Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    09/06/2018    8 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Tension                                                                                                                      

 


Jon

 

Ritirò la mano lentamente: il drago sembrava infastidito dall’idea di essere accarezzato. Rhaegal, pensò Jon sorridendo. Il suo nome è Rhaegal. Il drago ringhiò e Jon si voltò di scatto. Si era quasi dimenticato di Daenerys e dei suoi soldati e si maledisse per aver lasciato cadere la spada. Lanciò un’occhiata a Lungo Artiglio, ma era troppo lontana perché Jon potesse sperare di afferrarla prima di essere fermato. La sua unica speranza era rimanere vicino al drago.

Daenerys aveva fatto cenno alle guardie di allontanarsi e stava fissando Jon negli occhi. Sembrava sbigottita e irritata allo stesso tempo. “Rhaegal” disse con voce decisa, “allontanati. SŌvegon!” Jon non comprese l’ultima parola, ma intuì che Daenerys aveva appena ordinato al drago di volare.

Resta, pensò Jon indietreggiando. Rhaegal non si mosse e la sua coda fendette l’aria come la più tagliente delle fruste. Jon vide i guerrieri della regina fare un passo indietro e perfino Tyrion sembrava turbato.

“Va tutto bene” disse Daenerys rivolta al drago, “calmati ora…” Avanzò di un altro passo e Rhaegal emise un gorgoglio sordo. Daenerys fece appena in tempo a spostarsi che il drago eruttò fuoco verso di lei. Non era una gran fiammata e probabilmente non avrebbe coperto neanche la metà della distanza che lo separava dalla regina, ma Jon vide che Daenerys era sconvolta.

“Rhaegal!” esclamò lei esterrefatta e con la voce che le tremava “Che ti succede? Che ti hanno fatto?” Si voltò minacciosa verso Jon. “Sei stato tu?” sibilò senza fiato “Che hai fatto al mio drago?”

“Niente! E’ venuto da solo. Sulla nave…”

“QUALE NAVE?!”

Jon ammutolì di colpo. Rhaegal ringhiò di nuovo e Jon si voltò verso di lui. “Grazie” sussurrò ignorando la regina, “ma ora puoi andare…” Il drago ammiccò, le scaglie verdi che brillavano come giada, e si levò con un potente battito d’ali, sollevando una ventata che investì Jon facendolo rabbrividire.

“Qualcuno mi vuole spiegare cosa…?” iniziò Daenerys, ma Tyrion le mise una mano sul braccio. “Ora basta” disse con voce grave, “ti sei spinta troppo oltre: Jon non è tuo nemico.” Jon fu grato dell’intervento di Tyrion, ma ai suoi occhi non esisteva modo in cui Daenerys potesse scagionarsi.

“Grazie, Tyrion” gli disse Jon con affetto sincero, “ma non ho intenzione di restare su quest’isola un secondo di più. Non ci sarà alcuna alleanza fra il Nord ed il Sud e se vorrete le nostre terre dovrete venire a prendervele.” Daenerys stava aprendo bocca per ribattere, ma Tyrion l’anticipò.

“Non essere precipitoso, Jon” lo supplicò il nano, “credo ci siano stati degli equivoci.”

A Jon venne quasi voglia di ridere. “A me pare che la regina sia stata fin troppo chiara” ribatté freddamente, “nello spiegare in cosa esattamente consistono le sue ritorsioni.”

Tyrion si morse il labbro, evidentemente in difficoltà. “Forse…”

“E’ fiato al vento” lo interruppe subito Jon con amarezza, “non cambierò idea. I miei uomini non moriranno affinché l’ennesima regina possa coronare le sue sciocche ambizioni.” Si chinò a raccogliere Lungo Artiglio.

“Aspetta!” esclamò a sorpresa Daenerys. Jon si girò a fissarla, stupito dall’udire la sua voce suonare così incrinata.

“Hai ragione” proseguì Daenerys, ora con più grinta, “è tutta colpa mia: non mi sono proposta nel modo giusto. Ti chiedo scusa.”

Jon strinse le labbra. “Non devi scusarti” rispose scuotendo la testa, “se pensi davvero quello che hai detto…”

“No!” si affrettò ad esclamare Daenerys “Voglio dire… Capisco di aver esagerato un po’…” Jon sollevò un sopracciglio. Daenerys sbatté le palpebre nervosa. “Un po’ troppo” ammise abbassando lo sguardo, “ma non avevo intenzione davvero di…”

“Davvero?!” chiese Jon incredulo “Hai minacciato la mia gente, e io non posso stringere alleanze con…”

“ASCOLTAMI TI PREGO!”

Jon si zittì, stupito dalla reazione della regina. Daenerys era quasi in lacrime. “Io non volevo” balbettò, “ma tu ti rifiutavi di ascoltarmi, non volevi neanche sentire le mie proposte.” Jon rimase in silenzio, suo malgrado colpito da quelle parole, parole sincere finalmente.

“Io non ho bisogno del Nord per sconfiggere Cersei” proseguì Daenerys, “ho già abbastanza uomini... Ma vorrei evitare una guerra lunga e sanguinosa per il bene del mio popolo. Voglio un regno unito e forte: piccoli regni indipendenti non potranno fronteggiare mai alcuna minaccia.”

Jon la stava fissando negli occhi e, per la prima volta da quando aveva messo piede alla Roccia del Drago, si scoprì d'accordo. Non è ciò che volevo io? si costrinse a pensare Un Nord unito in grado di combattere gli Estranei? E non ho forse usato anch’io minacce per convincere i bruti a seguirmi? Per il loro bene.

Daenerys stava riacquisendo coraggio. “Mi concedi una seconda opportunità?” chiese quasi timidamente. Jon sollevò lo sguardo ed annuì lentamente.

“Bene!” si intromise Tyrion battendo gioviale le mani “Meglio entrare dentro però: si ragiona meglio davanti ad una caraffa di vino.”

Jon raccolse la spada e seguì regina e Primo Cavaliere nuovamente all’interno. Questa volta entrarono in un confortevole salotto, arredato con semplicità e ben illuminato. Tyrion si sedette sulla sedia di legno accanto al camino e Daenerys sui soffici cuscini sotto all’unica finestra presente. A Jon non restò altra scelta che accomodarsi sulla panca davanti alla sovraccarica libreria.

Per qualche secondo si limitarono a scambiarsi occhiate tra il curioso e il nervoso, poi Tyrion si alzò e, accennando alla parola “vino”, si allontanò fischiettando. Rimasto solo con Daenerys, Jon non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Perché le sto dando un’altra possibilità? si chiese d’un tratto incerto.

Trascorsero altri secondi d’imbarazzo. “Jon” disse poi Daenerys. Era la prima volta che lo chiamava per nome e Jon ne rimase piacevolmente sorpreso. “Il nostro incontro non è iniziato nel migliore dei modi” proseguì la Madre dei Draghi, “e me ne rammarico, ma voglio che tu sappia che non ho mai avuto alcuna intenzione di far del male a te, a Davos e Brienne, o ai tuoi uomini. Non sono stata capace di dosare bene le parole…”

Jon strinse le labbra, indeciso sul da farsi. Alla fine optò per un passo indietro. “E io non avevo intenzione di mancarti di rispetto” disse con calma, “o di mostrarmi egoista.”

Nonostante dovresti essere tu a scusarti con me per aver pensato di poter scavalcare tutto e tutti.

Daenerys non dovette indovinare i suoi pensieri, perché sembrò rilassarsi. “Bene” disse con un sorriso visibilmente forzato, “direi di ricominciare d’accapo. Adesso io ti proporrò i termini della nostra alleanza e dopo potrai spiegare quali sono i punti che non condividi e perché. Va bene?” Jon annuì di nuovo.

“Le nostre famiglie si odiano” iniziò Daenerys alzandosi lentamente, “ma non possiamo permetterci di lasciare che questo rancore ci consumi. I Sette Regni stanno soffrendo, la guerra è durata troppo e sul Trono di Spade siede una regina spietata. Tyrion e Varys mi hanno raccontato tutto: di tua sorella, della guerra di tuo fratello e…” Daenerys esitò appena un secondo. “Dell’esecuzione di tuo padre” disse in un soffio e Jon rabbrividì.

“Non posso permettere che eventi del genere accadano ancora” continuò Daenerys, “ed ho intenzione di fermarli con o senza il tuo aiuto. Ma Cersei sta reclutando mercenari, non abbiamo idea di quanti, e il mio esercito potrebbe trovare grandi difficoltà a sconfiggere i Lannister.”

Daenerys si voltò verso la finestra, lo sguardo perso nel vuoto. “E ciò porterebbe ad una guerra lunga” spiegò con calma, “e causerebbe la morte di troppi uomini.”

Jon cambiò posizione sulla scomoda panca. “Perciò” intervenne, “vorresti il supporto del Nord per abbattere i Lannister in poco tempo e più facilmente?” Daenerys annuì. “E i soldati dell’esercito di Cersei?” chiese ancora Jon “Hai intenzione di bruciarli tutti con i tuoi draghi?”

“No” rispose Daenerys girandosi nuovamente verso di lui, “offrirò perdono e clemenza a tutti coloro che getteranno le armi.”

“E Cersei?” chiese Jon “E lo Sterminatore di Re? Li condannerai a morte?”

