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Autore: Ara_Gog    30/06/2018    2 recensioni
Sherlock e John si trovano a doversi fingere una coppia in vacanza in Italia e passano una giornata in un parco divertimenti.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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A Study In Fun
John era rimasto interdetto per qualche istante quando il suo coinquilino lo aveva informato che a breve avrebbero fatto un viaggio in Italia con il proposito di indagare riguardo un certo criminale inglese che, per sfuggire alla giustizia si era rifugiato nella famosa penisola, continuando a gestire la sua attività da lì. Ma quello che aveva veramente sorpreso l'ex soldato, erano le identità che avrebbero dovuto assumere e l'ingombrante tatuaggio di un favo e di alcune api che spiccava sulla pelle nivea di Sherlock, vestito altrimenti solo dei boxer. Il detective spiegò in seguito il piano: sarebbero atterrati sul suolo italico come Victor (Sherlock) e Jared (John) Trevor, una coppia inglese in visita in un parco divertimenti ed avrebbero soggiornato nell’hotel affiliato. Ora il suo amico lo fissava, in attesa di una risposta, ma le uniche parole che riuscì ad articolare furono: 'Da quanto cazzo hai questo... Coso?' Il consulente investigativo lo guardò come se avesse appena fatto una domanda molto stupida e gli rispose in maniera annoiata: 'Beh, da quattro giorni e un po'. È per il caso: intendo calarmi perfettamente nella parte. E poi era da un sacco di tempo che avrei voluto farmi un tatuaggio, aspettavo solo di trovare qualcuno di non totalmente incapace. A proposito, ho bisogno di qualcuno che mi rasi i capelli.' e sventolò un rasoio elettrico. Il blogger non aveva ancora ben in chiaro il motivo di tutta quella messa in scena, ma decise che sarebbe stato divertente, anche se avrebbe dovuto fingere di essere il compagno del suo migliore amico e -diamine- lui non era gay. Se Sherlock si stava impegnando così tanto, avrebbe dovuto fare qualcosa anche lui, pensò Watson, mentre i capelli ricci e corvini di Holmes lasciavano la sua testa per posarsi disordinatamente sul fondo della vasca da bagno in cui si era seduto per non spargerli dappertutto. Dopo aver cenato, John Watson preparò il tè e raggiunse la figura immobile, appoggiandogli la tazza sul piccolo tavolo poco distante. Indugiò un attimo, pensando a cosa fare. Optò per una fugace scompigliata ai capelli ormai cortissimi. Sherlock spalancò gli occhi e gli rivolse un sorriso con un'occhiata d'intesa: era stato lui a chiedergli di cominciare a calarsi nei panni di suo marito, così da non commettere errori una volta arrivati in Italia; John si era adatto di suo malgrado: anche lui voleva che le loro coperture fossero credibili. Appena furono entrambi comodi nelle loro poltrone, il moro cominciò ad esporre tutti i dettagli del caso: 'Allora... Il nostro uomo è ricomparso la settimana scorsa dopo quindici anni, o meglio, i servizi segreti hanno scoperto solo quattro giorni fa la sua nuova identità: Giacomo Moretti; un po' scontato, non trovi? Calcolando che il nostro caro Giacomo, qui in Inghilterra, è conosciuto come Jim, Jim Moriarty. Ma non è questo l'importante. Quindici anni fa, Moriarty fu condannato per crimini contro gli omosessuali con il massimo della pena. Il giorno dopo, quando andarono a controllare la sua cella, non c'era più. Nessuna anomalia registrata dalle sette telecamere puntate sulla porta, nessun allarme suonò, le due guardie non si accorsero di nulla, nemmeno le telecamere esterne che sorvegliavano il piccolo oblò della cella. Era semplicemente sparito. Affascinante, non credi? Probabilmente, dopo tutti questi anni, ha abbassato un po' la guardia; ma alcune persone cominciano a scomparire con sempre più frequenza vengono denunciate scomparse dopo essere stati a Mirabilandia -è questo il nome del parco divertimenti- e le famiglie dichiarano quasi tutte che le vittime