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Autore: An13Uta    30/06/2018    2 recensioni
La roccia si smuove lentamente, la luce entra da una falce accecante.
La figura che si staglia davanti a lui è chiarissima ed ha occhi azzurri come cielo d'alba. Il piccolo Gerudo salta in piedi e arretra, puntandole contro la sua scusa di pugnale per difendersi.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Ganondorf, Princess Zelda, Skull Kid
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Piccolo Re






La roccia si smuove lentamente, la luce entra da una falce accecante.

La figura che si staglia davanti a lui è chiarissima ed ha occhi azzurri come cielo d'alba. Il piccolo Gerudo salta in piedi e arretra, puntandole contro la sua scusa di pugnale per difendersi.

-Chi sei?- chiede, combattendo il tremore che gli affligge le gambe.

-Nemosyne.- risponde quella. E' molto seria, e scalza. Il vestito le arriva sotto le ginocchia.

-Perché sei qui?-.

-Per diventare tua madre, probabilmente. Se vuoi.-.

Occhi gialli si assottigliano confusi: -Non mi somigli, però.-.

-A volte succede.-.

-Cosa?-.

-Che bambini e genitori non si somiglino. Io quasi non sembro figlia di mia madre. In ogni caso il punto è questo: vuoi rimanere in questa caverna nascosta nel bel mezzo di deserto?-.

Il bambino ci pensa. Giocherella con la lametta storta che tiene in mano.

-No.-.

-Vuoi che ti porto in una cittadella?-.

-... Il sole mi brucerà.-.

La donna pensa; fa un suono strano, una specie di "uhm" allungato all'infinito, senza separare le labbra. Gli volta la schiena e si inginocchia. Getta il mantello di un giallo chiarissimo che le arriva ai piedi oltre il suo capo (non è un mantello, sono capelli. Ora riesce a vederne l'attaccatura ondulata alla base della testa quasi cianotica) e ordina: -Salta su.-.

Il piccolo rinfodera il pugnale. Sotto le mani scure, la pelle pallida non è fredda come si aspettava. Le abbraccia il collo, non vuole cadere. Quando lei si alza e lascia che quella matassa di fili dorati le cada di nuovo sulla sua schiena, il piccolo allaccia le gambe ai suoi fianchi. Non un singolo raggio di sole riesce a colpirlo.

Nemosyne corre. Parte all'improvviso e senza neanche avvertire. Il bambino ballonzola sulla sua schiena, prima sconcertato, poi divertito.

Sorride e nasconde il viso contro il collo della sua salvatrice.

 

_ _ _ _



La matriarca non è contenta di vederlo.

La ricordava poco, ma lo sguardo che unisce i suoi occhi a lui lo terrorizza.

Non ha lo stesso effetto su Nemosyne.

-Hai portato un voy-

-Che tu hai abbandonato nel deserto.-.

-Lui è una minaccia-

-Ha tredici anni, 38 chili circa e un vocabolario di duemila parole scarse.-.

-No stai prendendo le cose seriamente, principessa.-.

-E tu non ti stai rendendo conto che lasciare un bambino a morire nel bel mezzo della sabbia non è neanche lontanamente una buona idea per impedire che un giorno gli parta l'embolo e muova guerra contro tutto e tutti distruggendo qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino, pezzo d'imbecille.-.

La donna stringe i pugni, la bocca si deforma in una smorfia. Nelle iridi d'oro crepitano fulmini divini. Una forza enorme che arriva ad una velocità supersonica.

Si schianta contro un oggetto cadaverico e irremovibile senza lasciare un graffio. Si ritira e prova ancora.

Fallisce.

Il bambino osserva la battaglia, aggrappato alla gamba morbida di Nemosyne.

All'improvviso lei si abbassa, ignora completamente la sua avversaria quasi non fosse mai esistita per mormorargli qualcosa all'orecchio; il piccolo pensa un secondo, un altro, un altro ancora, e poi risponde molto, molto piano.

