Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Mari Lace    29/06/2018    4 recensioni
SPOILER. Parte ispirandosi al capitolo 1011.
«Sei vivo!» esclama lei felice, vedendoti sveglio. «Lo sapevo, naturalmente, perché respiravi; ma non ti sei mosso per un po’, e hai tanto sangue… Stai bene?»
#2: «Ho alzato la temperatura», ti spiega. «Così finiamo prima».
Annuisci convinto; è un’idea geniale.

#3: Le prendi le mani. «Fidati di me, ci riusciremo».
Il suo sguardo si accende un po’. «Me lo prometti, Rei?»
Sorridi. «Solo se ti togli quest’espressione brutta dalla faccia».
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Akemi Miyano, Elena Miyano, Rei Furuya
Note: Kidfic, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Promessa




«Insomma, Zero!»

A riscuoterti dai tuoi pensieri è una brusca affermazione: sposti lo sguardo alla tua destra e osservi Wataru, un ragazzino non troppo sveglio che non ha mai niente di meglio da fare che prenderti in giro per i tuoi tratti stranieri. Ha preso a chiamarti “Zero” per dispetto, ma non sa che quel soprannome ti piace. Certo, sentirglielo usare non ti fa impazzire, ma neanche ti ferisce.

Lo guardi annoiato, hai ben altro a cui pensare ora.

«Sei diventato anche sordo?» prosegue lui irritato dal tuo atteggiamento indifferente. Improvvisamente però ghigna. «Oggi sei solo».

Se il suo scopo era indisporti, lo raggiunge. L’oggetto dei pensieri che ti hanno tormentato per tutta la mattinata è proprio quello che lui ha appena sottolineato: lei non c’è.

Akemi non manca mai da scuola. Ti rifiuti di ammetterlo, ma sei preoccupato.

Negli ultimi giorni la tua amica, normalmente sempre solare – anche troppo, a volte – si è incupita.

Non sei riuscito a farti dire cos’avesse; non gliel’hai nemmeno chiesto, in realtà. Ogni volta che avresti voluto provarci lei si stampava un sorriso in faccia e tornava la ragazzina dispettosa e iperattiva di sempre.

Avevi pensato anche che fosse stato tutto frutto della tua immaginazione, ma… la verità è che sei bravo, a capire le persone. Ti capita fin troppo spesso di notare dettagli a cui nessun altro fa caso, di indovinare cosa sta per dire o fare quella determinata persona.

Questo, tuttavia, non vale per Akemi. Lei è imprevedibile, con la sua esuberanza ti stupisce nove volte su dieci. Anche per questo ti piace.

Ma perfino con lei sei in grado di notare se c’è qualcosa che non va.

Ti eri convinto d’esserti sbagliato, che andava tutto bene – ma allora, perché non è venuta a scuola?

Stringi il pugno, un gesto che nelle ultime ore hai fatto spesso. Dove sei, Akemi?

Perso come sei – di nuovo – in questi pensieri, non vedi arrivare il pugno di Wataru.

«Chi ti credi di essere?» ti provoca lui. Si volge verso il resto dei vostri compagni – contro i tre, quattro del suo gruppetto, per la verità. Gli altri non vi prestano attenzione.

«Zero si è montato la testa solo perché Miyano gli va dietro! Poverino, non capisce che la sua è solo pena!»

Ti riprendi presto dal pugno. Lo guardi con disprezzo.

Un tempo ti saresti scagliato addosso a lui, avresti ricambiato ogni colpo finché avessi avuto un briciolo d’energia.

Adesso è diverso, però. Sai benissimo che Akemi s’infurierebbe se ti vedesse fare a botte – è già capitato, e la sua reazione non è stata affatto piacevole.

 

«È sbagliato, Rei!» ti ha gridato contro. È imbronciata. Non l’hai mai vista guardarti così… è delusione, quella che scorgi nei suoi occhi? Ti ferisce, più dei lividi che ti hanno procurato gli altri bambini.

«Che ne vuoi sapere tu?» ribatti arrabbiato. Akemi è la tua unica amica; perché non capisce?

Non sei stato tu ad iniziare, sono stati loro. Come sempre.

Difenderti è l’unica cosa che puoi fare.

«Mamma dice sempre che picchiarsi è sbagliato!»

«Anche tu hai picchiato Yuma e Saito, l’altro giorno! Ti ho vista!»

A quell’accusa la vedi arrossire. «Sei uno stupido!» urla con le lacrime agli occhi. «Stupido, stupido Rei!»

Non ti piace che ti chiami così.

«Sì, sono stupido a stare qua!»

Te ne vai arrabbiato. Non pensi davvero ciò che hai detto, ma questo lo capisci solo dopo.

Dopo quella litigata, non vi siete più parlati per due settimane, limitandovi a guardarvi storto in classe.

Quel periodo è uno dei tuoi ricordi più brutti. Per farvi far pace è intervenuta Elena, sua mamma, e tu ti sei ripromesso di non farla più arrabbiare in quel modo.

 

Ora resisti alla tentazione di assestare un pugno sul naso del tuo compagno, limitandoti a guardarlo storto.

«Io almeno non ho bisogno di essere circondato da ragazzini insicuri per nutrire il mio ego».

