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Autore: Evilcassy    05/07/2009    3 recensioni
Cosa si desidera dopo una giornata torrida e spossante? Una bella serata rilassane con il proprio uomo. Peccato che le cose vadano diversamente... (Questa Fanfiction partecipa al concorso Four Season indetto da Emiko92 e Ro-chan)
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Sesshoumaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The Night belongs to Lovers.

(The Night belongs to Us)

 

Kagura si spalmò la crema idratante sulle lunghe gambe, avendo ben cura di massaggiare bene la pelle per farla assorbire, appoggiando il tallone sull’orlo della vasca da bagno. Canticchiò tra sé e sé il nuovo tormentone estivo, più per calmarsi che perché le piacesse.

Aveva i nervi a fior di pelle. Dopo una giornata infernale al lavoro, con il suo capo, il signor Naraku, che la faceva impazzire, l’unica cosa che le sarebbe andata a genio era quella di immergersi nell’ampia vasca da bagno in compagnia del suo uomo e di un bel calice di vino rosso e di rilassarsi, a lume di candela, tra schiuma profumata e tiepidi massaggi, magari dopo una cena consegnata a domicilio dal ristorante giapponese dell’angolo.

A passo d’uomo sulla tangenziale bloccata dall’ennesimo ingorgo dell’ora di punta, aveva fantasticato di farsi trovare sul tavolo della cucina coperta solamente da bocconcini di Sushi, come Samantha di Sex and The City nell’omonimo film. E pensando dagli orari impossibili ed imprevedibili che faceva Sesshomaru, di  certo sarebbe finita nella stessa identica maniera: un’attesa snervante di tre ore, combattendo tra i crampi dello stomaco affamato e quelli dati dalla scomoda e prolungata posizione.

Mentre giungeva a questa conclusione, quella che riteneva la ciliegina sulla torta di una giornata davvero schifosa era stata la rottura improvvisa dell’impianto di condizionamento dell’auto, che l’aveva abbandonata all’afa insopportabile di quel torrido giorno di inizio Luglio.

Imprecante, sudata ed agonizzante aveva raggiunto la porta di casa e l’aveva aperta, trovandosi davanti un’inaspettata ospite.

Rin, la figlia che Sesshomaru aveva avuto dal precedente matrimonio, se ne stava tranquillamente spaparanzata sul suo divano candido, leccando voluttuosamente il gelato al cioccolato che aveva in mano.

Gelato che era spalmato su tutta la sua faccina sorridente, sulle sue manine paffute e soprattutto sul suo divano, che aveva assunto un colore ben lontano da quello originale.

A salvare la diletta pargola dall’infanticidio era stato nientedimeno il genitore, che sbucato dal corridoio, aveva spiegato, senza dimostrare timore alcuno davanti allo sguardo assassino della compagna, come la madre di Rin era dovuta partire urgentemente per lavoro, e che la bambina avrebbe passato a casa loro i successivi due giorni.

“Splendido” aveva ringhiato la donna, tentando di sfoggiare un sorriso in direzione della piccola. D’altro canto, lei le era già saltata addosso, riempiendola di appiccicosi rimasugli di gelato, abbracciandola calorosamente.

Mai vista bambina più attaccata alla fidanzata di papà.

E così, dopo una rumorosa cena a base di pizza farcitissima, che aveva vanificato la sua dieta di ben 4 mesi, Kagura non era riuscita a farsi che una misera doccia, in completa solitudine, mentre Sesshomaru, ligio al dovere di padre, era occupato nell’ennesima visione di “Madagascar”

 

Ma, essendo ottimisti, si poteva sempre rimediare.

Quando aveva annunciato che sarebbe andata a lavarsi Sesshomaru le aveva lanciato uno dei suoi  sguardi penetranti. La donna si era trattenuta a malapena dal domandargli se avesse intenzione di fargli compagnia.

C’era ancora speranza di una rilassante ed energizzante sessione di erosterapia infrasettimanale. Bastava chiudere la porta della cameretta della bimba e della loro, e non far troppo baccano.

Non era mica la prima volta che capitava.

