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Autore: SOULVATORE    16/06/2018    0 recensioni
Freddie non è morto, ma è come se una parte di lui lo fosse, poiché si rende conto di dover rinunciare per sempre al sentimento che più di ogni altro lo fa sentire vivo. 
Ma solo così potra essere finalmente libero.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freddie Mclair
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bristol, 2010

“Salve. Prego.”
“È qui che tratta i suoi pazienti?”
“Lo trovi opprimente? A me da un senso di pace. Anche se forse dovrei ravvivarlo un po’. I pazienti sono il mio sostentamento. Comunque, parliamo di Elizabeth, è per questo che siamo qui.”
“Già, perché ha voluto che venissi a casa sua?”
“Elizabeth e sua madre hanno espresso...insoddisfazione per i miei metodi. È perfettamente comprensibile, non sono propriamente ortodossi.”
“Lei non l'ha aiutata affatto! Ora sta molto peggio di prima.”
“Ad ogni modo, spero di poter continuare a lavorare con lei. Vorrei tentare un’altra strada.”
“Vuole scherzare? È sordo per caso? Noi non la vogliamo più! Stia lontano da lei, è chiaro?”
“Trattieniti ancora un momento. Lo ammetto: sono stato arrogante, stupido. Ho fatto degli errori. Mi sono avvicinato troppo, e ora mi sento male. Le voglio troppo bene.”
“Deve stare lontano da lei.”
“Sono troppo umano. Noi siamo essenzialmente creature dell'istinto, i nostri capricci passeggeri sono in realtà i momenti più profondi. Non posso permetterti di averla. Vedi, lei ti ama veramente.”
“Okay, andiamo, apra la porta.”

Vedi, lei ti ama veramente…
Vedi, lei ti ama veramente…
Vedi, lei ti ama veramente…
Vedi, lei ti ama veramente...


Freddie credeva che quelle sarebbero state le ultime parole che avrebbe mai sentito.
Certo, che pena, sperava in qualcosa di migliore della voce di John Foster come suo ultimo ricordo, ma se era così che doveva andare. Da un lato era contento, però. Se proprio doveva finire in quel modo, almeno sapeva di aver lottato fino alla fine, per la sua Effy.
Be’, non che fosse mai stata realmente sua.
Effy non sarebbe mai stata di nessuno, se non di sé stessa, l’aveva sempre pensato, dal primo istante in cui i loro sguardi si erano incrociati.
Freddie si riconosceva come un tipo empatico, non era difficile per lui entrare all’interno dei pensieri delle persone e capire i loro stati d’animo, così da poterli aiutare. Forse aveva imparato a sviluppare questa abilità nel tempo, anche e soprattutto per ciò che era successo a sua madre. Nessuno era mai riuscito a capire cosa le passasse per la mente, ecco perché non erano riusciti a salvarla. Così, forse, Freddie si era inconsciamente ripromesso di non commettere mai più lo stesso errore.
Ma aveva fallito. Aveva fallito nell’esatto momento in cui due enormi occhi blu avevano investito la sua vita, travolgendolo in pieno.
E lui, per quanto gli costasse ammetterlo, quegli occhi blu non aveva mai saputo propriamente leggerli. In tutto quel tempo, Effy era sempre rimasta un po’ un mistero. Come si comportava, il suo modo di vedere il mondo e la strana maniera che aveva di trattare i sentimenti, non era riuscito a comprendere nulla di tutto ciò, complice anche il fatto che lei ne parlava raramente.
Per questo, non era mai stata davvero sua, perché nonostante tutto l’amore, quell’amore vero che ti fa venire voglia di strapparti le viscere da quanto è potente, a Freddie non era mai realmente appartenuta la testa di Effy. Ma aveva tentato tutto per lei, aveva rischiato, sempre.
Fino alla morte. O almeno così credeva.


