Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: mikimac    26/06/2018    2 recensioni
Potrebbe sembrare impossibile, ma due anime gemelle riescono sempre a stare insieme, perché l'Universo non permette che ciò che è stato creato per essere unito sia diviso e incompleto.
Soulmate.
Genere: Angst, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sebastian Moran, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Senza memoria
Il giovane uomo emerse dallo stato di incoscienza come se stesse risalendo troppo velocemente da una immersione in acque profonde. Tutto sembrava lontano e attutito. I suoni erano indistinti e di difficile identificazione. Sentiva delle voci e dei rumori, ma erano così tenui e confusi da essere incomprensibili. Il suo stesso corpo si rifiutava di rispondere agli ordini che il cervello gli inviava. Avrebbe voluto aprire gli occhi, ma le palpebre non si alzavano, troppo pesanti per muoversi anche solo di un millimetro. Braccia e gambe sembravano intrappolate da stretti lacci da cui non riuscivano a liberarsi. E sentiva male ovunque. In ogni parte del corpo. Persino sollevare il petto, per permettere ai polmoni di dilatarsi leggermente e immettere un po’ d’ossigeno nel sistema respiratorio, gli procurava un dolore così lancinante da desiderare di non respirare più, pur di mettere fine a quell’agonia. Rimanere nell’oscurità sembrava la soluzione migliore e il giovane uomo decise di lasciarsi nuovamente fagocitare dal buio, privo di dolore e di sogni.


Senza memoria


L’uomo riemerse nuovamente dal buio. L’unico suono, che sentiva, era il regolare bip di un’apparecchiatura elettronica. La mente del giovane lo associò subito a uno strumento medico, che misurava i parametri vitali di un malato: “Chi è il paziente? Che cosa gli è accaduto?” Si chiese il giovane uomo, prima di aprire gli occhi. Con molta fatica, le palpebre si sollevarono. Ovunque si trovasse, il luogo aveva una luce fioca, che non infastidì le pupille. Il giovane uomo fece un inventario mentale delle parti del proprio corpo, cercando di ottenere qualche risposta, anche minima. Con un certo sollievo, percepì una reazione da ogni arto che voleva muovere. Il dolore era molto meno intenso. Solo la testa gli doleva ancora in modo lancinante, rendendogli quasi faticoso anche il solo pensare. Il ritmo del cuore era leggermente accelerato, ma poteva essere l’ansia che accompagnava il risveglio in un luogo sconosciuto. Un lieve rumore gli fece girare lentamente la testa verso la sua fonte. Una porta era stata aperta e una donna mora di mezza età, non molto alta e in sovrappeso, vestita con un camice azzurro, si avvicinò all’uomo, sorridendogli con simpatia: “Finalmente si è svegliato, signor Rowling. Ci ha fatto preoccupare, sa?”
L’uomo fissò la donna interdetto. “Chi è il signor Rowling?” Si domandò, ma tentò di chiedere altro: “Dove…” fermandosi subito. La gola era in fiamme, riarsa e incapace di emettere suoni comprensibili. Gli sembrava di avere ingoiato un intero deserto di sabbia.
“Non cerchi di parlare. – lo interruppe l’infermiera, prendendo un bicchiere con una cannuccia dal ripiano vicino al letto e aiutando l’uomo a tenere sollevata la testa – Beva un sorso d’acqua… lentamente… così… bravo… meglio?”
“Sì… grazie…” sorrise l’uomo, appoggiando delicatamente la testa al cuscino.
“Vado a chiamare il dottore, signor Rowling. Non cerchi di alzarsi,” sorrise ancora la donna, uscendo.
Rimasto solo, l’uomo cercò di capire che cosa fosse accaduto. Era sicuramente ricoverato in un ospedale, ma non riusciva a ricordare come vi fosse arrivato e perché. La sua mente era vuota. Completamente. L’uomo tentò di ricostruire il proprio passato. Quando e dove fosse nato. Come si chiamassero i suoi genitori. Se fossero ancora in vita. Se avesse dei fratelli o delle sorelle. Se avesse una moglie o un marito o un fidanzato o un’amante. Se avesse un lavoro. Se fosse una persona perbene o un delinquente. Il suo nome di battesimo.
Nulla.
La sua mente era una tabula rasa. Qualsiasi domanda si ponesse, non otteneva risposta: “Come è possibile? Che cosa mi è successo?” Il ticchettio dell’apparecchio per il monitoraggio dei segni vitali si fece sempre più rapido, mentre il respiro diventava sempre più affannoso. La porta fu spalancata da un uomo, che si avvicinò rapidamente al letto, afferrando il polso del paziente e parlando dolcemente: “Si calmi, John. Respiri… così… lentamente… inspiri… espiri… bravo… continui così… bene…”
Il ticchettio dell’apparecchio cominciò a rallentare. John iniziò a respirare normalmente. Il medico gli tenne il polso fino a quando il paziente si calmò completamente: “Sono il dottor Paul Banner. Sono il suo medico da quando è stato ricoverato.”
“Dove… perché… da quanto…” sussurrò John, con un filo di voce rauca.
“Si trova all’Ospedale Saint Bartholemew di Londra. È stato tenuto in coma farmacologico per due giorni, dopo essere stato coinvolto in un incidente ferroviario.”
“Non… ricordo…”
“Si tratta di una condizione momentanea e normale…”
“NON.RICORDO.NULLA!” Urlò John, nel tono più alto che riuscì a trovare.
Il dottor Banner lo fissò interdetto: “Nulla?”
“Nulla. Chi sono. Cosa faccio. Se ho famiglia. Nulla,” ribadì John, in un sussurro.
“Capisco. Farò venire un neurologo e faremo degli esami. Il trauma cranico potrebbe essere la causa della sua perdita di memoria. Non deve agitarsi. Le faccio somministrare un blando sedativo, ma non vorrei darle una dose troppo forte. Capisco che la situazione le possa sembrare disperata, ma, quando si riportano ferite come le sue, è possibile soffrire di un’amnesia temporanea. Nella maggioranza dei casi, si risolve senza interventi. Forse ci vorrà un po’ di tempo, ma non deve perdere la speranza.”
“Il tempo risolve ogni cosa?”
“Le statistiche sono tutte a suo favore,” sorrise il dottor Banner.
“Spero che abbia ragione. È così… strano…”
“Si riposi. Faremo gli accertamenti necessari.”
John sentì le palpebre nuovamente pesanti. Non lottò per rimanere sveglio. Forse, quello era solo un brutto sogno e al risveglio avrebbe scoperto che era tornato tutto alla normalità.