Sesshomaru avrebbe inizialmente dimostrato una incomprensibile riluttanza a cedere alle sue grazie, adducendo come scusa Rin che dormiva nella stanza di fianco, ma ormai Kagura lo conosceva troppo bene, e sapeva quali tasti toccare. Copione già visto tutte le volte che la bambina dormiva da loro, e che ormai era un gioco abitudinario.

 

La finestra del bagno sbatté improvvisamente, facendola sobbalzare. Si avvicinò e la riaprì, guardando fuori, nella strada buia. Il vento soffiava forte, e le nubi che aveva visto in lontananza durante la giornata ora erano sopra la propria testa. Un lampo la convinse a chiudere i vetri: stava arrivando un temporale bello grosso.

Sentì Rin che si lamentava, mentre Sesshomaru la convinceva ad andare a dormire, accompagnandola nella camera.

“Papà, io ho paura dei temporali, lo sai!” piagnucolò.

Kagura alzò gli occhi al cielo, incrociando le dita. Sesshomaru era incredibilmente duttile alle richieste della figlia. Ci mancava solo che accettasse di farla dormire nel loro letto!

“Avanti, ormai sei grande, Rin. Non fare storie e dormi!”

Oh, un colpo di fortuna, giusto alla sera?

Si infilò la leggera sottoveste di seta nera, la preferita di Sesshomaru. Si spazzolò i capelli un’ultima volta e aprì la porta del bagno per assicurarsi che l’uomo fosse in camera. Veloce come al solito, lui si era già infilato sotto le coperte, senza, come suo solito, indossare la maglia del pigiama, poco virile, secondo lui. E lei, visto lo spettacolo, non se l’era mai sentita di ribattere il contrario.

Uscì dal bagno della loro camera, scivolando fuori dalla porta maliziosamente, ancheggiando con finta noncuranza.

Fuori dalla finestra, un tuono annunciò l’inizio della tempesta, e uno scroscio rumoroso d’acqua seguì immediatamente. Kagura finse di provare inquietudine nel sentire i rumori del temporale, mentre al suo fianco, Sesshomaru sembrava immerso nella lettura di un thriller di Ken Follett.

“Mi sento un po’ agitata, Sesshomaru… non mi aiuteresti a calmarmi?” pigolò, scivolando sotto le lenzuola leggere, al suo fianco.

L’uomo alzò un sopracciglio. “Conosco le tue intenzioni. E puoi scordartelo stanotte. Sono stanco e la bambina dorme dall’altra parte della parete.” Tuttavia passò un braccio attorno alle sue spalle. La donna sorrise, prima di avvicinare le labbra al suo collo, continuando la propria opera di convincimento.

Stoico come suo solito, Sesshomaru proseguiva la (finta) lettura del libro.

Le mani della donna percorsero il petto scolpito, le spalle, si infilarono tra i capelli argentei, mentre avvolgeva una gamba a quella dell’uomo.

Lui emise un sospiro esasperato, chiudendo di scatto il libro. “Mi prometti che poi mi lasci leggere in pace?”

“Se avrai fatto il bravo si.” Giurò lei, vittoriosa.

Accompagnato da un sorrisetto sornione, il libro venne abbandonato sul comodino, mentre il proprietario impegnava le proprie mani sotto la seta della sottoveste della compagna.

Un secondo dopo, mentre Kagura aveva appena finito di armeggiare con i pantaloni del pigiama, la vocetta della figliastra li scongiurava di aprire la porta e di non lasciarla sola durante quel temporale.

“So che siete svegli!” protestò, mentre i due adulti evitavano di  risponderle, interrompendo il loro momento magico. “Vedo che avete la luce accesa!”

“Tu e la tua solita mania di farlo con la luce accesa!” sibilò la donna, ritraendosi e cercando di ricomporsi. “Adesso vai a convincerla a dormire da sola e torni qui, va bene?”

“Farò quello che riterrò opportuno” fu l’acida risposta del’uomo, mentre si avvicinava alla porta e la apriva, per trovarsi davanti Rin con i suoi occhioni scuri spalancati, imploranti, mentre stringeva tra le braccia il suo cuscino con la federa rosa.