sono omosessuali. Ho ragione di credere che abbia cominciato a sequestrare queste persone con l'intenzione di torturarli o sfruttarli per fare lavori di fatica "dietro le quinte" del parco, naturalmente in condizioni disumane. Probabilmente è riuscito a ricomporre la sua rete di conoscenze, altrimenti non saprei proprio come potrebbe fare tutto da solo senza riuscire a farsi notare dai dipendenti... Insomma, nessuno sarebbe così stupido, no? Partiremo tra cinque giorni, Mycroft ci porterà domani i nostri documenti e... Con questo spero di averti spiegato anche il perché della nostra copertura' detto ciò, rivolse un sorriso al suo ascoltatore e giunse le mani sotto il mento, rinchiuso nel suo palazzo mentale. La mattina seguente, John si svegliò prima e cominciò a mettere la colazione in tavola e mentre osservava le bolle che cominciavano a salire dall'acqua nel pentolino, si sentì avvolgere dai lunghi arti del giovane Holmes ed il suo primo pensiero fu quello che fosse impazzito, ma poco dopo si ricordò che stava solo recitando la sua parte di marito e si rilassò un po': 'Buongiorno, principessa!' lo schernì, ma presto la sua risata si trasformò in un lamento, perché Sherlock aveva deciso di punirlo per quella mancanza di serietà con un morso: 'John, non credo che il tuo continuare a scherzare quando cerco di calarmi nella parte sia molto professionale.' Quattro giorni dopo, i coniugi Trevor, atterrarono a Bologna in perfetto orario, trascinando i loro trolley in giro per l'aeroporto e tenendosi la mano come una perfetta coppia. Holmes, con i capelli corti, i bermuda strappati ed il tatuaggio appena cicatrizzato che spuntava dalla canotta larga viola scuro, sembrava un ragazzo alla moda qualunque. Watson, dal canto suo, aveva scelto un look più semplice: una canottiera beige a spalle larghe molto aderente che evidenziava la sagoma dei muscoli e dei bermuda cargo, con molte tasche che erano tornate utili per intascarsi la piccola saliera monodose in omaggio sul volo. Al dottore non dispiacque per nulla il fatto di essere stato preso per mano davanti a tutti, anzi provò soddisfazione quando, con la coda dell'occhio, vide due ragazze stringere le labbra in segno di delusione, nel vedere che il bel ragazzo tatuato era già stato prenotato. In fondo, si disse, non c’è nulla di male, stavano solo recitando una parte ed il senso di piacere che gli si stava propagando nella pancia era dovuto solo ed esclusivamente al fatto che il piano stava filando liscio, cosa da non dare per scontato se accettavi di partire con Sherlock Holmes o, come si sarebbe dovuto ricordare di chiamarlo, Victor Trevor. Dopo poco riuscirono a trovare un taxi e lasciò sbrigare al consulente investigativo il difficoltoso compito di spiegare al conducente la loro destinazione. Il blogger, come di consuetudine, rimase affascinato dalle capacità di adattamento dell'amico che era riuscito a spiegare in italiano in quale hotel li dovesse portare. Poco dopo si addormentò -o almeno così sembrava- sulla sua spalla, finché non si fermarono davanti all'ingresso di un lussuoso hotel. John seguì l'altro all'interno fino al banco della reception, dove riuscì a capire qualche parola dalla conversazione che Sherlock stava avendo con la receptionist e, da quello che capì, il suo "partner" stava facendo battutine allusive su come avrebbero speso il loro tempo in camera. Insomma: si era calato perfettamente nella parte. 'La camera è ben insonorizzata? Sa, è un po' rumoroso e non vorrei che i vicini venissero disturbati.' Disse serio l'ex soldato, alludendo a quel poco che aveva capito della conversazione di poco prima, quando le porte dell'ascensore si chiusero completamente lasciandoli soli. 