La morta vivente lo prende da sotto le ascelle in braccio e volta le spalle alla capobranco Gerudo, come per levare il disturbo.

La grande vay si alza con scatto furibondo, la sua voce tuona nella stanza: -DOVE CREDI DI ANDARE CON QUEL VOY?-.

La testa dell'hyliana si volta lentamente, maestosa, il bambino abbracciato al collo, finché le sue pupille - nerissime in mezzo al pallore sovrano della sua figura - raggiungono quelle della matriarca. Sebbene ben più alta e muscolosa, la rossa è quella minacciata.
 

-La principessa di Hyrule va portando il suo nuovo figlio a vedere suo padre.- non è un semplice annuncio, è un punto fermo. La fine di una discussione.


China la testa, rispettosa, e a scalzi passi studiati lascia la sala.


 

_ _ _ _




Balla.

La sabbia balla con lui, ed è uno spettacolo che non credeva di poter mai vedere.

Gli tronca il fiato da dietro la piccola tenda che separa la cella della statua rossastra dal mondo esterno.


La danza finisce, e il Prete si ferma, seduto. Ansima appena, il respiro torna regolare. S'inchina alla sua Dea e volge il capo ai suoi ospiti per metà inattesi.

-Hai un figlio ora.- sono le prime parole che escono dalla bocca di Nemosyne.

-Nemo.-.

-Legalmente adottato.-.

-Nemo.-.

-Gliel'ho chiesto. Ha detto che gli andava bene.-.

-Din Onnipotente, donami la tua Forza.-.

-Non lo riporto indietro neanche dovessi morire.-.

L'uomo osserva il ragazzino, piega appena la testa con un sorriso amorevolmente curioso.

-Come ti chiami?- chiede. Ha un'ombra violacea sulle palpebre.

Il bambino abbassa gli occhi senza rispondere. Non ha un nome.

-Non è un problema. Ne troveremo uno.-.


La sera, la prima sera su cui si adagia su un materasso di lana e lino anziché sulla sabbia gelida, li sente parlare.

Seduti sul letto, gesticolano al lume di una stecca su cui danza una fiamma.

Non capisce bene quello che stanno dicendo. Ma c'è una parola che lo fa rabbrividire.

-Cos'è "Demise"?-.

Nemosyne e Ki-Am-Ne lo guardano, colti di sorpresa.

Non lo scacciano.

Lo fanno salire sul giaciglio, in mezzo a loro. Non sembrano arrabbiati.

-Demise è un tipo che continua a infilarsi nelle teste dei re Gerudo per farli diventare pazzi scatenati.- spiega piano la bionda, accarezzandogli la testa.

Il bambino osserva Ki-Am-Ne, interrogativo e un poco spaventato. Le labbra scure dell'uomo s'increspano in un sorriso: -Io non sono un re, piccolo. Non devi preoccuparti.-.

-Ma sei maschio. Come me.-.

-Sono l'eccezione di un'eccezione. Posso controllare la sabbia, ma non posso essere re.-.

-Quindi...- l'idea lo spaventa. -Io potrei... potrei...-.

-Se prova a entrare nella tua testa lo prenderò a pugni finché non sarà un mucchietto di polvere.-.

-Nemo.-.

-Morirei per lui.-.

-Moriresti per una decina di persone.-.

-Puoi biasimarmi, Ki? Puoi davvero biasimarmi?-.

Il bambino ride: è un piccolo grugnito seguito da un paio di vocali cacofoniche. Nemosyne lo osserva, il viso una maschera atona; lo abbraccia e singhiozza con un fil di voce quanto sia bello.

Ki-Am-Ne alza gli occhi al cielo.

L'inespressività non la blocca dall'essere drammatica.

 

_ _ _ _




La persona più strana che conosce l'ha incontrata all'oasi, il giorno in cui è partito per andare al castello di Hyrule. Si chiama Skull Kid, e sicuramente quello non è il suo vero nome.