“Jaime Lannister ha ucciso mio padre…”

“Tuo padre era un folle.”

“Jaime Lannister ha causato la distruzione della mia famiglia!”

“Tuo fratello Rhaegar ha causato la distruzione dei Targaryen quando rapì mia zia Lyanna. Te le hanno raccontate queste storie?”

“Mio fratello era…”

In quel momento si udì qualcuno fischiettare. Tyrion entrò disinvolto nella stanza con un calice in una mano ed una caraffa di vino nell’altra. “Mi sono perso qualcosa?” chiese sedendosi “Ahh, che delizia. Oh mi dispiace non avervene portato un po’, ma avevo le mani abbastanza occupate.” Jon rise e anche Daenerys si permise un sorriso.

“Allora” disse Tyrion tra un sorso e l’altro, “di che parlavate?” Jon e Daenerys si scambiarono un’occhiata.

“Del mio piano per conquistare Approdo del Re” rispose la regina e Jon annuì soddisfatto: portare avanti la discussione sulle famiglie sarebbe stato inutile.

“Meraviglioso” assentì Tyrion, “spero sia migliore di quello che prevedeva di radere al suolo le città degli schiavisti.” Jon strinse le labbra e Daenerys arrossì lievemente. “Lo è” assicurò per poi voltarsi verso Jon. “Se accetterai di aiutarmi” continuò guardandolo negli occhi, “il Nord verrà ricompensato.”

“Come?” chiese senza giri di parole Jon. Daenerys parve colta di sprovvista e cercò il sostegno di Tyrion.

Il nano, che si stava felicemente ubriacando, quasi si strozzò nel tentativo di parlare. “Con protezione dai vostri nemici” riuscì a dire pulendosi la bocca sulla manica.

“I nostri nemici” disse serio Jon, “sono gli Estranei, e finché non accetterete il fatto che esistono non potrò aiutarvi.”

Daenerys restò in silenzio. “Jon, io credo che…” iniziò, ma Jon scattò in piedi esasperato. Si levò i guanti e sollevò la manica destra, mostrando le sottili cicatrici bianche. “Queste” spiegò, “me le sono fatte dopo essermi bruciato la mano afferrando un tizzone ardente. E sapete perché l’ho fatto? Perché un non-morto stava per uccidere il Lord Comandante.” Daenerys e Tyrion non sembravano ancora convinti.

“Io ho visto gli Estranei” proseguì Jon, “li ho combattuti, ne ho anche ucciso uno e credetemi, loro vogliono distruggere tutto questo.” Jon aveva allargato le braccia, alludendo all’intero Continente Occidentale. Ci furono attimi di quiete.

“Come sono fatti?” chiese alla fine Daenerys.

“Sono creature spietate” raccontò Jon ora più tranquillo, “fatte di ghiaccio e con gli occhi azzurri. Hanno delle lame che frantumano ogni tipo di spada, eccetto quelle di acciaio di Valyria. Sono immuni al fuoco e possono essere uccisi solo dall’acciaio di Valyria o dal Vetro di Drago.”

Jon fissò Daenerys intensamente. “Quest’isola è piena di Vetro di Drago” spiegò con amarezza, “ed è per questo motivo che avevo inviato Davos e Brienne qui: dovevano solo recuperarlo, neanche sapevamo che l’isola fosse abitata.”

Daenerys sembrava turbata. “Io non lo sapevo” si difese, “altrimenti…”

“Non importa” la interruppe Jon temendo di arrabbiarsi nuovamente.

“Cosa sono i non-morti?” si intromise Tyrion.

Jon sospirò. “Sono cadaveri umani” disse, “resuscitati dal potere degli Estranei e diventati per questo loro schiavi. Non basta colpirli e ferirli: solo il fuoco può distruggerli.” Jon fece una pausa. “I tuoi draghi sarebbero di grande aiuto quando la guerra inizierà” continuò senza staccare gli occhi da quelli di Daenerys, “e questi sono i termini dell’alleanza. Il mio esercito supporterà il tuo nella guerra per il Trono di Spade, ma in cambio voi vi unirete a noi contro gli Estranei.” Daenerys appariva pensierosa.

“Mi sembra un’ottima idea” disse Tyrion gettando il calice su un tavolino, “e un’alleanza equa.”

“Sei disposto” chiese la Distruttrice di Catene, “a rinunciare alla tua corona e a giurarmi fedeltà?”

Jon si morse a sangue il labbro. Dovrei lasciare il Nord in balìa di una regina straniera? pensò Rinunciare a tutto ciò che io e Sansa abbiamo riconquistato?

“No” rispose con decisione, “non sono disposto a deporre la mia corona e non mi inginocchierò a te.”

“Questo potrebbe essere un problema” osservò Daenerys, “per la nostra alleanza…”

“E’ vero” ammise Jon, “ma il Nord si fida di me. I lord mi hanno fatto loro re, cosa direbbero se ora consegnassi le nostre terre ad un’altra regina?”

“Direbbero che sei stato saggio” disse Daenerys, “e che li hai salvati.”

Jon scoppiò a ridere. “Non conosci il Nord” le fece notare, “non sai come funziona dalle nostre parti. Mio fratello Robb ha dichiarato guerra alla Corona piuttosto che tradire la fiducia dei suoi uomini.”

“Tuo fratello è morto” osservò con calma la regina.

Jon si alzò nuovamente. “E allora preferisco morire” disse sentendo una fitta al cuore, “per quello in cui credo.”

Come è già successo.

“Ehi ehi ehi” intervenne Tyrion, “non c’è bisogno di arrivare a misure così drastiche. E Jon, qui nessuno vuole che tu muoia.”

“Non posso concedere l’indipendenza al Nord” spiegò Daenerys, “è metà del regno, cerca di capire…”

“Capisco” ribatté Jon, “ma questo non cambia le cose. Non mi inginocchierò e non ti riconoscerò come mia regina.” Daenerys abbassò il capo.

“Daenerys” la chiamò Jon ora con più gentilezza, “i tuoi antenati non sono mai riusciti a domare il Nord, non sono mai riusciti a controllarlo completamente. La mia gente ti vedrebbe come un’usurpatrice ed alla prima occasione ti volterebbe le spalle, e quando accadrà neanch’io potrò fermarli. Lasciaci liberi e te ne saremo eternamente grati: combatteremo per te se ce lo chiederai.”

Daenerys appariva combattuta. “Ci penserò” disse alla fine e Jon sentì le sue membra rilassarsi.

“Bene” disse sorridendo, “adesso, se non ci sono altre questioni, vorrei avere il permesso di vedere Davos e Brienne.” Jon fu certo di aver intravisto un lampo di terrore negli occhi della regina.

“Ora non è possibile” disse Tyrion alzandosi, “meglio se ti accompagno nelle tue stanze.”

Jon adesso tremava di rabbia. “Sentite” disse tentando di contenersi, “ora sapete che Davos e Brienne sono innocenti: pretendo che siano liberati.”

“Jon, ti prego, non insistere” quasi lo supplicò Daenerys, “saranno rilasciati dopo che ci saremo accertati di alcune cose…”

Jon indietreggiò d’un tratto inorridito. “Cosa gli hai fatto?” chiese temendo il peggio.

Daenerys era sconvolta. “Niente!” urlò sbalordita “E’ solo che… Brienne è fuggita e noi non…”

“COSA?!” gridò Jon “Mi stai dicendo che non sai dove sia Brienne?”

“Jon, calmati” disse Tyrion, “gli uomini della regina la stanno cercando…”

“E perché dovrei credervi?” chiese Jon “Mi avete mentito. A quest’ora Brienne potrebbe essere già morta ed è tutta colpa vostra!”

Jon si mise a camminare in cerchio, cercando di placare l’ira. “Come ha fatto a fuggire?” chiese fermandosi e guardando Daenerys in faccia.

“Semplice” disse una voce alle sue spalle, “l’ho liberata io.”

Jon si voltò e vide con suo grande stupore che Davos era entrato nella stanza. Dietro di lui trotterellava un eccitatissimo Gendry.

“Non chiederti come abbia fatto ad uscire, vostra grazia” disse Davos freddamente rivolto a Daenerys, “perché la risposta potrebbe non piacerti.”

“Come stai?” gli chiese Jon sollevato dal vedere almeno l’amico sano e salvo.

“Non male, non c’è che dire” rispose il Cavaliere delle Cipolle per poi voltarsi nuovamente verso la Madre dei Draghi e Tyrion che erano rimasti paralizzati ai loro posti, “abbiamo molto di cui parlare.”

 

Arya

 

Vestire i panni di Myun era più facile di quanto si fosse aspettata. Ogni mattina si svegliava di buon’ora nella sua stanza alla locanda ed indossava i vestiti da servetta. Poi, facendo molta attenzione, applicava il volto della ragazzina preso a Braavos, accertandosi che esso aderisse bene e che celasse a dovere il suo vero aspetto. Si recava quindi a Grande Inverno per essere introdotta a lady Sansa.

La prima volta che l’aveva vista aveva dovuto lottare contro tutta sé stessa per reprimere l’impulso di abbracciarla. Sansa era diventata se possibile ancora più bella del giorno in cui Arya aveva lasciato Approdo del Re. Avevano litigato ed Arya aveva maledetto Sansa ed i suoi stupidi sogni. “Il principe Joffrey è un mostro” diceva sempre all’epoca, ma nessuno le aveva mai creduto finchè non era stato troppo tardi. E così era fuggita dalla capitale, con le immagini della lama che calava sulla testa di suo padre e Sansa svenuta ai suoi piedi impresse nella mente. Non si era mai voltata.

