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Autore: Mother of Dragons    15/06/2018    0 recensioni
Ambientata diversi anni dopo l’avvenimento di Pokémon Bianco 2/Nero 2. Hilda ha circa 20 anni.
“Poco sapeva l’ingenua Hilda di coloro che, nel bene o nel male, avevano cambiato la regione ove viveva,se non da fugaci parole scambiate con Hilbert, il fratello gemello riconosciuto ormai come eroe e salvatore.
Ma nessuno come lei aveva provato a verificare, con l’occhio e con il cuore, che si potesse ben oltre andare agli archetipici ruoli di buono e cattivo, risonanti di favole oramai riflettenti una società svanita.
Ciò che l’apparentemente intrepido Hilbert non aveva mai avuto il coraggio di fare.”
Sono una dilettante che scrive per mero piacere,dunque potrei non risultare all’altezza di molti di voi,ma spero ugualmente vi possa essere gradita.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ghecis, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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 Le dita guantate della servitrice di casa Harmonia spinsero con delicatezza una grossa chiave dorata girandola nella serratura dell’enorme portone; questo, lentamente, si aprì in due emettendo un profondo rimbombo, fra la meraviglia di una ragazza mai stata abituata ad un’opulenza simile.

“Signor Ghecis Harmonia, signorine Anthea e Concordia, abbiamo portato al Vostro cospetto un’ospite intenzionata a godere della Vostra presenza per un po’” esclamarono all’unisono l’uomo e la donna dalla bianca uniforme, introducendo al padrone di casa e alle due Muse, che stavano in piedi ai suoi lati, la timida ma in fondo coraggiosa ragazza appena uscita dagli anni con l’uno come prima cifra.

Sebbene la grazia delle due Muse avrebbe facilmente potuto incantarla,Hilda rimase innegabilmente affascinata dall’uomo che aveva davanti. Il suo corpo slanciato, che si elevava a ben due metri dal suolo, gli conferiva fin dal primo impatto visivo un’aria di potenza e autorità; la sontuosa veste che lo ricopriva, recante misteriosi motivi a forma d’occhio, aveva inoltre un inusuale collare a foggia della merlatura di un castello; ognuno dei merli aveva su di sé una preziosa piastra squadrata in acquamarina, il che accresceva in Hilda l’idea delle grandi ricchezze che quest’uomo poteva possedere. Da sotto quella veste, lunghi e affusolati piedi sbucavano a malapena, cinti da calze bianche e un paio di morbide calzature in cuoio, così come la manica violacea della sua metà sinistra faceva intravedere un candido e snello braccio che terminava in una mano dalle lunghe dita curate.
I lineamenti leggermente angolari del suo viso risultavano oggettivamente armoniosi e ben combinati fra loro; il suo naso dritto e acuto contribuiva all’aria di scaltrezza e perspicacia che lo circondava, e l’occhio color delle fiamme, la cui intensità era accentuata dal distintivo sopracciglio verde chiaro, era misteriosamente affiancato da un monocolo bianco con una lente rossa. Quel piccolo dettaglio assai inusuale, unica asimmetria nell’insieme della sua fisionomia altrimenti perfettamente concorde, instaurò nella ragazza un curioso sentimento di attrazione; forse era proprio quella lieve imperfezione che lo rendeva tanto perfetto quanto egli si dichiarava negli anni antecedenti. E come poteva Hilda dargli torto?
Lunghi capelli d’una tinta verde pastello, reminiscente delle profumate foglie tipiche delle piante mediterranee, ricadevano sulle sue larghe spalle sotto forma di riccioli ordinati, mentre tre ciocche più lisce- due ai lati delle orecchie e una in cima alla fronte- erano rivolte verso l’alto, allungando ancor più la sua figura.

“B-buonasera, signor Harmonia. Sarà un piacere per me visitarla; sono lieta ed onorata di aver avuto il permesso di soggiornare nel suo palazzo per un periodo di tempo” si presentò Hilda, inchinandosi verso Ghecis in segno di rispetto. “E buonasera anche a voi, signorine Harmonia. Sarò felice di far vostra conoscenza” comunicò alle Muse con un’evidente minor timidezza. Esse avevano ancora un’aria giovane, e, per quanto anche loro straordinariamente belle, non imponevano quel senso di eleganza che Ghecis invece aveva.

“Lieto di conoscerla, signorina” sorrise l’uomo chiudendo la palpebra. “Sono Ghecis Harmonia Gropius, proprietario di questa magione, e accanto a me sono le mie splendide figlie, Anthea e Concordia. Spero vivamente che lei possa godere della nostra accoglienza e della nostra presenza, tanto sono deliziato del fatto che lei è venuta a soggiornare qui. Le mie figlie le mostreranno ora una stanza dove poter dormire; fortunatamente, sono provvisto di molteplici alloggi per chiunque fosse disponibile ad essere mio ospite. Ne sono assai grato.”
“Grazie mille, signore” rispose contenta Hilda, facendosi dunque accompagnare dalle due sorelle verso la camera dove avrebbe passato ogni notte del suo soggiorno.