E' uno spaventapasseri di scheletro dalla pelle tirata; ha capelli piantati alla rinfusa come aghi sulla testa, due occhi diversi, punti dappertutto, sta piegato in avanti e sorride in modo strano. Spalanca le labbra su trentun denti ed una finestrella nera. Ancora non è ben chiaro come se la sia fatta.

Non si parlano molto, perché l'unica parola che lui conosce in Gerudo è sav'aaq, e il bambino non aveva neanche idea l'Hyliano fosse una lingua. Ma appena vede il piccolo il viso gli si illumina, e lo raggiunge gridando l'unico saluto che è sicuro capisca per porgergli disegni che ha fatto. Se piacciono al piccolo principe, si stropiccia le mani come una mosca, o sbatte le dita molli contro i palmi, e ride allegramente. I disegni piacciono sempre.

E' l'illustratore di palazzo, un amico della famiglia. La principessa scrive libri pieni di nomi e informazioni; lui li riempie di tratti di matita, così che si veda ciò di cui si legge. Quando il piccolo lo osserva buttare giù schizzi, gli indica le piante o gli animali che lo incuriosiscono. Allora lo spaventapasseri ne pronuncia più chiaro e piano che può il nome, in modo che se lo ricordi.


Ogni tanto chiede il permesso a Nemosyne o a Ki-Am-Ne, e porta i piccoli cugini reali in un boschetto. Gli insegna ad arrampicarsi fino alla cima degli alberi e fare richiami. A Zelda piaceva andare a trovare il tipo biondo. Lui e il disegnatore erano molto legati. Quando li portava dal suo amico, il pazzo gli saltava addosso e gli copriva la faccia di baci. Non aveva voce, ma sapeva parlare con le mani; i bambini cercano ancora di imparare come si fa.


Al piccolo Gerudo piace molto stare con sua cugina. Si diverte con lei, si esercitano a parlare l'uno nella lingua dell'altra, e ridono quando sbagliano o hanno una pronuncia buffa. Lei un giorno diventerà regina, come lo sarà tra poco sua zia; lui non vuole comandare un Paese che non conosce, e si accontenta di un titolo più piccolo, ma non meno importante.

Dicono abbia l'anima di una dea cara agli Hyliani.

Lui ascolta i racconti su questa creatura celestiale e sul suo cavaliere, affascinato. Sua cugina sarà veramente forte, quando crescerà. E' contento di essere amico di una donna tanto dotata.


 

_ _ _ _




Un gigante si avventa sulla non più giovane Hyliana.

Le sue due spade si schiantano sullo spadone dell'altra con forza bestiale, mente palle di fuoco le si avvicinano pericolosamente. Con un giro di polso, è disarmata.

L'aggressore protende una mano per afferrarle il collo in una stretta mortale.

Un pugno quasi gli spacca il naso.

Cade all'indietro, la donna lo acchiappa all'ultimo; in un secondo ha il viso affondato nella sabbia e una pallida figura sedutagli sulla schiena.

-Chiunque ti ha allenato in questi ultimi anni si prenderà una sberla.-.

Un grugnito seguito da vocali cacofoniche si alza dalla duna, ed il colosso rossastro emerge divertito dalla polvere dorata.

-Che ridi?- lo riprende la regina, -E dire che possiedi la Triforza del Potere. Sei veramente patetico nel combattimento mano a mano.-.

-Chiedo venia, vostra Maestà.- la prende in giro di rimando.

-Continua a chiederla.-.

-Almeno lasciami alzare, vama.-.

Il poco peso che lo bloccava a terra si sposta; il voy può finalmente sedersi sulle proprie ginocchia.

Ride ancora osservando la sua piccola madre, seria e cadaverica come al solito, con rughe a malapena visibili che le segnano il volto simili ad una ragnatela. Non sembra neanche sia cambiata molto in vent'anni.