John si svegliò da un sonno agitato e notò una donna seduta accanto al letto, che lo fissava con apprensione. Il giovane osservò la donna, cercando di ricordare chi fosse. Era minuta e bionda. Doveva avere superato da poco i cinquanta anni. Gli occhi azzurri erano cerchiati da profonde occhiaie scure. Sembrava che negli ultimi giorni avesse pianto molto e dormito poco. Per quanto frugasse nella propria memoria, John non aveva proprio idea di chi fosse quella donna: “Buongiorno, signora,” la salutò.
La donna si portò le mani alla bocca, prima di rispondere: “Non… non sai chi sono?” Domandò, esitante.
“Mi dispiace, non la riconosco. Non ricordo nulla del mio passato…”
La donna prese una mano di John fra le proprie: “Povero caro, mi dispiace tanto,” sussurrò.
“Immagino che ci conosciamo. Siamo parenti?”
Per un attimo, la donna abbassò lo sguardo, come se si vergognasse di guardare il giovane uomo negli occhi. Fu un lampo, che John non fece in tempo a notare: “Io… io… io sono tua madre,” disse infine la donna.
“Oh.”
“Il medico ci ha riferito che hai perso la memoria,” riprese la donna.
“Mi dispiace…”
“Non è colpa tua, caro. – la donna interruppe John, stringendogli la mano con più forza – L’importante è che tu sia vivo… per il resto… forse la memoria tornerà… anche se non dovesse succedere… ti costruirai nuovi ricordi…” la voce si ruppe, come se la donna non potesse aggiungere altro.
John non sapeva che cosa dire o fare. Quella donna gli era completamente estranea, ma provava una certa compassione per una persona che non era più riconosciuta dal proprio figlio: “Mi vuole… vuoi… raccontare qualcosa sulla nostra famiglia?”
“Volentieri. – sorrise la donna – Io mi chiamo Allyson Mills. Ho incontrato tuo padre, la mia anima gemella, quando eravamo entrambi alle superiori. Lui si chiamava Dean Rowling. Quando si è creato il legame, è stato uno dei giorni più belli della mia vita. Ci siamo sposati appena abbiamo terminato l’università e sei arrivato tu. Siamo stati molto felici. Veramente. Alcuni anni dopo è nata tua sorella Kathy. Purtroppo… purtroppo Dean è morto in un grave incidente stradale. Eravamo rimasti soli. Tu, Kathy ed io. All’inizio è stato molto duro. Tu avevi appena nove anni, Kathy sei. Io… io mi sentivo completamente persa, senza tuo padre. Poi… poi… un giorno ho incontrato un altro uomo. Si chiama Trent Davemport. Ero a una festa di compleanno di una collega. Lui era un amico di un amico della mia collega. Trent mi ha fatto ridere… era tanto tempo che non ridevo in quel modo. Mi ha fatto riscoprire la gioia di vivere. Mi ha fatto sentire ancora bella e desiderabile. Me ne sono innamorata e ci siamo sposati. Tu non hai voluto assumere il suo cognome, perché ti sembrava di rinnegare tuo padre. Alcuni anni dopo sono nati i gemelli. Hai sempre voluto bene ai tuoi fratellastri. Ora hanno tredici anni. Tu hai lasciato la nostra casa, quando hai compiuto diciotto anni e ti sei arruolato nell’esercito. Kathy ha trovato la propria anima gemella e si è sposata con lui. Purtroppo, anche Kathy ci ha lasciato. Lei era rimasta incinta. Ci sono state delle complicazioni durante il parto. Il suo bambino è nato e sta bene, ma tua sorella è morta. Tu sei stato congedato con onore dall’esercito, dopo essere stato ferito durante una missione in Afghanistan. Ora ti trovi in ospedale, perché stavi venendo a Londra in treno, quando il convoglio su cui viaggiavi è deragliato. Ci hai fatto spaventare, ma non hai riportato ferite gravi.”
