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Autore: Mikayla    08/07/2009    3 recensioni
«Che tipo di festa è il tanabata?»
«Una festa inutile»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tanabata



7 Luglio


Il team seven era tornato tardi, dall’ultima missione.
O presto, a seconda della percezione del tempo che uno aveva.
Ad ogni modo si erano salutati velocemente, senza alcun convenevole; Kakashi era sparito immediatamente, Sakura aveva represso a stento uno sbadiglio nell’augurare la buona notte a Sasuke -ignorando palesemente Naruto- e quest’ultimo si era diretto mani in tasca e sguardo diritto davanti a sé verso il proprio quartiere.
Naruto era rimasto fermo, immobile nel mezzo della strada. Aveva mosso un singolo e isolato passo verso il genio degli Uchiha; poi vi aveva rinunciato e si era diretto al proprio appartamento, ripensando al giorno libero che aveva davanti -un’ottima occasione per allenarsi e superare Sasuke una volta per tutte.


A strapparlo dal sotto, ore dopo essersi abbandonato completamente vestito sul letto, non fu la sveglia a forma di rana, che giaceva mezza distrutta sul pavimento.
Con gli occhi ancora chiusi, inciampando due volte sulle proprie scarpe -prima una e poi l’altra- e procurandosi un ematoma grande come una noce sul fianco a causa di una collisione con una sedia, raggiunse la porta. Solo quando questa fu spalancata e lo sguardo del ragazzo fu annebbiato dalla luce, finì finalmente quel tormentoso bussare.
«Capo!»
Naruto biascicò qualcosa di indefinito e tentò nuovamente di capire chi diavolo avesse deciso di svegliarlo all’alba. «Che ora…?» tirò fuori a fatica, riuscendo ad intuire un paio di occhiali sulla fonte di un ragazzo più basso di lui.
Ora, dato che non erano poi tante le persone che andavano a trovarlo a casa, senza contare che quelle poche che avevano motivo per farlo erano solo shinobi adulti, non era difficile capire chi l'avesse svegliato. Dunque era necessariamente Konohamaru l’ombra esagitata che saltellava davanti alla sua porta.
Il ragazzino lo sfidò con lo sguardo «Ti sfido! Sono sicuro che ti batterò!»
Uzumaki gli scompigliò energicamente i capelli, facendolo traballare per qualche secondo «Magari ad un’ora più decente» borbottò sbadigliando, mentre rientrava in casa, distogliendo da lui quella poca e offuscata attenzione che gli aveva concesso.
«Ma se sono le undici e quaranta!» protestò vivacemente quello, schiacciandosi la mano sullo stipite della porta nella vana speranza di bloccarlo. Uggiolò per il dolore, e recuperò la mano portandosela alla bocca per vagliare i danni subiti.
«Così tardi?!» abbaiò stupito, tornando a spalancare l’uscio «Ma avrò dormito sì o no cinque ore!» protestò, visibilmente scocciato per non aver sfruttato la mattinata ad allenarsi.
Konohamaru schioccò la lingua «Capo, allora?» lo sollecitò, cercando di ottenere l’attenzione che desiderava -aveva una voglia matta di mostrargli la sua nuova variazione dell’oiroke no jutsu!
«Giocherà un’altra volta, signorino» lo bloccò Ebisu, afferrandolo letteralmente per la collottola, tanto che il ragazzino si trovò a scalciare l’aria. «Farete tardi per il tanabata!» lo sgridò immediatamente.
Naruto alzò le sopracciglia sorpreso «Il che?»
«Tanabata» ripeté Ebisu, sempre più convinto che il jinchuuriki fosse un pessimo esempio per il nipote dell’Hokage. Come faceva a non sapere cosa fosse?
Konohamaru s’imbronciò «Una stupidissima festa a cui il nonno vuole che partecipi» sbottò il più piccolo a mo’ di spiegazione. Spiegazione che lasciò ancora più confuso Naruto.
Però non ebbe la prontezza di spirito di domandare nuovamente a cosa si riferisse, poiché il sensei aveva portato via il ragazzino senza permetterglielo.
«Ecchecavolo!» esclamò sorpreso Uzumaki, restandosene fermo ad osservare il vuoto davanti a sé. «Ora lo voglio sapere!» protestò con se stesso, data la mancanza di altri esseri viventi senzienti nei dintorni -escludendo il demone volpe che abitava nel suo corpo, con il quale però aveva decisamente qualche problema di comunicazione.