E ora i capelli di fiamma di Sansa erano nuovamente intrecciati secondo la tradizione del Nord, il suo viso pallido brillava splendido senza un filo di trucco ed i suoi vestiti erano tornati quelli semplici di sempre. Negli occhi azzurri della sorella Arya aveva potuto leggere un dolore senza fine, ma anche un forte desiderio di rivincita e riscatto. I suoi movimenti erano aggraziati, ma sicuri e decisi, ed il suo sguardo non era più romantico e fantasioso, bensì freddo e calcolatore.

Arya aveva subito capito che Sansa aveva elaborato il lutto in modo completamente diverso da lei. Se Arya aveva lasciato che la rabbia prendesse il posto delle lacrime ed alimentasse la sua sete di vendetta, Sansa aveva nascosto le proprie pene, divenendo sospettosa ed attenta. Ne era rimasta davvero colpita.

Come Myun, Arya aveva potuto studiare tranquillamente molti atteggiamenti della sorella, riuscendo perfino a carpirne le emozioni. Si era commossa quando Sansa si era messa a scrivere la lettera per Jon dicendo di sentire la mancanza di un fratello che, per quanto Arya ricordava, si era sempre rifiutata di considerare come qualcosa più del bastardo che aveva disonorato la loro madre. E’ cambiata, aveva pensato Arya tranquillizandosi.

Eccetto in parte per l’aspetto infatti Arya non trovava nella sorella nulla della Sansa di un tempo.

Per fortuna.

Così ogni giorno Myun raggiungeva lady Stark nelle sue stanze e l’aiutava a vestirsi. Poi Sansa si sedeva davanti allo specchio ed Arya le intrecciava i capelli. La prima volta era stata un’impresa impossibile, Arya non sapeva nemmeno da dove cominciare, ma poi le erano tornati alla mente i movimenti calmi con cui Catelyn Stark acconciava la chioma delle sue figlie. Di solito in quelle situazioni Arya era solita mettersi ad urlare e tentare di scappare e il ricordo le fece inumidire appena gli occhi.

“Stai piangendo?” le aveva chiesto Sansa con una sfumatura di preoccupazione nella voce.

Arya si era affrettata ad asciugarsi gli occhi. “Chiedo scusa” disse abbassando il capo, “ma mi torna in mente mia madre.”

Gli occhi di Sansa erano diventati enormi. “Anche a me” aveva risposto voltandosi nuovamente verso lo specchio, “mi faceva sedere sulle sue gambe e cantava delle canzoni.” E Sansa si era messa ad intonare una melodia che fece aveva fatto venire i brividi ad Arya.

Aveva avuto necessità di tutto il suo autocontrollo per non cantare quella così nota filastrocca della buona notte. “Dormi, tesoro mio” diceva sempre Catelyn dandole un bacio sulla guancia anche se Arya si seppelliva sotto il cuscino, “domani tu e Sansa farete pace, vedrai…” E invece la maggior parte delle volte avevano finito per litigare lo stesso. Ma non succederà più, aveva pensato Arya mentre finiva di intrecciare i capelli della sorella. Il risultato non era neanche così tragico e Sansa l’aveva ringraziata.

Da quel giorno l’aveva voluta sempre vicina ed Arya non avrebbe potuto sperare di meglio. Aveva modo di assistere alle riunioni e di perlustrare il castello senza destare sospetti. Le altre donne di servizio si erano abituate a lei e spesso le lasciavano anche il pranzo pronto nelle cucine.

Tara, un’allegra cuoca dalle gote perennemente arrossate, le passava di nascosto dei pani bianchi facendole l’occhiolino. “Se ti chiedono qualcosa” le aveva suggerito, “dì che sono per lady Stark.”

Così Arya poteva trascorrere l’intera giornata a Grande Inverno, senza preoccuparsi di dover tornare alla locanda all’ora dei pasti. Di solito, quando non era impegnata con Sansa, pedinava Ditocorto. Lo seguiva in tutti i suoi spostamenti, origliando anche i suoi incontri, e cercando una prova di un possibile complotto. Fino ad allora tuttavia era sempre rimasta delusa, perché Baelish non aveva compiuto azioni compromettenti.

Il quinto giorno dopo l’arrivo di Arya al castello i rappresentanti della Fratellanza senza Vessilli furono ricevuti da Sansa nella Sala Grande. La lady di Grande Inverno sedeva al tavolo di legno, l’enorme bruto che Arya aveva imparato chiamarsi Tormund al suo fianco. Arya, dal suo angolino, aveva un’ottima panoramica della situazione.

Thoros e Beric sembravano a disagio. “Mia signora” iniziò Beric tentennante ma indubbiamante educato, “è un onore fare la tua conoscenza. Sono Beric Dondarrion e lui è Thoros di Myr: veniamo da lontano con il nostro gruppo a mettere le nostre spade al servizio del Re del Nord.” Sansa fece cenno di avanzare ed Arya dovette ammettere che si era calata alla perfezione nel suo ruolo.

“Il piacere è mio” rispose Sansa, “ma ditemi, perchè volete giurare fedeltà a mio fratello?”

Thoros fece una smorfia. “Io sono solo un prete” disse portandosi una mano al petto, “ma posso dirti che siamo nemici dei vostri nemici.” Arya pensò che fosse un po’ vaga come risposta.

“E perché?” chiese infatti Sansa “Come mai non siete dalla parte di Cersei Lannister o Daenerys Targaryen?”

“Io conoscevo tuo padre, mia signora” spiegò Beric, “e fu lui a concedermi l’autorità di formare un gruppo di guerrieri. L’intenzione originale era quella di catturare Gregor Clegane, ma abbiamo fallito. Dopo la salita al Trono di Joffrey siamo diventati dei fuorilegge e abbiamo tentato di vendicare i contadini ed i poveri che subivano ingiustizie.”

“Abbiamo anche ucciso qualche Frey” aggiunse Thoros, “per quello che hanno fatto alle Nozze Rosse.” Arya ripensò a quella terribile notte e al cadavere di Robb con la testa di Vento Grigio al posto della propria. Le venne da vomitare.

Anche Sansa appariva scossa. “Molto bene” disse infatti con voce che tentava di mascherare il turbamento, “dato che il Re del Nord è in viaggio, accetterò io i vostri giuramenti…” Thoros e Beric giurarono solennemente e si dissero responsabili delle azioni della Fratellanza senza Vessilli.

Alla fine stavano per uscire dalla Sala, quando Thoros si voltò indietro. Fissò Sansa dritta negli occhi. “C’è un motivo che ci spinge così a Nord” disse, “il Signore della Luce me l’ha mostrato. Non potete sperare di sconfiggere gli Estranei da soli: avrete bisogno di tutto il sostegno possibile.”

Sansa rimase a bocca aperta, mentre Tormund il bruto si protendeva sulla sedia. “Quindi almeno voi ci credete agli Estranei!” esclamò sgranando gli occhi.

“Sì, amico mio” rispose stancamente Thoros, “purtroppo sappiamo che sono veri…”

Detto questo, i due si allontanarono e Sansa sospirò profondamente. “Quanto credi ci possiamo fidare di loro?” chiese rivolgendosi a Tormund.

“Sono i primi ad essere già al corrente dell’esistenza degli Estranei” fece notare il bruto, “almeno hanno dimostrato di essere dalla nostra parte.”

“Hai ragione” ammise Sansa, “ma io non credo sia saggio concedere loro troppo potere, almeno per ora…”

“Sansa!” esclamò una ragazza correndo nella Sala, i capelli biondo-miele che le ondeggiavano intorno al viso.

“Cosa succede, Alys?” chiese Sansa alzandosi. Arya, grazie ad un incredibile sforzo di memoria, capì che quella doveva essere Alys Karstark.

“C’è un uomo all’ingresso” spiegò Alys concitatamente. “Un uomo strano, anche abbastanza brutto, e vuole parlare con te.”

“Adesso non posso” rispose Sansa, “tra poco è l’ora della riunione del Concilio Ristretto…”

“E’ molto impaziente” insistette Alys, “dice che non se ne andrà finchè non l’avrai ricevuto. Anzi, per usare le sue parole, non abbandonerà questo cazzo di castello.

Tormund scoppiò a ridere mentre Sansa si diresse verso la porta. “Bene” disse rassegnata, “Alys, portami da lui. Myun, vieni con noi…” Arya seguì sua sorella, felice dell’invito.

Lungo il tragitto Sansa camminava a passo spedito ed Arya notò che Alys faceva fatica a starle dietro. Quando giunsero al portone che dava sulla stradicciola ricoperta da neve sporca, Sansa si fermò bruscamente evidentemente vittima di una forte emozione. Arya seguì il suo sguardo e mise a fuoco la persona che si ergeva nella foschia mattutina.

“Ciao, uccelletto” disse il Mastino rivolto a Sansa ed Arya provò l’irrepellente bisogno di prenderlo a pugni.

Che cosa è venuto a fare?