Uno spettacolo che non avrebbe commosso Kagura nemmeno se fossero stati in mezzo alla terza guerra mondiale. Peccato per lei, il suo uomo la pensava diversamente.

“Ok, Rin, come vuoi. Ma che sia l’ultima volta.”

 

Se Kagura avesse avuto il porto d’armi, in quel momento Sesshomaru sarebbe stato crivellato da una scarica di mitra e abbattuto definitivamente da un colpo di bazooka.

La bambina si avvicinò al letto, mal celando lo sguardo trionfante, mentre fuori il vento faceva tremare i vetri e la pioggia scrosciava, accompagnata dai tuoni. “Ti dispiace Kagura, se dormo qui con voi?”

La donna alzò le spalle, voltandole la schiena, stendendosi in posizione supina. “Figurati!” disse, cercando di mantenere un tono neutro. In fondo la colpa non era della bambina spaventata e un po’ approfittatrice, ma del padre scemo.

Sesshomaru sembrò volerle dire qualcosa, ma lei voltò sdegnosamente lo sguardo, e non poté far altro che spegnere la luce.

 

Mezz’ora dopo, un  po’ a causa dei tuoni fuori dalla finestra, un po’ a causa del nervoso e un po’ a causa degli innumerevoli calci che Rin gli aveva rifilato nel costato (dannata mocciosa, il giorno dopo sarebbe stata piena di lividi nelle gambe e non avrebbe potuto nemmeno indossare la gonna! I pantaloni lunghi erano uno strazio in estate), Kagura non era riuscita ancora a prendere sonno. Sbuffò per la milionesima volta, tentando di cambiare posizione.

Come diavolo faceva Sesshomaru a ronfare beatamente con una bambina sul letto che ogni volta che si girava saltava come un canguro e scalciava come un cavallo imbizzarrito?

 

Basta, non ne poteva più. Decise di andare in bagno a calmarsi un po’.

Si alzò, cercando di fare il meno rumore possibile, e scivolò dentro il bagno della camera, chiudendo la porta alle sue spalle.

Si sedette sul bordo vasca, fissandosi mestamente le unghie smaltate dei piedi.

Ripensò a due weekend prima, quando Sesshomaru gli aveva proposto due giorni al mare.

Aveva accettato con entusiasmo, grata al suo uomo di aver trovato un po’ di tempo, tra le cause legali che stava seguendo nel suo mestiere di avvocato principe del foro, da passare insieme, su una bella spiaggia a prendere il sole tra cocktail alla frutta e piatti a base di pesce in ristoranti raffinati.

Anche solo per due giorni.

Ma Sesshomaru non aveva proprio intenzione di trascorrere un weekend romantico: “Bene, Rin sarà molto contenta che venga anche tu.”

…come, Rin?

“Si, lo sai che ti si è affezionata molto.”  Aveva risposto semplicemente. “Quest’estate sarò molto impegnato, temo di non riuscire a trovare una settimana da trascorrere in vacanza come al solito. Cercherò di trovare qualche fine settimana qua e la.”

Niente vacanze né per la figlia, né per lei. Soprattutto per lei, seconda arrivata nei suoi affetti. “AH.”

“C’è qualcosa che non va, Kagura?”

Lei aveva scosso le spalle: era normale che Sesshomaru avesse una lista di priorità diverse dalla sua. Rin era sua figlia, aveva bisogno di cure ed attenzioni, e già era stato difficile vederla, a causa del suo lavoro. Dopo il divorzio, poi...!

Era giusto così, in fondo. Anche se a lei dava fastidio non essere al primo posto nel cuore del suo uomo.

Forse con il passare del tempo le cose sarebbero cambiare. Stavano insieme da un paio di anni, convivevano da una decina di mesi, e si vedevano alla sera, spesso ad orari improponibili, dopo aver passato ore ed ore al lavoro.

