale :-)
Per quelli che se lo
stessero chiedendo Verme Grigio sta bene, la mazza usata da Gendry non
era quella chiodata, bensì una liscia, come quelle da baseball. Inoltre
non è che l'Immacolato si sia rimbambito tutto d'un tratto facendo
entrare Gendry nella stanza di un prigioniero: non conosceva Gendry e
ha pensato fosse un ragazzo delle cucine o del servizio, quindi gli ha
creduto quando ha detto che lo mandava la regina. Gendry ovviamente
aveva nascosto la mazza per entrare altrimenti Verme Grigio lo spaccava
in due XD XD XD
Come al solito voglio
ringraziare di cuore tutti quelli che hanno lasciato una recensione al
capitolo 7 o che hanno iniziato a recensire la storia. In ordine: GiorgiaXX (benvenuta :-)), giona, __Starlight__, Spettro94, NightLion e Red_Heart96.... Ringraziamento
speciale anche a Gian_Snow_91, che
sta coraggiosamente recensendo tutti i capitoli, Azaliv87, che mi ha lasciato una
recensione chilometrica al sesto capitolo, e leila91, che so non avermi
abbandonata e che prima o poi tornerà.
Un enorme "grazie" a
tutti quelli che hanno recensito, perchè questa storia ha superato le
50 recensioni ed è già vicina alle 60... Wow, non lo credevo veramente
possibile, grazie mille a tutti!
Alla prossima con la prima vera battaglia di questa storia ;-P... A presto!
N.B.: la citazione di questa volta è della Divina Commedia (come farcela mancare XD XD), più precisamente del canto V di Paolo e Francesca... La dedico alla famiglia Stark, ma soprattutto ad Arya che in questo capitolo ha dovuto affrontare molti ricordi e accettare che purtroppo molte cose sono cambiate e non torneranno.