Sansa era rimasta a bocca aperta, mentre Alys, chiaramente estranea alla situazione, si muoveva a disagio. “Tu... tu…” iniziò Sansa avvicinandosi di un passo “Cosa ci fai qui?”

Il Mastino ghignò. “Volevo fare un salutino” rispose con la sua caratteristica voce rauca.

Sansa scosse la testa. “Dove sei stato tutto questo tempo?” chiese ancora tormentandosi le mani guantate.

“In giro” rispose vago Sandor Clegane, “a uccidere gente, pestare altra gente, cose così…”

“Sei disgustoso” disse Sansa senza sembrare affatto disgustata. Poi sospirò. “Brienne mi aveva detto di averti sconfitto” raccontò stringendo gli occhi a fessura, “di averti ucciso…”

“Nah” disse il Mastino, “non mi faccio uccidere dalle femminucce.”

“Sai qualcosa di mia sorella Arya?” chiese all’improvviso Sansa ed Arya sussultò sentendosi chiamata in causa “Eri con lei quando hai combattuto con Brienne, sai dov’è andata?” Arya strinse le labbra: si era raccomandata con ogni singolo membro della Fratellanza di non fare mai per nessuna ragione il suo nome, ma il Mastino non era certo rinomato per la sua affidabilità.

“Che cazzo vuoi che ne sappia io?!” esclamò a sorpresa Sandor “Quel piccolo demonio sarà arrivato dall’altra parte del mondo a quest’ora, sempre che non sia già morta.” Sansa si lasciò scappare un singhiozzo ed Arya la fissò stupita.

“Va tutto bene” disse Sansa ad Alys che le si era avvicinata per confortarla, “solo un momento di stanchezza.”

“Sono sicura che sia viva” la consolò Alys, “me la ricordo bene, è sempre stata una combattente.” Arya si concesse di sentirsi onorata del complimento.

“Mi ha parlato di te, sai, uccelletto” continuò il Mastino e sia Sansa che Arya sollevarono il viso nella sua direzione. “Mi ha detto che le mancavi e che le era dispiaciuto lasciarti ad Approdo del Re. Voleva uccidere quel figlio di puttana di Joffrey per te.” Stavolta fu Arya a rimanere esterrefatta. Io non ho mai detto nulla! pensò cercando un contatto visivo con il Mastino che però aveva occhi solo per Sansa.

La lady di Grande Inverno del canto suo era profondamente commossa. Per una manciata di secondi neanche il più fievole suono fendette l’aria. “Grazie” mormorò alla fine Sansa, “per tutto quello che hai fatto per me e per mia sorella.”

Il Mastino addirittura sorrise. “Di niente, uccelletto” rispose, “ma ora vorrei chiedere ospitalità: è difficile vivere nelle locande senza incorrere in qualche rissa e vorrei un po’ di tranquillità.”

Sansa si ricompose all’istante. “Naturalmente” rispose con voce ponderata, “Myun, lui è Sandor Clegane, un mio vecchio… amico, lo accompagni tu nella sua stanza? La prima a destra del corridoio del secondo piano credo sia libera. Ala ovest, mi raccomando…”

Arya annuì compostamente e fece cenno all’ignaro Mastino di seguirla. Lo condusse attraverso i corridoi che conosceva come le sue tasche fino alla stanza indicata da Sansa. Poi entrò con lui e sbarrò la porta. Sandor la stava fissando con sguardo ironico.

“Cosa vuoi fare, ragazzina?” chiese sarcastico “Tenermi compagnia?”

Arya non rispose, limitandosi a sfilare il volto della servetta. L’espressione del Mastino cambiò da divertita ad incredula fino a quasi spaventata. Poi evidentemente la riconobbe.

“Arya!” esclamò visibilmente impressionato “Cosa cazzo hai fatto?”

“Ho cambiato volto” rispose Arya tranquilla sedendosi su una sedia, “te l’avevo detto che ne sono capace.”

“E cosa pensi di fare?” insistette Sandor “Andare in giro a fare la sguattera?”

Arya scoppiò a ridere. “Ho trascorso settimane a lavare cadaveri alla Casa del Bianco e del Nero” osservò, “credo che pulire qualche pavimento non mi ucciderà. Voglio poter spiare mia sorella in pace.”

“Ma perché?” chiese il Mastino “L’hai vista come è preoccupata per te, vai ad asciugare le sue lacrime come fanno le brave sorelline.”

Arya gli lanciò una scarpa. “E tu perché sei venuto?” si informò mettendo i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani.

Sandor sbuffò rumorosamente. “In questa merda di stanza non avete neanche una goccia di vino?” chiese guardandosi intorno. “Puoi ubriacarti dopo” tagliò corto Arya, “rispondi alla mia domanda.” Sandor sbuffò se possibile ancora più sonoramente.

“Sto aspettando” lo incalzò Arya.

“Ho paura per Sansa, va bene?” sbottò il Mastino cedendo all’improvviso “Credo che non sia al sicuro con Baelish intorno e adesso che posso voglio darle una mano.”

Arya annuì. “Bene” disse alzandosi di scatto in piedi, “allora siamo dalla stessa parte.” Portò un mano alla maniglia per uscire, ma con orrore sentì delle voci provenire da fuori.

“Nessun problema, mio signore” stava dicendo qualcuno oltre la spessa porta di legno, “questa camera è vuota…”

Prima che Arya se ne rendesse conto il Mastino l’aveva afferrata tappandole la bocca con una mano e portandola nella stanzetta da bagno adiacente. “Zitta” mormorò chiudendo la porta e Arya accostò l’orecchio per sentire meglio.

“Sei sicuro che nessuno viene qui, Royce?” stava chiedendo in tono contenuto un uomo.

“Certamente, lord Baelish” rispose quello che doveva essere Royce ed Arya sentì il sangue ribollirle nelle vene al nome di Ditocorto e anche Sandor al suo fianco si era irrigidito.

“Qual è il piano?” chiese Royce abbassando ulteriormente la voce.

“Lord Robin Arryn non apprezza l’evolversi della faccenda nel Nord” spiegò Baelish probabilmente camminando avanti e indietro nella camera, “e non ha intenzione di appoggiare un sovrano illegittimo al posto di sua cugina.”

“Naturale, mio signore” disse in tono servile Royce. “Cosa ne pensa lady Sansa di tutto ciò?”

“Lady Sansa è confusa” disse Baelish, “non sa quello che vuole, ma sono sicuro che ci ringrazierà quando la metteremo davanti al fatto compiuto…” Arya sentì la mano pruderle dalla voglia di prendere Ago e farla finita, ma il Mastino le bloccò il polso per evitare di farle fare sciocchezze.

“Quindi” stava sussurrando Royce, “intendi organizzare una congiura?”

“Niente spargimenti di sangue non necessari, è ovvio” lo tranquillizzò Ditocorto, “ma dobbiamo mettere fine a questo regno il più presto possibile. Jon Snow è una minaccia non solo per il Nord ma anche per la Valle, con quel suo esercito di bruti e le favolette sugli Estranei. Dobbiamo agire. Contatta tutti gli alfieri di Robin e dì loro di essere pronti: il Nord è debole e non potrà resistere ai nostri Cavalieri della Valle.”

“Ed i lord che hanno giurato fedeltà a Jon Snow?” chiese Royce poco convinto.

“Ci appoggeranno” spiegò deciso Baelish, “quando capiranno che l’unica cosa che vogliamo è vedere sul loro trono la vera erede di Eddard Stark. Nel frattempo li lasceremo ovviamente all’oscuro di tutto.”

“E Jon Snow?” chiese ancora Royce ed Arya strinse la mano intorno all’impugnatura di Ago così forte da ritrovarsi dei dolorosi segni rossi sul palmo.

“Jon Snow è lontano” disse Baelish con sufficienza, “e non potrà intervenire. Cacceremo i suoi bruti nuovamente oltre la Barriera dove è il loro posto e semmai Daenerys Targaryen dovesse farlo ritornare a Nord vivo organizzeremo un piccolo incidente. Mi sono spiegato?”

“Certo, mio signore” rispose pronto Royce.

“Bene” disse Baelish battendo le mani, “e ora andiamo al Concilio: non dobbiamo destare sospetti.”

I loro passi si persero lontani e la porta della stanza sbattè nuovamente. Solo dopo qualche secondo Arya trovò la lucidità per sollevare il viso e incontrare lo sguardo dI Sandor.

“Credo che abbiamo un problema.”

 

Davos

 

A Davos era quasi dispiaciuto dover interrompere quell’amabile riunione, ma la questione si era spinta troppo oltre. A un suo cenno Gendry aveva annuito e insieme avevano fatto irruzione nella stanza provocando le esclamazioni di sorpresa di Daenerys e Tyrion. Jon si era voltato incredulo e Davos aveva potuto scorgere il sollievo nei suoi occhi.

Quando qualche minuto prima qualcuno aveva bussato alla porta della sua prigione, Davos non avrebbe mai creduto di vedere una faccia diversa da quella di Verme Grigio, il fedelissimo e incorruttibile Immacolato di Daenerys. E invece si era ritrovato davanti l’ultima persona al mondo che si sarebbe aspettato di rivedere. Perfino scorgere nel fumo il fantasma di Stannis gli sarebbe sembrato più verosimile. Ci aveva messo qualche secondo per convincersi che il ragazzo che gli stava di fronte fosse davvero Gendry.