E nemmeno tutti i weekend riuscivano a stare insieme: Spesso Sesshomaru si barricava nel suo studio casalingo per proseguire il lavoro, o faceva capatine in ufficio, o aveva udienze al sabato.

A volte Kagura sentiva di avere un compagno part-time.

Così, mentre lei cercava di distrarsi cercando di migliorare il suo pollice verde con le piantine del terrazzo, che sembravano colpite da una misteriosa malattia ogni volta che si avvicinava a loro, lui passava il suo tempo tra cellulare, Skype e pratiche cartacee e non.

Probabilmente la persona che se la passava peggio di lei era la sua segretaria. Non la invidiava nemmeno un po’. Tappa, grassa, con l’alito pesante e il capo che la tartassava ventiquattro ore al giorno.

“Senti chi parla di capi bestiali” pensò. A volte le veniva da piangere, con quel sadico di Naraku che non gliene faceva passare una e la trattava come una pezza da piedi. Aveva pensato più di una volta di mandarlo a quel paese ed uscire sbattendo la porta, ma in periodo di crisi nera non era di certo la scelta più saggia da fare.

In bilico sul bordo della vasca, Kagura si strinse le ginocchia al petto. Uno dei suoi giochi da pseudo equilibrista che colpivano sempre Sesshomaru. Anni di Yoga le avevano insegnato a fare ben altro.

Fece il punto della situazione:

Aveva 32 anni,  33 a fine mese.

Il suo uomo sembrava metterla costantemente in secondo piano, se non in terzo. Figurarsi, non si era nemmeno accorto che era andata a farsi togliere le doppie punte, il giorno prima!

Rin la presentava come “Matrigna”, perché a scuola le avevano insegnato che i compagni dei genitori erano i “Patrigni” o le “Matrigne”. Come detestava quel nomignolo disneyano!

Il suo lavoro era uno schifo.

Le unghie laccate dei piedi, a guardarle meglio, erano rovinate.

Iniziavano a comparire le prime rughe d’espressione.

Dal rumore sembrava grandinasse, e la sua macchina era posteggiata all’aperto.

C’era altro o poteva bastare, al momento?

Sentì il bisogno irrefrenabile di piangere. Non c’era nessuno che la potesse vedere, e anche suoi eventuali singhiozzi sarebbero stati coperti dal rumore del temporale. Che male c’era a lasciarsi andare, ogni tanto?

Plin.

Plin.

Plin.

Si, era proprio tutto uno schifo.

 

La pioggia tamburellava sui vetri. Anzi, no. Era qualcuno che picchiettava contro la porta del bagno. La donna si asciugò in fretta gli occhi, deglutendo, prima di bisbigliare un “avanti” il più neutro possibile.

Sesshomaru entrò nel bagno con uno sguardo interrogativo che gli attraversava gli occhi d’oro.

“Non ti senti bene?” le domandò, raggiungendola. Si sedette a suo fianco, studiandole l’espressione del volto. Una cosa che solitamente a Kagura faceva un piacere enorme, essere al centro della sua attenzione, ma che,, in quel momento, in cui non voleva farsi vedere da nessuno, diede un incredibile fastidio. Incrociò le braccia al petto, scuotendo la testa. “Non hai mai bisogno di andare in bagno di notte?”

“Capita. Ma non ho sentito lo sciacquone. E sei seduta sulla vasca.”

La donna volse lo sguardo altrove, infastidita. “Lasciamo stare, torna a letto da tua figlia.”

“TSK! Trovato il problema.” Commentò Sesshomaru. “L’imprevista pargola.”

Kagura annuì senza rendersene conto.  “Stasera avevo proprio voglia di stare in pace. Ho avuto una giornata allucinante, con quello stronzo mal cagato di Naraku che mi tartassava. E il caldo. E l’aria condizionata che non funziona in auto. E… e lo scorso weekend siamo andati al mare con tua figlia. E il weekend prima pioveva e ti sei barricato nell’ufficio e…

Lo sproloquio della donna fu interrotto dalle labbra di Sesshomaru, premute sulle sue. “Sempre a blaterare inutilmente voi donne.” Borbottò,  staccandosi appena. “fate finta di nulla e poi esplodete come un vulcano. Cosa ti costava dire tutto subito?”