'Non posso rischiare che qualcuno venga a conoscenza di importanti informazioni riguardo al caso, fingere di essere una coppia ha qualche vantaggio' rispose altrettanto serio il moro, ma poi cambiò espressione e con una punta di malizia aggiunse: 'E poi non fingere che non sia vero, Jared. Anche un sordo potrebbe udire i gemiti che provengono dalla tua stanza quando porti Sarah a casa, dopo aver fatto il turno di notte in ambulatorio, quando credi che io stia già dormendo.' Il medico si sentì arrossire fino alla punta dei capelli ed istintivamente si grattò il braccio sul quale ora indossava un bracciale dei colori dell'arcobaleno e la scritta "PRIDE LONDON 2017" in nero, in silicone identico a quello del suo coinquilino, come ulteriore dimostrazione del fatto che fossero una coppia. Decise stare al gioco: 'Sarah chi? Lo sai che non dovresti essere geloso, non è nessuno per me, sei il mio unico amore e desidero solo te.' Sperò che il sarcasmo fosse chiaro nella sua voce, ma uscendo si presero comunque la mano. Forse, se il medico non fosse stato così impegnato a rivolgere teatralmente gli occhi al cielo, avrebbe notato l'espressione rabbuiata che, per un istante, era comparsa sul volto del suo compagno di stanza. Forse. Al momento di coricarsi avevano già avuto occasione di mostrarsi al buffet della cena e mangiare uno dalla forchetta dell'altro qualche boccone, a detta di Holmes, al fine di farsi notare da uno dei tirapiedi di Moriarty che sarebbero stati sicuramente presenti nell'hotel, dato che erano in società. Ma al momento di sdraiarsi accanto al moro con cui si era scambiato tenerezze per tutto il giorno, al biondo sembrò bloccarsi dall'imbarazzo, rimanendo a fissare Sherlock ai piedi del letto così, l'altro, che era già sdraiato e con le mani giunte come era solito fare quando pensava, spalancò gli occhi e non potè fare a meno di dedurre i pensieri della figura muscolosa che stava in piedi al bordo del letto. 'Non allungherò le mani, rilassati: ho buone ragioni per pensare che non ci siano telecamere o microfoni nascosti qui dentro. Non potrebbero scoprire le nostre intenzioni.' 'E le nostre intenzioni sarebbero quelle  di...' Il detective sospirò: 'John, capisco che tu sia preoccupato ma, francamente, non ne hai ragione. Sono sicuro che, seguendo il mio piano, saremo notati nel giro di pochi giorni da Moriarty che, essendo il direttore del parco, ha libero accesso alle telecamere di sicurezza e potrà studiarci con tutta calma ed in poco tempo passerà all'azione. Sono certo che-' 'Aspetta un'attimo. Noi ci stiamo fingendo gay sotto gli occhi di uno psicopatico condannato per crimini contro gli omosessuali? Devo essere completamente pazzo per aver accettato di accompagnarti! Ed una volta che ci avrà notati, cosa credi che farà, ci inviterà gentilmente a bere un the? Se posso dire la mia: non credo proprio! Quel tizio ha torturato e fatto sparire delle persone, non voglio finire così la mia vita, per l'amor del cielo! E dimmi, perché io di certo non lo so, per quale assurdo motivo io, quattro giorni fa ho accettato di seguirti fino a qui!' Watson respirò a fondo, cercando di calmarsi, ma aspettava ancora una risposta e non gli importava che fosse stupida o scientifica, voleva solo addossare la colpa a qualcuno o a qualcosa che non fosse il suo solito modo avventato di prendere decisioni stupide. Fu accontentato. 'Perché tu, John Hamish Jared Watson Trevor, mi ami.' Pronunciò queste parole con gli occhi socchiusi, come per godersi l'effetto che avrebbero fatto mentre uscivano dalle sue labbra e quando li riaprì, fissò l'altro che ricambiò lo sguado, prima di lasciarsi andare ad una fragorosa risata per una battuta che capivano solo loro due. La paura di essere catturati era solo un ricordo. John spostò il peso da un piede all'altro, poi sembrò prendere il coraggio per sdraiarsi accanto alla lunga figura a cui, comunque, non si avvicinò, rispettando il suo spazio vitale. 'Shellock...' chiamò il medico con la voce impastata dal sonno dopo qualche ora che avevano spento le luci. 'Cosa c'è, John?' Sembrava ben sveglio, probabilmente era rimasto a pensare fino a quel momento nel suo palazzo mentale. 