“Ser Davos?” lo aveva chiamato il giovane “Mi riconosci?” Davos avrebbe voluto ridere fino a farsi mancare il fiato e invece aveva annuito.

“Gendry” lo aveva salutato, “cosa diamine ci fai qui?”

Il ragazzo aveva scrollato leggermente le spalle. “Sono con Jon Snow” aveva risposto indicando la porta, “sono il suo scudiero.”

Davos aveva sgranato gli occhi dalla sorpresa. “E da quando?” aveva chiesto stupito “Dove sei stato tutto questo tempo?”

“A Porto Bianco” aveva spiegato Gendry con gli occhi che brillavano, “ma ora ci sono altre cose a cui pensare: devo farti uscire di qui.”

“Piuttosto, come hai fatto ad entrare?” aveva osservato divertito il Cavaliere delle Cipolle.

“Dicendo che mi mandava la regina” aveva tagliato corto Gendry. “Stranamente mi hanno creduto. Ma temo dovremo ricorrere a maniere drastiche per uscire.” E aveva estratto una mazza di legno. Davos l’aveva osservata a lungo.

“Va bene” aveva assentito, “ma non troppo forte.”

Un minuto dopo stavano correndo sulle scale del palazzo dopo aver tramortito Verme Grigio e le altre due guardie. Davos aveva osservato Gendry assestare un paio di ottimi colpi, abbastanza potenti da indurre uno svenimento, ma non abbastanza forti da provocare seri danni.

“Dov’è Jon?” aveva urlato Davos mentre correvano.

“Con la regina penso” aveva spiegato il ragazzo, “lord Tyrion mi ha detto di aspettare mentre portava Jon al cospetto di Daenerys.”

“Chi è con lui?”

“Nessuno” aveva proseguito Gendry, “è un storia abbastanza complicata, ma diciamo che tutti gli uomini della scorta sono morti…”

Cosa?!” aveva eslcamato Davos fermandosi di colpo con il fiatone “Mi stai dicendo che è da solo con quell’arpia?” Gendry aveva annuito, probabilmente senza rendersi conto delle implicazioni di tutto ciò e Davos aveva ripreso a correre alla cieca.

Merda.

Per fortuna i corridoi erano scombri da scomode sentinelle e i due avevano raggiunto in fretta la sala dove stava avvenendo la riunione. “Siamo stati fortunati” aveva bisbigliato Davos indicando la porta socchiusa, “ci sono almeno dieci sale come questa, eppure abbiamo trovato quella giusta al primo colpo.”

Si erano quindi messi ad origliare e a ogni parola carpita Davos aggrottava la fronte mentre Gendry spalancava a dismisura gli occhi azzurri. Dopo il grido di Jon che era giunto nitido alle orecchie delle due spie, Davos si era convinto ad intervenire.

“E’ il momento” aveva mormorato poggiando le mani sulla porta e tenendosi pronto. Gendry per istinto si era stretto ancora più saldamente alla sua mazza. E si precipitarono dentro. "Semplice" disse Davos rispondendo alla domanda di Jon su Brienne, "l'ho liberata io."

Trascorsero alcuni attimi di puro e tangibile stupore. Poi Davos adocchiò il cipiglio nervoso e confuso della regina.

“Non chiederti come abbia fatto ad uscire, vostra grazia” l’avvertì sarcastico, “perché la risposta potrebbe non piacerti.”

Jon lo stava fissando sorridendo. “Come stai?” gli chiese con la voce lievemente incrinata.

“Non male non c’è che dire” rispose Davos molleggiando la testa. Poi tornò a fissare con odio Daenerys e Tyrion che restavano ancora immobili. “Abbiamo molto di cui parlare” concluse chiudendo la porta alle sue spalle.

Daenerys sembrava incapace di articolare verbo, mentre Tyrion stava visibilmente tentando di dare forma ad un qualche discorso in grado di riportare l’equilibrio. “Perfetto” disse infatti il nano, “ora che ci siamo tutti possiamo procedere. Davos e… Gendry, vero? Vi invito a sedervi.” Davos prese posto sulla panca vicino a Jon mentre Gendry sprofondò nei cuscini del divano.

“Come vi avevo già detto” iniziò Jon, “Davos e Brienne sono venuti alla Roccia del Drago solo e unicamente per recuperare il Vetro di Drago, quindi non potete incomparli.” Davos dovette dedurre che Jon avesse già accennato al problema degli Estranei e si chiese come la Madre dei Draghi l’avesse recepito. Non bene presumo, si ritrovò a pensare.

“Credo che su questo ormai siamo d’accordo” intervenne Daenerys, “il problema ora è trovare Brienne. Magari se ser Davos fosse così gentile da dirci come ha fatto a farla fuggire…”

Jon aveva stretto la mano a pugno e Davos riusciva a percepire la sua frustazione. Decise di rendersi utile. “Attraverso un passaggio segreto” disse senza entrare nei dettagli, “le ho suggerito di prendere una barchetta e tornare sul Continente.”

“L’isola è stata battuta” osservò Tyrion, “e di Brienne non vi sono tracce. Quindi deve essersi allontanata in qualche modo, ma di sicuro non con una barchetta: non ne manca nessuna all’appello…” Davos si lasciò sfuggire una mezza esclamazione di sorpresa.

“E allora dov’è?” chiese Jon impaziente.

“Quello stesso giorno sono salpate molte navi” spiegò Daenerys, “può essere salita di nascosto su una di queste.”

“Dove erano dirette?” chiese Davos a bruciapelo.

Daenerys lo fissò a lungo negli occhi. “Sono informazioni riservate” disse infine.

Davos aveva voglia di battere il pugno da qualche parte, ma sfortunatamente davanti a lui non c’era alcun tavolino. “C’è di mezzo la sicurezza di una persona” sibilò lottando per contenere l’ira, “dobbiamo sapere dove sono dirette.”

“Davos, calmati” disse Jon posandogli una mano sul braccio, “sono certo che Daenerys e Tyrion si dimostreranno collaborativi…” Daenerys ed il Folletto si guardarono per qualche istante, poi Tyrion annuì.

“Vecchia Città” rispose Daenerys con voce atona, “e Porto Bianco.”

Jon aveva fatto un movimento brusco con la mano della spada. “Porto Bianco?” chiese con voce velatamente minacciosa “Hai intenzione di invadere il mio regno mentre sono qui a parlare con te?”

“No” rispose tranquilla Daenerys, “in realtà ho inviato i miei uomini a proteggere Porto Bianco da un possibile attacco di Euron Greyjoy.”

Jon non sembrava convinto. “Non pensi che ci siano già dei miei soldati a proteggere la città?” chiese con tono inquisitorio.

“Non lo metto in dubbio” replicò la regina, “ma contro Euron non basteranno: come ti ho già detto sta assoldando dei mercenari.”

“L’abbiamo notato” si lasciò sfuggire Gendry prima che Jon potesse fulminarlo con lo sguardo.

Tyrion aveva voltato la testa, come improvvisamente interessato alla polvere accumulatasi sugli scaffali, mentre Daenerys inarcava le folte sopracciglia. “In che senso?” chiese spostando gli occhi da Jon a Gendry e viceversa.

Jon sospirò. “Durante il viaggio” raccontò, “siamo stati attaccati da una nave di Euron.” Davos se l’aspettava, ma Daenerys strabuzzò gli occhi. “Hanno ucciso tutti gli uomini della mia ciurma” proseguiva Jon, “tranne me e Gendry. Ma alcuni degli aggressori non erano Uomini di Ferro, assomiglivano più a combattenti di Essos. E’ molto probabile che fossero mercenari.”

“E come ne siete usciti vivi?” chiese Daenerys sbigottita.

“Grazie a Rhaegal” rispose Jon semplicemente, “come ti avevo già detto.”

Rhaegal? si chiese Davos Chi è Rhaegal?

Ma la Madre dei Draghi aveva compreso perfettamente. “Il mio drago?” chiese con una punta di rabbia nella voce. Jon annuì stancamente e Davos fischiò.

“E’ venuto lui” spiegò Jon, “e ha incendiato la nave nemica. Non credo ci siano superstiti…”

“C-come è possibile?” balbettò Daenerys “I miei draghi rispondono solo a me…” Davos non poté reprimere un sorrisetto compiaciuto al ricordo delle parole arroganti che Daenerys gli aveva rivolto durante il loro primo incontro. E così credevi davvero di poterli controllare? pensò, soddisfatto da questa evoluzione inaspettata dei fatti.

“Non ho idea del perché sia venuto” stava dicendo in quel momento Jon, “però ci ha salvato la vita.” Daenerys si passò una mano sul viso.

“Non fa niente” si intromise Tyrion, “l’importante è che almeno voi siate vivi.”

Davos era convinto che la regina la pensasse in maniera molto diversa, tuttavia non volle infierire. “Jon” disse quindi per cambiare argomento, “devo quindi dedurre che hai spiegato il problema degli Estranei?”

Jon annuì di nuovo. “Sì, Davos” affermò girandosi poi verso la regina ed il Primo Cavaliere, “siamo giunti ad un accordo che credo sia abbastanza equo. Noi supporteremo Daenerys nella sua conquista e lei ci aiuterà contro gli Estranei. Cosa ne dici?”