La giovane sorrideva d’innocente piacere. Era rimasta assai positivamente colpita dall’ospitalità del signore e delle sue figlie, e non vedeva l’ora di poter godere del lieve lusso che una camera da letto ben pulita le avrebbe certamente riservato, rispetto a quel sacco a pelo ancora leggermente umido che sarebbe ora rimasto piegato nello zaino per un bel po’.
“Signorina...-qual è il suo nome?” “Hilda, mi scuso” “...signorina Hilda, ecco la sua camera. Le diamo tutto il tempo che vuole per sistemare i suoi effetti; a breve verrà servita la cena” spiegò Concordia sorridendo,mentre Anthea ripiegò su sé stesso un lembo della bianca coperta del letto.

La porta della stanza venne chiusa delicatamente dalle due gemelle, i cui passi delicati si potevano udire sui gradini delle scale che portavano al pianterreno. Non badando a spese, Hilda si sedette sul comodo materasso, tirando fuori dallo zaino lo stretto necessario che aveva portato con sé durante il viaggio; mise immediatamente sotto carica l’Interpoké dallo schermo già spento, sistemando dopodiché i prodotti cosmetici ed igienici nella stanzetta da bagno confinante.
Mentre dalla finestrella si poteva già osservare un cielo ormai al crepuscolo, la ragazza iniziò a pensare alla strana, ma esteticamente appagante famiglia che la stava in quel momento ospitando.
Come potevano loro- soprattutto il maestoso padre, uomo d’innegabile eleganza- essere le menti dietro alla squadra malvagia descritta spesso stereotipicamente dal fratello?
Ancora una volta, Hilda ne voleva sapere di più. Pur non essendo affatto una persona giudicante per alcun tipo di reputazione o fama, era comunque incuriosita di come certe persone, il cui scopo un tempo era quello di seminare terrore, possano negli anni cambiare, pentirsi delle scelte prese nel modo sbagliato, approfittare dei pregi che forse, invece, non si hanno sfruttato nel modo giusto.
Fortunatamente, ora era in grado di potersi fidare di loro, ed era soddisfatta più di prima.

“Signorina Hilda, la cena è servita. Può scendere le scale per raggiungerci in sala da pranzo.”
La porta si aprì lievemente per opera di Anthea, che chiamò Hilda per svolgere il pasto serale. Senza esitazioni e con un gran sorriso stampato sul volto, Hilda la seguì, a malapena cercando di non scendere quei gradini troppo velocemente per evitare di figurar male in quella lussuosa villa.
La Musa dai capelli rosa la guidò verso un riccamente arredato salone, sulle cui pareti erano raffigurati alcuni affreschi di valore. Sulla tavola coperta da una tovaglia color dell’oro, i piatti di sottile porcellana ed i calici d’argento erano disposti in perfetto ordine, così come vi era una decorata brocca d’acqua e una di intenso vino rosso.
Anthea e Concordia si sedettero l’una accanto all’altra su un lato del tavolo, permettendo che l’ospite si sedesse invece a capotavola; infine giunse Ghecis, che come di consueto prese posto all’altro capo della mensa.
Presto, un servitore con indosso un grembiule bianco sopra un formale completo nero pose sul tavolo le portate, rivelando un pasto forse poco lauto per una ricchezza di quel livello, ma di certo invitante e non sovrabbondante: un vassoio di involtini di riso coperti con foglie di vite, contornato da grappoli d’uva fresca, ed un piatto di formaggio molle guarnito con olio d’oliva e mazzetti di erbe appena raccolte.
“Abbia un buon appetito, signorina. Spero che la cena le sia gradita” augurò il padrone di casa, che con finezza sorseggiava il vino mentre spalmava il candido companatico su una fetta di morbido pane.

Dopo aver passato due giorni alimentandosi a barrette che ben poco l’avrebbero potuta saziare, già si poteva intuire come Hilda gradisse quella cena dai sapori ellenizzanti, masticando con gusto piccoli bocconi di riso accompagnati da un po’ d’aceto versato a piacere.
“Complimenti al cuoco. Il cibo è davvero delizioso” esclamò lei fra la soddisfazione di Ghecis e gli sguardi compiaciuti delle due figlie. Quei gusti per lei inusuali e particolari rientravano invece nel consumo quotidiano del saggio, deciso a voler sorprendere la sua unica ospite nel giro di parecchi anni con un tipo di cucina che sicuramente non aveva mai provato... e che, con successo, si era rivelata un tentativo molto ben riuscito.

Terminata la cena, Hilda si alzò in piedi ringraziando i presenti, fra i reciproci auguri di buonanotte, per poi recarsi nella sua camera; si tolse i vestiti mettendo invece indosso una camicia da notte che aveva portato con sé nello zaino, senza però pensare di indossarla durante le notti all’aperto per evitare che essa si sporchi o si inumidisca.
Il confortevole abbraccio delle morbide coperte avvolse la giovane in un vortice di benessere, e lei provò nuovamente la sensazione di poter muovere la testa dalla folta chioma su un cuscino, chiudendo gli occhi nella speranza di cadere fra le braccia di Morfeo.

Non fosse stato per quell’atto di coraggio tanto enorme per suonare un così piccolo campanello, Hilda non sarebbe stata dove adesso godeva di quell’atmosfera soffusa e rilassante, né avrebbe potuto avere quella sana voglia d’indagare nella personalità di coloro che così tanto la attraevano.
   
 
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