'Cosa facciamo domani?' Aveva avuto paura nel chiederlo, non sapeva cosa aspettarsi, ma sapeva che i metodi che adottavano di solito non erano molto... Convenzionali, ecco. 'Domani, per la verità, faremo più o meno quello che abbiamo fatto oggi. Il nostro Giacomo Moretti, come ti ho già detto, copre qualche posizione di rilievo nel parco e ti ho già detto anche che non siamo riusciti a risalire ad alcun organigramma  dell'azienda. Probabilmente non esiste e con qualche strana ragione, non possiamo risalire nemmeno ad una lista dei dipendenti... È assurdo!' E così dicendo, estrasse quello che sembrava un biglietto da visita dai pantaloni del pigiama e lo appoggiò sul ventre dell'ex soldato, che sussultò per quel contatto così intimo ed inaspettato; curioso, accese la piccola lampada accanto al letto per capire se evidentemente si trattava di qualche biglietto da visita. Lo analizzò per qualche istante e disse: 'Allora... Diritti nella tana del lupo, eh? Spero di poterne usufruire pienamente... Domani quindi noi ce ne andremo in giro come gente normale in un parco divertimenti normale?' Continuava a guardare quello che aveva intuito essere un biglietto d'ingresso che, prima di accendere le luci, aveva scambiato per un biglietto da visita. 'Beh, sì. Gireremo per il parco salendo sulle attrazioni cercando di farci notare. Come ti avevo anticipato, più o meno quello che abbiamo fatto oggi.' 'Già... Buonanotte, Sherlock.' 'Buonanotte, amore.' Il detective si addormentò con l'immagine del suo insolito compagno di letto che gli rivolgeva un sorriso confuso e poi del pugno scherzoso sull'avambraccio con le ultime parole che pronunciò quel giorno: 'Smettila, idiota. Credi che abbiano nascosto un registratore nel biglietto?' 'Cerca di non pensare al fatto che uno psicopatico ti stia osservando da tutte le telecamere, ok?' Sussurrò Sherlock all'orecchio di John chinandosi appena e cingendogli il fianco con il braccio destro. 'Grazie. Veramente, grazie! Secondo te non ci sarei arrivato da solo? È come dire "non pensare ad un grosso elefante rosa" è impossibile non pensarci, dal momento che me lo ricordi!' C'era irritazione nella sua voce e Sherlock non potè fare a meno di notare che il suo partner era piuttosto nervoso e quella risposta non fece altro che confermare le sue impressioni. Ne rimase comunque offeso. Cominciarono col mettersi in fila per un'attrazione probabilmente ispirata al mondo della Formula Uno ed era piuttosto gettonata: i cartelli segnalavano almeno quaranta minuti di attesa. Poco male: avrebbero potuto sfruttare il tempo per mettere in atto la loro piccola recita, fatta di piccoli gesti affettuosi, teste appoggiate sulle spalle dell'altro e frasi stucchevoli sussurrate all'orecchio. Uscirono dalle strette corsie che portavano all'uscita di un gioco particolarmente bagnato e si strinsero nello stesso asciugamano, pelle contro pelle, quella leggermente abbronzata del biondo che frizionava contro quella chiarissima e cosparsa di crema solare del moro, le canotte dimenticate disordinatamente in fondo allo zaino Eastpack nero con alcune api ricamate. Si diressero ad un piccolo ristorante sul piccolo lago artificiale e ordinarono entrambi un "menù 1" e si diressero ad uno dei tavoli pieno di briciole: chiunque si fosse seduto lì prima di loro, non si era preoccupato di dimostrare un po' di educazione e le cameriere erano evidentemente occupate a servire tutte quelle persone accalcate davanti alla cassa. John Watson rimase a guardare il suo migliore amico mentre scattava foto al vassoio pieno di cibo e si premeva contro di lui per coinvolgerlo in una foto fingendo un broncio come un adolescente e lo imitò. 