Speri di averlo detto bene; te l’ha spiegato Elena, che chi ti prende in giro lo fa solo perché ha un ego molto fragile, ma non sei sicuro di averlo capito fino in fondo.

Dirlo, però, ti fa sentire importante. E poi, se anche avessi sbagliato un termine sai bene che Wataru e i suoi amichetti non se ne accorgerebbero.

Ti guardano tutti confusi, infatti. Ti alzi.

«Che hai detto?» ti dice Wataru con il suo tono più insolente. Non ti inganna: vedi chiaramente che è a disagio. Si rivolge di nuovo agli altri ragazzi. «Lo straniero si è dimenticato il giapponese!»

Un paio di loro ride, ma gli altri sembrano incerti. Uno si fa timidamente avanti.

«Non so, Taru… a me sembrava un po’ un insulto. Anche se non ho capito».

La faccia del ragazzino diventa tutta rossa; ti guarda furioso e carica un altro pugno, ma stavolta lo vedi arrivare. Ti sposti due secondi prima che ti colpisca, e Wataru cade rovinosamente a terra, sbattendo sulla tua sedia.

«Zero!!» urla furioso, ma tu già non gli dai più retta.

Hai preso una decisione e sei uscito dall’aula; sai bene come lasciare la scuola senza essere notato, le ultime lezioni di oggi dovranno fare a meno della tua presenza.

Trovare Akemi è più importante.

 

Hai girato come un matto per due ore, cercandola in tutti i posti che frequentate di solito, sei passato persino a casa sua; praticamente ti manca solo la clinica dei suoi genitori, ma esiti ad andarci: se Akemi non fosse neanche lì, cosa potresti dire a sua madre?

Ti ci avvii comunque, incerto, ma resti folgorato a metà strada.

Quello lì accanto è… il parco dove avete parlato la prima volta.

Tendi ad evitare quella zona, perché ti riporta brutti ricordi alla mente, ma… è lì che hai incontrato Akemi. Possibile che sia lì?

Possibile o meno che sia, decidi di controllare. Entri nel parco.

Non impieghi molto ad individuare una figura rannicchiata vicino allo scivolo, ma quando sei più vicino ti accorgi che sta singhiozzando.

Ti congeli sul posto.

Non ti piace vederla piangere.

La raggiungi e ti accucci accanto a lei. «’kemi, che fai qui?»

Lei sobbalza, spaventata, e per poco non ti fa venire un infarto.

«Sono io» mormori, confuso dalla sua reazione brusca.

Ti guarda ancora un po’ scioccata; dopo qualche secondo ti sembra che si tranquillizzi.

«Non ti ho sentito arrivare…» dice. Un attimo dopo, te la ritrovi tra le braccia incerto su come ci sia finita. «Rei… non voglio…»

D’istinto, la circondi con un braccio e le dai qualche pacca gentile sulla spalla. Non è mai successo prima, quindi non sai bene come comportarti, ma sembra che voglia sfogarsi e decidi di assecondarla.

«Cos’è successo?»

Lei continua a piangere sulla tua spalla. «…iho…»

«Non si capisce niente» commenti piatto. Vorresti aiutarla, ma se non si fa capire non puoi far nulla.

«Shiho!» urla lei, sempre contro la tua spalla. La senti tremare. «Vogliono portarla via…»

Spalanchi gli occhi. Non sapevi cosa aspettarti, ma certo non questo; chi poteva portar via sua sorella?

«Di che parli, Akemi? Chi è che vuole portarla via?»

Lei continua a singhiozzare, ma si fa forza e ti risponde. «Li ho sentiti… mamma e papà litigavano con quegli uomini… quelli sempre neri… la prenderanno…» improvvisamente si stacca da te. «Io non voglio!» urla arrabbiata e triste insieme.

Rimani un po’ spiazzato.

«Elena non lo permetterà» affermi, convinto. Non hai capito molto di quella storia, ma le persone non possono semplicemente venire e prendersi i bambini degli altri, no?

«Mamma ha paura» ti confessa Akemi, «l’ho visto. E ho paura anch’io».

«Non devi!» esclami con impeto. «Proteggeremo Shiho insieme! Ce la possiamo fare!»

La vedi tirar su con il naso. Le lacrime hanno smesso di scendere, ma ha ancora gli occhi lucidi.

«Ne sei sicuro?» mormora. «Papà dice che quegli uomini sono pericolosi…»

«Certo!» ribadisci. Non sai chi siano, ma vuoi proteggere il sorriso di Akemi a tutti i costi.

Vederla così ti fa troppo male.

Le prendi le mani. «Fidati di me, ci riusciremo».

Il suo sguardo si accende un po’. «Me lo prometti, Rei?»

Sorridi. «Solo se ti togli quest’espressione brutta dalla faccia».

Fa un salto indietro. «Che cattivo!!» esclama, stropicciandosi il viso. «E io che stavo pensando che da gentile eri quasi carino!»

Ridi, perché finalmente rivedi l’Akemi di tutti i giorni. Sei riuscito a distrarla.

Ti avvicini a lei, che continua a guardarti in cagnesco. «Se vuoi prendermi ancora in giro…»

La zittisci poggiandole un dito sulle labbra.

«Te lo prometto, ‘kemi».



  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Mari Lace