“Fred, amico, merda! Hey, Freddie. Freddie, ti prego, apri i fottuti occhi, cazzo!”
Non fece molto caso al dolore di quello schiaffo, poiché ne aveva già sentito a sufficienza. Dappertutto. Ed era stato molto peggio. Perciò non fu propriamente quello a svegliarlo, forse, ma bensì la voce preoccupata di Cook.
Cook? Come diavolo era finito con Cook?
Tossì, e aprendo gli occhi con una fatica mai provata prima, non fu sorpreso nel vedere dei fiotti scarlatti macchiare l’asfalto ad ogni vibrazione del suo petto. Dopotutto, dev’essere normale sputare sangue se ti hanno preso a mazzate su tutto il corpo, no?
“Sei vivo! Sei vivo, Freddy! Mi sono cagato addosso, per un istante ho davvero creduto che potessi essere…cazzo. Ma sei ancora con me. Riesci ad alzarti?”
Non lo sapeva. Sapeva solo che era sdraiato per terra, su una strada chissà dove, e non aveva idea di come ci fosse finito lì, o di quando fosse arrivato Cook, o del perché stesse letteralmente tremando dal freddo.
Comunque, provò a fare qualcosa che non richiedesse troppo sforzo. Parlare. Nonostante il sapore metallico che impastava ogni centimetro della sua bocca, si sforzò di schiudere le labbra e provare a far uscire un suono.
“Come…tu…mi hai trovato?” Biascicò, sentendo ogni organo del suo corpo bruciare al minimo movimento. Aveva i polmoni in fiamme.
“Certo che ti ho trovato, noi due ci ritroveremo sempre, sempre pronti a salvarci il culo a vicenda. Come fratelli.”
“Sì, ma Cook…” Di nuovo, un altro po’ di sangue colò dalla sua bocca. “Come hai…fatto?” Chiese, vedendo la figura del suo amico chino su di lui solo a metà, perché le palpebre sembrano pesare come macigni, e proprio non riusciva a sollevarle più di un tot.
“Stavo venendo da te. Nonostante avessi detto che volevo tirarmene fuori, nonostante tutto quel fottuto casino, stavo venendo alla rimessa. Ti avrei aspettato e poi ti avrei chiesto di lei, ti avrei chiesto com’era andata in ospedale.” Iniziò a spiegare Cook, e Freddie sperava solo che si sbrigasse, perché la sua soglia di attenzione non era esattamente delle migliori, e stava iniziando a girargli la testa. “Ma quando sono arrivato, tu stavi uscendo, così ho pensato di seguirti, ma senza dare troppo nell’occhio, perché non sono esattamente nella posizione di poter camminare indisturbato tra le vie di Bristol in piena mattinata. Ma tu non mi hai condotto da lei, o in un qualsiasi altro posto che conoscevo, hai fatto una strada strana, sei arrivato in questa villetta di merda dove c’era l’insegna di uno psicologo e sei entrato dentro.”

“Vedi, lei ti ama veramente...”

“Sono stato acquattato dietro la porta per pochi minuti, dopodiché vi ho sentiti, e cazzo Fred, ho rischiato di morire d’infarto. Hai pregato quell’uomo di farti uscire, ma lui non ti è stato a sentire e allora tu hai iniziato a gridare, ed io non potevo semplicemente starmene lì a guardare.”

“Okay, andiamo, apra la porta.”

“Perciò…che hai…?”
“Ho rotto il cazzo di vetro con una pietra e sono entrato dentro, e quel bastardo di merda pensava di prendere a mazzate anche me, ha detto che sapeva tutto di noi due, che mi conosceva, che io non sono niente. Così gli ho tirato una testata e ti ho portato via da lì.”

“Che cosa sta facendo?”
“Non fare lo stupido, Cook. Lei mi ha raccontato tutto di te. C’era tanto da correggere in quella ragazza, c’ero quasi riuscito, posso riprovarci.”
“Massacrando di botte il mio amico? Che razza di fottuto malato è lei?”
“Non perdiamo tempo. Mettiti in ginocchio, per favore.”
“Signor Foster...”
“Dottor Foster, per la precisione. In ginocchio, prego.”
“Forse tu non sai chi sono io, amico.”
“Credo di sì, invece. Tu non sei niente, non meriti quella ragazza, e sai una cosa? Io sì.”
“Sono solo uno spreco di spazio, un ragazzino imbecille. Non ho buon senso, un criminale. Sono un buono a nulla, amico. Non sono niente, perciò, per favore, ti prego, ficcati in quella tua testa marcia che ti ritrovi, che stai uccidendo il mio amico, e che io non te lo permetterò. Perché io, io sono Cook. Io sono Cook!”


“Gra..zie, Cook.”
“Avresti fatto lo stesso.” Alzò le spalle lui, poi mosse qualche passo, e Freddie, seppur mezzo storpio, riuscì a notare che stava zoppicando. Qualche mazzata doveva averla presa. “Perciò, riesci ad alzarti? Dobbiamo spostarci, mi sono fermato qui solo per accertarmi che fossi vivo, ma ora dobbiamo andare. Io sono ricercato, e quel matto potrebbe svegliarsi e uscire da lì dentro da un momento all’altro.”
“No…non credo di riuscirc-….”