Io… non volevo.. ecco… So che per te tua figlia è importante e viene prima di tutto.” Iniziò, lo sguardo liquido fisso di nuovo sulle unghie dei piedi. “Però… ho bisogno anche io di stare un po’ con te, ed invece… Non abbiamo più tempo per stare insieme… Io mi immaginavo diversamente la nostra  convivenza. ” 

“Io ti avevo avvisato che…

Kagura scattò in piedi, ringhiando un Basta esasperato e minaccioso. “Non provare a dare la colpa a me adesso!” Fece per andarsene, ma Sesshomaru la trattenne, facendola sedere sulle sue ginocchia come se fosse stata Rin, durante uno dei suoi capricci, abbracciandole la vita sottile.

“Ho già sentito questi discorsi. Dalla mia ex moglie. E sappiamo entrambi come è finita.” La trattenne nel suo ulteriore moto di andarsene. “Non è una cosa piacevole, per quanto sia contento di essermi tolto quella pigolante opportunista dalle scatole.”

Un lampo improvviso illuminò il suo volto serio, concentrato sul volto della donna, il suoi sguardo penetrante che sembrava volerle leggere nella mente attraverso gli occhi. “Non hai tutti i torti. Rin si è addormentata, se la portassi ora nel suo letto non se ne accorgerebbe minimamente. Può andare?”

“E’ solo la punta dell’Icebearg.” Kagura non voleva demordere. Mandava giù troppi bocconi amari anche in ufficio, se avesse iniziato anche a casa avrebbe ricevuto il titolo di Martire dello Stress entro autunno. E quella non era proprio una fascia a cui ambiva particolarmente.

“Hai ragione” asserì l’uomo. “Non posso prometterti mari e monti, Kagura, ma posso fare del mio meglio per trovare il tempo di stare insieme. Però tu mi prometti che cercherai di non essere ingiustamente gelosa di Rin?”

Lei soppesò le sue parole, e annuì conciliante. “Farò del mio meglio” E visto che aveva fatto trenta, era meglio far trentuno e di mettere alla prova la rinnovata accondiscendenza del proprio uomo. “Per il mio compleanno facciamo un weekend al mare io e te?”

“Al mare a fine Luglio? Sei impazzita? Hai una vaga idea di quante migliaia di persona affollino un metro cubo di spiaggia?” Kagura sentì il sangue schizzargli velocemente al cervello, ed era quasi sicura che avrebbe potuto prenderlo sul serio a calci. “E poi ho già prenotato due biglietti per Parigi.” Aggiunse Sesshomaru, inconsapevole di essersi appena salvato la pelle.

“Parigi?”

“Si, Parigi. L’anno scorso ti ho portata a New York, quest’anno Parigi. Se riesci a sopportarmi per un altro anno vedrò cosa inventarmi.”

Il bacio di Kagura lo investì in pieno, e per poco non lo fece cadere all’indietro, nella vasca. Dopo un secondo di disorientamento, dato dall’impulsivo gesto della donna, Sesshomaru ricambiò, abbracciandola.

La fece scivolare a cavallo delle sue ginocchia, con le mani che percorrevano la schiena e scendevano sulle gambe lisce, senza staccare le labbra dalle sue.

Hey…” li rimproverò dolcemente la donna, senza fermarlo. “Cosa hai intenzione di fare, con tua figlia che dorme al di là della porta?”

L’uomo alzò le spalle in un segno di disinteresse, mentre scivolavano insieme all’interno della vasca da bagno. “Rin dorme alla grande, e con tutti questi tuoni, di certo non sentirà nulla.”

Kagura ridacchiò, tra un bacio e l’altro, mentre il temporale estivo imperversava fuori dalle mura.

 

 

 

Salve Salvino!!!

Ecc questa nuova shot confezionata appositamente per il contest!!

Vi ringrazio innanzitutto per i commenti positivissimi per Lost Kingdom . Buona estate!

E.C.

 

 

   
 
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