'Awww... Favolosi! Jared, questa va su Facebook!' L'altro era piuttosto divertito e cominciava a capire perché a Sherlock piacesse tanto travestirsi e recitare, anche era piuttosto convinto che stesse calcando un po' troppo la mano. Insomma, conosceva alcune coppie gay, ma nessuno di loro faceva così tante scenate e, a dirla tutta, nemmeno le coppie etero. Non vedeva nulla del genere da quando aveva cominciato a guardare -del tutto casualmente, eh- "Queer As Folk". Forse glielo avrebbe fatto notare quella sera, quando si sarebbero ritrovati soli in camera. Uscendo dal bagno pubblico il medico cercò il detective con lo sguardo e lo notò dietro un muro abbastanza appartato che cercava di attirare la sua attenzione così lo raggiunse, trovandolo con le spalle appoggiate al muro. 'Victor, cosa c'è? Sinceramente non credo di aver notato nulla di strano, a parte alcune occhiate disgustate di alcuni ragazzini. Ma non credo che-' Si interruppe a metà della frase quando vide un uomo in un elegante completo spuntare da dietro il muro e, agendo d'istinto, intrappolò uno Sherlock decisamente sorpreso tra il proprio corpo ed il muro, affondando il viso nel suo collo, dischiudendo le labbra e cominciando a succhiare la pelle di quel improbabile amante, fingendo un improvviso accesso di passione. Forse i suoi nervi erano stati messi veramente a dura prova ed i suoi "problemi di fiducia" si stavano ripresentando, ma un uomo vestito in maniera così elegante in un parco divertimenti, gli dava una brutta impressione. Quando un gemito soffocato sfuggì dalla bocca dell'uomo che aveva sempre reputato al di sopra di quel genere di cose, si accorse che l'uomo elegante era già sparito e che, al posto delle sue labbra, ora sul collo del moro spiccava un vistoso succhiotto. Cominciò a sentire molto caldo e si allontanò balbettando delle scuse. 'Scusa... È che ho visto quel tizio apparire dal nulla ed ho pensato che era Moriarty o uno dei suoi amici... Ho pensato più in fretta possibile ad una scusa del perché ci trovavamo qui e... Beh, scus-' 'Che fosse e del perché ci trovassimo qui. A meno che le prossime scuse non siano rivolte alla grammatica, non voglio più sentirne. Il tuo è stato il miglior modo in cui potessi agire, non rimproverarti per questo.' Così dicendo si indicò la macchia livida che stonava su quella pelle altrimenti inviolata e si immerse di nuovo nella folla cingendogli la vita in maniera del tutto naturale. Disteso a pancia in su, John stava aspettando che Sherlock uscisse dal bagno e pensava a cosa gli avrebbe detto quando si sarebbe disteso accanto a lui. ‘Sherlock-’ ma il resto della frase rimase sospeso, dato che dovette rimproverare il suo compagno di stanza che aveva avuto la bella idea di liberarsi di tutti gli indumenti, facendo così risaltare ulteriormente il succhiotto ed il tatuaggio. ‘Non credi che sarebbe più educato da parte tua indossare almeno un paio di mutande? Sai lo apprezzerei molto, dico davvero!’ Il detective, per tutta risposta, scrollò le spalle ed andò a recuperare un pigiama estremamente fuori stagione, dati i ventisette gradi esterni e si infilò guanti e calzini. ‘Non credi di aver esagerato? Ti stavo solo facendo notare che sarebbe stato un po’ imbarazzante stare nudo nel letto con me.’ ‘Le prenderò come delle scuse, anche se non credo di avere un fisico terribile come mi hai lasciato intuire.’ ‘Ma certo che no! Cioè, è evidente, ma non mi pare una scusa valida.’ Ridacchiò e, dopo aver dato un’occhiata all’orologio appeso di fronte al letto, si sentì veramente molto vecchio. ‘Sherlock, ti sei ricordato di prendere le pastiglie per il colesterolo? E quelle per il cuore? Vuoi una tisana al finocchio? Perché, se continuiamo così, domani potremmo cercare un centro diurno per anziani. Cazzo, Sherlock, sono le otto e mezza e noi siamo già a letto… Mi faccio schifo da solo! Chiamo un taxi e tra mezz’ora usciamo.’ ‘Daaai… Sarà così noioso!’ Ribattè l’altro voltandosi su un fianco, rivolgendo la schiena al dottore. ‘Ma perché non possiamo mai andare in un pub? È così difficile fingersi normali per una sera?’ Forse il detective si sentì in colpa, quindi si alzò per dirigersi velocemente verso il bagno dove si sarebbe vestito. Trenta minuti dopo, come da programma, stavano aspettando il taxi nel parcheggio dell’hotel. Il biondo, della conversazione avvenuta tra il suo amico ed il tassista, comprese solo alcune parole come “pub” e “vicino”, così aspettò soltanto di arrivare a destinazione, che capì essere un pub nel centro abitato più vicino. Quella sera la programmazione prevedeva musica folk irlandese e, appena entrarono, di tacito accordo presero posto in un tavolo rotondo in fondo alla sala. ‘E non parlarmi così… Lei non mi parlerebbe mai così!’ Dichiarò solennemente stringendosi la bottiglia quasi vuota al petto con un certo affetto. Ovviamente si stava rivolgendo a Sherlock e parlava della birra. Il povero consulente investigativo aveva contato nove bottiglie di birra che si erano esaurite nella gola dell’amico e glielo aveva appena fatto notare, mentre lui sorseggiava appena la seconda. Forse cedere alle sue richieste non era stata un’idea così brillante. Intanto John aveva ripreso a parlare e si era proteso verso di lui con un fare cospiratorio. ‘Sai, io non sono di qui, ma non sono nemmeno di là… Cioè, forse sono più di qua, ma quello che abbiamo fatto in questi giorni… Credo di essere Holmessessuale’ Holmes sorrise involontariamente a quell’errore di pronuncia, consapevole di quanto l’amico fosse ubriaco. ‘John, sono sicuro di due cose in questo momento: in primo luogo si dice omosessuale, non Holmessesuale; in secondo luogo, sei abbastanza ubriaco da non essere più capace di intendere e di volere, quindi è mio dovere portarti in albergo e metterti a letto fino a domani mattina, quando ti renderai conto della grande stronzata che hai fatto stasera ubriacandoti.’ Ma non fece in tempo ad alzarsi che il medico lo precedette alzando un dito autorevolmente. ‘Tu puoi mettermi in bocca tutto, meno che parole non mie! So di non essere omosessuale e so cosa vuol dire, ma ti assicuro che, se tu sei Sherlock H-O-L-M-E-S, io sono Holmessessuale!’ Detto questo si accasciò sulla sedia finché Sherlock non lo afferrò e, sorreggendolo, lo diresse fuori dal pub, dove il taxi li stava già aspettando. Il povero Sherlock dovette subire i deliri del suo amico per tutto il tragitto che, poggiando la testa sul suo petto continuava a parlare a macchinetta. ‘Oh, tu non hai le tette, ma va bene così. Mi piace che sei piatto, va bene. Oh, amo il tuo tatuaggio, ti bacerei ogni millimetro di quello stupido coso delle api. Ma sai cos’è più stupido del tuo tatuaggio? Eh?’ Allora gli rispose, cercando di trattenersi dal fargli un video e mandarlo a tutte le (insulse) ex del dottore. ‘John, sei troppo ubriaco per formulare un pensiero che abbia senso, figurati una frase. Quindi, ti prego, non sforzarti. Ah, per la cronaca si dice che tu sia piatto e, il mio tatuaggio, rappresenta un favo: un’insieme di celle esagonali, a base di cera d’api, costruiti dalle api al fine di conservare pollini, cera e larve. Ed ora, cosa c’è di più stupido del mio tatuaggio?’ Chiese, fingendosi seriamente interessato, ma la risposta che gli fu data non fece altro che metterlo ulteriormente a disagio. ‘Sei tu, vedi che ho ragione? Guardi ma non guardi, lo dici sempre a me, ma in realtà dovresti dirlo a te stesso. Ti accorgeresti di come ti guardo, di come cerco di tenermi fisicamente lontano da te ma, no, tu sei un idiota e non lo capiresti mai signor “Genio della Deduzione”, troppo inesperto? Forse. Secondo me sei vergine. Perché Mycroft aveva ragione, non è vero? Così al di sopra di queste cose, forse non sai nemmeno da dove cominciare, ma lasciami dire una cosa…’ Il consulente investigativo stava ancora aspettando che continuasse e, quando credeva che si fosse addormentato nel bel mezzo del discorso, si sentì strattonare dalla maglia verso il basso, sorpreso, mentre le sue labbra si scontravano con quelle di John in un bacio disordinato come il 221b di Baker Street e che odorava di alcool, probabilmente cercando di dimostrargli qualcosa che nella sua mente ubriaca sembrava perfettamente logico. Ma