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Autore: skimazx    02/07/2018    0 recensioni
(Sheith Month )
Si sentiva a casa, come se quel luogo fosse costruito solamente per lui. Forse si trattava del fatto che, a dormire a terra, un po' gli veniva in mente quel Giappone che tanto gli mancava, fatto di sogni giovanili, d'insegne al neon splendenti tra i palazzi una volta che il sole dava spazio alla luna che, brillante e lattea, osservava dall'alto e raccoglieva tutte le solitarie anime notturne ( e Shiro aveva sognato la luna, anche se mai avrebbe pensato che sarebbe arrivato a visitarne più di una ). O magari era la presenza di Keith a renderlo tale, a rendere quello spazio il loro spazio.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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« Ma ci pensi che sulla Terra molti dottori consigliano l'acquisizione di uno schema specifico, sano ed equilibrato, e di fare in modo che esso diventi giornaliero ed, in seguito, mensile? Diamine, se mi ritrovassi intrappolato in una routine finirei per impazzire e darei i numeri, » l'esasperazione aveva raggiunto le stelle, il riuscire a tenere aperti gli occhi per anche solo cinque secondi s'era invece abbassato a livelli storici « dico solo che mi verrebbe impossibile fare una stessa cosa per vari giorni di fila, immagina poi per mesi! »

Shiro si sistemò al meglio sulla cuccetta provvisoria che avevano posizionato all'interno del Leone Nero. Essa non era altro che un ammasso di pallide lenzuola e un simil-materasso del medesimo colore, dalla fibra morbida e leggera, dolce al tatto. Se gli avessero chiesto un parere su quella sistemazione temporanea lui avrebbe sicuramente dato una risposta positiva. Si sentiva a casa, come se quel luogo fosse stato costruito solamente per lui. Forse si trattava del fatto che, a dormire a terra, un po' gli veniva in mente quel Giappone che tanto gli mancava, fatto di sogni giovanili, d'insegne al neon splendenti tra i palazzi una volta che il sole dava spazio alla luna che, brillante e lattea, osservava dall'alto e raccoglieva tutte le solitarie anime notturne ( e Shiro aveva sognato la luna, anche se mai avrebbe pensato che sarebbe arrivato a visitarne più di una ). O magari era la presenza di Keith a renderlo tale, a rendere quello spazio il loro spazio.

« Non sono contro quel ragionamento, ma ti conosco abbastanza bene da dire che per te non c'è bisogno di seguirlo. » vai bene così come sei, avrebbe voluto dire, ma si trattenne.

Non volse lo sguardo verso il ragazzo accanto a sé, non ancora almeno, nell'intenso buio era troppo intento a socchiudere gli occhi e a focalizzarsi sulle varie increspature di metallo nel soffitto. Gli avrebbe fatto piacere poter riuscire ad ammettere che non aveva intenzione di girarsi per paura dei propri pensieri e di quegli stessi incubi che avevano ripreso a torturarlo ogni notte perché, a chi voleva darla a bere?, la cicatrice ancora rossastra che percorreva tutta la guancia di Keith non sembrava dargli pace.

E se ne vergognava, eccome se se ne vergognava. O forse era odio più che vergogna, odiava se stesso? Può darsi. Fatto sta che non poteva accettare di avergli recato tanto dolore, di fargli portare sul viso qualcosa d'oscuro e terribile, non importava se non aveva esattamente compiuto lui quelle azioni, le mani erano state le sue nonostante quella incriminata non esistesse più.

Il corpo rimaneva rigido sul materasso, il viso ancora rivolto verso l'alto, nemmeno la tenue frescura della sera riusciva a farlo muovere d'un solo centimetro. Il corpo era presente, ma la mente s'era chiusa dietro una porta indistruttibile. Solo chi era in possesso della chiave poteva aprirla.

« Mi stringi? » chiese Keith.

A quanto pare, lui era l'unico a possederla, poiché corpo e mente si unirono nuovamente e il maggiore trasalì.

Era una voce nuova, calda, più profonda, e Shiro non seppe capire se apparteneva più ad un ragazzo o ad un adulto, molto probabilmente era un insieme dei due. Gli si avvolgeva attorno al corpo come una serpe, s'insinuava all'interno d'ogni poro e lo irradiava d'una nuova e confortevole luce e per un semplice momento era come se si fosse ritrovato di nuovo all'interno del piano astrale nel quale era rimasto per chissà quanto tempo, ma con una semplice differenza: Keith era lì, si trovava fisicamente e mentalmente al suo cospetto.

Si girò, lo sguardo trepido d'aspettativa del moro brillava nello scuro della stanza ed ebbe la sensazione di trovarsi con una persona cambiata, rinnovata, che gl'infondeva sicurezza e quiete. Caldo e adulto, proprio come la sua voce.

Non soccombere al timore di toccarlo era qualcosa a cui ancora doveva lavorare, ma un piccolo passo lo fece allungando la mano, l'unica disponibile, e cingendogli la vita, entrando persino in contatto con un minimo lembo di pelle. Il contatto fu minimo, la sensazione era quella di star per avvicinarsi ad un fuoco che l'avrebbe sicuramente carbonizzato, oppure l'avrebbe fatto esplodere. Gli occhi del moro, che nuotavano nei propri, incombevano paura, terrore (ma lui era un temerario) e al contempo strabordavano di qualcosa di così grosso che come un macigno aggravava su entrambe le loro spalle e rischiava di schiacciarli (ma lui era forte, l'avrebbe sorretto, sarebbe diventato il nuovo Atlante).

Shiro decise in cuor suo che avrebbe fatto di tutto pur di rimanere, avrebbe fatto di tutto per ricominciare ad essere il pilastro portante di quel che avevano costruito insieme, avrebbe fatto di tutto per salvarlo dai suoi demoni, così come Keith stava facendo con lui.

Le braccia di Keith gli cinsero il collo. La vicinanza, il bisogno di aversi accanto, la necessità di amarsi. In quel momento non erano più i Paladini di Voltron, non erano più Keith e Shiro, erano Loro. E Loro sarebbero rimasti per quanto più tempo possibile.

« Ho bisogno di te. » sussurrò Shiro.

« Sono qui, » fiducioso ammise Keith « ed io ho bisogno di te. Andrà tutto bene, ti fidi di me? »

Ti fidi di me. Fiducia. La fiducia, ecco, è qualcosa che si acquisisce col tempo, eppure tra loro era già scritta, si poteva ritrovare nella mente di entrambi in una clausola che confermava che tutti e due erano pronti sempre e per sempre a riporre fiducia l'uno nell'altro. Shiro ancora si dannava per averlo lasciato da solo per così tanto tempo, sembravano esser passati decenni, ma in Keith non era mai cambiato nulla. Aveva continuato ad amarlo come se fosse la prima volta. Era arrivata l'ora di fare lo stesso, non c'era più il bisogno di trattenersi e nascondersi nel dubbio.

« Sì, mi fido di te. » confermava, mentre gli occhi scuri si spostavano da quelli dell'altro alla cicatrice. Non ne aveva più paura, non c'era motivo di averne. Aveva solo paura di se stesso, ma su quello si sarebbe migliorato.

Indugiarono entrambi ma, dopo poco, un contatto tra le loro labbra si fece reale, nulla era più realizzato dalle loro menti ormai coordinate su tutto. Per un attimo, Shiro credette ancora di star sognando. Era un bacio adatto a chi, come loro, non aveva bisogno di parole per esprimersi e donarsi.

Era il loro bacio.

« Magari i tuoi baci potrebbero diventare l'unica routine di cui ho bisogno. »

   
 
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