Dico che non dovremmo fidarci, che dovremmo contare sulle nostre sole forze. “Mi sembra un’ottima idea” disse invece, “l’importante è essere pronti, perché non si sa con esattezza quando e come attaccheranno.”

“Quindi ora che si farà?” chiese Gendry impaziente.

“Resteremo qui per un po’” disse Jon voltandosi verso Daenerys in cerca di approvazione, “per determinare con esattezza i termini dell’alleanza e recuperare il Vetro di Drago, poi noi torneremo a Nord. Raduneremo un esercito e marceremo sulla capitale dove verremo raggiunti dalle truppe di Daenerys.”

Davos vedeva troppe falle in quel piano. “E se gli Estranei attaccano mentre noi siamo a Sud?” chiese storcendo il naso.

“Lasceremo una consistente guarnigione alla Barriera” precisò Jon, “e una più piccola a Grande Inverno. Se gli Estranei attaccheranno il nostro esercito tornerà subito a Nord.”

“Qui c’è un altro problema” osservò Tyrion, “i corvi. Se si perdono così facilmente nelle tormente sarà difficile tenersi in contatto con il Nord.”

“Questo è l’inverno” fece notare Jon, “ma da noi la gente è abituata: troveremo soluzioni migliori.”

“La spada!” esclamò a un certo punto Davos “Giuramento, la spada di Brienne… Dov’è?”

Daenerys parve essere colta di sorpresa. “Nel tesoro” rispose confusa, “ma è così importante?”

“E’ acciaio di Valyria” spiegò Davos alzando gli occhi al cielo, “può uccidere gli Estranei.”

“E’ vero” ammise Daenerys, “non ci avevo pensato. Vorrà dire che manderò qualcuno a prenderla.”

“E Brienne?” chiese Davos sollevando un sopracciglio, “Vi siete già dimenticati di lei?”

“Abbiamo già detto che i miei uomini la stanno cercando” replicò Daenerys alzando la voce, “scriverò delle lettere ai comandanti delle navi dicendo loro di perlustrare le imbarcazioni.”

“E poi?” la provocò Davos “La costringerai a tornare sull’isola?”

Daenerys si morse il labbro. “Sarà libera di andare dove desidera” sussurrò infine, “o dove Jon deciderà di mandarla.” Davos accavallò le gambe accarezzandosi la barba inspida. Trascorsero attimi in cui l’unico rumore nella stanza era provocato dalle dita annoiate di Gendry che tamburellavano sul legno.

Poi Daenerys si alzò. “Avevo fatto preparare stanze per oltre venti uomini” osservò con un sospiro stanco, “ma ora credo proprio che tre siano sufficienti. Tyrion ve le mostrerà: riprenderemo il discorso domani.” Jon, Gendry e Davos si alzarono, subito imitati da Tyrion, che barcollava per il troppo vino. Il nano fece un cenno con la testa in direzione di Daenerys, ma Jon si incamminò verso la porta senza una parola.

Davos, tuttavia, ci teneva a dire una cosa. “Quel tuo soldato, Verme Grigio” disse con finta noncuranza, “credo abbia bisogno di un maestro.” Davanti all’espressione confusa della Madre dei Draghi dovette nascondere un sorriso, affrettandosi in ogni caso ad uscire.

Adesso era il Folletto a guidare la fila, nonostante si reggesse a stento in piedi. “Non dovete vedere Daenerys come una che vuole imporre il suo potere con la forza” borbottò Tyrion con voce rauca, “potrà sembrare spietata, ma è solo fragilità.”

Jon scosse la testa. “Ha parlato di uccidere migliaia di persone innocenti” osservò freddamente.

“Non intendeva davvero questo” rispose Tyrion, “lei usa spesso le minacce per ottenere ciò che vuole. Minacce che mai metterebbe in atto.”

“E allora come posso fidarmi di lei?” chiese Jon mentre iniziavano a scendere le scale “Come posso capire quando dice sul serio o quando invece minaccia a vuoto?”

“Non puoi” rispose a sorpresa Tyrion, “ma non preoccuparti, io sono qui per questo.”

Grandioso, pensò Davos irritato, il nostro unico alleato è un nano ubriaco.

Jon tuttavia sembrava combattuto. “Tyrion, io…”

“Ti fidi di me?” chiese il Folletto a bruciapelo voltandosi verso il Re del Nord.

“Sì” rispose Jon abbassando la testa.

Tyrion annuì. “Bene” disse riprendendo a camminare, “allora saprai che non ho mai desiderato la distruzione della tua famiglia o del Nord.”

Ma quella di Stannis sì.

“Sarò presente a tutte le riunioni” continuò Tyrion, “e vi aiuterò ad ottenere un’alleanza normale. O almeno a far cambiare idea alla regina se le venisse in mente di farvi arrostire dai suoi draghi. Ah, eccoci arrivati…”

Si fermarono davanti ad una porta di legno chiaro con un pomello d’ottone. Tyrion l’aprì e si ritrovarono in un corridoio nel quale Davos, in tutti i suoi anni trascorsi alla Roccia del Drago, non era mai entrato. Lungo le pareti scarsamente illuminate si aprivano numerose porte.

“Davos e Gendry, voi starete qui” spiegò Tyrion. “Jon, tu avrai una stanza allo stesso piano di quelle mie e della regina.”

“Con tutto il rispetto per la generosità della regina” intervenne Jon, “preferisco alloggiare qui anch’io.”

Tyrion, che sicuramente se l’aspettava, sorrise. “Ottimo” assentì avviandosi verso la porta da dove erano entrati, “allora vi lascio. Nelle camere troverete degli abiti puliti e se avete bisogno dell’acqua calda basta che suoniate il campanello. Credo di avervi detto tuttto… Ah no, la cena sarà stasera nella Sala della Roccia, Davos saprà sicuramente dov’è, quando suonerà il gong.” Tyrion ammiccò e scomparve.

Jon e Davos si fissarono. “Gendry” chiamò Jon, “scegliti una camera e va’ a riposarti: è stata una giornata estenuante.” Gendry fece spallucce, accennò un saluto ed entrò nella prima stanza di destra.

Davos allacciò le mani dietro la schiena. “Che te ne pare di lei?” chiese scrutando l’espressione di Jon. “E’ terribile” rispose lui con voce grave, “è disposta a tutto per raggiungere il suo obiettivo, ma allo stesso tempo si preoccupa per la gente comune. Mi fido di Tyrion: se lui crede in lei, allora Daenerys è qualcosa più di una ragazzina presuntuosa.”

“Come puoi fidarti del Folletto?” chiese Davos guardando Jon negli occhi “Alla Battaglia delle Acque Nere è stato lui ad ideare il trucco dell’Altofuoco.” Davos ricordò Mathos venire buttato in mare dalla potenza dell’esplosione e strinse i pugni.

“Difendeva la sua città” osservò Jon, “non è che avesse molta scelta. Adesso però dobbiamo fidarci di lui, almeno di lui, altrimenti non usciremo vivi da qui.”

“Daenerys è pericolosa” disse Davos con odio e Jon annuì. “E’ vero” disse tristemente, “ma ora siamo nel suo territorio e non possiamo permetterci di sbagliare: un errore e il Nord è finito, noi siamo finiti.”

Davos osservò Jon attentamente, scoprendolo pallido ma deciso. Il Cavaliere delle Cipolle invece stava riscoprendo un’emozione che credeva di aver abbandonato sulla nave che era affondata nella baia delle Acque Nere: la paura.

 

Yara

 

Secondo un’antica leggenda su una nave in mare aperto non esistono differenze fra uomini e donne, tutti devono saper combattere come ricucire le vele. Yara era cresciuta credendoci fermamente e aveva sempre come minimo morso chiunque affermasse il contrario. Il mare era stato la sua culla, il seno a cui attaccarsi, l’abbraccio in cui perdersi e Yara non avrebbe mai potuto concepire una vita lontana dal suo elemento.

L’aveva detto a Theon quando aveva preso Grande Inverno, l’aveva supplicato di ritornare alle Isole di Ferro, ma lui non le aveva dato retta. Ed ora suo fratello era più morto che vivo.

Durante tutta la sua vita era sempre stata gelosa della sua Vento Nero ed aveva scelto l’equipaggio con attenzione per evitare spiacevoli ammutinamenti: la sua ciurma l’avrebbe seguita fino in capo al mondo. Adesso la sua nave era carica di gente straniera.

Yara sospettava che i dorniani non avessero mai visto una flotta prima di allora e le loro continue domande curiose la irritavano non poco. Non poteva neppure contare sul supporto di Theon che come suo solito trascorreva le giornate chiuso in cabina. Uno di questi giorni, pensò una mattina irata dopo l’ennesimo tentativo fallito di far uscire suo fratello dalla tana, sfonderò quella cazzo di porta con la mia ascia e gliela pianterò in testa. Sapeva benissimo che non l’avrebbe mai fatto, ma anche solo pensarlo l’aiutava a calmarsi.

Quella mattina fu raggiunta sul ponte dalla Serpe che aveva deciso di seguire il suo esercito, ma di cui Yara aveva già dimenticato il nome. Aveva i capelli corvini tagliati corti e indossava un abito non proprio adatto a un viaggio sul mare, uno di quelli tutto fronzoli e merletti.

