E Alice cadde giù… giù… nella tana del Bianconiglio.
Ove mai più riuscì a risalire.
Perdendosi nella follia e nel vizio, nell’illusione d’esser libera.
Ma la sua testa era colma di boria, e cadde giù… giù… sul pavimento, per mano di colei il cui volto era tinto di ira e rimpianto.
Anche lei si era perduta, in quella foresta rosso pinta, e nel fuggire rantolò in quel fosso nero e profondo.
Medesima ad Alice, s’innamorò del Bianconiglio; ma egli la rifiutò, rendendo il suo volto distorto.
Era meraviglioso quel paese, così bello, così bello!
Le lacrime della regina rossa avevano perfino riempito il fosso!
E nuotavano adesso, tutti felici a cuor leggero.
“Lunga vita alla regina!”
Di cui di rosso oramai vi era un intero pozzo.
…
Adesso ricordava il Bianconiglio, “Alice” non era affatto un nome, era una taglia.
…
Un'altra eco si udì lontano lontano.
Alice cadde e la testa le si spaccò. Una fine piuttosto breve, ma che al Bianconiglio tanto lavoro risparmiò.
Doveva mettere una scala, si appuntò sul diario, ma ella era una sciocca, ed anche in quella scivolò.
“Morire”, che malcontento, ma era così meraviglioso quel paese, che tanto presto di Alice, si dimenticò.