Un’ora e tre ramen dopo, Naruto aveva deciso che per sapere di cosa si trattava il tanabata aveva bisogno di un esperto.
La prima scelta era ricaduta su Sakura, ovviamente. Ma altrettanto ovviamente era stata scartata: se si trattava di feste era la più informata, sì, ma anche la più esagitata e quindi non gli avrebbe dedicato nemmeno un attimo, neppure sotto tortura.
Kakashi era stato escluso a priori, visto che riuscire a rintracciarlo risultava una missione troppo complessa.
Così aveva ripiegato sull’asociale numero uno: Sasuke. Che il genio degli Uchiha non sopportasse le feste era risaputo dai più -soprattutto dalla fauna femminile di Konoha- ma Naruto sapeva fin troppo bene che per essere uno che non sopportava le feste fosse fin troppo informato su di esse.
Il jinchuuriki non aveva capito il perché, ma benché non l’avesse mai visto festeggiare qualsiasi evento Sasuke sapeva sempre come si svolgeva e in onore di cosa.
Ingoiando amaro, quindi, si presentò alla villa.
O almeno vagò per il quartiere per un tempo indefinito, per poi venir intercettato dall’unico abitante. Se il genio avesse saputo o meno della sua presenza lì di certo non lo dimostrava, lo aveva osservato appena qualche secondo come si osservava un moscerino, poi gli aveva voltato le spalle.
«Ehi, teme, si può sempre salutare, sai?!» protestò Naruto, stringendosi appena nelle spalle per la consapevolezza di essersi infiltrato in casa del proprio migliore amico senza neppure avvisare «E poi Sakura-chan dice che il cafone sono io…»
Sasuke gli rivolse un’occhiata veloce, decidendo su due piedi che non valeva la pena rispondergli per le rime. Si limitò a dagli dell’idiota e proseguì per la sua strada, come nulla fosse, pedinato dal compagno di squadra.