“Perché cazzo l’hai portato qui? Ha bisogno di un medico!”
“Non riesci ad usare il cervello, Katie? Sono un fottuto ricercato di merda, non posso presentarmi all’ospedale!”
“Ma hai detto che si era risvegliato, perché ora non risponde?”
“Non lo so, Naoms, stavamo parlando, e poi è svenuto di nuovo, e non sapevo dove altro portarlo.”
“Naomi?” Freddie ebbe un altro spasmo, imbrattando il grembo di quella che per appunto, doveva essere la sua amica bionda.
“Freddie!” Gridarono tutti quanti insieme, e lui pregò perché la smettessero, non poteva reggere tutto quel baccano.
“Come ti senti?” Quella era la voce di Emily, riconobbe. Si sforzò di guardarli, trovando l’operazione più difficile della volta precedente. Sentiva gli occhi gonfi come due palline da tennis.
“Una merda, ma grazie per averlo chiesto.” C’erano tutti, notò. Lui si trovava sul divano, stava posando la testa sul petto di Naomi, le gambe su quelle di Pandora, mentre Cook era per terra, a guardarlo da sotto in su. Thomas, Katie ed Emily erano seduti su delle sedie, ognuno con una birra o una sigaretta tra le dita. Forse erano canne. Tipico, mancava solo…Dio, eccolo.
“Che diavolo… ci fa JJ a terra?”
“Non si è sentito bene vedendoti entrare. Sembravi morto, in effetti. Stecchito.”
“Grazie, Panda.” Freddie provò nuovamente ad alzarsi, ma con scarsi risultati. Una stilettata gli bloccò il respiro, e pensò di essersi rotto qualche costola. Sicuramente. “Devo chiamare la polizia.” Esordì poi, mentre sei paia di occhi lo fissavano sorpresi. “Devo, ragazzi. Cook, lui ti ha visto, ma puoi sempre scappare, chiuderti nella mia rimessa. Io dirò che mi hai salvato ma poi sei sparito di nuovo, che al mio risveglio non c’eri più e sono venuto qui. Deve finire in galera quel pezzo di merda, o ci riproverà. E chissà cosa potrebbe fare a Eff.” Riuscì a dire, prendendo fiato più di una volta. Stranamente, tutti furono d’accordo, così Cook, dopo averlo baciato sulla fronte, scappò fuori, mentre Freddie afferrava il cellulare di Naomi e digitava prima il numero della polizia e poi quello dell’ambulanza.

“Quella stronza svalvolata, guarda dove ti ha portato. Aspetta solo che me la ritrovi davanti ed io…”
“Karen, ora basta. Non mi ha detto Effy di andare là, l’ho fatto da solo, e la colpa è solo ed unicamente di quel dottore merdoso.” Provò a farla ragionare Freddie, con un filo di voce, ma lei non sembrò calmarsi.
“Ti stavo preparando una torta, e ti avevo comprato un nuovo skateboard, sai? Per il compleanno, domani. Ma lo passerai qui dentro, e tutto perché ti sei innamorato di una pazza. Una cazzo di schizzata.” Singhiozzò sua sorella, nascondendosi il volto tra le mani. Sembrava così sconvolta, così fragile. Freddie non ricordava di averla mai vista tanto scossa e vulnerabile.
“Me la puoi portare qui, va bene? Mi porti una fetta di torta e mi mostri il mio nuovo gioiellino, e non appena riuscirò di nuovo a mettermi in piedi, sarà la prima cosa che proverò. Promesso.”
“Certo, Freds.” Tirò su col naso. “È tutto così facile, non è vero? Ma ti sei guardato allo specchio?”
Sì, l’aveva fatto, e la visione non era stata delle migliori. Il suo intero volto era viola, gli occhi sembravano minacciare di cadergli fuori dal cranio, aveva croste di sangue ovunque, il labbro spaccato, e un paio di denti erano andati a farsi fottere. I dottori gli avevano inoltre diagnosticato varie fratture, alle costole, al polso destro e alla caviglia sinistra, ma nessuna emorragia interna o danni permanenti al cervello, solo un taglio profondo da sette punti proprio al centro della testa. Sarebbe potuta andare peggio di così, continuava a ripeterselo e ad essere grato.
“Se Cook non fosse…”
“Ma lo ha fatto.” La interruppe, andando a stringerle una mano. “Lo ha fatto, okay? Mi ha salvato. Sono qui, sto bene.”
“Devi lasciarla andare, Freddy. Ti ucciderà.”



Londra, 2018

The three musketeers
recita l’insegna verde che hanno appena appeso. Verde, come la speranza. Verde, come i prati di Bristol. Verde, come la campagna di quella città che ha segnato ognuno di loro, eppure eccoli lì.
Insieme.
Freddie non sa ancora, dopo otto anni, se seguire il consiglio di sua sorella sia stata una buona idea. Il fatto è che dopo Karen ci si è messo anche suo padre, e poi JJ, e lo stesso Cook. Tutti dicevano che se l’era rischiata grossa, troppo grossa perché passasse inosservata. Troppo grossa perché non si prendesse una pausa. E allora li aveva ascoltati, ma non aveva abbandonato Effy. Non del tutto, non subito. Si erano scritti per un po’, lei lo aggiornava sulla nuova terapia, e lui sulla sua vita da vagabondo londinese. Era andata avanti così per un po’, dopodiché entrambi erano andati avanti.
Solo avanti. Niente Foster, niente depressione psicotica, e niente più Freddie ed Effy.
Ma se ne era fatto una ragione, andava bene così.
Freddie guarda JJ e Cook che ridono e si scolano la prima birra, quella che inaugura il locale. Lo chiamano, incitandolo a raggiungerli.

Me, you and JJ. Best mates for life.

Sì, va bene così.
Va decisamente, bene così.
   
 
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