Lui invece è diventato un mostro: più alto e più grosso delle migliori soldatesse Gerudo, con una criniera rosso fuoco che gli scende fino ai fianchi.

Nemosyne la osserva sospirando: -Sei davvero figlio di tua madre.-.

-Per la forza bruta?-.

-Stavo parlando dei capelli. Non c'è verso che li spazzoli.-.

-Ho imparato dalla migliore.-.

-Porco cane, se hai imparato.-.

La afferra gentilmente, ponendosela sulle spalle. Poi prende a correre. Senza avvisare.

La repentina stretta delle gambe di Nemosyne a momenti lo strozza, ma è comprensibile.

Arrivano alla cittadella in pochi minuti, lasciando dietro di loro una nuvola di sabbia che si alza all'orizzonte come una tempesta in arrivo.

Una figura slanciata, meno muscolosa del gigante rosso che arriva ma non per questo meno imponente, li aspetta a braccia conserte. Un sorriso increspa il volto scuro e lo scialle copre le sue scapole intorpidite.

China appena la testa da testa da un lato, gli occhi si assottigliano divertiti.

-Stavamo discutendo di letteratura.-.

-Lo immaginavo.-.

La cittadella è silenziosa.

E' il giorno prima di un giorno importante.

E nessuno sa che esiti porterà la cerimonia che avverrà dopo la prossima alba.

Le Gerudo attendono un nuovo re. Un re ritrovato nel deserto dalla Regina, accudito con lei dal Prete, e formatosi grazie a un loro Caro amico. Un re che ha vissuto a fianco della reincarnazione di Hylia, ha conosciuto prematuramente il vecchio Eroe e ha già incontrato quello che un giorno dovrà stroncarlo.


Attendono un re, e come ogni altro re, lo temono enormemente.


Forse è stata ironica la scelta del nome da parte dei suoi genitori. Forse non gli hanno raccontato delle generazioni di despoti riuniti sotto ad un unico appellativo.


Ma lui sa. E sa che cosa vuol dire quel nome.


Progenie di demone, in Hyliano antico.

Cinghiale infernale, in Goron arcaico.

Oblio di umanità, in Zora.

Maledizione, in Rito.

Pianto di madre, nella lingua dimenticata dei popoli della foresta.


Ma il primo significato, quello vero, sommerso nella sabbia del deserto, è tutto ciò che lui sente venendo chiamato.


E' tutto ciò che sente quando sua madre pone la corona sul suo capo, e suo padre lo benedice nel nome della Dea la cui Triforza riposa nella sua anima.



E' tutto ciò che sente quando osserva i presenti, quando vede i suoi zii orgogliosi e sua cugina, elettrizzata e assolutamente radiosa mentre lo fissa diventare l'uomo che aveva voluto essere, e quando incontra gli occhi pieni di ammirazione del suo giovane accompagnatore che tanto somiglia al ragazzo che non parlava.




E' tutto ciò che sente quando scorge uno spaventapasseri d'ossa nell'ombra, la morte del cui amore ha scavato segni nei suoi occhi e spezzatolo al punto da impedirgli di mostrarsi senza un pensiero al mondo come aveva sempre fatto, ma non abbastanza da non assistere all'incoronazione del bambino che amava tanto i suoi disegni.





E' tutto ciò che sente quando un essere incorporeo mormora qualcosa al suo orecchio, tenta di istruirlo su come agire d'ora in poi, prova a piegarlo al suo volere; ma la sua voce è bloccata da una singola parola, un singolo nome.


Un nome che significa Braciere del Deserto.


Il volto di Skull Kid si increspa dopo anni di immobilità in un sorriso aguzzo, a falce di luna.

Le Gerudo si inchinano, e con Ki-Am-Ne giurano fedeltà al loro nuovo sovrano.

Ganondorf, solenne, promette di proteggere il suo popolo.

Dietro di lui, per la prima volta nella sua vita, Nemosyne sorride.

 

   
 
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