Si fermarono entrambi davanti all’ingresso di Villa Uchiha, o per meglio dire Sasuke si fermò mentre Naruto sbatté contro il ragazzo e si trovò seduto per terra con il fondoschiena dolorante. «Che vuoi, dobe? Non ho tempo da perdere con te» liquidò velocemente la questione, per nulla intenzionato ad invitare il ragazzo in casa con il rischio che ci mettesse le radici.
I due dodicenni si lanciarono occhiate furenti, che promettevano future, dolorose vendette. Per cosa, poi, non lo sapevano neppure loro.
Ingoiando il proprio orgoglio a causa della sua naturale curiosità il jinchuuriki cedette per primo «Che tipo di festa è il tanabata?» domandò con un filo di voce, andando direttamente al nocciolo della questione. Girarci intorno non sarebbe stato utile, conoscendo quel teme di Sasuke.
Il genio sollevò impercettibilmente le sopracciglia, in quella che sarebbe potuta apparire un’espressione stupita. Poi tornò perfettamente indifferente.
A differenza delle previsioni di Uzumaki, però, rispose «Una festa inutile» chiarì senza tanti problemi.
Al che, prevedibilmente, Naruto scattò in piedi e tentò di colpire il compagno con un destro. Colpo che venne parato e restituito con una facilità incredibile.
Sasuke scosse il capo «Fanno una festa, con i fuochi, ma non è questo il senso» spiegò decisamente meglio, capito che il ragazzo non avrebbe desistito finché non avesse ricevuto una risposta soddisfacente. «Una leggenda narra del pastore Hikoboshi, abitante del cielo ovest, che si innamora e sposa segretamente con Orihime divinità del cielo est. Una volta che il padre della Dea scoprì il fatto impedì loro di ritrovarsi, creando nel cielo il fiume celeste della Via Lattea» raccontò sbrigativo, ben deciso a non raccontare le favole al ragazzo.
Naruto pendeva dalle sue labbra, sinceramente curioso di sapere come sarebbe finito il racconto -d’altra parte non aveva mai avuto nessuno che gli raccontasse le favole. Gli occhi cerulei erano leggermente allargati, persi nella meraviglia dell’immaginazione.
Sasuke lo osservò in una pausa un poco più lunga, chiedendosi cos’avesse fatto per tutti quei sette luglio passati. Ma dimenticò presto il dubbio «Mosso a compassione dalle lacrime della figlia il Dio permise ai due di incontrarsi, ma solo una volta all’anno, durante il settimo giorno del settimo mese» concluse la leggenda «Quando la stella Altair attraversa la Via Lattea per congiungersi a Vega noi scriviamo un desiderio sul tanzaku e lo leghiamo ad un ramoscello di bambù. Questo è il vero senso del tanabata».
Il jinchuuriki annuì un paio di volte, serio «Dovrò assolutamente chiedere una fornitura a vita di ramen» sentenziò sicuro di sé, sotto lo sguardo sconvolto del genio -ma poteva davvero essere così imbecille.
«Pensavo avresti chiesto di diventare Hokage» buttò lì, incapace di trattenersi. In verità non gliene fregava assolutamente nulla, ma era curioso che proprio lui non avesse espresso quel desiderio.
Uzumaki sorrise sornione «Nah, diventerò Hokage solo con le mie forze» ribatté deciso, come se avesse già il titolo in tasca «Tu cos’hai chiesto?»
Colto alla sprovvista Uchiha socchiuse le labbra per rispondere, ma si riprese in fretta «Cosa ti fa credere che io abbia fatto una simile sciocchezza?» chiese astioso, colto con il dito nella marmellata.
«Non eri in casa» rispose lui, anche se come logica lasciava molto a desiderare: cosa ne sapeva lui che magari Sasuke fosse andato ad allenarsi? O peggio avesse avuto un appuntamento con Sakura-chan?
Scrollò le spalle indifferente «Niente che ti interessi» chiuse la discussione, varcando la soglia della propria casa, lasciando Naruto fuori, di nuovo solo.


Dall’altra parte del quartiere, su un albero di bambù, c’era legato un tanzaku.
Il vento lo muoveva sinuoso, facendolo girare su se stesso come una trottola.
In un momento di quiete si poteva leggere la chiara ed elegante calligrafia di Uchiha Sasuke: uccidere Uchiha Itachi, erano le parole sopra riportate.

7 Luglio, un anno dopo


Avvolto in un kimono rosso, Naruto scendeva nella piazza dove doveva incontrarsi con Sakura, Kiba e qualche altro shinobi suo amico.
Per quell’anno avevano deciso di andare tutti insieme ad esprimere i propri desideri per il tanabata, passando poi per le bancarelle della festa e magari fermandosi a guardare qualche fuoco d’artificio.
L’allegria e l’aria di festa aveva avvolto tutto e tutti. Le risate gioiose e le grida dei bambini riempivano il vuoto lasciato dagli assenti.
Tsunade rideva sguaiata, seduta ad un tavolo con del saké in mano, accanto a lei Jiraya non era messo tanto meglio, considerate le guance vivacemente arrossate.
«Naruto, tu non esprimi il tuo desiderio?» gli domandò curiosa Sakura, attirando l’attenzione di Kiba che ghignava visibilmente allacciando il proprio tanzaku.
Il jinchuuriki sorrise tranquillo «L’ho già fatto» confessò.


Dall’altra parte di Konoha, nel quartiere Uchiha, su un albero di bambù, c’era legato un tanzaku.
Quell’anno il vento non lo muoveva sinuoso, facendolo girare su se stesso come una trottola; restava immobile, e facilmente si poteva vedere l’inconfondibile calligrafia disordinata di Uzumaki Naruto: riportare Sasuke a Konoha, si intuiva ci fosse scritto, tra una macchia di ramen e una lacrima.
   
 
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