La ragazza dovette percepire la sua perplessità perché scoppiò a ridere. “In caso di attacco” confidò alzando la gonna e mostrando i pantaloni, “c’è sempre la seconda opzione. Tu sei Yara, vero?” Yara annuì.

“Io sono Tyene” disse la Serpe anticipando qualunque domanda di Yara, “è normale che non ti ricordi il mio nome, non abbiamo mai parlato.”

“E allora come fai a ricordare il mio?” chiese Yara sollevando appena un sopracciglio.

Tyene ridacchiò, una risata vagamente mascolina. “Tutti su questa nave lo conoscono” spiegò appoggiando i gomiti sul parapetto e fissando l’orizzonte. “E’ la seconda volta che salgo su una nave: è una strana sensazione.”

“Non avete navi a Dorne?” chiese Yara rifiutandosi di sforzare la mente per trovare una risposta che in quel momento le sfuggiva.

“La regina Nymeria le incendiò tutte” raccontò Tyene, “per evitare che il suo popolo si allontanasse dalla nostra terra.” Yara fece una smorfia. Non aveva mai sopportato l’idea di popoli che potessero vivere senza il ponte di una barca sotto i piedi e aveva per questo da sempre diffidato dei dorniani.

“Adesso però” stava continuando Tyene, “stiamo dimostrando di saper navigare. Magari col tempo diventeremo perfino più abili di voi.”

Questa volta fu Yara a ridere. “Buona fortuna” disse voltandosi per tornare sotto coperta.

“Aspetta” la richiamò indietro Tyene, “vorrei parlarti…” Yara strinse le labbra e si obbligò a calmarsi per evitare di perdere il controllo. “Voglio sapere solo una cosa” disse Tyene avvicinandosi, “qual è il piano?”

Yara la fissò negli occhi. “Abbiamo degli ordini” osservò, “dobbiamo raggiungere Porto Bianco e...”

“Certo, certo” tagliò corto la Serpe, “so cosa ha detto Daenerys.”

“E allora non capisco la tua domanda” sbuffò Yara irritata.

“Mi chiedevo” disse Tyene, “cosa avessi intenzione di fare tu.”

Yara corrugò la fronte. “Abbiamo un piano” disse incerta.

“Un piano che fa schifo” disse senza giri di parole Tyene, “lo sappiamo entrambe che Euron non attaccherà mai Porto Bianco: la nostra presenza là sarebbe inutile.”

“Tu non conosci mio zio” le fece notare Yara mettendo le mani sui fianchi, “con lui non si può ragionare come si fa con i comuni mortali.”

“Può darsi” concesse Tyene, “ma Euron non potrà mai attaccare Daenerys o Porto Bianco se noi lo fermeremo prima…”

Yara ne aveva abbastanza. “Stammi bene a sentire” disse con decisione, “questa è la mia nave e io prendo ordini solo dalla regina. Euron non è un deficiente, si aspetta un attacco e non si farebbe trovare impreparato. Se proprio vuoi portare il tuo esercito in una missione suicida vallo a dire al tuo comandante.”

“Benjameen è un idiota” replicò freddamente Tyene, “non mi ascolterebbe mai.”

“Allora forse non è così idiota” insinuò Yara con un sorrisetto. Tyene era rossa dalla rabbia. Aveva portato la mano al coltello che aveva alla cintura e Yara si vide costretta a imbracciare la sua ascia. Passarono secondi di tensione durante i quali nessuna delle due parlò od osò anche solo muoversi. Poi entrambe scoppiarono in una fragorosa risata.

“Pensavo facessi sul serio” ammise Tyene, “sarebbe stato un peccato ucciderti.”

Yara ripose l’arma e si riaggiustò il corpetto grigio scolorito. “Dunque” disse guardandosi le dita delle mani che armeggiavano coi lacci, “cosa dicevamo?”

“Che…”

“Ovvio” la interruppe Yara con un gesto della mano senza alzare lo sguardo, “il piano pazzo. Non credi che limitarci a fare quello che Daenerys ci ha detto di fare sia una buona idea?”

“Non serviamo a niente a Porto Bianco” insistette Tyene, “la vera guerra è altrove. E se Euron attaccasse la Roccia del Drago mentre noi siamo in vacanza?”

Yara dovette ammettere che in parte aveva ragione. “E’ vero” ammise, “ma magari il controllo del Porto favorirà l’alleanza fra la regina e il Nord.” Tyene non sembrava convinta.

In quel momento sopraggiunse sua madre, Ellaria Sand. Yara, fin dal primo monento che l’aveva vista, aveva sempre considerato Ellaria come una donna di una bellezza particolare e selvaggia, propria di una personalità forte e indipendente. Quella mattina Ellaria indossava un abito blu-notte con una cinta d’oro in vita e pendenti della stessa tonalità. Portava trucco nero sugli occhi ed i capelli ricci lunghi fino alle spalle erano lasciati sciolti.

“Madre” la salutò Tyene, “lei è Yara, credo tu sappia chi sia.”

Ellaria annuì, rivolgendo a Yara uno sguardo calcolatore. “Molto piacere” si sforzò di borbottare lei ed Ellaria fece una specie di sorriso. Yara odiava le persone false e bugiarde e vedere quell’espressione di sufficienza sul volto di Ellaria Sand le fece andare il sangue al cervello.

“Di cosa stavate parlando?” chiese Ellaria in tono indagatorio.

“Niente di importante” intervenne Tyene, “Yara mi raccontava del Nord.” Yara non poté far altro che ammirare l’abilità con cui Tyene aveva rapidamente cambiato argomento.

“Oh certo” disse Ellaria, “e dimmi Yara, voi a Nord avete i Giorni del Sole?” Yara scosse la testa.

“Sono delle giorante in cui si festeggia la fine dell’inverno” spiegò Tyene sorridendo, “a Dorne tutti scendono per le strade e si danza, si canta e ci si ubriaca. La gente spera che il sole possa ridare alla pelle un colorito più scuro dopo che questa è diventata pallida durante l’inverno.”

Yara sorrise. “Da noi nemmeno si riconosce la fine dell’inverno” raccontò, “l’acqua del mare è sempre gelida, il cielo è sempre grigio: che indizi possiamo avere dell’arrivo dell’estate?”

“Magari le temperture si alzano” suggerì Ellaria.

“E’ vero” assentì Yara, “ma non di molto, altrimenti anche la Barriera si scioglierebbe.”

In quel momento arrivò sul ponte un giovane che Yara riconobbe come Benjameen Sand, il capitano dell’esercito dorniano. Il ragazzo, un bastardo di chissà quale importante signore di Dorne, doveva avere massimo venticinque anni e aveva la pelle ambrata e folti capelli castani spettinati. Nel complesso era carino, nonostante il suo continuo torcersi le dita.

“Mia signora” disse rivolto ad Ellaria, “il nostromo mi dice che siamo in vista della meta.” Yara, Ellaria e Tyene d’istinto si voltarono verso l’orizzonte. Yara strinse gli occhi e riuscì a distinguere nella foschia la sagoma della riva frastagliata. “Saremo arrivati in mezz’ora” rispose, “magari meno, se posizionaste quelle vele in maniera decente.”

Benjameen Sand si voltò sorpreso verso di lei. “Devo dare ordini?” chiese incerto.

Yara gli puntò gli occhi in faccia. “Sì” rispose, “che le vele siano orientate verso ovest.”

Detto questo, Yara lasciò i tre a rimurginare sulle loro scarse abilità navigative ed andò sotto coperta. Aveva meno di mezz’ora di tempo per sfondare a colpi d’ascia la porta di suo fratello, anche se sperava non sarebbe stato necessario.

“Theon!” urlò mentre bussava insistentemente “Pensavo ti fosse passata la manìa di chiudere le porte in faccia; esci che siamo quasi arrivati.”

Non ottenendo risposta, Yara impugnò l’ascia. “Ti do tre secondi per uscire” lo avvertì, “prima che entri da sola.” Si mise in posizione.

“Uno…” Sollevò l’arma.

“Due…” Ancora nulla.

“Tre!”

Proprio quando Yara stava assestando il primo fendente la porta si aprì. L’ascia rimase ferma nell’aria, a pochi centimetri dal viso di Theon. Yara stava ansimando.

“A-avresti p-potuto uccidermi” balbettò Theon visibilmente terrorizzato.

Yara ripose l’arma e diede uno schiaffo a suo fratello. “Che ti prende?” gli chiese furiosa “A Roccia del Drago ti eri finalmente deciso ad uscire dalla tua camera, avevi addirittura accettato di seguirmi in questa missione e ora sei tornato una larva?”

“No” rispose Theon chinando il capo, “è solo che non voglio vedere gli altri.”

Yara fece una smorfia. “Credo che ti ci dovrai abituare” rispose voltandogli le spalle, “ero venuta per dirti che siamo quasi arrivati.”

In quel momento il cornò suonò e la vedetta urlò: “PORTO BIANCO!” Yara corse sul ponte.

Benjameen la stava aspettando sorridente. “Che te ne pare?” chiese orgoglioso “Sta andando abbastanza veloce ora?” Yara dovette ammettere che il ragazzo se l’era cavata piuttosto bene. “Abbastanza” rispose dissimulando la propria sorpresa, “ora va’ a dire al tuo esercito di prepararsi allo sbarco.”