venne subito interrotto da Sherlock, che non se la sentiva di approfittare della situazione e gli cinse le spalle con un braccio tendendogli la testa appoggiata sulla propria spalla. Un gesto che tranquillizzò il biondo, quindi si rilassò sotto il suo tocco, restando in silenzio per il resto del viaggio. Cazzo, cazzo, cazzo. Il mio migliore amico! Come ho potuto, si ripeteva nella sua testa queste frasi come un mantra, dopo che si fu alzato e i ricordi della notte appena trascorsa gli tornavano in mente. Era sempre stato affascinato da Sherlock Holmes ma era un semplice amico per il dottore, membro del quinto fuciliere di Northumberland, non aveva mai pensato a lui in quel modo. Fino a quella sera. Sì maledì almeno cento volte per aver avuto l'idea di uscire. SONO AL BUFFET. TI ASPETTO PER FARE COLAZIONE. -SH Lesse il biglietto che Sherlock gli aveva lasciato attaccato sulla porta del bagno e sorrise amaramente. Non era un idiota e sapeva benissimo che Sherlock gli avrebbe detto qualcosa riguardo la maledetta serata appena trascorsa. Non sapeva cosa aspettarsi, avrebbe potuto prenderlo in giro, chiedergli di andarsene per sempre oppure urlarglielo contro o ancora fingere che non fosse successo nulla. Sperò vivamente che non lo avrebbe accolto con indifferenza, sarebbe stato peggio. Dopo aver indossato una T-shirt beige piuttosto attillata e i bermuda larghi con le tasche, diede un'occhiata alla foto rilegata nel cartoncino blu che avevano scattato a loro due sulle montagne russe in cui si poteva notare l'espressione terrorizzata del detective e, rassegnato, uscì dalla stanza, diretto al buffet. John si diresse velocemente verso l'unico tavolo occupato da una figura snella e pallida, con i capelli neri a spazzola. 'Ehm... Buongiorno, dormito bene?' Non arrivò nessuna risposta, ma non se la prese troppo: sapeva benissimo che non era una cattiveria, stava solo mettendo in ordine il suo palazzo mentale e non si era sinceramente accorto della sua presenza. Aspettò. 'Ciao, John. Credo che dovremmo parlare degli avvenimenti degli ultimi giorni.' Il dottore era chiaramente agitato, ma la sua voce risuonò ferma. 'Lascia che io mi scusi, ti prego. Non sarebbe mai dovuto succedere e, francamente, ero talmente ubriaco che non mi ricordo un granché. Quasi solo... Beh, non farmelo dire... Non fare lo stronzo.' 'Il bacio? Ma non-' 'Sì, quello. Voglio che tu sappia che non accadrà mai più. Non fingerò che non sia accaduto nulla, ma ti assicuro che non ti importunerò mai più. Ti chiedo scusa.' Affermò, sperando che la sentenza dell'amico non fosse troppo dura. 'John, sono io che ti sto pregando. Stai zitto e ascolta per favore. Credo di doverti io per primo delle scuse. Per tutto ques-' 'No, senti, io a questo punto credo di non capire. Ieri sera io ti ho molestato e ora vieni a scusarti? Dovrei ringraziarti per non avermi abbandonato al bar e non aver chiamato la polizia. Sei un essere molto strano, Sherlock Holmes.' Ora era soprattutto confuso. 'Non sto parlando di ieri sera, sto parlando del motivo per il quale siamo venuti qui. Jim Moriarty non esiste.' 'Cosa vuoi dire?' Se avesse potuto scoperchiare la testa del suo blogger, probabilmente il consulente investigativo ci avrebbe trovato dentro solo un'infinità di punti interrogativi. 'Intendo dire che è stato una mia invenzione. Come criminale, Moriarty non è mai esistito. Era solo un nome preso dal necrologio di qualche anno fa.' Il detective abbassò lo sguardo che, fino a quel momento, aveva tenuto fisso su John, deducendo i suoi pensieri dalle sue espressioni. Dedusse che non aveva ancora capito. 'Ho creato questa scusa per fare una vacanza.' 'Sherlock, posso giurarti che non capirò mai cosa frulla per quella tua testa! Perché non mi hai semplicemente detto che saresti voluto andare in vacanza?' Sherlock sembrò seccato. Com'era possibile che non capisse? 