La donna si fermò. Mentre raccontava della propria storia, aveva mantenuto un tono basso e uniforme. Lo sguardo era assente, lontano, come se stesse rivivendo le gioie e i dolori, che avevano punteggiato la sua vita. John la aveva ascoltata con attenzione, ma niente, di quello che la donna aveva narrato, gli aveva acceso qualche ricordo: “Mi dispiace per le tue perdite. È stata una vita difficile,” si sentì in dovere di mormorare, per consolare la madre.
La porta si aprì e un uomo alto, moro, con profondi occhi verdi, fece il proprio ingresso nella stanza. Il suo portamento era elegante. I vestiti che indossava erano molto costosi. Il suo atteggiamento arrogante e sicuro, come se quell’uomo fosse il padrone del mondo intero: “Come stai John?” Chiese, con un sorriso freddo, che non raggiunse gli occhi.
“Meglio. Grazie. Lei chi è?” Ribatté John, irrigidendosi.
“Sebastian Moran,” rispose l’uomo, come se questo spiegasse tutto.
John lo fissò seriamente, in attesa di ulteriori spiegazioni. Fu la madre a presentare l’uomo: “Sebastian è stato il marito di tua sorella Kathy. Voi non vi siete mai incontrati. Quando Sebastian e Kathy si sono sposati, tu eri all’estero e non sei riuscito a ottenere un permesso per presenziare alle nozze. Alla morte di tua sorella eri ricoverato in un ospedale militare lontano da Londra e non eri in grado di sostenere un viaggio per venire al funerale.”
“Ho parlato con il medico. Mi ha detto che non ricordi nulla. Immagino che in quel nulla sia compreso anche il nostro matrimonio,” intervenne Moran.
“Matrimonio?” Chiese John, interdetto.
“Il nostro. La cerimonia si terrà fra quindici giorni. Fra una settimana ci sarà una festa per presentarti in società, ai miei amici e conoscenti,” rispose Sebastian, in tono secco e perentorio.
“E perché mai dovremmo sposarci, se non ci conosciamo nemmeno?”
“Perché questa è la tradizione. Hai accettato il mio anello, John. È quello che porti all’anulare della mano sinistra. Hai firmato il contratto prematrimoniale. Non mi interessa che tu non ricordi nulla. Mantieni la parola data o taglierò tutti i fondi alla tua famiglia.”
I due uomini si fissarono per qualche secondo. John non sapeva che cosa ribattere. Allyson non osava guardare il figlio negli occhi. Moran sorrise, gelido: “Il medico mi ha detto che ti dimetteranno fra tre giorni. Ti verrà a prendere il mio autista personale, che ti porterà all’hotel in cui ho prenotato le stanze per te e i tuoi genitori, dove alloggerete fino al giorno del matrimonio. Tu, intanto, rispolvera le nostre tradizioni e capirai che non hai altra scelta che sposarmi. A presto,” concluse, girandosi e uscendo dalla stanza.
John fissò a lungo la porta. Non sapeva che cosa pensare. Spostò lo sguardo sulla donna seduta accanto al letto. Gli stringeva la mano convulsamente, ma fissava il pavimento. Lui non ricordava nulla. Il ticchettio del rilevatore dei segni vitali risuonava nella stanza rapido. John si sentiva preso in una trappola, dalla quale non avesse alcuna possibilità di fuggire.  



Angolo dell’autrice

E Sherlock? Dove è il nostro consulente investigativo preferito? Quando comparirà nella storia? Portate pazienza fino a domani. Sherlock Holmes farà il suo trionfale ingresso e la sua strada si incrocerà con quella di John. Qualsiasi sia il suo cognome.

Grazie per avere letto fino a qui. Grazie a chi abbia segnato la storia in qualche categoria.
Grazie a CreepyDoll per il commento al primo capitolo.
Se volete lasciare un commento, siete sempre benvenuti.

A domani!

Ciao!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: mikimac