Benjameen si rabbuiò. “Non puoi darmi ordini” sibilò stringendo i pugni.

E’ proprio un ragazzino.

“Non sto dando ordini” spiegò Yara, “sono solo consigli, perché non vorrei che i tuoi soldati rimannessero sulla mia nave troppo a lungo. I miei uomini potrebbero diventare irrequieti…” Benjameen non rispose, limitandosi a fissarla. Yara si sporse oltre la balaustra.

Ormai Porto Bianco appariva vicinissima e perciò decise di iniziare ad impartire ordini per l’ormeggio. In capo ad un quarto d’ora la Vento Nero e le altre navi della piccola flotta erano saldamente ancorate nel porto. Yara notò che sui pontili si era radunata una discreta folla e si stranì al pensiero di dover agire con diplomazia nei confronti degli uomini del Nord.

Theon l’aveva raggiunta sul ponte e fissava il mare con gli occhi sgranati. “Non posso andare” disse tremando, “loro sanno cosa ho fatto a Robb, a Bran, a Rickon… Vorranno la mia testa.”

“E tu non fargliela prendere” rispose Yara buttando indietro i capelli. “Lascia parlare me e vedrai che andrà tutto bene.” Impartiti gli ultimi ordini ai propri soldati, Yara e Theon raggiunsero Ellaria, Tyene e Benjameen e scesero dalla nave. Furono accolti da sguardi freddi e facce ostili, ma Yara non se ne curò più di tanto.

Presto venne loro incontro un uomo basso e tarchiato, con il volto rosso e le sopracciglia aggrottate. Era accompagnato da una scorta di almeno trenta uomini e sembrava non avere intenzioni pacifiche. Su di loro sventolava il tritone dei Manderly. Durante gli attimi di attesa che seguirono Yara strinse forte la propria ascia nella mano sudata, aspettando il minimo segnale che le avrebbe consentito di attaccare.

“Sei lord Wyman Manderly?” chiese ad un certo punto Tyene.

L’uomo spostò lo sguardo verso di lei. “Mio cugino è a Grande Inverno” disse seccamente, “io sono Marlon Manderly, capitano della guarnigione a Porto Bianco.”

“Ti dispiacerebbe congedare le tue guardie?” si intromise Yara “Noi non abbiamo una scorta…”

Marlon la fissò con disprezzo. “Solamente una dozzina di navi piene di soldati” replicò sarcastico, “tu sei Yara Greyjoy, giusto? Il tuo stemma parla per te… E lui quindi deve essere Theon il Voltagabbana.” Theon sussultò sentendosi chiamato in causa.

“Ringrazia che non abbia la mia spada a portata di mano” minacciò Marlon, “o ti saresti ritrovato senza testa prima ancora di aver messo piede a terra.”

“Piano con gli insulti” intervenne Benjameen che, Yara ne era certa, non sapeva davvero nulla circa il passato di Theon, “siamo venuti in pace.”

Marlon scoppiò a ridere. “Uomini di Ferro che vengono in pace?” chiese ironico “Insieme a quel traditore poi? Non siate ridicoli, i vostri pirati in questo stesso momento stanno distruggendo interi villaggi.”

“Noi non c’entriamo” disse Yara, “è Euron ora che controlla la Flotta di Ferro.”

Marlon rimase in silenzio, probabilmente perché a conoscenza dell’esistenza del Re delle Isole di Ferro. “Ma voi non siete del Nord” disse rivolto ai dorniani, “venite da Dorne, o sbaglio?”

“Non sbagli” disse Tyene, “siamo qui perchè inviati da Daenerys Targaryen.”

Marlon sgranò gli occhi e Yara capì che avevano fatto centro. “Venite dalla Roccia del Drago?” chiese Marlon ancora non del tutto convinto “Sapete se il Re del Nord è arrivato sull’isola?”

“Siamo partiti prima del suo arrivo” rispose Yara avvicinandosi, “Daenerys voleva proteggessimo Porto Bianco dagli attacchi di Euron.”

Marlon era sorpreso. “Mi stai dicendo” chiese roteando gli occhi, “che gli Uomini di Ferro potrebbero attaccare qui?”

“Sì” rispose Yara, “anzi, è molto probabile.”

“Ma non è possibile” obbiettò Marlon, “non si spingerebbero così oltre, non hanno mai avuto il coraggio di attaccare una città potente come Porto Bianco. Solo un folle ci proverebbe…”

“Mio zio è un folle” disse Yara con amarezza, “e se decidesse di attaccarvi non avreste gli uomini sufficienti per respingerlo. Daenerys si è privata di un terzo del suo esercito per aiutarvi.”

“E perché dovrebbe farlo?” chiese Marlon sospettoso.

“Perché è quello che farebbe una regina” rispose prontamente Ellaria.

“Non mi fido di voi” disse Manderly scuotendo la testa, “e soprattutto non mi fido di quel piccolo figlio di puttana. Credo proprio lo farò giustiziare…”

Due guardie avanzarono, ma Yara estrasse l’ascia in difesa del fratello. “Avrà fatto tante cazzate durante la sua vita” concesse in tono deciso, “cose vergognose e ignobili, ma nessun uomo si merita ciò che Ramsay ha fatto a lui.” Sorrise a Theon che la guardava con gli occhi lucidi. Se si mette a piangere giuro che lo uccido, pensò Yara disgustata dalla sola idea.

“Forse non lo sai, mio lord” proseguì poi, “ma è solo merito di Theon se lady Sansa è riuscita a sfuggire dalla grinfie di quel mostro. E tu dov’eri? Ah già, nel tuo castello caldo ed accogliente, senza fare niente.”

Marlon era visibilmente colpito da quelle parole, ma il suo stupore era niente in confronto a quello di Yara per le proprie inaspettate doti oratorie. “Se vogliamo sconfiggere Euron” proseguì lei, “dovremo collaborare: niente più tensioni o pregiudizi. E dovremo anche elaborare un piano efficacie che possa…” Le sue parole furono sovrastate dal suono profondo del corno enorme delle vedette.

“NAVI AL’ORIZZONTE!” gridava un uomo dalla collina “SONO TANTISSIME!”

Yara corse sul molo fino quasi a cadere in acqua e scrutò angosciata la linea sfumata dell’orizzonte, sperando di non trovare conferma alle proprie paure. Un’imponente flotta si stava dirigendo verso di loro ed avanzava ad alta velocità. Nonostante la distanza, il vessillo nero della piovra era perfettamente visibile.

Yara si morse il labbro fino a sentire il sapore metallico del sangue in bocca, mentre Theon la raggiungeva. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, dolorosamente consapevoli della loro situazione.

Poi Theon sollevò lo sguardo. “Euron” mormorò solamente.


                                                                                                    "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria."

 

N.D.A.


Bentornati a tutti! Spero questo capitolo vi sia piaciuto e che mi perdonerete per averlo chiuso in modo così brutto lasciandovi col fiato sospeso ^_^'''' Sì, sono un po' sadica XD XD XD

Ma veniamo a noi... Ci tengo a precisare per l'ennesima volta che come tutti gli altri capitoli anche questo è stato scritto molto prima dell'uscita della settima stagione, quindi le somiglianze che potreste trovare qui e lì sono solo spiacevoli coincidenze (davvero, danno molto fastidio anche a me)... E' il caso soprattutto dell'ultimissima frase, quell'esclamazione "Euron" che segna l'inizio di una battaglia e che nella serie è ripresa uguale da Yara. Veramente, non ho copiato nessuno XD XD Spero troverete almeno tutto il resto originale :-)

Per quelli che se lo stessero chiedendo Verme Grigio sta bene, la mazza usata da Gendry non era quella chiodata, bensì una liscia, come quelle da baseball. Inoltre non è che l'Immacolato si sia rimbambito tutto d'un tratto facendo entrare Gendry nella stanza di un prigioniero: non conosceva Gendry e ha pensato fosse un ragazzo delle cucine o del servizio, quindi gli ha creduto quando ha detto che lo mandava la regina. Gendry ovviamente aveva nascosto la mazza per entrare altrimenti Verme Grigio lo spaccava in due XD XD XD

Come al solito voglio ringraziare di cuore tutti quelli che hanno lasciato una recensione al capitolo 7 o che hanno iniziato a recensire la storia. In ordine: GiorgiaXX (benvenuta :-)), giona, __Starlight__, Spettro94, NightLion e Red_Heart96.... Ringraziamento speciale anche a Gian_Snow_91, che sta coraggiosamente recensendo tutti i capitoli, Azaliv87, che mi ha lasciato una recensione chilometrica al sesto capitolo, e leila91, che so non avermi abbandonata e che prima o poi tornerà.

Un enorme "grazie" a tutti quelli che hanno recensito, perchè questa storia ha superato le 50 recensioni ed è già vicina alle 60... Wow, non lo credevo veramente possibile, grazie mille a tutti!

Alla prossima con la prima vera battaglia di questa storia ;-P... A presto!



N.B.: la citazione di questa volta è della Divina Commedia (come farcela mancare XD XD), più precisamente del canto V di Paolo e Francesca... La dedico alla famiglia Stark, ma soprattutto ad Arya che in questo capitolo ha dovuto affrontare molti ricordi e accettare che purtroppo molte cose sono cambiate e non torneranno.



 

 

 

   
 
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