'John, veramente non ci arrivi? Se io non avessi usato la scusa della copertura, tu non avresti mai accettato di stare in camera con me, né di starmi così vicino! Credevo che queste cose fossero il tuo campo.' Dette queste parole, arrossì violentemente e finse di controllare l'orario sul cellulare, giusto il tempo per far elaborare la frase dal cervello estremamente semplice dell'ex soldato. Oh. Si sentì terribilmente stupido. 'Quindi tu sei...' Chiese incerto. 'Omosessuale? Un frocio? Un mostro? Già.' 'Non intendevo questo!' esclamò l'altro, offeso da quella mancanza di fiducia da parte dell'amico. Come se non si aspettasse di essere accettato da lui. 'Solo... Sei attratto da... Me?' 'Se tu non volessi più sentirmi né vedermi, lo capirei, altrimenti farò come se non ti avessi mai detto niente e andremo avanti a risolvere casi come abbiamo sempre fatto.' Il moro pronunciò questa frase con immensa fatica, sconfitto. 'Non pensi ad un "noi"?' John lo fisso direttamente negli occhi beandosi della vista delle sue pupille che si dilatavano facendo quasi sparire le iridi chiare per la sorpresa. 'Oh.' Mormorò allora. 'Già.' 'Quindi ora cosa si fa in questi casi?' 'Io... Io...' il dottore stava cercando di elaborare una frase di senso compiuto, nemmeno lui si sarebbe mai aspettato di essere corrisposto. 'Io volevo solo passare del tempo con te senza dover pensare ad un caso, ma non sapevo se avresti accettato. Insomma, tu e tutte le tue amiche che mi facevi conoscere. Eri così... Etero.' Disse sinceramente Sherlock, mentre ticchettava nervosamente le dita sullo spigolo del tavolo. 'Andiamo.' Il dottore pronunciò solo quella parola, e il detective lo seguì, senza sapere cosa aspettarsi, quando le porte dell'ascensore si chiusero dietro di loro. Sprofondarono nelle poltroncine sul  balcone, aspettando che l'altro facesse la prima mossa. Sì studiarono a lungo, prima che John prendesse coraggio e cominciasse a parlare con un tono calmo, anche se il tremore alla mano sinistra tradiva l'emozione che provava in quel momento. 'Sai, non ho mai dato il giusto peso a quel vecchio detto: in vino veritas. Ho sempre fatto affidamento sulle mie capacità militaresche di autocontrollo. Ma sono un idiota. Quando sono con te non vale un cazzo. Anche se non ricordo tutto quello che ho detto, posso assicurarti che, se mi mi si ripresentasse l'occasione di baciarti, lo farei senza esitazioni, perché sono innamorato di te. Ma, una cosa che non capisco è perché tu, ieri sera, mi hai allontanato.' Attese la risposta, che arrivò istantaneamente, pura logica. 'John, eri stramaledettamente ubriaco, solo un vile ne avrebbe approfittato. Ed io sono sociopatico, maleducato e insensibile, ma non sono un vile. Non credere che rifiutarti sia stato semplice. Era da mesi ormai che lo sognavo, credimi: ogni singola stanza del mio palazzo mentale è ricoperta dalle tue foto. Non riesco quasi più ad entrarci! Ieri pomeriggio, appoggiato a quel muro, non stavo nemmeno più fingendo, eravamo lì e tu credevi che il tizio in giacca e cravatta fosse un criminale.  Una persona onesta ti avebbe detto subito che era una messa in scena, ma non io, che sono rimasto stregato da quel tuo…’ arrossì e gesticolò prima in direzione della bocca del suo amico, indicando poi il proprio collo e, dopo un attimo di imbarazzo, aggiunse: 'E, giusto per la cronaca, se tu dovessi tentare di baciarmi da sobrio, io non mi tirerei indietro.’ La nota di sfida nella voce del detective non passò inosservata e così il dottore si alzò e si avvicinò lentamente all’altra poltroncina, incastrando un ginocchio tra le gambe del suo amico e abbassandosi, facendo incontrare finalmente le loro labbra.
•••••••••Ciao a tutti e grazie per aver letto questa oneshot fino alla fine :) Ormai ero stufa di vederla tra i documenti e perciò l'ho pubblicata. Nel caso qualcuno volesse lasciare una recensione, sappiate che sarebbe molto gradita, indipendentemente dal fatto che sia negativa che positiva•••••••••
   
 
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